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Autore: _RedRose_    22/02/2014    2 recensioni
Immaginatevi un nuovo trio, questa volta Serpeverde. Immaginatevi nuove avventure e nuovi amori. E se in tutto questo ci fosse una guerra di mezzo? E se un nuovo pericolo minacciasse il Mondo Magico? Chi salverà milioni di vite?
Una battaglia tra due fazioni diverse. Una battaglia fra Angeli e Demoni...
Dal Prologo:
- Weasley, Rose - come con tutti gli altri, il cappello le fu posato sulla testa e ciò che disse sbalordì non poco gli studenti – Sai, mi chiedo se questa decisione ti si addice, ma si,sono proprio sicuro, sei proprio tu, Slytherin!- la sala si zittì immediatamente. Tutti sapevano che il padre di Albus doveva già essere stato smistato in quella casa, ma che la figlia di due impavidi Gryffindor finisse nella casata rivale era una cosa abbastanza inquietante. Dopo un attimo di shock, gli applausi arrivarono anche per lei e così si incamminò verso la sua tavolata, insieme a Scorpius e Albus.
Genere: Avventura, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Famiglia Malfoy, Famiglia Weasley, Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Rose/Scorpius
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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 Quando il cuore ricomincia a battere
Cap.11

 
Forse la scienza non è ancora in grado di provarlo,
ma gli abbracci allungano la vita.
Ne sono certo.

Alessandro D’Avenia


 
Alexander
 
Eravamo in America da tre giorni e ancora nessuna traccia del gruppo nomade degli Angeli. Sembravano spariti nel nulla, nemmeno la nostra abilità di maghi sembrava esserci utile. Avevamo controllato tutti i quartieri di Manhattan, Miami, New York e tutti i grandi centri vicini, ma nessuna di queste città si rivelò quella da noi cercata. Cercavamo nelle città maggiori, essendo luoghi più forniti per ospitare un gruppo di nomadi, nonché Angeli.
Poi d’un tratto mi venne in mente una conversazione avvenuta alcuni anni fa, come passava veloce il tempo.

<< El, perché te ne vai? Perché non puoi restare? >> chiesi con voce strozzata.
Non la volevo perdere, non un’altra volta.
<< Tu non capisci! >> sbottò d’un tratto, tanto da sconvolgermi. Non era da lei quel comportamento.
<< Non capisci che siamo troppo diversi per poter continuare questa cosa >> e sputò le ultime parole con rabbia, quasi fosse unicamente colpa mia.
<< Fammi capire tu… >> le sussurrai, avvicinandomi ancor più a lei, cercando di abbracciarla.
Ma lei si scansò da me, con una faccia schifata. Forse era davvero colpa mia, forse lei non provava niente per me.
<< Io me ne andrò, domani. E questo è quanto. Sei pregato di uscire dalla mia vita e di non farci più ritorno >> così dicendo prese la borsa appoggiata sul divano e con un tonfo richiuse la porta dietro di se.
Lo stesso tonfo che fece il mio cuore.
Poi notai una lettera appoggiata allo schienale del divano, le doveva essere caduta dalla borsa.
Senza pensarci due volte, la aprì e lessi avidamente il suo contenuto. Stava partendo per l’America, Greenville, Carolina del Sud. Perché così lontano?

Mi risvegliai da quel ricordo doloroso, che ancora faceva male come una ferita inferta da un pugnale. Faceva male pensare all’unica persona che mi aveva scaldato il cuore e che poi, ha fatto un po’ come tutti. Se n’è andata.
<< Andiamo a Greenville, Carolina del Sud >> dissi a quei tre ragazzi che mi stavano seguendo.
Non eravamo lontani, due giorni di cammino.
<< Non possiamo smaterializzarci? >> chiese Rose.
Certe volte quella ragazzina mi ricordava la mia Eleanore, l’aspetto ingenuo, ma una forza micidiale.
<< Io si, voi no. Siete minorenni e poi vi potrebbero localizzare >> spiegai stancamente.
<< E allora perché abbiamo abbandonato il treno? >> sbottò d’un tratto il moro, Albus fermandosi dietro di me.
<< Non era sicuro >> risposi semplicemente, per poi andare più avanti, lasciandoli dietro a parlare.


 
Rose
 
 
Arrivammo in quella che sembrava tanto una città fantasma. Automobili bruciate e senza pneumatici, schegge di vetri ovunque, palazzi senza porte e finestre, grigi come tutto lì attorno. Sembrava che nessun essere umano ci mettesse piede da tempo.
Per essere sicura presi la bacchetta, anche se mi serviva a ben poco dati i miei poteri, ma Alexander mi fece segno di rimetterla a posto. Riluttante obbedì.
Camminavamo per quelle stradine, guardandoci attorno. Alexander d’avanti, Scorpius e Albus dietro, quasi volessero proteggermi. Che cosa assurda.
D’un tratto sentì un rumore, uno scampanellino. Mi girai in tempo per vedere un gatto, con al collo un campanellino, sgusciare fuori da sotto una macchina e iniziare a correre. Senza pensarci due volte iniziai a rincorrerlo, sapevo che non era l’unico essere vivente lì, me lo sentivo. Ne ero certa.
Scattai talmente veloce, che non diedi il tempo nemmeno a Scorpius di raggiungermi, lui che era il più veloce di noi. Seguì il gatto, fino a che mi ritrovai in un vicolo cieco. D’avanti a me si ergeva un muro massiccio composto da mattonelle rossicce incastonate tra loro, eppure del gatto nessuna traccia. Ero sicura di averlo visto venire verso quel posto.
Stavo per rigirarmi e tornare indietro, quando un altro rumore mi fece sobbalzare. Non era quello scampanellino che avevo udito prima, era come il rumore di qualcosa che veniva trasportato, qualcosa di molto pesante, qualcosa di metallico che striscia sul suolo.
Sobbalzai quando sentì un’ascia conficcarsi nel muro alle mie spalle. Immediatamente mi girai e per poco non venni trafitta da un’altra ascia. Un uomo sulla quarantina mi stava davanti, ascia ben tenuta in mano e sguardo che avrebbe fatto paura anche a Lord Voldemort in persona.
Ero bloccata, la mia unica salvezza era alle spalle dell’uomo e non riuscivo a passare. Non avevo armi con me, la bacchetta sicuramente l’avevo fatta cadere mentre cercavo di raggiungere il gatto. Stupida, mi dissi mentalmente.
<< Cosa ci fa una bambina tanto deliziosa in un posto del genere, da sola? Ti sei persa forse? >> mi chiese ridendo bruscamente. Era un individuo inquietante, in tutto e per tutto.
Assottigliai lo sguardo, nessuno mi poteva trattare come una bambina. Sapevo difendermi meglio di mille uomini messi insieme e se quell’uomo non si sarebbe spostato entro due secondi dalla mia traiettoria, gliel’avrei fatta pagare cara.
<< Il gatto ti ha morso la lingua? >> continuò ancora, indicando con un dito il gatto di poco prima che stava rannicchiato in un angolino sopra un bidone della spazzatura.
Non ricevendo una mia risposta, scagliò un’altra ascia verso di me, ma questa volta riuscì a prenderla e a rilanciargliela. Lo presi di striscio su un braccio, ma abbastanza per fargli provare dolore.
<< Ah, allora vuoi giocare? >> non era una domanda, più che altro una constatazione.
Presi tre sassi da terra e li trasformai in un’aquila gigante. Non lo avrebbe trattenuto per molto, per questo cercai di trovare un modo per uscirne indenne.
Presi un po’ di terriccio ai miei piedi e lo gettai in aria, formando un tornado. Sembrava non bastare, come se niente fosse, l’uomo riuscì a scacciarlo e si avventò contro di me.
Era una battaglia ad armi pari, non ero l’unica quindi a possedere dei poteri. Combattemmo a colpi di calci e pugni finché, ormai esausta, creai un nucleo di energia attorno a me e lo scaraventai contro il muro.
Era immobile ma non era morto, respirava ancora.
In quel momento arrivò Scorpius, seguito a ruota da Alex e Albus. Sembravano davvero preoccupati, soprattutto il primo che si avvicinò a me, senza badare all’uomo steso una ventina di metri più avanti. Si chinò d’avanti a me e mi aiutò a rialzarmi. Quand’è che ero scivolata a terra?
<< Rose, che hai combinato? >> mi chiese con fare rassicurante, abbracciandomi. E in quel momento nulla aveva più senso, sentivo solo il mio cuore battere in contemporanea al suo, sentivo il suo respiro sul mio collo e il suo profumo sulla mia pelle. Una fitta lancinante alla spalla destra, mi fece però accasciare a terra. Il marchio angelico.
<< Sei un Angelo, sei l’ Ashensid >> sussurrò l’uomo rialzandosi a fatica e inchinandosi a me.
In quel momento giunse dinnanzi a noi un gruppo di persone, cappeggiati da una donna. Dimostrava all’incirca trent’anni, se non meno, aveva lunghi boccoli color cioccolato e degli occhi che facevano invidia al verde prato stesso. Non era particolarmente alta, ma la sua eleganza innata e il suo portamento le conferivano un’aria quasi regale.
Si fermò davanti a noi e ci scrutò tutti e quattro, soffermandosi più del dovuto su Alexander. Poi si rivolse a me e passò minuti ad osservarmi, sembrava starmi facendo una radiografia, o come la chiamano i Babbani.
Dopo un paio di minuti, finalmente prese parola. << Benvenuta, sapevamo del tuo arrivo imminente >> e così dicendo, lasciandomi più che sorpresa, ci fece cenno di seguirla e così facemmo, giungendo a un edificio che si mimetizzava perfettamente con il resto attorno, ma che dentro non poteva essere più diverso.
Il gruppo con cui era venuta rimase ad aiutare quell’uomo.
Ci fece accedere ad una stanza quadrangolare, in cui molte persone ci guardavano ammirati o solamente curiosi. Giunse davanti a una porta e la aprì, sembrava una specie di cucina dalle dimensioni ingigantite. Nemmeno la cucina di Hogwarts era talmente grande. Le pareti erano dipinte di rosa pesca, i numerosi ripiani ricoprivano quasi interamente le pareti della stanza, tranne qualche angolino in cui era appoggiata qualche sedia. Appostato dietro ad una parete c’era un tavolo di legno, grande come quello di Hogwarts, in cui alcune persone erano indaffarate a mangiare o a chiacchierare. Si accomodò lì e ci fece segno di seguirla.
<< Sono Eleanore Collin e, come avrete potuto capire, sono un Angelo, come tutti qui d’altronde. Sono la guida della tribù >> si presentò lei, per poi girarsi verso di me << Tu sei Rose, aspettavamo il tuo arrivo. Sappiamo che devi mettere su un esercito, noi siamo dalla tua parte >>
Io ero ancora con la bocca spalancata, come poteva sapere tutte quelle cose? Stavo per porle la domanda, ma un bambino all’incirca di quattro anni si avvicinò a noi e tese una mano verso Eleanore, che lo prese in braccio e gli diede un bacio sulla guancia. Le assomigliava molto, aveva i suoi stessi boccoli castani e il naso leggermente all’insù. Quello che mi colpì particolarmente però furono gli occhi, azzurri come il cielo limpido. Quegli occhi, li avevo già visti da qualche parte, ma non riuscivo a collegare bene i pensieri.
<< Mamma, chi sono loro? >> chiese con la voce bianca di un bimbo.
Vidi Alexander irrigidirsi a quelle parole, ma non indagai oltre, non lo avevo mai capito e sicuramente quello non era il momento giusto per capirci qualcosa.
Lei sembrava imbarazzata, quasi non volesse presentarci.
<< Sono come noi >> rispose semplicemente mettendo giù il bambino che andò a giocare.

 
 
Albus
 
Giravo per quei corridoi, sembrava tanto di essere in una specie di rifugio collettivo. Persone che correvano, donne che giocavano con i bambini, uomini intenti a scherzare con gli amici. Sembravano così normali nel loro via vai quotidiano.
Perso nei miei pensieri, non mi accorsi di una furia di capelli color grano che mi investì in pieno e così cademmo tutti e due per terra.
Stavo per mettermi ad inveire contro il malcapitato quando, alzata la testa, mi ritrovai d’avanti due occhi color caramello e un viso da porcellana.
<< Scusami, non l’ho fatto apposta. Certe volte sono proprio distratta >> disse sbattendosi una mano sulla fronte e colorando di rosso le sue guance.
Io ero ancora in silenzio, non mi aspettavo un’apparizione del genere. La ragazza fu la prima ad alzarsi e mi porse una mano per sollevarmi.
Una volta piantati i piedi saldamente a terra, potei notare interamente l’aspetto della ragazza. Dimostrava si e no sedici’anni, ma era molto alta. Certo, era pur sempre più bassa di me di una decina di centimetri, ma io ero alto un metro e ottantacinque. Era magra, ma non di quella magrezza che ti dà l’idea di una persona denutrita, lei sembrava tanto essere una di quelle modelle uscite dalle riviste di mamma. Aveva i capelli biondi che arrivavano fino alla vita, un viso dolce e un sorriso rassicurante sulle labbra. Tutto in quella ragazza mi provocava sensazioni che non sapevo nemmeno di provare.
<< Comunque piacere, sono Evelyn, ma tu puoi chiamarmi Ev o Lyn >> disse porgendomi la mano che io nuovamente strinsi.
Io, d’altro canto, cercai di risvegliarmi da quel mutismo in cui ero caduto e alla fine riuscii a sbiascicare il mio nome << Albus >> e lei sorrise, di quel sorriso che ti scalda il cuore.
Era strano come, seppur conoscendola da dieci minuti, provassi certi sentimenti nei sui confronti: protezione.
<< Ti dispiace se ti chiamo Al? Mi piace di più >> disse sempre con quel sorriso stampato sul volto e con le guance leggermente arrossate.
In quel momento mi accorsi che non mi ero presentato decentemente con lei, anzi, non mi ero presentato proprio.
<< Certo che puoi >> sorrisi << Anche tu sei un Angelo? >> chiesi.
Era strano pensare che quella ragazza potesse essere come Rose, talmente dolce.
<< Si e tu devi essere l’amico dell’Ashensid … com’è che si chiama? >> chiese facendo una faccia buffa. Era concentrata a ricordare il nome di mia cugina.
<< Rose, mia cugina >> risposi non distogliendo lo sguardo dal suo volto.
<< Ah, è vero. Senti io sto andando agli allenamenti, vuoi venire con me? >> mi chiese lei e io non me lo feci ripetere due volte, accettai immediatamente. Forse risposi un po’ troppo velocemente, tanto da far ridere Evelyn.
<< Allora … quanti anni hai? >> mi chiese titubante mentre percorrevamo quei lunghi corridoi.
<< Sedici, tu? >>
<< Non si chiede ad una donna la sua età, non te lo hanno insegnato? >> chiese con tono serio, tanto che per un attimo credei che si fosse offesa sul serio, ma poi notai che faceva una strana smorfia.
Si stava trattenendo dal ridere.
<< Scherzavo, comunque ne ho quindici >> disse, dopo essersi ripresa da quell’attacco di ridarella.
Eravamo all’inizio dell’ennesimo corridoio, ma alla fine di esso, questa volta, si vedeva uno spiraglio di luce. Era la porta che portava all’esterno.
Una volta usciti, trovammo ad aspettarci Alexander ed Eleanore seduti su dei tronchi, sembravano essere a disagio assieme.
Come se stava aspettando solo me, appena mi vide Alexander si alzò e, rivolgendosi a me, iniziò a parlare.
<< Tra qualche giorno ripartiremo portando con noi un piccolo gruppo di Angeli, gli altri ci raggiungeranno alla frontiera appena pronti >> disse e in quel momento arrivarono Rose e Scorpius con uno strano sorriso sulle labbra, poi avrei chiesto loro spiegazioni.
<< Il gruppo sarà formato da me e altri cinque Angeli che hanno finito l’addestramento da poco >> continuò Eleanore.
<< Vengo pure io >> aggiunse Evelyn spuntando da dietro la mia schiena. No, non l’avrei fatta partire con noi. Così cercai di esprimere il mio disaccordo, ma non ci fu verso di far cambiare idea a Lyn. Era cocciuta come il pennuto di Hagrid, Fierobecco.
<< D’accordo, sei allenata e hai superato tutti i test attitudinali, con tuo padre ci parlerò io >> sospirò Eleanore, sicuramente non le andava molto a genio quell’idea. Le altre cinque persone che aveva scelto erano uomini robusti e forzuti, mentre lei era una ragazzina quindicenne che non avrebbe mai potuto fare concorrenza a quegli uomini. O almeno così pensavo.
<< Grazie! >> disse per poi, in uno slancio di affetto, buttarmi le braccia al petto e abbracciarmi. Io ero ancora immobile in quella posizione e quando, dopo essersi scusata, stava per allontanarsi, io la stinsi per i fianchi e prolungai quell’abbraccio che sapeva di affetto. E pensare che la conoscevo da meno di un’ora e la consideravo al pari di Rose, anzi forse anche di più. Com’era strana la vita a volte.
<< Per dove partiamo? >> chiese a quel punto Rose, facendoci staccare da quell’abbraccio. Evelyn era diventata nuovamente rossa, dandomi l’idea di essere ancor più dolce e bella di quanto pensassi prima.
Ci conoscevamo da meno di un’ora e già non potevo non pensare a lei. Gli scherzi del destino.
<< Per l’Italia >> rispose Alexander, ridestandomi dai miei pensieri.
Saremmo partiti per una nuova meta e, questa volta, avrei avuto qualcuno di cui occuparmi. Rose era anche più forte di me, non aveva bisogno della mia protezione, mentre Evelyn mi sembrava talmente piccola e indifesa. Anche se riusciva tranquillamente a parlare con uomini il doppio di lei, senza sentirsi a disagio. Avevo un senso di protezione nei suoi confronti che non riuscivo nemmeno a spiegarmi, era come una nuova forza che mi dava una spinta in più per affrontare le giornate. Lei era colei che riusciva a farmi battere il cuore, come mai aveva battuto prima d’ora.










 
 
*Angolo Autrice
Scusate il ritardo, ma ero a corto di idee. Adesso prostratevi ai miei piedi, per questo capitolo che, non per lodarmi da sola, è stramagnifico. Come vedete c’è la comparsa di due nuovi personaggi, Eleanore ed Evelyn. Sembra che Alex ed Eleanore si conoscano già, ma non vogliono riallacciare i rapporti di un tempo. Chissà cosa succederà( lo so solo io, la cosa bella di essere autrice di una FF). E che dire di Evelyn e di Albus. Sinceramente l’aspetto di Evelyn è un po’ copiato da me, dico un po’, sono alta uno e settantaquattro io, quindi. Ehi, merito anche io il lieto fine in questa storia, non vi sembra? E chissà cosa sarà successo tra Rose e Scorpius, tutto nel prossimo capitolo. Recensite in tanti. (voglio tante recensioni per questo capitolo)
Alla prossima
Baci
_RedRose_
  
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