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Autore: Belarus    22/02/2014    2 recensioni
#01: "Fiori marci, ecco cos’erano ai suoi occhi i sussurri lascivi di Francis."
#02: "[...]gli occhi verdi affondarono oltre la maschera voluttuosa del francese costringendolo a un rantolo ansioso."
[Seconda classificata al contest - Dal linguaggio iconico a quello verbale - indetto da darllenwr sul forum di EFP]
#03: "Corre, mentre la vera voce di Francia non fa che piangere in un cupo riposo forzato."
#04: "Trattiene il respiro per qualche istante e il silenzio pare farsi più profondo."
#05: "C’era una parte di Francis, nascosta chissà dove, per cui il cuore stesso nutriva paura. "
{FrUk - Parce que ci vogliono più bruchi e rane, il mondo ne ha bisogno mes amis.}
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: Lemon, Lime, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Titolo : Le Jeu - Il Gioco
Genere : Introspettivo; Malinconico; Vagamente Romantico; Lontanamente storico.
Rating: Giallo.
Avvertimenti: Shonen-ai.
Personaggi: Francis Bonnefoy[Francia]; POV Arthur Kirkland[Inghilterra]; Jeanne D'Arc[sottintesa].
Note: Temo che la visita a certe chiese mi metta in uno stato d'animo non proprio lieto. Fatta questa piccola confessione, abbandono in questa già malinconica raccolta, l'ennesima triste flashfic di un amore già di per sé non proprio consueto e ringrazio quei santi lettori che passeranno a darle un'occhiata. Merci!




Le Jeu




«Et mon coeur s'effraya d'envier maint pauvre homme
Courant avec ferveur à l'abîme béant,
Et qui, soûl de son sang, préférerait en somme
La douleur à la mort et l'enfer au néant!»





C’era una parte di Francis che pochi conoscevano, se non nessuno. Era una parte silenziosa, priva di luci e lusinghe, che lui stesso celava agli occhi del mondo. Era una parte che si sarebbe solo potuta intuire, quando divorato dalla morsa famelica dei ricordi, si spendeva in parole che parevano raccontare storie impolverate e gli occhi si coprivano di un velo di malinconia come un vecchio, meraviglioso dipinto abbandonato alla morsa del tempo. Era la nota stonata in una melodia altrimenti divina, un’ombra che si allungava triste alle spalle di una statua immobile, era il respiro diafano e solitario della Senna che aleggiava tra le strade di Parigi.
«Fa freddo, frog.» lamentò, scoccandogli un’occhiata dal bavero sollevato del proprio giaccone, mentre se ne stava con il mento poggiato sul palmo arrossato della mano.
C’era una parte di Francis che a volte Arthur si sforzava di combattere con disperata ostinazione come un bambino per troppo tempo ignorato. Lo faceva in momenti come quello, quando il francese smetteva di gracidare sciocchi sproloqui atti solo a far chiasso e lui rimaneva dimenticato su una panchina, in un parco uggioso a fissare una coppia di anziani che giocava a carte sotto un albero nudo.
La combatteva rinnegando la pena che l’altro tacitamente gli infliggeva. Perché sapeva che quella parte di Francis non avrebbe mai smesso di chiedersi come sarebbe stato sedere sotto quell’albero, al posto di quei due anziani, a chiacchierare con l’unica donna che lo avesse mai guardato per ciò che era, reggendole la mano sottile, così poco adatta alla spada che aveva brandito in nome di Dio e di Francia. Quella parte continuava a odiare Arthur anche dopo secoli, celandosi dietro le lacrime rassegnate di Francis, dietro i sospiri che li univano e i battibecchi insensati.
«Si sta facendo tardi, idiot, sento freddo.» insistette, mentre il tono s’incrinava impercettibilmente.
Era il loro destino di Nazioni rimanere a guardare la propria gente, mentre si consumava e avvizziva sotto il bacio inclemente del tempo. Era una pena comune che tutti avevano imparato a sopportare, tutti tranne Francis. Si ostinava a cullarli, amarli e piangerli, con la sciocca speranza di poterli vedere un giorno sfuggire all’età e alla morte. Li vegliava, quando si sorridevano sotto un albero, con le dita raggrinzite e il fiato corto, mentre le carte scivolavano sul tavolo e un altro giorno li avvicinava all’abisso. Li amava anche con quella parte che per l’inglese provava solo odio.
«Francis…» tentò un’ultima volta, lasciando che la mano gelida sfiorasse quella dell’altro.
C’era una parte di Francis, nascosta chissà dove, per cui il cuore stesso nutriva paura.
«Andiamo Chenille, ti preparo la roulade!» sbottò di colpo il francese accanto a lui, sollevandosi con un piccolo saltello, quasi per scrollarsi di dosso quella parte su cui l’inglese aveva vinto ancora una volta.
Arthur lo studiò, mentre si avviava in silenzio lungo il sentiero del parco che li avrebbe ricondotti in strada, prima di alzarsi e rivolgere un’ultima occhiata alla coppia di anziani ancora seduti a giocare. Tirò su la sciarpa di lana e si diresse frettoloso verso Francis, intento ad agitarsi a causa del freddo qualche metro più in là, scoprendosi a velocizzare il passo pur di allontanarsi da quelle due figure per cui per un momento aveva provato invidia.
C’era una parte di Francis che continuava a chiedersi come sarebbe stato non nascere Nazione, era una parte livida e abbandonata, che covava rammarico e tristezza nel silenzio della propria stessa carne. Era una parte per cui Arthur, suo malgrado, non smetteva mai di sentirsi in colpa.
















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Note dell’autrice:

- “E il cuore si spaventò d’invidiar misera gente
che corre nell’abisso spalancato, con fervore,
ed ebbra del suo sangue preferirebbe al niente,
semplicemente, l’inferno e alla morte il dolore.”: Ultima quartina del componimento “Le Jeu” di Baudelaire.
- “Roulade”: Dolce francese dalle varie consistenze, dalla tipica forma a rotolo da cui prende il nome. A Parigi si è soliti mangiarlo quando fa particolarmente freddo o nei periodi natalizi.




  
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