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Autore: Ginny McCartney    22/02/2014    1 recensioni
Tutta Panen è in fremito per i 74° Hunger Games che sono alle porte. Intanto, nel Distretto 13, una ragazza, Iris Anderson, è pronta a rompere la sua monotonia. Scoprirà che non è la sola ad essere pronta, non è la sola a voler sfidare Capitol City e il suo distretto che continua a nascondersi.
Scoprirà come un'idea, può essere l'inizio di una ribellione.
*Parallela alla storia - Missing Moments |Prospettiva dal Distretto 13|
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 4: La rottura del Tabù


Le lacrime inondano il mio viso e quello di mio fratello. Si sente uno sparo e lui si gira, deve andare. Guarda un’ultima volta mio padre, gli chiude gli occhi e lo appoggia lentamente a terra. Un altro sparo, si asciuga il viso alzandosi e se ne va; io rimango lì, ho visto mio padre morire e probabilmente morirò anch’io. La guardia passa, è un amico di mio padre ma non si accorge che a terra c’è un compagno che annega nel suo stesso sangue. Mi passa d'avanti, con la pistola pronta a sparare, ed io non sto provando a chiamarlo: ho paura, non so nulla dell’affidabilità di quell’uomo. Mi aiuterebbe, soprattutto se gli mostrassi mio padre? Mi ucciderebbe, da bravo tirapiedi della Coin, molto probabilmente. Si allontana, poi sento sparare. Ho fatto bene a non chiamarlo, ma chi avrà ucciso? Prego che mio fratello non sia tornato indietro ma orribili immagini mi passano per la mente, spero che abbia fatto la cosa giusta cercando mia madre. Tuttavia pochi secondi dopo, un ragazzo di grossa stazza e capelli di un biondo sporco si aggira tra i cadaveri.
-Iris!- Lo sento sussurrare, e capisco che è il mio migliore amico. –Iris!- Aumenta il volume del sussurro.
-Nate!- Tento di urlare ma la gola mi brucia e tra lacrime e dolore, il mio risulta più un lamento. Ma lui mi sente e mi si avvicina, con un solo tentativo tira via il tavolo e mi aiuta a sedermi. Lo guardo negli occhi blu, e scoppio a piangere tra le sue grandi braccia, Nate inizia ad accarezzarmi i capelli senza fare domande.
-Mio… mio padre…- Piango e non riesco a parlare –Lui, ha salvato Lux. E…- So che lui ha già capito, ma sento di doverlo dire, o non riuscirò mai ad accettarlo –E’ morto- Nate mi stringe più forte e rimaniamo così per un po’.
-E’ colpa mia- Dice. Non vedo cosa avrebbe potuto mai fare, e lo guardo interrogativa prima di iniziare a scuotere la testa.
-Si, invece. Dopo il discorso del ragazzo, una signora mi ha spinto e ho perso la tua mano. Ho cercato di recuperarla ma proprio non riuscivo a trovarti; quando sono arrivati i vigili ho intensificato la mia ricerca, finché … Finché non è arrivato tuo padre. Mi ha detto di correre da mio zio, che ti avrebbe cercato lui, e che ci saremmo dovuti vedere tutti all’entrata del bosco perché avremmo dovuto scappare via. Avrei dovuto aiutarlo, ma lui mi diceva che sapeva dove saremmo dovuti andare e non ho fatto domande, mi dispiace. -
Non è colpa sua, non lo è per nulla. Quella, però, non è la parte del racconto che mi interessa: mio padre aveva un piano, e sono decisa a rispettarlo. –Hai fatto la cosa giusta. Adesso devi dirmi un po’ di cose: mio fratello sa dell’incontro? Dov’è mia madre? Com’è la situazione? Cosa succede?- Nate sembrò riscuotersi, pronto a rispondere alle mie domande.
-Ho incontrato tuo fratello, mi ha chiesto di te e tuo padre così l’ho indirizzato qui e gli ho detto del piano. Tuttavia non ho idea di dove sia tua madre. Sono andato da mio zio e mi ha detto che ci saremmo visti lì, ho tentato di convincerlo in tutti i modi ma la cucina è stata incendiata e lui voleva ad ogni costo tornare per salvare due persone bloccate, per quanto avessi voluto aiutarlo, mi è stato impedito. Così sono venuto di nuovo a cercarti, ho trovato una pistola dal corpo di una guardia e poi … ho ucciso un uomo. – Mi sembra di vederlo morire mentre pronuncia queste parole – Capisci? Sono una persona orribile … -
-No, non lo sei … - Gli accarezzo il volto e spero che basti per farlo stare meglio.
-Ci sono corpi ovunque. Ovunque. Immagino che sapevo quello che sarebbe successo già quando ho impugnato la pistola, ho guardato quell’uomo negli occhi ed era lui o io. Non potevamo sopravvivere entrambi, sono stato solo più veloce, spaventato e fortunato.  Adesso dobbiamo andare, dobbiamo seguire il suo piano. -
Era distrutto, pochi secondi fa. Adesso è serissimo e mi aiuta ad alzarmi (cosa che mi è difficilissima a causa della mia gamba, provo un forte dolore), proprio non capisco come faccia. Giriamo per il distretto, mi appoggio al suo braccio e lui con l’altro tiene pronta la pistola: so che sarebbe capace di sparare di nuovo, ma so anche che tenterà in tutti i modi di evitarlo. Infatti, non prendiamo la strada principale, passiamo per due rampe di scale e ci nascondiamo dietro un vicolo mentre passano due vigili; riprendiamo a camminare (zoppicare, nel mio caso) e procediamo per un lunghissimo corridoio. Attraversiamo una porta, che è evidentemente stata forzata, ed usciamo fuori. Abbiamo immaginato a lungo l’esterno, ma è molto diverso: una recinzione circonda il nostro distretto sotterraneo per circa 60 metri quadrati oltre di esso, la terra è arida e grigia come le nostre vesti, a circa 100 metri di lontananza c’è il bosco. Bene: riesco a vedere la nostra meta. Ma come attraverseremo il perimetro, pieno zeppo di guardie? Leggo nel viso corrucciato di Nate il mio stesso pensiero. Dopo una decina di minuti passati a condividere dei piani, quattro persone – due uomini, una donna ed un bambino – escono dall’entrata principale e quasi tutte le guardie corrono a bloccarli.
-Sono un po’ stupidi, non trovi? ORA!- Mi chiama Nate e scappiamo veloce quanto ce lo permettono le nostre ferite (Nate ne ha una sul fianco sinistro ed un grosso taglio sulla tempia), stiamo per sotto passare la recinzione giusto quando i vigili sparano agli altri ribelli. Il bambino si accascia a terra ancora stretto alla mano di sua madre.
Annoto anche loro ai morti di questa ribellione e risento le parole di mio padre: “Non arriveremmo nemmeno al Distretto 12”. Mi rigiro verso Nate e lo vedo sparare a un’altra guardia. Ormai il suo tabù dell’uccisione è stato rotto, mi chiedo quando e se capiterà a me. Entriamo nel bosco e mi getto a terra incapace di continuare oltre, la gamba mi sta distruggendo. Ma il mio migliore amico scuote la testa, mi ritira su e mi trascina per un’altra trentina di metri. Poi il bosco si apre dove gli alberi sono stati brutalmente tagliati, e vedo tantissime tende e persone che camminano ovunque: nel 13 siamo stati così occupati a nasconderci dagli altri, che ci siamo fatti nascondere la nascita di una rivoluzione.



Eccomi con il 4° capitolo! Ormai siamo entrati nella storia e dal prossimo capitolo si conosceranno i nuovi importanti personaggi, si metteranno apposto i tasselli mancanti e si faranno nuove scoperte. Grazie per leggere!
  
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