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Autore: pandaschocolate    22/02/2014    0 recensioni
Jay Addamd e Haileth Levonne, i due tributi del Distretto 9 dei 68° Hunger Games.
Due punti di vista, ventiquattro vincitori e solo un vincitore.
Questa storia ha partecipato al contest "Hunger Games: Original" indotto da Son of a preacher man sul forum di efp classificandosi al Secondo Posto
Genere: Azione, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovi Tributi, Nuovo personaggio
Note: Otherverse, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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68th Hunger Games. I pacificatori mi mollarono dentro una saletta del palazzo di Giustizia, lasciandomi solo con i miei pensieri. Tra centinaia di ragazzi tra i dodici e i diciotto anni dovevamo uscire per forza io e Haileth, non poteva essere altrimenti. Dovevano per forza rovinare la vita a mio fratello portandogli via le persone a lui più care. Cominciai a piangere, per la prima vera volta avevo paura. La mia paura era ben diversa dalla fobia che provavo per l'amore; a differenza di quella fobia, se così si può chiamare, questa era fin troppo opprimente rispetto al normale. Era come se dieci falci mi fossero state impiantate dietro la schiena. Continuai a piangere, a far scivolare via la mia paura, così che quando sarei stato costretto a salire in treno, mi sarei mostrato pronto a combattere e a cercare di sopravvivere. Notai la porta aprirsi
-Tre minuti- disse uno dei pacificatori fuori dalla porta. Erano entrati tutti, tranne Yoan, che sicuramente era da Haileth.
- Jay, non piangere, puoi farcela.- chiese Louis
- Louis tranquillo, mi sto solo sfogando. - Dissi cercando di sorridere nella sua direzione, ma notando il mio sorriso su uno specchio capii che il mio tentativo di sorridere era fallito.
-Ascoltatemi, non piangete, non sprecate del tempo. Nell’arena non avrò tempo per farlo, voi starete bene, ve lo prometto, qualsiasi cosa accada. Sapete che non arriverò alla fine, morirò entro due giorni, visto che non so procurarmi del cibo o cose del genere. Voi non siate tristi per me, sapevate che sarebbe arrivato questo giorno. Aiutate Yoan, lui ne avrà più bisogno- non so da dove quelle parole mi uscirono, ma in un minuto smisi di piangere e trovai coraggio. La mia famiglia non doveva preoccuparsi per me, ovunque andrò mi troverò bene, e anche se morirò, voglio che loro capiscano che devono occuparsi di mio fratello maggiore e non piangere per me, per quello c’è tanto tempo. Abbracciai uno a dei miei familiari e li ringraziai per tutto, poi un pacificatore entrò nella sala cacciando via tutti affermando che il tempo a loro disposizione era terminato, e pochi minuti dopo fecero di nuovo la stessa procedura per l’ingresso di mio fratello. Era più distrutto di quanto pensassi, il dover perdere due persone tutt’assieme lo spaventava, e non poco. Preso da un vero e proprio senso affettivo verso di lui, andai ad abbracciarlo, con la speranza di consolarlo un pochino, ma niente, così cominciai a parlare, ripetendo per filo e per segno quello che avevo detto a tutti gli altri.
- Yoan, ascoltami. Sei il maggiore e non puoi abbatterti qui e ora. Non puoi permettertelo. La tua futura moglie e tuo fratello stanno andando al martirio, e di certo uno di noi ci rimetterà le penne. Haileth può vivere, sa usare le armi e capirà come combattere, ed io ti prometto di aiutarla, a qualsiasi costo. Yoan, guardami. Staremo bene. Sono sicuro che non arriverò nemmeno al secondo giorno ma Haileth sì. Lei tornerà qui. - sorrisi amaro.
-Ma Jay, ci stai andando anche tu al martirio ed io vi vorrei entrambi qui. Se solo potessi occupare il tuo posto, lo farei, ma non posso. Non ci resta molto tempo, quindi vedete di sopravvivere. Fate il possibile per riuscirci e non mollate il primo giorno- si asciugò diverse lacrime lasciate cadere volontariamente da quegli occhi cerulei che mi sarebbero mancati un mondo. Abbracciai di nuovo mi fratello e lui mi strinse ancora più forte, infondendomi un piccolo tocco di coraggio e poi fu mandato via dai Pacificatori e restai di nuovo solo. Come sarei stato nell’arena. Sarei stato solo, con le mie scarse abilità nessuno sponsor mi avrebbe preso, e non sarei stato accettato dai favoriti, forse ai loro occhi ero un pappamolla che non valeva nemmeno mezzo quattrino. Non avrei potuto fare delle alleanze, quindi non avrei avuto molte chance di vittoria, anzi per vincere avrei dovuto trovarmi un nascondiglio lontano da occhi indiscreti, imparare a usare un’arma e a sopravvivere in natura, cosa impossibile per me. Continuai a pensare a qualche altro modo per vincere, ma non mi venne in mente nulla, quindi rinunciai a quel dolce sogno e mi arresi immediatamente alla mia imminente morte. Improvvisamente la porta si aprì, rilevando due pacificatori che mi presero sottobraccio e mi trascinarono in una jeep scura, la stessa macchina che mi avrebbe portato dal treno per Capitol City. Ormai rassegnato, salì sulla macchina e i mi concentrai a guardare il panorama del mio paese per l’ultima volta, mentre Rena sorrideva e parlava della bontà di Capitol City e di come saremmo stati trattati durante il nostro breve soggiorno. Per un secondo voltai lo sguardo verso Haileth, che ancora bianca in volto, piangeva e notai i suoi occhi: insanguinati per via del pianto, carichi di risentimento e coscienti della morte brutale che avrebbe dovuto subire tra qualche giorno; per fortuna doveva essere lei quella forte. Fummo scortati da un esercito di Pacificatori fino alla stazione centrale e poco prima di salire in treno, Rena si preoccupò di recuperare qualche vecchio vincitore per permetterci di avere almeno un mentore sano di mente e che fosse in grado di ragionare con la propria testa. Tornò una mezz’oretta dopo con Marcus abbastanza scettico su nostro futuro ed Elein, una delle vincitrici più vecchie del nostro distretto. Aveva una sessantina d’anni e da quando aveva vinto gli Hunger Games, aveva deciso di smettere di parlare, così a oggi si faceva capire a gesti, e poche persone ci riuscivano. Si racconta in giro che poco dopo il suo matrimonio lei uccise suo marito, non si sa per quale motivo. La vecchia Elein ci sorrise di noi e ci invitò a salire in treno e solo allora notai quanto fosse bello e lussuoso. Era la cosa più bella che avessi mai visto. Fummo portati in un salotto che alzava il dito medio a quello che avevamo noi al villaggio e rimasi immobile quando notai l’immenso banchetto che era stato preparato apposta per noi. C’era di tutto e di più: dolci, carne, pesce e tante altre pietanze che non avevo mai visto prima. Diverse persone facevano avanti e indietro da un vagone all’altro e continuavano a portare pietanze calde e toglievano quelle ormai fredde; sempre dallo stesso vagone arrivava un odore abbastanza invitante che mi spingeva verso di lui. Poi cominciai a osservare gli interni di quel treno meraviglioso. Era completamente ricoperto in legno finemente decorato che faceva trasparire in modo abbastanza eloquente il lusso di Capitol City; le poltrone e le varie sedie erano rivestiste di uno strano tessuto che all’apparenza sembrava morbido e, i vari mobili, sempre in legno, erano anch’essi decorati. Su alcuni mobili erano presenti dei liquori e dei sigari. Rena sorrise affondando su una di quelle poltrone ritornando nel suo mondo fatto di lusso e di felicità, un mondo che non comprendeva il distretto nove.
-Ragazzi, fatevi una doccia, mangiate, fate quello che volete, però mi raccomando, disciplina- sorrise la donna dai capelli verdi, mettendosi comoda a bere uno strano liquore di un marroncino. Haileth mi fece un cenno e uscimmo da quel vagone per andare a cercare le nostre stanze, come ci aveva detto poco prima Rena, e dopo aver raggiunto il nostro vagone personale, ci separammo. Il mio vagone era lussuoso quanto il salone. C’era una doccia con un centinaio di bottoni da premere e da abbinare, un vero letto e un comodino enorme che conteneva vestiti a non finire. Decisi di fare una doccia che alla fine si era trasformata in un vero inferno. Più premevo bottoni più la mia situazione si complicava: uscivano creme, spazzole, balsami e profumi che mi ricoprivano e che facevano anche male. Dopo una mezz'ora passata a cercare di capire il funzionamento di quella macchina infernale, finalmente riuscì a trovare il programma per una doccia base e poco dopo ne uscì. Andai verso il cassettone e indossai i primi panni che mi passarono tra le mani e poi decisi di andare a fare un giro, arrivando in una sorta di cabina finale che ti permetteva di vedere il panorama. Pensai di aver scoperto un vero tesoro, ma solo allora notai Haileth ferma a guardare il panorama che comprendeva ancora i vasti campi del nostro distretto.
- Haileth, cosa ci fai tu qui? - sorrisi verso la ragazza che solo allora notò la mia presenza.
-Rena mi ha detto che ci siamo fermati per un guasto, per questo siamo ai confini del nove e si vedono ancora i campi e mi ha detto di venire qua per rilassarmi e prendere coscienza di quello che è successo nelle ultime due ore e così eccomi qui, e tu?- sentì la sua voce tremolante, era come un soffio che non poteva essere udito da nessuno se non da chi era in quella stanza in quel momento. Era la prima volta che la sentivo parlare da quando avevamo lasciato il nove.
-Io ci sono finito per caso qui dentro e stavo pensando di passarci un po’ di tempo- sorrisi verso di lei che mi sorrise di rimando. Si spostò leggermente dalla poltrona che dava sull’enorme vetrata che permetteva di osservare il panorama e non parlammo più. Effettivamente io e Haileth non parlavamo molto, si siamo amici ma non di quelli che parlano sempre, siamo più quelli che fanno nascere la loro amicizia nel silenzio. Chissà cosa succedeva nella testa e nel cuore di Haileth? Chissà se anche in lei dominava il caos più assoluto? Chissà a cosa pensava e a cosa farà una volta nell’arena? Cominciai a stancarmi ben presto del nostro silenzio, di solito non era così carico di tensione, solitamente erano più pacifici ed evidentemente anche lei se n’era accorta, così riprese a parlare.
-Credi che diventeremo come loro?- domandò triste la ragazza, tornando a guardare il panorama perfetto.
-Come loro chi?- chiesi io per risposta.
-Come Marcus, come Elein, come uno dei vincitori del nove. - disse lei triste
-Se sopravvivremo, molto probabilmente- risposi io con un tono malinconico nella voce
-Forse i giochi sono più terribili di quanto sembrino. Elein ha ucciso suo marito perché nel sonno l’aveva abbracciata e a lei è tornato in mente quel tributo che la stava per uccidere mentre lei stava dormendo ai piedi di un albero nell’arena e presa da un attacco di panico l’ha ucciso senza pietà. Marcus si è dato alla droga per cercare di dimenticare le immagini che ancora oggi compaiono nella sua mente. Tutti gli altri sono morfinomani perché vogliono sopprimere il dolore che si portano dietro. Io non voglio diventare schiava di un’arma o di una sostanza chimica se sopravvivo. - disse Haileth ormai rassegnata.
-Io credo tutto questo sia nulla in confronto. Secondo te, perché i vincitori sono sempre soli dopo i giochi? Io credo che loro combattano tutti i giorni contro i demoni che gli hanno portato i giochi; provano a tornare alla loro vita normale, ma si buttano su quella roba perché sperano di tornare alla loro vita prima dei giochi. Che poi qualcuno ha mai provato a fermare queste idiozie?- risposi io quasi arrabbiato.
-Ci avranno provato in molti, ma nessuno ci è riuscito. Capitol City è troppo forte e noi siamo troppo deboli e troppo pochi. Dovremo sottostare per sempre, ed è proprio per questo motivo che io e Yoan non vogliamo figli, o almeno non qui nei distretti.- disse lentamente Haileth. Probabilmente tutto questo faceva male anche a lei. La sentì sospirare e notai il treno tornare in movimento. La porta si aprì rilevando una Rena abbastanza irritata ma contenta che ci comunicò la felice notizia del viaggio e che c’invitò nella sala principale per cenare. In silenzio la seguimmo e occupammo posto a tavola. Marcus sedeva di fronte a me, mentre Elein sorrideva di fronte a Haileth e Rena a capotavola si mostrava fiera e contenta. Ci portarono delle portate immense, e senza accorgermene mangiai tutto quello che era sul tavolino davanti a me. Dopo la cena, ci accomodammo su un piccolo divano e ripercorremmo tutte le mietiture di tutti i distretti. Ogni distretto era differente. Mi sono rimasti impressi pochi tributi di pochi distretti. Per esempio, nell’uno e nel due c’erano stati tutti volontari, nell’undici un ragazzo si era dato alla fuga dopo aver ascoltato il suo nome uscire dall’urna e così un pacificatore l'aveva ucciso senza pietà, negli altri distretti nemmeno un volontario. Poi decisi di spegnere la tv e di cominciare a parlare di come saremmo dovuti stare nell’arena.
-Allora, come si può sopravvivere?- chiesi a Marcus
-Non potrai farlo, nessuno sopravvive dentro quell’arena- tagliò lui corto. Pensai alla sua risposta e ci rimasi di stucco quando ne capii il vero significato.
-Quindi stai dicendo che ci lascerai morire dentro quell’arena? Che non ci aiuterai e che ci farai ammazzare alla Cornucopia?- trillò Haileth arrabbiata nera. Marcus, preso alla sprovvista, annuii alla domanda che la ragazza gli aveva rivolto.
- Marcus. Io non ho intenzione di morire lì dentro. Ho imparato a usare le armi ancora prima di camminare, quindi ora tu butterai quella maledetta sigaretta e comincerai a elencarmi come posso sopravvivere lì dentro e mi dirai come uccidere- da quando Haileth era così aggressiva? Lei di solito è dolce e raffinata, non urlava mai davanti alle persone. Invece ora stava urlando come una pazza ed era nera dalla rabbia; mai l’avevo vista così.
-Dolcezza, di certo con quel caratterino non farai molto. - Haileth stizzita strinse il colletto della camicia di Marcus e gli si parò contro.
-Non m’interessa. Io voglio vivere e tornare a casa, anche se non ho nessuno ad aspettarmi, quindi sarà meglio che collabori immediatamente- Haileth si allontanò da lui, lasciando spiazzati tutti quanti. Marcus mise la sigaretta nel posacenere e prese a parlare di come poter sopravvivere nell’arena. Parlò per una mezz’oretta e cercai di accumulare tutte le informazioni possibili. Parlò di come uccidere, di come procurarsi da mangiare, di dove nascondersi, di come procurarsi degli alleati e rispose a tutte le domande che Haileth gli faceva.
-Ma la cosa più importante è l’acqua. Procuratevi dell’acqua e sarete salvi- disse terminando il suo discorso. Appuntai tutto mentalmente e sorrisi all’aggressività della ragazza. Haileth, e in seguito Rena, si alzarono e scusandosi e ringraziando tornarono nelle loro cabine per farsi una dormita. Elein, Marcus ed io rimanemmo ancora un po’ nel salotto a parlare e poco dopo Elein prese un foglio e scrisse sopra alcune frasi che poi girò verso di me.
-E tu ragazzo? Non vuoi sopravvivere?- Lessi le parole del foglietto e sorrisi. Allora si preoccupavano anche per me. Scossi la testa in modo da rispondere e lei colse la risposta scrivendo un’altra domanda sul foglietto.
-Perché? Perché so che morirò alla cornucopia e che non arriverò lontano. Non so come combattere e nulla di quello che conosco, mi farà sentire utile nell'arena. Anche se ci sarà una sessione di addestramento, non riuscirò a capire come usare un’arma in tempo. So di essere spacciato e mi va bene così- Elein scosse la testa e mi regalò un abbraccio. Chissà quanta pena facevo a quella donna che aveva visto morire milioni di ragazzi come me, lei sapeva come ci si sentiva a essere tributi e sapeva bene come ci si rassegnava, soprattutto se non piaci alla gente e non sai combattere, cosa che fa impazzire i capitolini. Ricambiai l’abbraccio di Elein e poco dopo Marcus parlò.
-Domani saremo a Capitol City, quindi vai a dormire che ti aspetta una terribile giornata.– Annuii e andai nella mia cabina seguendo il consiglio di Marcus che dopotutto era il mio mentore.

  
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