Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: DoctorFez1988    23/02/2014    3 recensioni
La mia prima storia "Fanfiction", dedicata al film di Frozen - Il Regno di ghiaccio. In questa storia, una specie di seguito del film, le due sorelle e i loro incredibili amici saranno protagonisti di un'avventura ancora più incredibile della prima. Spero che la trama possa piacere a tanti.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna, Elsa, Kristoff, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Elsa e sua sorella non riuscivano ancora a credere a ciò che il troll aveva appena rivelato riguardo ai loro poteri.
 
“Stai dicendo… che la nostra famiglia custodiva questi poteri da generazioni… senza neanche saperlo?...” domandò Anna, guardando sbigottita l’immagine incantata di Granpapà.
 
“Per la sicurezza di Arendelle e dei componenti della famiglia reale, era necessario che niente e nessuno potesse venire a conoscenza di tale fatto, almeno fino a quando stato necessario, in modo che i servi del signore oscuro non potessero cercare di sopprimere i due prima del tempo per preservare il ritorno del loro padrone!” spiegò serio il troll. Esclamò poi quasi sussurrando:
 
“Ormai il momento è alle porte!”
 
“Che indenti dire?” chiese perplessa Elsa. Lo sguardo di Granpapà rivolto ai presenti si fece più grave e disse:
 
“Dopo di questa, fra altre cinque notti, l’oscuro male innominabile, profetizzato dall'eremita, sarà libero dal suo esilio e potrà finalmente stringere il mondo nella sua diabolica morsa…”
 
“Miðgarðsormr!” esclamò improvvisamente Elsa, ricordandosi di ciò che gli aveva raccontato Hans e dell’oscura voce che aveva udito assieme alla sorella. Il troll restò per un solo istante senza parole e sbalordito per ciò che aveva udito dalla bocca della regina delle nevi.
 
“come fai a conoscere il nome di quella belva oscura?” chiese Granpapà, con un leggero sconvolgimento nel tono della sua voce.
 
 
 
 
I Santuari di Miðgarðsormr erano sparsi per quasi tutta Arendelle. Alcuni erano in bella vista, senza però che qualcuno riuscisse comunque a capirne l’origine e il significato proprio. Altri, i più pericolosi e importanti, erano situati, velati da una sinistra magia, negli luoghi più oscuri e sperduti del regno. Hans si era rifugiato proprio in uno di quest’ultimi, subito dopo essere scampato dal fuoco di Anna, fuggendo attraverso un varco tenebroso aperto dal suo padrone. Il luogo in questione era una grande e profonda caverna scavata sulla cima di un altissima e inviolata montagna nera, la cui sommità era nascosta da intense e grigie nubi, che estendevano per chilometri di distanza, oscurando il territorio circostante. Le pareti, la volta e il suolo della mostruosa e smisurata caverna sembrava essere interamente ricoperta con la pelle nera e squamosa di un drago, ruvida e pungente al tatto. La volta era sostenuta da numerose colonne, disseminate un po’ ovunque. Le colonne sembravano enormi tronchi d’albero deformi, il cui colore era un lugubre purpureo, che sembrava emanare un inquietante chiarore, rischiarando l’interno della caverna. Tale luminescenza creava sulla superficie di tutta la caverna riflessi e ombre, che davano l’illusione di essere demoni pestiferi, pronti a prendere vita e a seminare scompiglio e malignità. Hans avanzava tra le macabre colone con passo solenne, ma grave allo stesso tempo, affiancato da due mostri d’ombra che lo stavano scortando per farlo conferire con il signore delle ombre. Una delle creature fatte di tenebre aveva le sembianze di un essere antropomorfo, alto la metà di Hans, con la testa a forma di cinghiale dalle lunghe zanne, gli zoccoli al posto dei piedi e due lame ad uncino invece delle mani. L’altro essere oscuro aveva la forma di un grosso cobra, leggermente più grande del cinghiale nero, con ben tre occhi purpurei, disposti come un triangolo sulla sua testa. Da dietro la sua testa, spiccavano un paio di enormi ali di drago, ricoperte di piccoli aculei appuntiti. Il cinghiale grugniva ferocemente e Il cobra sibilava in modo sgradevole, mentre accompagnavano il loro condottiero verso il fondo della caverna. Hans dovete ammettere a se stesso che era molto preoccupato in quel momento. Per lui era stato umiliante dover scappare attraverso il varco oscuro evocato dal suo signore e padrone, proprio ora che aveva la vendetta a portata di mano, ma non aveva scelta, visto come si erano svolti i fatti di quella notte, che ancora non era finita. Stava per trafiggendo il cuore della regina Elsa e conquistando il regno di Arendelle, che sarebbe divenuto poi la futura capitale del reame delle ombre. Poi era successo che anche Anna possedeva poteri magici, sul fuoco per la precisione, ed erano cosi forti e impetuosi, che persino la magia delle ombre che gli era stata concessa da Miðgarðsormr era impotente al cospetto della principessa. Ciò che però aveva terrorizzato veramente Hans era la rabbia di Anna nei suoi confronti, terribile e magnifica allo stesso tempo. Hans non riusciva più a riconoscere l’ingenua e semplice ragazzina che aveva incontrato al palazzo di Arendelle, durante il giorno dell’incoronazione di Elsa. Fu allora che i due seguaci d’ombra lo scossero dai suoi pensieri con i loro deformati versi. Hans e i due sgherri si trovavano infatti davanti al fondo della caverna, un enorme parete nera. Incastonata in quella parete di roccia nera, c’era un grande specchio, la cui forma ricordava il gigantesco occhio di un ciclope. la cornice intorno ad esso era dello stesso materiale di cui erano fatte le colonne che sorreggevano la volta del santuario cavernoso dedicato a Miðgarðsormr. Il principe decaduto vide il suo riflesso in quello specchio, che esaltava il nero della sua uniforme da condottiero e i risvolti purpurei. Grazie alle conoscenze misteriose che aveva appresso nel momento stesso in stringeva il patto con le tenebre, Hans sapeva che, grazie allo specchio, era possibile parlare con la bestia dominatrice dell’oscurità dal limbo in cui era esiliata. Tra non molto, il condottiero delle ombre avrebbe conferito con il suo padrone. Hans era più intimorito che onorato nel dover conferire con il signore dell’oscurità, essendo sicuro che lo avrebbe sicuramente rimproverato pesantemente per il fallimento dell’assalto al palazzo di Arendelle e, forse, lo avrebbe minacciato di rimuoverlo dal suo titolo di generale delle ombre, o peggio.
 
 
 
Quando Elsa finì di spiegare ai presenti ciò che gli era stato raccontato da quell’arrogante di Hans, Granpapà sospirò dicendo:
 
“Dunque è così che sei venuta a conoscenza del vero nome del vostro nuovo nemico, vostra altezza. Un essere oscuro così crudele, che persino il mio popolo lo teme e pronunciare il malefico suo nome è diventato tabù.” Anna, che fino a quel momento si era lasciata consolare nell'abbraccio di sua sorella, si sciolse da esso e s’alzo improvvisamente dal letto, con un volto misto tre preoccupazione, timore e agitazione.
 
“Anna…” le disse Elsa, guardandola con occhi gravi e preoccupati. Allora Anna iniziò a parlare, con un tono di voce che cercava di trattenere un’aria irritabile:
 
“Insomma, io… potrei anche capire e accettare il fatto che io e mia sorella dobbiamo affrontare questo Mioguanor, Mioronag, o come accidenti si chiama…”
 
“Miðgarðsormr” la corresse sua sorella.
 
“Si, quella cosa li, e potrei anche capire questa storia dei nostri poteri risale da tempi immemori, e che nessuno era a conoscenza di ciò, ma…” a quel punto, la voce di Anna sembrava in procinto di sbottare di rabbia.
 
“…perché il mio potere si è svegliato solo adesso? Elsa usava i suoi poteri addirittura quando era appena nata. Perché i miei poteri si sono manifestati solo adesso?” fu allora che Granpapà mandò uno sguardo serio verso Elsa, per poi rivolgerlo alla principessa per rispondere alla sua domanda.
 
“Anna, tua sorella è nata prima di te e il potere di ghiaccio, che era custodito nell'animo di vostro padre, quando si è infine unito a lei, si era appena risvegliato completamente. Per questo Elsa era in grado di usare i suoi poteri già da piccina. Quando a te, nel momento in cui sei nata, anche il potere del fuoco si è infuso nel tuo cuore, ma non era ancora pronto a risvegliarsi, perché era ancora incompleto. Lo sarebbe stato solo quando avresti raggiunto l’età di… sei anni.” Anna guardò il sovrano dei troll con aria confusa.
 
“Cosa stai dicendo? A quell'età, non si è svegliato alcun potere dentro di me, lo è stato solo adesso, quando Elsa era rischiava nuovamente di essere uccisa da Hans… se il mio potere era già completo mentre ero ancora bambina, perché… non si è rivelato…” mentre pronunciava quelle parole, nella sua mente s’insinuò un dubbio come una vespa fastidiosa e guardò verso il volto di sua sorella. Dagli occhi blu e gelidi di Elsa, sua sorella vide sgorgare da essi leggere lacrime di dispiacere. Anna cominciò finalmente a comprendere come erano andati veramente i fatti riguardo al suo ardente potere, anche se non riusciva e forse non voleva nemmeno crederci. Per un istante, che gli sembrava un eternità, rivide nei suoi ricordi il momento in cui Elsa gli aveva colpito la testa con il suo gelido potere, ancora bambine. Quel ricordo, che gli era stato rimosso dalla testa dalla magia del re dei troll per proteggerla, gli era stato poi ridato dopo gli eventi dell’inverno eterno, scatenato per sbaglio da Elsa, che rischiava di avvolgere Arendelle in una gelida morsa. Anna ormai perdonato Elsa per quell'incidente accaduto durante la loro infanzia, ma ora, dopo quelle nuove rivelazioni riguardo al suo fiammeggiante potere e di come era stato bloccato dal ghiaccio di Elsa quando erano ancora bambine, fece nascere dei dubbi, pensieri e nuove prospettive nel suo cuore. Cominciò persino a pensare intensamente che, forse, sua sorella gli aveva fatto un torto più grande di quando si potesse immaginare.
 
 
 
Hans guardava il suo riflesso nell'inquietante specchio, avvertendo un brivido di preoccupazione che correva violentemente in tutto il suo corpo. Il principe decaduto, per mezzo di quello specchio, avrebbe conferito con il suo padrone, rinchiuso nel limbo oscuro in cui era stato esiliato in tempi remoti. La parte ironicamente grottesca era che non sapeva se sentirsi onorato intimorito da ciò. Miðgarðsormr lo avrebbe sicuramente rimproverato pesantemente per la sconfitta che gli era stata inflitta al palazzo della regina Elsa, o forse anche peggio. Poteva essere in gioco il suo ruolo come condottiero della notte eterna, la sua aspirazione a futuro viceré del regno delle ombre, o addirittura la sua stessa vita. Ad un certo punto, Hans sentì gli sguardi dei due oscuri servitori su di lui, come per intimarlo ad chiamare il loro padrone. Anche se quei due erano al suo servizio, il principe decaduto sapeva bene che in realtà erano sotto il commando di un essere superiore a lui. Miðgarðsormr. Un essere millenario e crudele che poteva ordinare ai suoi tenebrosi servi di eliminare il giovane in qualsiasi momento senza tanti complimenti.
 
“lasciatemi conferire da solo con sua tenebrosa maestà, e andate a far la guardia all'entrata della grotta!” Gridò, alzando il braccio destro, puntando l’indice verso la soglia dell’oscuro santuario, con un tono di voce pieno di autorità e risolutezza, che velavano il suo timore per ciò che avrebbe dovuto fare adesso, ovvero chiamare l’oscuro signore tramite lo specchio dall'occhio ciclopico. I due neri servi s’allontanarono  da Hans, grugnendo e sibilando , eseguendo i suoi ordini. Il giovane, abbassando il braccio, rivolse di nuovo la sua attenzione verso lo specchio e si preparò a chiamare il suo padrone. Alzando verso l’alto le braccia, iniziò a pronunciare arcane e oscure parole. Alla fine di quella lugubre nenia, Hans riabbassò le braccia, mentre osservava lo specchio che iniziava la sua metamorfosi. Nello specchio scomparve i riflessi, divenne tutto nero come la pece e iniziò e tremolare come se fosse liquida. L’aria della caverna divenne più densa, le colonne purpureo attenuarono di poco il loro cupo chiarore e il principe decaduto s’inchino davanti allo specchio divenuto nero. Si sentì improvvisamente un sospiro feroce proveniente dalla superficie dello specchio, che si propagava per il cavernoso santuario come uno spaventoso eco. Fu allora che in alcuni punti sulla superficie si formarono delle fessure in linea retta, dalla luminescenza purpurea. Quelle fessure si aprirono di colpo. l’una dopo l’altra, rivelando di essere in realtà occhi simili a quelli di un serpente, il cui bagliore faceva accapponare la pelle. Nove occhi. Gli occhi di Miðgarðsormr.
 
“Salute a voi, o tenebrosa eccellenza…” Hans si prostrò solennemente davanti a quegli sguardi spaventosi nello specchio, con un mormorio grave ed’umile nella voce. L’oscuro sospiro di prima si trasformò in una voce disumana e antica, cosi terribile e tonante da far incrinare persino la superficie della parete in cui era incastonato lo specchio.
 
“Hans, mio fido… campione, ti sei finalmente deciso di trovare il coraggio di evocarmi!” Hans non sapeva dire se il tono di voce di Miðgarðsormr fosse votata allo scherno, alla rabbia o alla malignità.
 
“Mio padrone, sono tornato dalla mia missione al palazzo della capitale, ma…” prima che il giovane potesse continuare a parlare umilmente, la voce dell’oscuro signore rimbombò come un tuono.
 
“Fai silenzio, piccolo umano! So già del tuo fallimento nell'eliminare Elsa e conquistare il suo regno! Non dimenticare mai che posso vedere e sentire ciò che succede in questo mondo tramite gli occhi e le orecchie delle mie creature fatte d’ombra!” Hans si sentì ferire il cuore dalle dure parole del suo padrone. Poi però Miðgarðsormr, ridendo in modo crudelmente stridente, pronunciò una frase che fece alzare la testa del giovane dallo stupore:
 
“Tuttavia, il tuo non è stato un totale fallimento! Ora so veramente quali sono gli unici ostacoli al mio ritorno in questo mondo e all'ascesa del nuovo regno tenebroso nel mondo. I nostri piani dovranno essere corretti leggermente, ma so già come eliminarli… una volta per tutte…”
 
 
 
Dopo aver salutato i presenti e aver raccomandato di tenere d’occhio i poteri appena risvegliati in Anna e di essere cauti e pronti nel caso l’oscurità e i suoi servi dovessero di nuovo attaccare, l’immagine incorporea di Granpapà scomparve, venendo risucchiata nella pietra runica, che venne subito raccolta da Kristoff, prima che Lynae iniziasse a giocarci come se fosse un gomitolo di lana. Intanto Anna si stava guardando davanti al riflesso della sua specchiera, cercando di comprendere ciò che le era stato rivelato sui suoi poteri. Nel suo cuore, lei era confusa, intimorita e arrabbiata come una bambina, anche se si sforzava a fatica di non darlo troppo a vederlo. Non poteva fare a meno di guardare la sua chioma rossa e liscia riflessa nello specchio, divenuta più intensa e luminosa di prima, segno inconfutabile e drastico del risveglio del fuoco incantato custodito nel suo cuore.
 
“Anna… come ti senti?” mormorò Elsa preoccupata, mentre si avvicinava dietro a sua sorella, mettendogli le mani sulle spalle con sincera tenerezza.
 
“Io non so… se essere arrabbiata… terrorizzata… o triste… per ciò che mi è successo quando eravamo bambine… quel dannato incidente con i tuoi poteri…” la voce di Anna sembrava rotta da un senso di smarrimento.
 
“Anna, se mai ho fatto qualcosa di male nei tuoi confronti…” prima che Elsa potesse continuare la frase, la principessa si girò di scatto e guardò sua sorella con occhi seri, quasi feroci.
 
“Vorresti che io ti perdoni? E per che cosa, poi?” la voce di Anna era diventata di colpo impetuosa e furiosa, lasciando ammutoliti tutti i presenti. La rossa continuo:
 
“Per aver impedito, anche se per sbaglio, di risvegliare il mio potere quando avevo solo sei anni? Per aver permesso cosi ai nostri genitori di dividerci, per non rischiare che il tuo ghiaccio mi ferisse ancora? Per tutte le volte che mi hai chiuso le porte in faccia? Per tutti i tuoi rifiuti per stare accanto a me? Per tutti i silenzi in cui di sei nascosta? Per avermi fatto sentire sola per tutti questi anni e per tutta la sofferenza che ho dovuto subire in silenzio? Per avermi tarpato le ali e impedito di essere me stessa?” la voce di Anna si faceva sempre più adirata e sofferta mentre pronunciava quelle parole. Dagli occhi della principessa sgorgavano lacrime cariche di collera e disperazione. Era come se, nonostante avesse perdonato Elsa per tutti i disagi durante il periodo prima dell’incoronazione, era come se nell'animo di Anna fosse rimasto una scintilla di rancore, che ora rischiava di espandersi come un incendio, come se fosse alimentato dal suo ardente potere, nel momento stesso in cui si era risvegliato.
 
“Anna, io…” Esclamò Elsa, intuendo cosa stava accadendo in quel momento nel cuore di sua sorella. Fu allora che la regina venne colpita in faccia da uno schiaffo carico di rabbia.  Elsa guardò sconcertata sua sorella, massaggiando la guancia colpita proprio dalla mano di quest’ultima. Anna guardò sua sorella con occhi che sembravano dover diventare rossi come la prima volta che aveva scatenato il suo potere e che potessero infiammarsi di collera.
 
“Anna, non puoi fare così…” intervenne Kristoff, cercando di riportare la principessa alla calma e alla ragione, ma fu subito zittito dallo sguardo rovente della ragazza rivolto a lui.
 
“Me lo dice proprio uno come te, che mi lascia sospirare, in attesa che trovi il coraggio di dichiarare il suo amore verso la persona che dovrebbe amare, senza aver paura del giudizio degli altri?” quelle dure parole riuscirono a far breccia nel cuore da montanaro del ragazzo, facendolo intristire.
 
“Anna, per favore…” cercò di parlare di nuovo Elsa, sperando di placcare il risentimento che stava bruciando furiosamente in sua sorella. La principessa però allungò il braccio e ne puntò il dito verso la porta della sua stanza.
 
“Uscite tutti dalla mia stanza, subito!” sbottò schietta Anna, con l’indice inflessibile.
 
“Ti prego, Anna..” esclamò Elsa, in ultimo tentativo di far rinsavire la sua amata sorellina, ma inutilmente.
 
“Ho detto che dovete uscire tutti dalla mia stanza! Adesso!” ripeté la rossa, irremovibile, mortificando i presenti con il suo sguardo carico d’ira, come una violenta bufera di cenere ardente.
 
 
 
I nove occhi purpurei nello specchio stregato guardavano soddisfatti lo stupore sul viso del principe decaduto. La mostruosa voce di Miðgarðsormr rise in maniera morbosa.
 
“vedo con piacere, mio… condottiero, che ti stai chiedendo cosa stia tramando la mia nera anima, eh?” scherniva la diabolica voce, rivolta verso Hans.
 
“Per questa volta non ti punirò per il tuo fallimento, ma bada… io non elargisco una seconda occasione se mi deluderai ancora, chiaro?” la voce infernale si fece più seria e crudele. Hans si alzò umilmente davanti al grottesco sguardo di quegli occhi maligni e sovrannaturali.
 
“Non vi deluderò più, mio signore. Ditemi cosa volete che faccia per rendere salda la fiducia che avete nei miei confronti e soddisfare la vostra ambizione.” disse il giovane, cercando di assumere un atteggiamento risoluto ed umile agli occhi del suo padrone.
 
“Così mi piaci! Se non ho alcuna intenzione di farti dilaniare dai miei servi, per ora, lo devi al fatto che sei l’unico umano dall’anima nera disposto a spezzare l’incantesimo che m’imprigiona nel limbo a causa dei tuoi simili! Se però mi saprai servire bene e compirai la tua missione che ti è stata affidata, la ricompensa finale che riceverai sarà straordinaria!” le parole di Miðgarðsormr rincuorarono l’animo ambizioso e spietato del principe decaduto, facendolo sorridere malignamente.
 
“Ora ditemi, sua suprema oscurità… come mi devo comportarmi con la regina Elsa e sua sorella? Come avrà sicuramente notato, i loro poteri sono molto potenti singolarmente, se poi dovessero unire le loro forze…” le parole servili di Hans vennero zittite violentemente dalla risata rombante della voce del sovrano dell’oscuro, tale da far tremare ancora una volta il suo santuario all’interno della montagna nera. Il giovane rimasse paralizzato dalla paura a causa di quella improvvisa risata spaventosa.
 
“Mio stolto Hans, eppure la soluzione a questo problema è più semplice di quanto immagini!” gridò divertito il crudele e nero tiranno e i suoi numerosi occhi assunsero uno sguardo ancora più maligno e cospiratore. Miðgarðsormr iniziò allora, mentre Hans cercava di riprendersi dal paralizzante terrore che lo aveva investito poco fa, a pronunciare parole in una lingua profana e dimenticata, dimenticata ormai da tempi velati dall’oblio. Quelle parole, come per un incanto, facevano tremare l’intera caverna, minacciandola di farla crollare. Hans cercò a fatica di stare in piedi, con il cuore che sobbalzava nell’udire quelle indecifrabili parole. C’erano segreti cosi tenebrosi e potenti che solo l’oscuro signore era a conoscenza. Una conoscenza che non aveva intenzione di condividerla nemmeno con il suo campione della notte nera, colui che avrebbe attuato il rituale nella notte predestinata, liberandolo dall'esilio eterno. Quando finalmente le mostruose parole tacquero e la grotta smise di tremare, il giovane si accorse che ai piedi dello specchio era apparso dal nulla uno scrigno di piccole dimensioni, fatto completamente di pietra nera, decorato con teschi e artigli.
 
“Chinati e apri lo scrigno, senza però toccarne il contenuto, mio… condottiero.” ordinò Miðgarðsormr severamente al giovane. Hans fece come gli era stato ordinato e, una volta aperto lo scrigno evocato dalla magia delle tenebre, restò perplesso e sbalordito per ciò che vide al suo interno.
 
“Se mi è permesso chiedere, sua tenebrosa eccellenza, cosa dovrebbe servire questa… cosa?” chiese Hans umilmente. Miðgarðsormr rise, quasi sibilando, per la domanda che gli aveva fatto il suo condottiero e rispose con una voce che diveniva sempre più crudele mentre pronunciava queste parole:
 
“Quando ti avrò spiegato ciò che devi sapere e fare con quella Cosa, come la chiami tu, ti sarà tutto più chiaro…”
 
 
 
Una volta che Kristoff, Olaf ed Elsa furono usciti dalla stanza di  Anna, quest’ultima chiuse violentemente la porta. Subito dopo, la rossa si buttò sul letto distesa in avanti, con il volto sommerso dai cuscini e scoppiò in un pianto violento, pieno di tristezza e rabbia. Coloro che erano stati cacciati dalla stanza della principessa udirono il suo pianto soffocato e si intristirono preoccupati per lei. Nonostante la sfuriata di prima, loro volevano ancora bene Anna, anzi, ancora di più, visto ciò gli era successo finora. Elsa, con la schiena appoggiata alla porta della stanza di sua sorella, ora finalmente sapeva come ci si sentiva quando gli veniva sbattuta la porta in faccia dalle persone che amava. Dai suoi occhi azzurri scesero delicatamente delle amare lacrime. Non aveva mai visto sua sorella cosi arrabbiata, non ci era abituata, e ciò lo lasciava leggermente sconvolta nell’animo. Sperava con tutto il suo cuore che Anna potesse ritrovare la serenità e il sorriso il più presto possibili. Mentre s’asciugava le lacrime, la regina notò il piccolo pupazzo, con la fronte appoggiata  contro la parete dall’altra parte del corridoio, che si rigirava i pollici di legno. La regina s’avvicino ad Olaf e s’inchinò vicino a lui, fino a vedere il suo viso intriso di tristezza.
 
“Olaf… non fare così… Anna non voleva essere così… sgradevole… ma adesso sta passando un brutto momento… sono sicura che gli passerà… ha solo bisogno di tempo…” mormorava Elsa per confortare il pupazzo.
 
“Infatti non sono triste per come si è comportata Anna con noi poco fa… lo sono perché mi dispiace per quello che sta passando lei adesso… così triste e depressa…” rispose Olaf mogio, continuando poi a dire:
 
“Avrei voluto persino abbracciarla per farla sentire meglio, ma ho… avuto paura di peggiore le cose…” Elsa sorrise commossa e abbracciò teneramente il pupazzo di neve, lasciandolo di stucco.
 
“Sei un buon amico, Olaf… sincero, simpatico e compressivo… ti ringrazio per tutta l’allegria che regali ogni giorno per me, Anna e a tutti gli abitanti di Arendelle… prometti che non cambierai mai, d’accordo?” le dolci parole della regina della nevi fecero sorridere il pupazzo, ritrovando un po’ di allegria nel suo cuoricino di neve.
 
“Ora, per cortesia, va nelle cucine e aspettami li che poi ti raggiungo… cosi ci prepariamo una cioccolata calda, va bene?” disse la regina, con un tenero sorriso da bambina e facendo l’occhiolino a Olaf. Il pupazzo saltello allegro e corse verso le cucine, come gli aveva chiesto la regina. Fu allora che Elsa rivolse la sua attenzione verso Kristoff, che in quel momento aveva il volto più serio e abbattuto che abbia mai avuto in tutta la sua vita, chinato verso il pavimento. Il biondino aveva le spalle appoggiate alla parete, davanti alla stanza della sua amata che lo aveva appena strigliato. La regina sentì il montanaro che sussurrava queste parole contro se stesso:
 
“sei solo un’incapace, Kristoff… un testone, un codardo, un’insensibile, un’idiota, uno stupido…”
 
“Sai che questo non è vero!” gli disse la regina dal tono severamente risoluto. Il ragazzo alzò cauto lo sguardo verso Elsa con aria cupa. La giovane donna guardava il montanaro con occhi pieni di una severa calma, ma anche di tenera comprensione.
 
“Vostra altezza, lo sapete bene anche voi che quello che Anna ha appena detto su di me in fondo è vero… ho paura di farmi avanti e di dichiarargli il mio amore per lei… insomma, vostra sorella è una principessa, per giunta meravigliosa e adorabile, ma io che cosa sono? Solo un uomo privo di sangue nobile, non possiedo immense ricchezze, insignito solo con il semplice titolo di maestro consegnato di ghiaccio ufficiale del regno, che non è di certo nobiliare!” Elsa ascoltava quasi commossa ogni parola pronunciata dal ragazzo, che iniziò poi a parlare sempre più imbarazzato:
 
“Io voglio bene ad Anna… la amo… la amerò sempre, qualunque cosa succeda… amo la sua graziosa bellezza… i suoi occhi celesti che mi ricordano quelli di un allegra cerbiatta… la sua personalità quasi infantile, eppure anche maturo e ottimista… il suo adorabile cuore d’oro… se ancora non riesco a dichiararmi con lei, è perché ho davvero paura… paura di non essere l’uomo giusto… paura di farla soffrire… io desidero la sua felicità… soprattutto adesso che sta passando un brutto momento…” fu allora che Elsa alzò la mano per zittire il ragazzo.
 
“Ascolta bene quello che sto per dirti, Kristoff Bjorgman, perché non ho alcuna intenzione di ripetere queste parole!” la voce della regina era risoluta, regale e severa, e sembrava che dovesse fulminare il biondino da un momento all’altro.
 
“Anna ti ama, e questo lo sai benissimo nel tuo cuore. Ti ama per quello che sei, i tuoi pregi e difetti, proprio come te per lei. Ti ama per il fatto che sei un uomo semplice, rude, spesso poco incline ad aprire il tuo cuore agli altri per esprimere le tue emozioni, ma anche perché sei onesto, giusto, coraggioso, capace di sopportare le sue stramberie infantili e la sua adorabile ingenuità, e sai essere protettivo nei suoi confronti. Anche se non vuoi ammetterlo, lo sai anche tu che tutti quanti nel regno di Arendelle sanno della tua relazione con mia sorella e ne sono tutti contenti, perché conoscono il tuo valore e non importa se non sei nobile o ricco. L’unico vero ostacolo che ti impedisce di dichiararti con Anna, sei proprio tu! Se tu ami veramente mia sorella, allora l’unica cosa che devi fare è scacciare questi tristi pensieri e trovare il coraggio ad ammettere sinceramente il tuo amore per lei. Non gli importa se non sei di origini nobili o se non possiedi molti soldi, e questo lo sai bene persino tu! L’unica cosa che vuole è che tu la ricopra di sincero affetto e amore, come lei lo farebbe con te. Quando una coppia d'innamorati, se si amano veramente l’uno per l’altro, possono affrontare ogni sofferenza e difficoltà che si presenterà sul cammino del loro amore! Cerca di capire quello che ti ho appena detto… dichiararti finalmente con lei… tu ormai fai quasi parte della famiglia… e in realtà vorrei che tu lo diventassi veramente…” le parole di Elsa, severe, eppure anche confortanti, risanarono la breccia nel cuore di Kristoff.
 
“Vi ringrazio… vostra altezza…” disse il ragazzo con un umile e commosso sorriso rivolto alla regina, facendogli un inchino pieno di gratitudine. Elsa gli disse infine, con un tenue sorriso:
 
“Quando tu e Anna avrete finalmente reso più saldo il vostro legame di vero amore e vi sarete chiariti, io sarò ben lieta di donarvi la mia benedizione!” quelle parole rincuoravano ancora di più il ragazzo.
 
“Quando a quello che ha appena detto mia sorella su di te, ehm… avrai capito che non pensava veramente a quello che diceva e che ora sta passando un brutto momento, dopo gli ultimi eventi che gli sono accaduti… bisogna stargli vicina per aiutarla a superare questo momento cosi difficile…” disse Elsa, con la voce che si fece più grave.
 
Kristoff conosceva fin troppo bene il nome di uno di quegli eventi che avevano fatto soffrire la sua povera amata. Hans. Nei suoi pensieri, Kristoff giurò che se gli fosse capitato tra le mani quel vigliacco e meschino senza cuore di un principe, gli è avrebbe fatta pagare duramente per tutto il male che aveva causato ad Anna.
 
“Naturalmente, al di fuori di me, te e Olaf, nessuno dovrà sapere del potere di Anna! So che nascondere il potere di ghiaccio è stato in parte un errore, perché non trovavo il coraggio di rivelarlo agli altri, tanto meno a mia sorella, e… conosci il resto della storia. Quando mia sorella avrà ritrovato la serenità e saprà controllare i suoi nuovi poteri, potremo finalmente dirlo a tutto il popolo, ma non prima di allora. Aiuterò mia sorella a controllare i suoi poteri, come lei lo fece con me, insegnandomi l’amore. Prometti che manterrai questo segreto?” Kristoff non esitò a giurare di proteggere il segreto di Anna ad ogni costo, fino a che sarebbe stato necessario.
 
“Ora devo andare, Olaf mi sta aspettando nelle cucine… ti chiedo di meditare a quando ti ho appena detto. Ho fiducia in te e so che tu e mia sorella potete essere una magnifica coppia” esclamò Elsa con un lieve sorriso, mentre Kristoff la saluto e la ringraziò ancora per il discorso che gli aveva appena fatto e gli fece un inchino. Elsa si diresse verso le cucine per far compagnia al pupazzo e assaporare la cioccolata calda che aveva promesso, mentre il montanaro si avviò verso le stalle per vedere come stava il suo amico Sven e raccontagli, almeno a lui che era il suo fedele confidente e custode dei suoi segreti, ciò che era appena successo.
 
 
 
Intanto, nella sua stanza, Anna continuava a piangere, con meno impetuosità di prima, ma sempre triste e arrabbiata, distesa sul suo letto, con il volto rivolto verso il soffitto. Ora però non era più arrabbiata per quando era successo nella ultime ore o per ciò che gli aveva appena rivelato Granpapà. Era trista e arrabbiata con se stessa per come si era comportata con sua sorella e gli altri. Nel suo cuore, si maledisse per come si era avventata verbalmente con Elsa, per lo schiaffo che gli aveva mollato in preda ad una furia piangente, per come aveva risposto in malo modo al suo amato, per aver mandato via le persone a lei più care fuori dalla sua stanza, e aver chiuso loro la porta in faccia. E poi Olaf… Anna sapeva che il pupazzo non centrava nulla in quello che era appena accaduto, eppure l’aveva fulminato con il suo rabbioso atteggiamento di prima, come con Elsa e Kristoff e si chiedeva se la avrebbero mai perdonata per questo. Dagli occhi della ragazza, scendevano lacrime di sincero e rabbioso dispiacere. Fu allora che la principessa sentì la sua guancia destra che veniva sfiorata dolcemente da un musetto peloso, facendo delle fusa. Anna girò la testa in quella direzione e vide Lynae, che la guardava con i suoi teneri occhietti felini.
 
“tu… non hai paura di me? Hai visto come mi sono comportata?” chiese piangendo Anna alla piccola gatta. La micia, per tutta risposta, si sfrusciava teneramente la testa contro la spalla destra di Anna e quest’ultima, intuendo i suoi pensieri, gli diete voce, come faceva Kristoff con Sven, con un tono stridulo, quasi rotto dal suo pianto:
 
“Ti sei comportata in questo modo, perché ti sono successo cose terribili. Capita a tutti di dover sfogare la propria rabbia e spesso, senza renderci conto, c’è la prendiamo con gli altri…”
 
“Non me lo perdonerò mai per come gli ho trattati…” si disse poi Anna a se stessa, tornando a parlare normalmente. Fu allora che Lynae diete un buffetto con la sua zampina sul naso della principessa, come per confortarla e allo stesso tempo rimproverarla. Vedendo il musetto imbroccato di Lynae e intuendo ciò che voleva dire, Anna diete nuovamente voce ai pensieri della micia:
 
“Stami a sentire, signorina! Non sono a conoscenza di come funziona la natura umana, ma una cosa la so! Le persone che ti stano accanto, come tua sorella, ti vogliono veramente bene e non devi pensare che non possano perdonarti per ciò che gli hai detto e fatto, perché sanno quello che stai passando in questo momento. Devi solo trovare la forza di perdonare anche te stessa… solo allora ti sentirai meglio.” Anna non era sicura se avesse davvero interpretato i pensieri di Lynae o se quest’ultima gli avesse suggerito tutto grazie a qualche specie di legame indecifrabile. L’unica cosa certa, è che finalmente il pianto della principessa cessò e nel suo cuore rifiorirono un po’ di serenità e sulle sue labbra si fece un tenero sorriso.
 
“Grazie Lynae, sei davvero un amica…” sussurrò Anna, abbracciando teneramente la micia, assaporando le sue coccole e le sue fusa, tenere come le ali di un angelo.
 
“Buonanotte, Anna. Vedrai, domani sarà un altro giorno e andrà tutto bene.” Anna diete ancora voce ai pensieri di Lynae, mentre quest’ultima miagolava dolcemente accovacciandosi nell'abbraccio della principessa.
 
“Buonanotte Lynae… e grazie.” Disse infine Anna. Tra lei e la piccola gatta era appena nato un legame forte d’amicizia, simile a come quello tra Kristoff e la renna. Anna e Lynae si addormentarono dolcemente, mentre le fiamme delle candele sulle pareti, ormai consumate, si spensero, lasciando che fosse solo la luce di luna e stelle illuminasse la stanza.
  
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