Serie TV > Violetta
Segui la storia  |       
Autore: _Trilly_    23/02/2014    10 recensioni
Trascorse le vacanze estive lontana dall’Argentina con il suo papà, Violetta è pronta ad affrontare un nuovo anno in piena libertà allo Studio 21, ma ritornata a casa, si rende conto che troppe cose sono cambiate: durante il suo periodo di assenza ha capito di non provare più nulla per Thomas, ritornato in Spagna, e di sentire invece la mancanza di Leon, per cui ha scoperto di provare ancora un sentimento molto forte. Quest’ultimo, dopo aver chiuso con lei ha cambiato vita, ritrovandosi ad essere una persona completamente diversa da quella che era. Le vacanze estive hanno cambiato anche Pablo e German, che hanno preso importanti decisioni che li porteranno lontano da Angie, che seppur ferita avrà modo di fare finalmente chiarezza nel suo cuore. Nuovi personaggi nel frattempo giungeranno a Buenos Aires con le loro vicende e con i loro inconfessabili segreti. Ci saranno amici e rivali, nuovi insegnanti e nuovi amori, che movimenteranno la vita nell’accademia più famosa di Buenos Aires e che porteranno dei profondi e irreparabili cambiamenti, tanto che le cose per i nostri amati personaggi non saranno più le stesse…
Leonetta e Pangie
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Angie, Diego, Leon, Pablo, Violetta
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



“Leon non viene?” Lara era piegata davanti alla motocicletta di Diego, per cercare di capire il perché di uno strano difetto dei freni e inevitabilmente, aveva finito per chiedergli del messicano, che proprio non ne voleva sapere di dimenticare.
Diego, seduto pigramente su un secchio rovesciato, scrollò le spalle. “E che ne so, tra le lezioni allo Studio e tutto il resto, i suoi orari sono tutti sballati.”
La ragazza annuì distrattamente, pulendosi una macchia di grasso dalla guancia con il dorso della mano. “Sta ancora con quella Violetta? Non mi sembra il suo tipo, ce la vedevo di più con te.”
A quelle parole, il moro ghignò, inginocchiandosi accanto a lei e sollevandole il mento con due dita. “Sento puzza di qualcosa, non sarà forse gelosia?” Sussurrò divertito, a un soffio dalle sue labbra.
Lara lo spinse lontano, con stizza. “Smettila di fare l'idiota! Io non sono gelosa.”
“Ah no?” La scimmiottò lui. “Che strano, hai proprio la tipica reazione di chi sta ardendo dentro.” Scoppiò poi a ridere, quando lei gli lanciò una bomboletta spray, che afferrò con uno slancio come il migliore dei portieri. “Non prendertela, bambolina isterica, se hai bisogno di compagnia, ci sono sempre io. Sai che non mi dispiacerebbe,” aggiunse, con un sorriso malizioso.
Lara lo fulminò con lo sguardo. “Sei disgustoso, Diego Ramirez.”
Diego ghignò. “Scommettiamo che se mi tolgo la maglia, inizi a sbavare?” Fece davvero per togliersela, ma lei lo fermò. “Non ci provare nemmeno, altrimenti stavolta la mia mira sarà perfetta,” sbottò, minacciandolo con una chiave inglese, ottenendo di farlo ridere ancora di più.
“Quando lo faceva Leon, però non ti dispiaceva, o sbaglio?” La provocò, con il solito sorrisetto.
Lara si infiammò di colpo e sollevò la mano, pronta a schiaffeggiarlo, ma lui le bloccò il polso. “La verità fa male, eh?”
“Sei un bastardo!” Si liberò della sua stretta con stizza e se ne andò, lasciando il lavoro della sua moto a metà.
Diego la seguì con uno sguardo divertito, poi si inginocchiò lui stesso davanti alla moto per cercare di risolvere il problema. Non era un meccanico, però certe cose le sapeva fare, magari aggiustare i freni non era così difficile. Se solo non avesse fatto arrabbiare Lara in quel modo, ma che ci poteva fare se lei avesse una faccia da 'avanti, fammi innervosire'?
Stava ridacchiando tre se e se, quando sentì dei passi alle sue spalle. “Ah, sei tornata, bambolina, ti è passata l'isteria?”
“Primo, non chiamarmi bambolina, secondo, io non ho nessuna isteria.”
Diego si bloccò di colpo, mentre il sorriso sul suo volto si accentuava. “Camilla,” mormorò, voltandosi verso di lei con uno sguardo malizioso. “Sei venuta a trovarmi.”
La ragazza sbuffò, incrociando le braccia al petto. “Non sono venuta a trovarti. I ragazzi si chiedevano perché non venissi più allo Studio e hanno mandato me a verificare.”
Lui si alzò in piedi e la raggiunse, scrutandola con un sopracciglio inarcato. “Ma davvero? E perché non chiederlo direttamente a Leon, che è il mio migliore amico?” Camilla avvampò, mentre il ragazzo sorrideva, soddisfatto. “Ammettilo che sei pazza di me.”
“Assolutamente no!” Sbottò lei, agitata più del dovuto. “Non potrebbe mai piacermi uno come te, sei così odioso e arrogante e...”
Diego ghignò, accostando le labbra al suo orecchio. “Eppure tutto questo ti piace, tesoro, e lo sai.” Con l'indice iniziò ad accarezzarle una guancia, mentre lei lo fissava impietrita e rossa come un pomodoro. Quegli occhi neri la scrutavano con malizia, ma anche con desiderio e Camilla non poteva fare a meno di guardarli, completamente in balia di lui. Diego accorciò le distanze, ma quando lei si rese conto di ciò che stava per fare, lo spinse lontano e gli assestò uno schiaffo in pieno viso. “Non provarci mai più.”
Il moro si toccò la guancia colpita, non potendo fare a meno di sorridere. Camilla era un fuoco ardente e ciò lo attirava come una calamita. La guardò andare via, infuriata, ma era sicuro che anche lei provasse qualcosa, altrimenti perché era venuta a cercarlo? Tra di loro c'era qualcosa, un'intesa e Camilla non poteva negarlo per sempre. La guancia gli ardeva ed era sicuro che gli avesse anche lasciato il segno, cosa che non poteva negarlo, gli piacesse parecchio. La Torres era nevrotica, isterica, parlava più del dovuto, ma era anche forte, decisa, testarda, una vera e propria predatrice. Era convinto che fosse la tipica ragazza che non si facesse mettere i piedi in testa, al contrario era quella che aggrediva e che si faceva rispettare, una caratteristica che lo affascinava. Le sue vecchie fiamme le aveva scelte sempre in base all'aspetto fisico e magari anche senza cervello, così da essere perfettamente in grado di gestirle. Aveva poi conosciuto Violetta e subito gli era piaciuta, era carina e lo rifiutava, rendendo il tutto una sfida e lui amava le sfide. L'amicizia di Leon lo aveva portato a rinunciare alla ragazza e per la prima volta aveva preso in considerazione Camilla. Non che prima non l'avesse mai guardata, il suo caratterino lo aveva colpito sin da subito e poi non poteva negare che fosse carina, aveva un sorriso in grado di abbagliare anche le giornate più grigie e poi c'erano i suoi vivacissimi occhi castani, nei quali non poteva fare a meno di specchiarsi. Camilla insomma gli piaceva, a poco a poco si era conquistata un posto nel suo cuore e ciò lo confondeva, ma allo stesso tempo lo portava a pensare che non dovesse arrendersi con lei. Convinto di ciò, fece per inginocchiarsi di nuovo davanti alla moto, quando...
“Diego.”
Il giovane si voltò di scatto, sorpreso. Camilla era tornata indietro e respirava affannosamente, doveva aver fatto una lunga corsa. “Io...ti detesto. Sei insopportabile e mi fai arrabbiare più di Ludmilla, ma...” La sua voce si affievolì a poco a poco e non poté fare altro che fissare Diego, che in un attimo le fu di fronte con il suo odioso sorrisetto. “Ma non puoi fare altro che sentirti attratta da me,” sussurrò, maliziosamente. “Ammettilo, tesoro.”
Camilla ruotò gli occhi e sbuffò. “Te l'hanno mai detto che sei pesante? Stai zitto una buona volta, sei...”
Cogliendola completamente di sorpresa, Diego la zittì con un bacio. Per Camilla, sentire le sue labbra sulle sue, fu un qualcosa di indescrivibile, avvertì un brivido lungo la schiena e poi caldo, tanto caldo. Senza pensarci troppo, gli gettò le braccia al collo e ricambiò il bacio. Iniziarono a baciarsi con sempre maggior trasporto, le loro lingue si cercavano e s'intrecciavano, inscenando una danza sensuale. Sempre continuando a baciarla, Diego la sollevò di peso e la fece sedere sul tavolo degli attrezzi, facendole poi avvinghiare le gambe intorno alla sua vita. Camilla ammiccò, intrecciando le dita nei suoi capelli neri e attirandolo ancora di più a se. Il ragazzo scese poi a baciarle il collo, facendola sospirare. “Diego.” Lui ghignò, coinvolgendola in un nuovo e appassionato bacio.
Probabilmente avrebbero continuato a baciarsi, se la voce di Lara non li avesse interrotti. “Diego! È il tuo turno, muoviti!”
Diego ruotò gli occhi, facendo sorridere la Torres. “Arrivo, Lara!” Tornò poi a guardare la ragazza, ammiccando. “Lo sapevo che in te ci fosse un fuoco, spero mi consentirai di vederlo ancora.”
Camilla sorrise, scendendo dal tavolo. “Questo dipenderà da te.”
“Ah si?” Sussurrò lui, attirandola a se. “Quindi, immagino che dovrò fare il bravo.”
“Bè, ne saresti in grado?” Lo sfidò lei con un sorrisetto, che il moro ricambiò prontamente. “Si, se mi darai un motivo per farlo.”
La ragazza allora lo baciò con passione, addentandogli il labbro inferiore. “Questo motivo ti basta?” Sussurrò, con un sorriso malizioso.
Un lampo attraversò lo sguardo di Diego. “Direi proprio di si.” Dopodiché la baciò ancora, facendo scorrere le mani lungo la sua schiena.






Le motociclette sfrecciavano dovunque, il rombo dei motori gli risuonava nelle orecchie. Pablo si fece strada tra le persone che erano venute ad assistere alle prove, imbattendosi anche in addetti ai lavori con sgargianti tute arancioni, che scrivevano tempi e giri da compiere su delle piccole lavagnette. Non era mai stato prima di allora in un luogo simile e tutto quel casino gli faceva venire mal di testa. A fatica, raggiunse la transenna che lo separava dalla pista e poté vedere più da vicino una decina di motociclette che sfrecciavano a una velocità assurda, superando alla perfezione ogni ostacolo. Doveva ammettere che fossero molto bravi e poi aveva sempre sognato di vedere il motocross dal vivo, anche se si trattava di semplici prove e poi... e poi tra quei dieci c'era suo figlio e anche se ancora non lo sapeva, lui già era tanto orgoglioso. Chissà qual era di loro. Lo cercò con lo sguardo, ma con quel grosso casco in testa, sembravano tutti uguali. Si gustò allora le acrobazie dei motociclisti, sorridendo, ma allo stesso tempo avvertendo il nervosismo crescere sempre di più. Di lì a poco, avrebbe visto Diego per la prima volta da quando aveva saputo che fosse suo figlio e sentiva che la sicurezza che aveva all'inizio, si stesse riducendo. Aveva paura, paura di deluderlo e di non essere all'altezza, paura che lui lo rifiutasse.
Nel giro di mezz'ora i motociclisti terminarono le loro prove e si fermarono. Pablo li osservò attentamente, mentre scendevano dai mezzi e si toglievano i caschi, poi finalmente riconobbe un volto familiare uscire da un casco nero. Era lui, era Diego. Il ragazzo sorrideva e si stava scambiando il cinque con un altro, che altri non era che Leon. Il cuore di Pablo accelerò i suoi battiti. Come aveva fatto a non notare prima quanto si somigliassero? Avevano gli stessi capelli neri, la stessa fisionomia. Socchiuse gli occhi, prendendo un profondo respiro, poi si diresse verso i motociclisti che si stavano recando ai box. Fortuna volle che l'ultimo fosse proprio Diego, che si era intrattenuto con uno sponsor, che si stava congratulando con lui.
“Ottimi tempi Diego, davvero ottimi.”
Diego sorrise, stringendo la mano all'uomo. “La ringrazio, anche se ho fatto di meglio,” aggiunse, con un filo di arroganza, che fece sorridere entrambi.
“Diego,” mormorò Pablo, quando lo sponsor si fu allontanato.
Il ragazzo si voltò verso di lui, sorpreso. “Pablo, ammetto che è l'ultimo luogo in cui mi aspettavo di vederti.” Un ghigno si disegnò sul suo volto e l'uomo non poté fare altro che sorridere a sua volta, anche se con un certo nervosismo. “Infatti non è il tipo di luogo che di solito frequento.”
Diego annuì, divertito, fermando uno degli uomini dalle tute sgargianti e facendosi dare una sigaretta. “Ti dispiace se fumo?” Chiese, rendendosi conto che Pablo non si fosse perso nessuno dei suoi movimenti.
Galindo scosse la testa. “No, ma non dovresti farlo. Il fumo fa male, Diego,” gli disse con un tono paterno, che lo fece accigliare.
“Ti preoccupi sempre per tutti? Voglio dire, io non mi sono comportato benissimo con te, ho anche provato a derubarti.” Era chiaro che si riferisse a quando insieme a Leon, era stato beccato a tentare di aprire un cassetto in sala professori.
Pablo annuì. “è proprio per questo che sono qui.” Dalla sua valigetta tirò fuori una cartellina, che gli mostrò. “Ti ho portato questi da compilare per la domanda per la borsa di studio. Diego, tu sei un grande talento e non puoi rinunciare al tuo sogno.”
Diego incrociò le braccia al petto, scettico. “E tu che ne sai di quali sono i miei sogni? Non mi conosci, io non sono Leon.”
Il direttore sorrise, spiazzandolo. Si aspettava di tutto, ma non di certo un sorriso. “Hai ragione, io non ti conosco, ma so quello che ho visto. Quando canti o balli, c'è una luce nei tuoi occhi, la luce di chi sta facendo qualcosa che ama e io quella luce la vedo in tutti i miei studenti, perciò so di cosa parlo.”
Diego rise, accendendosi la sigaretta e facendo un tiro. “Io non sono uno studente qualsiasi,” borbottò, con fare arrogante. Si avvicinò alla transenna e vi si appoggiò con la schiena, guardando Pablo con il solito ghigno stampato in faccia.
Galindo non si scompose. Aveva capito sin dall'inizio che tipo fosse Diego, arrogante, sfrontato e sicuro di se e tutto questo per nascondere la fragilità che il crescere senza genitori gli aveva provocato. Chissà che tipi fossero i suoi genitori adottivi, se gli avessero voluto almeno un po' di bene, anche se lo avevano acquistato come si faceva con la spesa al supermercato. Chissà se fosse stato anche se lontanamente, felice.
“Hai ragione,” mormorò, raggiungendolo. “Tu hai un'ombra nello sguardo, un qualcosa che ti tormenta e io voglio aiutarti,” proseguì, porgendogli nuovamente la cartellina.
Diego lo fissò per quelli che parvero lunghi minuti, senza accennare minimamente a prendere la cartellina. Nella sua mente frullavano tanti pensieri, tanti ricordi, tante ipotesi. Fece un lungo tiro di sigaretta, poi la spense e con un gesto della mano, fece cadere la cartellina a terra, sotto lo sguardo confuso di Pablo. “Perché fai così?”
Il giovane spagnolo rise, freddamente. “Perché non la smetti di girarci intorno e non mi dici perché sei qui?”
Pablo si piegò per raccogliere la cartellina, poi tornò a guardarlo, anche se la sua sicurezza iniziava a vacillare. “Te l'ho detto, volevo parlarti della borsa di studio. Ti ...”
“Stai mentendo!” Sbottò Diego, freddo come non lo aveva mai visto. La sua espressione appariva impassibile, ma i suoi occhi lo tradivano. In essi c'era una vera e propria fiamma di rabbia e qualcosa che somigliava vagamente al dolore. “Dimmi la verità, Pablo,” sussurrò, stavolta con voce più incerta. “Tu sei mio padre, vero?” Quell'ultima frase la disse con un filo di voce e senza guardarlo negli occhi, ma a Pablo arrivò forte e chiara come se gliela avesse urlata contro attraverso un megafono.
“Diego.” Il ragazzo però continuava ad evitare il suo sguardo e stringeva i pugni sempre più forte. “Ti giuro che non lo sapevo, l'ho scoperto solo ieri,” singhiozzò, facendo un passo verso di lui, che però indietreggiò. “Diego,” riprovò Pablo, con le lacrime agli occhi. “Ti prego, guardami, guardami.” Non riusciva a sopportare quella situazione, non riusciva a sopportare che non lo guardasse. Aveva bisogno di vedere i suoi occhi, così da capire ciò che provasse e poi voleva rimediare, lo voleva davvero. “Permettimi di spiegarti.” Tentò di toccarlo, ma il ragazzo si scansò e poi di punto in bianco, iniziò a correre.
Senza pensarci troppo, l'uomo lo seguì. “Diego, aspetta! Diego!” Urlò, mentre avevano ormai attraversato la strada, rischiando tra l'altro di essere investiti. Diego però non accennava a fermarsi e al contrario, aumentò la velocità della corsa. Pablo riuscì a stargli dietro per diversi isolati, ma poi sfinito e con il fiato corto, dovette per forza fermarsi.
“Diego!” Urlò ancora, piegandosi sulle ginocchia per riprendere fiato. “Diego, fammi spiegare...ti prego.” Il giovane era ormai sparito dalla sua vista e Pablo si sentiva inutile e impotente come mai gli era accaduto. Capiva perfettamente che per lui dovesse essere stato uno shock e che avesse bisogno di stare da solo per assimilare la cosa, gli era accaduto lo stesso dopo aver parlato con Jackie, ma gli era comunque impossibile restare impassibile. Aveva finalmente rivisto Diego sapendo che fosse suo figlio, aveva conosciuto almeno un po' il suo carattere e ora anche lui sapeva la verità. Chissà dov'era in quel momento e se stesse soffrendo, se avesse qualcuno con cui confidarsi, d'altronde chi sarebbe riuscito a mantenere la lucidità in una situazione simile?
“Pablo.”
Angie, che era rimasta in macchina ad aspettarlo, appena lo aveva visto correre dietro a Diego, si era affrettata a seguirli e finalmente aveva raggiunto l'uomo. “Cos'è successo? Glielo hai detto?” Chiese, preoccupata.
Pablo non rispose, gettandosi tra le sue braccia e lasciandosi andare a un pianto liberatorio.
Angie lo strinse forte a se. “Dagli tempo, ha bisogno di stare da solo. Vedrai che poi sarà lui stesso a cercarti.”
Il moro sospirò, sciogliendo l'abbraccio e asciugandosi le lacrime. “Angie, non hai idea di quello che ho provato quando l'ho visto. Nei suoi occhi c'era dolore, sofferenza e li maschera con quegli atteggiamenti arroganti e sfrontati. Chissà com'è stata la sua vita e... mi sento così in colpa.”
“Non devi,” gli disse lei, abbracciandolo nuovamente. “L'unico colpevole è quel Fernandez che ha manipolato la vita tua, di Diego e ahimè... anche di Jackie. Voi siete solo delle vittime. Le cose si sistemeranno, lasciagli un po' di tempo per assimilare la notizia, non deve essere facile per lui. Io sono qui con te, non ti lascerò un attimo” aggiunse, stampandogli un bacio sulla guancia.
Lui sorrise. “Sei un angelo Angie, il mio angelo.” Si sorrisero e si scambiarono un dolce bacio, inconsapevoli che qualcuno li stesse osservando e che soprattutto, avesse sentito ogni cosa.






Luca sbuffò, mettendosi le mani nei pantaloni e affrettando il passo. Da quando era stato sospeso, cercava di stare in casa il meno possibile e questo perché era un maledetto codardo. Non riusciva a sopportare di incrociare lo sguardo di Francesca e leggervi dolore, consapevole che fosse tutta colpa sua. Quando aveva scoperto di lei e Federico, le aveva detto delle cose orribili, che mai avrebbe pensato di dire a qualcuno, soprattutto alla sua dolce sorellina. Per lei avrebbe fatto qualsiasi cosa, i suoi sorrisi gli illuminavano le giornate, ma ora non avrebbero potuto essere più distanti. Francesca passava la mattinata chiusa in camera e il pomeriggio supponeva si vedesse con Federico o con le sue amiche, ma non era felice, lei stava soffrendo. Il fatto che sua sorella soffrisse per colpa sua, lo tormentava giorno e notte e proprio per questo faceva il possibile per evadere dalla realtà. Pensava che camminare lo avrebbe aiutato a stare meglio, peccato che in quel modo la sua mente lavorasse in maniera ancora più frenetica, ricordandogli crudelmente i suoi gesti e le sue parole nell'ultimo periodo. Aveva sbagliato, era stato troppo duro sia con Francesca che con Federico, forse avrebbe dovuto provare a farsi spiegare bene la situazione da loro, dopotutto avevano parlato d'amore e non potevano esserselo inventato. Ultimamente aveva visto sua sorella fin troppo radiosa e con la testa tra le nuvole, cosa che non accadeva da quando Thomas, il suo primo amore, era partito. Avrebbe dovuto capire che Francesca si fosse innamorata, i segnali c'erano tutti, ma aveva preferito appellarsi a quel modo assurdo con cui lei e Federico si erano avvicinati e di conseguenza aveva tirato fuori il peggio di se. Per quanto riguardava Federico, già da parecchio sapeva che avesse dei problemi con una ragazza, ma mai avrebbe immaginato si trattasse di sua sorella e poi aveva iniziato ad uscire con Lena. Luca insomma, non aveva mai preso in considerazione la possibilità che Francesca potesse innamorarsi del suo migliore amico, aveva capito che le piacesse Marco. Possibile che fosse così imbranato nelle questioni sentimentali? Ma d'altronde non riusciva a capire i suoi di sentimenti, figurarsi quelli degli altri. Nemmeno si era reso conto di essersi affezionato sempre di più a Ludmilla, di ritrovarsi più volte a pensarla. Mai avrebbe pensato che potesse piacergli una ragazza come lei, così diversa dal suo ideale, ma forse era proprio vero che l'amore fosse imprevedibile. La Ferro era capricciosa, viziata, intrattabile, ma era anche stata l'unica ad essergli rimasta accanto dopo il disastro che aveva combinato con Federico e Francesca. In un certo senso sembrava capirlo e sapeva come distrarlo, quando c'era lei si sentiva bene. Che se ne stesse innamorando?
“Luca, tesoro, dove vai tutto solo?”
Il ragazzo sobbalzò, notando solo in quel momento Ludmilla Ferro avanzare verso di lui, con un grande sorriso stampato in faccia. E dire che proprio in quel momento stesse pensando a lei, era un segno del destino?
“Ciao Ludmilla,” borbottò, mentre lei lo affiancava.
“Ti vedo giù sweety e questo a Ludmilla non piace,” esordì la bionda, dopo diversi minuti in cui predominò il silenzio assoluto.
Luca la guardò con la coda dell'occhio e notò che in effetti fosse parecchio preoccupata e se ne dispiacque. La sua ragazza era venuta a cercarlo per stare un po' con lui e aveva trovato solo un musone pieno di dubbi e sensi di colpa, lei che più di tutti gli era stata accanto, meritava molto di più. “Scusami,” mormorò, sforzandosi di sorridere. “Oggi sono proprio una pessima compagnia.”
Ludmilla annuì, piazzandosi poi davanti a lui e costringendolo quindi a fermarsi. “Forse so di cos'hai bisogno per stare meglio,” sorrise ammiccante, sollevandosi sulle punte e prendendogli il volto tra le mani. Un attimo dopo gli stava stampando un bacio sulle labbra, gesto che lo colse decisamente di sorpresa, ma che non lo infastidì di certo, i suoi baci gli piacevano fin troppo. La strinse perciò a se e approfondì il bacio. Il profumo dei suoi capelli e del probabilmente costosissimo profumo che aveva, gli invasero le narici, ma ancora di più furono le sue piccole mani che teneva ancora poggiate sul suo volto e la passionalità con cui lo baciava, a fargli perdere la testa. Nessuna ragazza gli aveva mai fatto un simile effetto.
“Va meglio?” Sorrise la Ferro, sbattendo le lunghe ciglia.
Lui annuì, ricambiando il sorriso. “Mai stato meglio.” Le circondò poi le spalle con un braccio, ascoltandola parlare di un negozio di abbigliamento molto in voga che aveva appena aperto. Non che la cosa lo interessasse particolarmente, lui non era il tipo che facesse shopping regolarmente o che abbinasse i vestiti, al contrario indossava la prima cosa che trovasse nell'armadio, ma non poteva dirglielo, altrimenti lo avrebbe ucciso e poi andare in giro per negozi gli avrebbe sicuramente fatto bene, aveva bisogno di distrarsi e chi più della regina dello shopping poteva aiutarlo?





Una leggera pioggerella aveva iniziato a colpire la città argentina, ma Diego sembrava quasi non sentirla. Camminava per le strade sempre più trafficate a causa del maltempo e quasi non sapeva dove andasse. Nella sua mente si affollavano pensieri contrastanti, emozioni forti e insostenibili. Da quando aveva scoperto che Jackie fosse sua madre, si era in un certo senso isolato dal mondo, troppo ferito e deluso da una realtà che mai avrebbe creduto essere più crudele. Per uno stupido folle istante si era illuso che davvero Jackie fosse una vittima di Joaquin, ma poi lei aveva ammesso di non averlo mai cercato e il suo mondo era crollato in mille pezzi. Su suo padre non aveva scommesso per niente, convinto che come la donna, se ne fosse fregato di lui e poi le parole di Leon... Pablo voleva parlargli della borsa di studio, subito aveva capito che fosse una scusa, troppe erano le coincidenze. Lo aveva mandato Jackie per mettere pace? Diego all'inizio lo aveva pensato, ma poi quando lo aveva guardato negli occhi e aveva visto la sua agitazione e il suo nervosismo, un dubbio aveva iniziato ad assalire la sua mente. Leon gli aveva detto che Pablo e Jackie avessero avuto una relazione e poi ricordava l'espressione della donna quando le aveva chiesto chi fosse suo padre, era spaventata e forse si sentiva addirittura in colpa. Era stato per quello, che prendendo il coraggio a due mani, gli aveva posto quella domanda. Tu sei mio padre, vero? La voce gli tremava, il cuore gli batteva forte e tutto in lui sembrava gridargli di scappare. Pablo appariva a sua volta distrutto ed era sicuro che stesse facendo uno sforzo sovrumano per non piangere. Forse davvero lo aveva scoperto da poco, forse era stato sincero, ma in quel momento la sua razionalità era ridotta allo zero e le emozioni avevano preso il sopravvento, portandolo a scappare via. Le urla disperate di Pablo gli rimbombarono nelle orecchie, così come tutte le conversazioni che aveva avuto con lui. E poi scene, ricordi frammentati e un abbraccio, quell'abbraccio che gli aveva dato quando aveva convinto Leon a tornare allo Studio. Senza saperlo, allora aveva abbracciato suo padre, così come aveva abbracciato sua madre quella famosa sera di lacrime e disperazione. Alla fine li aveva trovati ed entrambi sembravano in qualche modo desiderosi di avere un rapporto con lui, ma lui lo voleva? Era venuto a Buenos Aires proprio per quello, perché allora si ostinava a scappare da loro? Jackie era solo una ragazzina sottomessa a suo padre e per questo non lo aveva cercato, Pablo non sapeva nemmeno della sua esistenza, ma ora soffrivano...aveva visto e sentito le loro lacrime.
Senza rendersene conto, era giunto sul lungomare della città, popolato solo da qualcuno che portava a passeggio il cane. La pioggia nel frattempo, continuava imperterrita e ormai il giovane era bagnato fradicio. Si affacciò oltre il muretto, ritrovandosi a fissare il mare con sguardo assente. Probabilmente non lo avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura, ma aveva paura, paura di fidarsi. Chi gli assicurava che i suoi genitori non lo avrebbero di nuovo abbandonato? Chi gli assicurava che ci tenessero davvero a lui e non si trattasse di semplice pena? Troppe volte era rimasto deluso, troppe volte la vita era stata crudele con lui, poteva davvero essere felice? C'era una possibilità anche per lui? Onestamente non lo sapeva, non ricordava un momento in cui fosse stato davvero felice. Aveva sempre indossato una maschera per difendersi dagli altri, era stato cattivo, si era fatto odiare. Leon era l'unico che lo conoscesse, l'unico a cui aveva permesso di vedere oltre la maschera. Era pronto a consentirlo anche a Pablo e a Jackie? E a Camilla? La Torres gli era entrata sotto pelle quasi subito e con il tempo si era ritrovato sempre più spesso a cercarla, a confrontarsi con lei. Era presto per dire che fossero innamorati, ma tra di loro c'era un legame e quando si erano baciati, lo aveva sentito più forte che mai. Voleva che lei vedesse oltre la maschera, che conoscesse il vero Diego, lo voleva davvero. Perché allora non ci riusciva, perché gli era così difficile fidarsi di qualcuno? Aveva permesso persino a Violetta di vederlo vulnerabile, certo in quel caso non aveva avuto scelta, visto che si era auto invitata alla gita per trovare Joaquin, ma valeva lo stesso, no?
La verità era che aveva paura di deludere Camilla, che ciò che avrebbe visto non le sarebbe piaciuto e lo stesso valeva per i suoi genitori. Mostrarsi vulnerabile avrebbe permesso loro di arrivare a lui, di confondere le sue sempre controllate emozioni e poi anche di ferirlo se avessero voluto e Diego non voleva soffrire, non lo voleva e basta. Ma si poteva evitare di soffrire, in fondo? Probabilmente no e se voleva davvero tentare di essere felice, doveva mettersi in gioco e rischiare, quella era l'unica possibilità che avesse, l'unica che un vero uomo avrebbe considerato.
Si scostò dalla fronte i capelli bagnati e finalmente si decise a riaccendere il cellulare. Sia Leon che Camilla lo avevano chiamato diverse volte, ma non li richiamò. Seguendo solo l'istinto, intraprese la strada che lo avrebbe portato a casa di Marco. Troppe erano state le emozioni di quella giornata e di quel periodo in generale e aveva bisogno di una dormita decente, poi a mente lucida avrebbe preso quella che avrebbe considerato la decisione migliore per se stesso.
Giunto sotto casa di Marco, trovò però ben quattro persone ad attenderlo. Leon, Violetta, Camilla e lo stesso Marco, appena lo videro, gli vennero incontro, preoccupati.
“Diego, ma cos'hai fatto? Sei tutto bagnato!” Esclamò la Torres, agitata.
Lui scrollò le spalle, facendo per superarli, ma Leon gli si piazzò di fronte. “Togliti Vargas, devo passare.”
Il ragazzo scosse la testa, prendendolo poi per le spalle. “Guardami Diego. Ho detto guardami,” aggiunse, quando lui non lo fece.
Diego sbuffò, poi si decise a guardarlo negli occhi e quello che Leon vide, fu un ragazzo smarrito e spaventato. “Diego,” mormorò, abbracciandolo e lasciandolo basito. Possibile che con un solo semplice sguardo lui lo avesse capito? Si lasciò andare a quell'abbraccio, rendendosi conto ogni istante di più quanto ne avesse avuto bisogno. Era abituato a cavarsela da solo, nessuno si era mai preso cura di lui, nessuno lo aveva mai abbracciato. Forse proprio per quello aprirsi con qualcuno gli risultava così difficile, lo aveva fatto così poche volte e solo con Leon e una volta con Violetta.
Subito dopo Leon, lo abbracciarono anche la Castillo e Marco, mentre Camilla appariva per la prima volta intimidita e non poteva darle torto, in fondo dopo che si erano baciati non avevano proprio parlato di che tipo di rapporto ci fosse tra di loro. Voleva chiarire le cose, non voleva che ci fossero dei dubbi o altro.
“Camilla,” si avvicinò a lei, sorridendo. “Tu non mi abbracci?”
Lei si morse il labbro, avvampando paurosamente. “Vuoi che lo faccia?” Gli chiese, imbarazzata. Mai Leon e Violetta avevano visto Camilla così a disagio.
Diego ghignò, poi senza pensarci troppo, la strinse tra le sue braccia. “Dopo parliamo con calma di quello che è successo alla pista,” le sussurrò all'orecchio e lei annuì.
Quando sciolsero l'abbraccio, Leon gli si avvicinò, serio. “Ti va di parlare?”
“Se volete, vi lasciamo soli, non c'è problema,” aggiunse Marco, indicando se stesso, Violetta e Camilla. Il giovane spagnolo li guardò uno ad uno, poi lentamente scosse il capo. Basta avere paura, basta chiudersi in se stesso, era ora di dare fiducia a tutti i suoi amici e non solo a Leon. Loro gli volevano bene ed erano lì per lui, meritavano la sua fiducia. “Andiamo a parlare a casa tua, Marco?”
Tutti lo guardarono, sorpresi, di certo quella era l'ultima cosa che si aspettassero da lui.
“Si, certo,” disse Marco, accennando un sorriso, poi guidò i quattro ragazzi verso casa sua, felice che Diego avesse finalmente deciso di aprirsi con loro.
Il ragazzo, dal canto suo, avvertiva un certo nervosismo, non era per niente abituato a parlare delle sue cose personali, per di più davanti a più di una persona, ma un vero uomo se aveva paura di qualcosa l'affrontava e Diego era seriamente determinato d'ora in avanti a farlo, costi quel che costi.






Eccomi, sono tornata, stavolta anche con un po' di anticipo! XD Da dove comincio? Allora, finalmente c'è stato il faccia a faccia tra Pablo e Diego e il ragazzo che saputo la verità, o meglio, c'è arrivato da solo e troppo sconvolto, non ha permesso all'uomo di spiegargli bene come sono andate le cose, preferendo scappare. Pablo c'è rimasto malissimo, ma grazie ad Angie, che ormai è il suo angelo custode, ha capito che Diego ha bisogno di tempo per assimilare la cosa. In tutto questo, Diego e Camilla hanno fatto un passo decisivo nel loro rapporto e si sono baciati :3 e Luca inizia a sentirsi in colpa per come ha trattato Francesca e Federico. Tra l'altro, Diego ha anche superato la sua paura di fidarsi delle persone, accettando di aprirsi non solo con Leon e con Violetta, ma anche con Marco e ovviamente con Camilla.
Prima di salutarvi, ci tenevo a ringraziarvi per le recensioni dello scorso capitolo, che sono state semplicemente meravigliose e mi hanno emozionato un sacco! Grazie!! :3
A presto!
Trilly <3


 
  
Leggi le 10 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Violetta / Vai alla pagina dell'autore: _Trilly_