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Autore: ehinewyork    24/02/2014    1 recensioni
"Il mio piccolo mondo che avrei dovuto costruire, proprio come un grattacielo, pezzo dopo pezzo, e farlo restare in piedi. Ma la fiamma che era in me era ancora piccola, non era ancora abbastanza forte da poter bruciare e disintegrare tutto il male che c’era alle fondamenta della costruzione e che mirava al suo crollo. Dovevo ancora distruggerli quei demoni dagli occhi indifferenti e le mani afferranti; terribili demoni che mi annerivano l’anima."
Lei è Sophie e questa è la sua storia. Ha un sogno nel cassetto: la libertà. Rinchiusa in una gabbia cercherà la chiave per liberarsi. E' piccola, sola, ma forte, nulla potrà distruggerla, neanche il suo terribile passato che la perseguita. Cosa troverà a Londra, in quel piccolo spicchio di mondo al nord dell'Europa? Ripulirà ogni sua ferita, ogni suo livido. Ma non le basteranno soltanto due mani per curarsi.
Genere: Drammatico, Fluff, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Paura, felicità, preoccupazione. Adrenalina. Quelle forti emozioni che ci provano su delle montagne russe: quell’attimo di follia, breve ma intenso. Quando da piccoli ci si rannicchiava davanti al televisore durante un film horror, quel misto di paura e curiosità. L’ebbrezza dell’altezza, la voglia di scoprire, di esplorare, di andare sempre più in alto fino a toccare la cima. Il cielo sulla tua testa, il terreno sotto di te e tu lì, pronto a scoprire e a toccare ogni oggetto con le tue mani, in modo quasi surreale, e contemplarlo, denudarlo, in modo da scoprirne ogni sua piccola fattezza, ogni particolare. E nell’attimo successivo realizzare di avercela fatta, di esserci riusciti e di aver raggiunto, a piccoli passi, quella vetta tanto lontana. Così "Ce l’ho fatta!" urlai a me stessa, perché se c’era qualcosa che mi faceva sentire esattamente in quel modo era la libertà. Era una sensazione così assurda, così surreale eppure così vera. Astratta ma concreta, invisibile agli occhi, ma visibile al cuore. Londra. Londra per me era sinonimo di libertà: quell’aria mi accarezzava in modo così delicato la pelle, sapeva di indipendenza, di autonomia. Rappresentava me, mi descriveva in ogni piccola strada, in ogni palazzo e in ogni parco. Nell’erba dei prati, nel sole d’estate e nella neve d’inverno. Tutto era me in quel posto, tutto era me ed io ero tutto. Ogni cosa sembrava capirmi, raccogliermi da terra, accarezzarmi e salvarmi; ogni piccolo angolo di strada era così accogliente, più di qualunque altra cosa nella mia vita. Inspirai tutto l’ossigeno che potevo e lo trattenni in me, per alcuni secondi, quasi come ad assorbirne ogni cosa e ad imprimerla in me, custodirla in un cassetto e chiuderlo a chiave per non lasciarlo sfuggire via. Quale posto era migliore di quello? Nessuna città riusciva a farmi spuntare un sorriso così vero, dopo tutto quello che mi era accaduto. Perché sì, dopo anni di falsi sorrisi, stavo sorridendo per davvero, senza alcuno sforzo ed era tutto merito di Londra. Era tutto ciò di cui avevo bisogno, ne ero certa. Perché proprio nell’esatto momento in cui scendemmo dal bus privato che la scuola aveva affittato e misi piede a terra, mi guardai intorno e non seppi fermare quel sorriso che si affrettò a spuntare sulle mie labbra. Era così bello sorridere, almeno un po’. Strinsi la mano intorno al manico del mio trolley e seguii il gruppo verso il college. Sentii il gelo penetrarmi la pelle. Quel cielo cupo, grigio, con quel sole che trapelava tra le nuvole; e quel vento delicato ma tagliente, ghiacciato: quel giusto mix di caos e calma. Persone che correvano a destra e a manca, auto ferme ai semafori, auto in corsa, persone in corsa. Mi chiesi dov’ero io quando Dio aveva creato Londra, perchè sentivo che quel posto era mio.
Sarei dovuta nascere qui, vivere qui, deperire qui. Non dove sono nata, non in quella città, non in quella famiglia. Ma a Londra.

Appena entrammo nel college tutti i ragazzi iniziarono a fissarci, altri ci salutavano, con i propri libri in mano e le cartelle sulle spalle, pronti a seguire i corsi che preferivano. Io rimasi in silenzio per tutto il tragitto verso le camere, mi osservavo intorno e mi godevo l’ebbrezza provata: era tutto nuovo per me, non ero mai entrata in un college, in un luogo tanto grande come quello. Era un luogo così caldo che riusciva ad essere accogliente. Attraversammo i corridoi e arrivammo ai dormitori ed anche lì molti ragazzi guardavano dalla nostra parte incuriositi: eravamo in venti e ci muovevamo in gruppo, guidati dai professori del college, non potevamo passare inosservati. Ci fermammo dunque al centro del corridoio, guardai gli altri e notai che erano spaesati, dalle loro espressioni da cui trapelava paura e inadeguatezza. Ma io riuscivo a sentirmi a mio agio, riuscivo a compiacermi di essere lì. Non ero spaventata. Ora che volevo ricominciare tutto da capo, lì, in quella città, l’unica cosa di cui potevo aver paura era il fallimento. Perché se lo avessi raggiunto, non solo sarei stata delusa da me stessa, ma sarei stata più in trappola di prima. Le mie ali da gabbiano che avevano appena spiccato il volo si sarebbero spezzate ed io sarei precipitata al suo, dritta in una gabbia, ancora una volta. Quindi dovevo far in modo che quelle piccole ali non si spezzassero, per continuare a volare. Ma a quello ci avrei pensato più avanti.
Ci distribuirono nelle camere che ci spettavano ed io capitai nella camera con Ronnie ed un’altra ragazza. “Anastasia” era così che diceva di chiamarsi, ma – Chiamatemi Ana! – tendeva a precisare. Io annuivo sorridendo e – Io sono Sophie, piacere – mi presentavo in risposta. Era un uragano, la sua valigia era disordinata e aveva i capelli legati in una coda di cavallo. Era la ragazza dai top colorati che risaltavano le curve, ma non troppo; era la ragazza che faceva battute e trasmetteva gioia, voglia di divertirsi. Forse proprio per questo mi piacque dal primo momento, mi bastava guardarla perché mi venisse una voglia assurda di ridere, di darmi alla pazza gioia. Era rumorosa, certo, ma ero sicura che avrei stretto subito amicizia con lei. Sorrisi nel rendermi conto che per fortuna al mondo c'erano ancora persone come lei e non come me, altrimenti il mondo sarebbe stato un completo disastro. Posai la valigia sotto quello che sarebbe stato il mio letto per il prossimo mese e mi ci tuffai sopra, sprofondando nel materasso. Le lenzuola sapevano di vaniglia o forse era ciliegia o forse, ancora, fragola: non riuscii a distinguere. Era un profumo dolce e confortevole e mi chiesi quali strani detersivi usavano lì.. Di qualsiasi tipo erano, ci avrei fatto l’abitudine di lì a poco, così come con tantissime altre cose. Scelsi il letto accanto alla finestra perchè quel pomeriggio di metà Giugno volevo osservare il piccolo panorama che si intravedeva da quella camera: una parte della città con le sue piccole stradine e i palazzi rigorosamente perfetti. Il sole batteva sui tetti delle case e il cielo era azzurro, un tempo insolito per Londra. Eppure era bellissimo poter ammirare tutto da lì, come sula cima di una montagna: raggiunto il tuo traguardo osservi soddisfatto il mondo che è lì sotto di te. Quella minuscola camera era la mia piccola vetta e proprio da lì riuscivo a vedere una parte di quello che sarebbe diventata la mia città nei prossimi mesi, se non anni. Il mio piccolo mondo che avrei dovuto costruire, proprio come un grattacielo, pezzo dopo pezzo, e farlo restare in piedi. Ma la fiamma che era in me era ancora piccola, non era ancora abbastanza forte da poter bruciare e disintegrare tutto il male che c’era alle fondamenta della mia costruzione e che mirava al suo crollo. Dovevo ancora distruggerli quei demoni dagli occhi indifferenti e le mani afferranti; terribili demoni che mi annerivano l’anima. Così sospirai, un sospiro lieve, perchè la malinconia venne a farmi visita. Ma per quella volta decisi di non darle conto e di ripiombare nella realtà.
Mi guardai intorno e vidi Ronnie che sistemava tutto nell'armadio, con accuratezza: il completo opposto di Ana. Risi e mi alzai, decidendo di seguire il suo esempio. Svuotai la valigia e misi ogni cosa al proprio posto, ogni oggetto nella propria nuova casa. Sussultai però quando

– Ragazze! – urlò Ana tornando in camera – Siete pronte per la vostra prima festa londinese?

sembrava ancora più entusiasta di quanto non lo fosse già.

Mi voltai per guardarla – Una festa? Che tipo di festa? –

ridacchiò e si sedette sul bordo del letto facendo scoppiare sulle sue labbra la mostruosa big babol

– Una di quelle feste strafighe, con ragazzi fighissimi, alcool e musica a volontà. Avete presente? – sembrava quasi una presa in giro, ma poi sorrise e ci guardò.

Ronnie era accigliata –Tutto strafigo, insomma. – notò, con il viso contorto in una smorfia.

Ma io non mi lasciai spaventare – E dov’è che sarebbe? – chiesi

- Al Red Planet, a pochi isolati da qui. L’hanno organizzata i ragazzi della confraternita del college – restò a guardarci per pochi secondi - Allora! Ci state si o no? –

Ed io non ci pensai due volte prima di rispondere – Dimmi a che ora devo essere pronta! –

esultò e corse ad abbracciarmi. – Mi piaci ragazza! – scherzò.

Sorrisi: era un grande passo per me, io piacevo a lei, a qualcuno che non fosse Ronnie o Leo. Sarà un gran bel (alquantolungo)soggiorno qui, inizio a trovarmi bene, pensai tra me e me e sorrisi ancora. Quando poi ci voltammo entrambe verso Ronnie lei sospirò

– Non lo so e se ci scoprono? -

Roteai gli occhi e risi – Non potranno di certo arrestarci! Siamo venute qui anche per divertirci oppure no? –

la guardai per pochi secondi e poi finalmente annuì – Al diavolo le regole! Ci sto! Vado ad avvisare Leo! – e fuggì via dalla camera.

- Perfetto, ragazze, alle 8 vi voglio belle come un fiore! - mi guardò Ana strizzando l’occhio e corse in bagno a prepararsi.

Era una follia, ne ero consapevole. Ma ora che avevo sconvolto tutto, bisognava che cambiassi anche stile di vita. Non volevo più una vita monotona, ero pronta a divertirmi e a dimenticare tutto, a fare nuove esperienze. Proprio ora che le catene erano finalmente spezzate potevo iniziare a correre.
Città nuova, vita nuova.


 
SPAZIO AUTORE

Rieccomi qui con un nuovo capitolo. Mi scuso perchè è un po' breve, come anche i precedenti, ma prometto che i prossimi saranno più lunghi!

E' nato un nuovo personaggio, Ana, lei ha una personalità un pò bizarra. La conoscerete meglio negli altri capitoli. E di certo conoscerete meglio anche Ronnie e gli altri :)
Grazie per l'attenzione, un bacio!

ehinewyork
 
 
 
  
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