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“È veramente imbarazzante” considerò Benji mentre
la sua penna si muoveva agile sull’assegno filigranato della Deutsch Bank.
“Coraggio capitano, c’è chi sta peggio di te”
lo consolò Tom alla vista di Bruce in balia dei saluti della sua accompagnatrice.
La serata si stava avviando verso la
conclusione. Gli invitati, giornalisti compresi, se ne erano andati, lasciando
la sala permeata di quella
strana nostalgia che coglie la fine di ogni festa. Le uniche testimonianze
della baldoria trascorsa erano i piatti e i bicchieri sporchi che i camerieri
si stavano affrettando a raccogliere.
“Anche quest’anno è andata,”
sospirò Patty mentre prendeva il suo scialle da sopra una sedia.
Holly si era messo alle sue spalle e la ragazza gli
rivolse un sorriso stanco.
“Trovo alquanto deprimente finanziare io stesso il mio
carnet di ballo” scherzò Benji, circondando la vita di Myriam con un braccio.
“Avresti forse preferito andare in pasto alle tue fan?” lo
punzecchiò lei con un sorriso.
Holly e Patty si scambiarono un’occhiata di
intesa, accogliendo con piacere il cambiamento di umore del capitano. Persino
un cactus avrebbe colto l’attrazione che scorreva tra i due giovani, e Benji
era solo da molto, troppo tempo.
“Posso dirvi che vi odio tutti ufficialmente?”
intervenne Bruce, finalmente libero.
“Sono desolata” esclamò Patty avvicinandosi all’amico.
“Nessuno poteva immaginare che la signora Akamai fosse peggio di un cane
segugio.”
Bruce scosse il capo, come a cancellarne l’ingombrante
ricordo. “Non vedo Lenders. Ero convinto che nessuno mi
avrebbe risparmiato una sua battuta.” Si guardò intorno alla ricerca del
centravanti. “Chissà cosa starà facendo. Scoprendo il fuoco? Inventando
la ruota?”
“Se ci tieni a saperlo, mi chiedevo quando ti sarebbe
ricapitato di essere inseguito da una donna.”
Bruce si voltò verso il ragazzo che nel frattempo li aveva
raggiunti. “Oggi siamo tutti pronti a dispensare pace e amore, sembra natale” ironizzò, suscitando l’ilarità generale.
“Stasera Mark ci ha lasciati di stucco” aggiunse Ed Warner
appoggiando una mano sulla spalla dell’ex capitano. “Non l’avevo mai visto
ballare prima d’ora.”
Lenders lanciò all’amico uno sguardo tra l’afflitto e il
divertito. “Prima che Price ci interrompesse ho fatto una serie di smorfie che
vi giuro, vorrei tanto poter cancellare, ma purtroppo non si può.”
Myriam gli lanciò un’occhiata divertita. “Hai scoperto lo
splendido ballerino che è in te” aggiunse, strappando a Mark un largo sorriso.
Il ragazzo la fissò in silenzio per un attimo. “Questa battesimo merita di essere ricordato. Che ne dici di una cena a lume di candela per festeggiare?” domandò
con il chiaro proposito di punzecchiare Benji, visibilmente infastidito dal
loro scambio amichevole.
“Scordatelo Lenders” intervenne il portiere, accentuando con
fare possessivo la stretta intorno alla ragazza.
Per un attimo Myriam lo osservò stupita. Benjamin Price
non poteva essere geloso di lei. Forse alcuni frammenti delle antiche rivalità
con Lenders salivano a galla, se provocati. Molto più plausibile.
“Non preoccuparti” scherzò Mark senza distogliere gli
occhi dalla ragazza, “quando Benji ti avrà rinchiusa nella torre del castello
verrò a salvarti.”
Gli amici scoppiarono in un’allegra risata. Non capitava
spesso di vedere Price indispettito per una donna. Né tantomeno Lenders nelle
vesti di romantico contendente.
Benji trattenne a stento una smorfia indignata
per quanto, in fondo, la cosa sembrasse divertirlo. “A quanto pare i miei
sbalzi di umore sono diventati di dominio pubblico.”
Tom gli diede una pacca sulla spalla. “E’ diventata una
cosa intuitiva a un certo punto.”
Il portiere osservò l’amico con una strana espressione sul
volto, ma non rispose. “Andiamo a casa?” domandò infine
rivolto alla ragazza al suo fianco.
Myriam smise di ridere, ma un dolce sorriso continuò a illuminarle
il volto mentre annuiva in segno di assenso.
* * *
“Questa volta non dovrai portarmi su di peso.”
La voce di Benji era scherzosa, il ricordo di quella prima
notte aleggiava nell’aria. Myriam arrossì. Si stavano dirigendo verso l’ingresso
della villa, il cui patio riluceva in maniera insolita. Riflessi argentei si
univano alle loro ombre sui gradini di marmo chiaro. Luna piena, pensò la ragazza volgendo per un attimo lo sguardo al
cielo.
Una miriade di domande le si affollarono
nella mente al pensiero di ciò che l’aspettava aldilà della porta, e sentì i
battiti del suo cuore accelerare a ogni passo.
Non appena furono entrati, Benji si allentò la cravatta,
slacciando i primi due bottoni della camicia. “È stata una giornata lunga” commentò,
posando con gesto automatico le chiavi su un tavolino.
La ragazza gli rivolse uno sguardo silenzioso nella
penombra, prima di allungare la mano alla ricerca dell’interruttore. Riuscì a
muovere un passo appena, quando si sentì avvolgere dall’abbraccio di Benji.
Alle sue spalle, le aveva circondato la vita con tenerezza. La sua guancia era
vicinissima e con il mento le sfiorò la spalla nuda.
“Non mi scappi più” mormorò, provocandole un lungo
brivido.
“Volevo solo accendere la luce” rispose lei sottovoce, le
ginocchia deboli sotto il suo peso.
Benji la fece girare lentamente su se stessa, e affondò lo
sguardo nel suo. Myriam deglutì, grata di essere avvolta nell’oscurità.
“Al buio non riesco a orientarmi” cercò di scherzare,
mentre il viso del ragazzo si avvicinava provocandole un pericoloso senso di smarrimento.
“Ricordami di regalarti una bussola” mormorò lui, facendole
scivolare una mano dietro la nuca.
Si sentì attraversare da una scarica elettrica che la
lasciò senza fiato. Per un lungo istante Benji esitò,
il viso a pochi centimetri dal suo. L’intensità del suo sguardo si unì al
respiro lieve su di lei. Chiuse gli occhi mentre, con misurata lentezza, le
labbra di Benji sfioravano le sue, gentili, tentatrici, poi sempre più
pressanti. Il sangue cominciò a pulsarle con forza nelle vene, una vertigine incandescente
lungo la linea della mascella, sul collo, nell’incavo delicato dietro
l’orecchio.
Milioni di scintille le esplosero nella mente. Intrecciò
le dita nei suoi capelli attirandolo a sé, ansimando, come se la sua stessa
sopravvivenza fosse appesa a quel filo sottile. Se non l’avesse sorretta
sarebbe scivolata a terra con lui, sotto di lui...
Un lampo improvviso. Indietreggiò di un passo, facendo
pressione sul petto di Benji con movimento gentile ma sicuro.
Il ragazzo la guardò confuso, cercando di decifrare la sua
espressione. “Myriam stai bene?” domandò, la sua voce un
dolce un sussurro. Anche se non poteva vederlo, la ragazza intuì il leggero
sorriso che gli aveva curvato le labbra.
“Non lo so” rispose con sincerità. Pensieri disordinati e
incoerenti si univano al violento richiamo del suo mondo interiore.
Benji tirò un debole sospiro e fece scattare
l’interruttore. L’atmosfera che fino a pochi istanti prima li aveva avvolti si
dissolse, lasciandoli soli ognuno con i propri pensieri.
“Temo di aver perso il controllo, perdonami.”
Gli occhi di Benji erano carichi di incertezza e Myriam sentì
lo stomaco chiudersi in una morsa. Non riusciva a trovare le parole, inghiottite
dalle forze contrastanti che si agitavano in lei. Scosse lievemente il capo.
“Vorrei potermi accomiatare con eleganza” proseguì lui
nella lotta impari contro silenzio e imbarazzo, “ma abitiamo entrambi qui.”
Il suo sguardo le sembrò sorprendentemente tenero. Come se
capisse, quando lei stessa stentava a dare un senso al proprio comportamento.
“Perdonami.” Quell’unica parola pronunciata a fatica
rimase sospesa a mezz’aria. “Buonanotte Benji” disse con voce strozzata, prima
di correre su per le scale.
“Buonanotte” rispose lui, troppo piano per essere udito.
Si fermò solo dopo essersi chiusa la porta
della stanza alle spalle. Riprese fiato. Le sembrava di trovarsi di fronte
un’altra sé stessa, non riusciva a riconoscersi in quegli occhi estranei che la
fissavano.
Andò in bagno, si spogliò come un automa.
La sensazione dell’acqua fresca sul viso risvegliò
i suoi sensi intorpiditi, liberandola dallo stato di trance in cui era scivolata. Prese un telo di spugna e si asciugò,
tornando a guardarsi allo specchio. Le guance arrossate, lo sguardo spiritato e
carico di quella luce al contempo sconosciuta e così familiare. Cosa le stava accadendo?
Si diresse a passi lenti verso il letto e cercò conforto fra le morbide
coperte.
Benji era stato in grado di smuovere qualcosa
in lei, di sondare le sue profondità, anche solo per pochi istanti. Respingerlo
le era sembrata l’unica via di fuga alle sue paure, affiorate in superficie in modo
del tutto inaspettato. Eppure voleva quel bacio quanto lui. Se non fosse stato
per il senso di auto conservazione così radicato in lei, si troverebbe nuda
nella stanza a fianco.
Tirò il lenzuolo quasi a coprirsi la faccia. Nel buio della camera, immagini
dal passato sfilarono in un caleidoscopio confuso di dolore. Da tempo aveva
difficoltà ad affrontare un normale rapporto sentimentale, senza contare la
discriminante delle dimensioni parallele.
Si girò nel letto più volte, tenendo gli occhi ben chiusi nella
speranza di addormentarsi. Proprio quando Morfeo sembrava sul punto di prenderla
a compassione, un pensiero le attraversò la mente. Se l’indomani fosse tornata
nel suo mondo, Benji sarebbe rimasto solo con i suoi dubbi. Si sarebbe
interrogato sulla sua sparizione, attribuendosi ingiustamente ogni colpa.
Non se lo sarebbe mai perdonato. Doveva parlargli.
Uscì dal letto, infilò i piedi nelle pantofole
e aprì la porta della sua camera. Affacciò la testa nel corridoio, dove tutto
era calmo e silenzioso. Le gambe tremanti, immise aria nei polmoni per darsi
coraggio.
In pochi passi fu davanti alla porta di Benji.
Accostò l’orecchio al pesante massello ma non udì nulla. Con ogni probabilità
dormiva da un pezzo.
Le farfalle si agitarono frenetiche nel suo stomaco,
tradendo un’agitazione ai limiti del controllo. Avrebbe voluto voltarsi e
tornare da dove era venuta, ma i suoi piedi sembravano incollati al suolo. Perché
era così difficile? Doveva solo parlare. Solo affrontare lo sguardo perplesso
di Benji. Solo dargli un’ulteriore prova di squilibrio mentale. Bagatelle.
Alzò il pugno per bussare ma lo riabbassò subito. Fece
dietro front una, due volte, per ritrovarsi al punto
di partenza.
Non poteva andarsene. Chiuse gli occhi, sentì la gola
serrarsi e bussò. In realtà sfiorò a malapena la porta, ma era già qualcosa.
Nessuna risposta.
Senza pensarci troppo posò una mano sulla maniglia
e spinse verso il basso, accompagnata da un orrendo cigolio. Si fermò, tesa come l’elastico di una fionda carica.
Silenzio.
Aprì la porta quel tanto che le permise di
scivolare all’interno della camera. Era immersa in un buio pesto, e se anche
Benji fosse stato nudo non avrebbe potuto vedere granché. Un motivo in meno dei
centomila per cui provare imbarazzo.
Aguzzò le orecchie alla ricerca di un suono
che tradisse la presenza del ragazzo.
Nulla.
Era entrata in quella stanza solo una volta e
ricordava che il letto si trovava sulla sinistra. Fece un paio di passi in
avanti, tenendo le braccia tese per evitare di andare a sbattere contro qualche
mobile.
“Benji” chiamò piano, ma fu subito interrotta
da una figura imponente che l’assaliva da dietro.
“Che ci fai qui?” esclamò il ragazzo non
appena l’ebbe riconosciuta. Imprecò qualcosa di indistinguibile tra le labbra e
la lasciò andare.
Per un attimo Myriam pensò che il cuore avesse
abbandonato il suo corpo. Si portò le mani al petto, appoggiandosi alla parete
per non cadere.
“Pensavo fosse un ladro” la rimproverò Benji mentre accendeva la lampada sul comodino.
La ragazza strizzò gli occhi per abituarsi
alla luce. “Scusami,
non volevo spaventarti.”
Non l’aveva mai visto in pigiama o, per l’esattezza, in boxer
e maglietta. Distolse lo sguardo, dimentica di essere
vestita nello stesso identico modo.
“Cos’è successo?” le chiese, più calmo.
Si mise a sedere sul letto e batté il palmo della mano sul posto vuoto accanto
a sé, invitandola ad avvicinarsi.
Myriam obbedì docilmente. Doveva crederla pazza. Difficile
dargli torto.
“Sei solita aggirarti per le camere di notte? Se l’avessi
saputo avrei fatto in modo di trarne vantaggio.”
La ragazza sentì un calore familiare salirle alle guance,
mentre Benji tratteneva a stento un sorriso divertito. Come poteva scherzare
quando lei lo aveva respinto senza una spiegazione? Non meritava tanta
indulgenza.
“Prima sono scappata” esordì facendosi coraggio, le lunghe
dita delle mani attorcigliate tra loro. “So che può sembrare tutto molto strano”
proseguì mentre Benji la osservava in silenzio, “ma ci sono alcune cose che
rendono la situazione più complicata di quanto non sembri.”
Il ragazzo le posò delicatamente due dita sotto il mento,
alzandole il viso di modo da incrociare il suo sguardo. Per un lungo istante quegli
occhi scuri furono l’unica cosa al mondo di cui le importasse davvero.
“Non c’è motivo di aver paura.” La sua voce, roca per il
sonno, suonò involontariamente seducente.
Myriam smise di respirare. Poche, semplici parole. Che
male c’era a credergli, non fosse che per una notte?
“Ti andrebbe di dormire insieme?” suggerì con disarmante
semplicità.
Benji continuò a fissarla, un’espressione
maliziosa in volto. “Non temi che possa approfittarne?”
La ragazza sentì la tensione allentarsi insieme ai muscoli
del suo corpo, e i battiti del suo cuore tornare alla normalità. “Mi fido di te”
rispose a tono, ritrovando un pizzico di sicurezza in sé stessa.
Benji le diede un buffetto sul naso, prima di invitarla ad
alzarsi e spostando le coperte di lato. “Non darei tanto per scontato il mio
senso di cavalleria, sei nella tana del lupo ormai.”
Myriam rise fra sé mentre si infilava nel letto ancora
tiepido. Benji la seguì e le circondò le spalle con un braccio. Posò la testa
sul suo petto e lui le premé la guancia sui capelli.
Inspirò profondamente, avvolta nel suo profumo, mentre lui
si arrotolava con fare distratto alcune ciocche tra le dita. “Sei molto comodo”
scherzò, un lampo birichino negli occhi.
Benji le fece l’occhiolino, allungandosi per spegnere la
luce. “A questo servono i duri allenamenti ai quali mi sottopongo ogni giorno.”
Un sorriso carico di dolcezza curvò le labbra della
ragazza. Si concentrò su quella sensazione di perfetta felicità, accogliendola
dentro di sé quale un raggio di sole che piano piano compare in mezzo alle
nuvole.
Rimasero in
silenzio per qualche minuto, lasciando che i loro respiri prendessero lo stesso
ritmo.
“Hai sempre i piedi
così freddi?” domandò lui all’improvviso.
Imbarazzata, Myriam
li allontanò di scatto. “Scusami, ho una pessima circolazione. Nemmeno la punta
del mio naso si scalda mai.”
“Ottimo” la prese in giro tenendola stretta. “Se avessi saputo che eri così...”
“Cosa?” lo
apostrofò lei fingendosi offesa. “Cosa avresti fatto?”
Benji la abbracciò,
facendola rotolare sotto di sé. “Non avrei fatto nulla.
Mi piaci così come sei.” Le stampò un allegro bacio sulle labbra e si scostò di
lato. “Sogni d’oro” aggiunse in un sussurro.
“Anche tu mi piaci
Price” rispose lei riprendendo la sua posizione iniziale.
Cercò di ricordare l’ultima volta che si era sentita così,
coccolata e al sicuro, contro ogni razionale aspettativa. Sentì le palpebre pesanti
e la vista che si affievoliva. Scivolò in un sonno profondo prima di trovare
una risposta.
Fine prima parte
¨ ¨ ¨
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