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Autore: _Lis    25/02/2014    2 recensioni
“Che poi la friendzone è un’enorme cazzata, non esiste. E sapete il perché? Perché quanto ti confessi alla tua migliore amica e lei ti respinge non restate amici, perché l’imbarazzo che si crea tra di voi è talmente grande che non lascia nessuno spazio per nient’altro. Niente più chiacchiere e risate. Niente più amicizia. Quindi perché rischiare?”
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alex Gaskarth, Jack Barakat
Note: What if? | Avvertimenti: Gender Bender
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CAPITOLO 3

 
Era già passato un po’ di tempo da quando io e Alex avevamo deciso di andare al ballo insieme, e lei ancora non sospettava niente riguardo i miei sentimenti per lei.
Nessuno dei due ne aveva più parlato ed entrambi ci comportavamo normalmente, nonostante io fossi teso come una corda di violino e temevo che Alex potesse scoprire tutto da un momento all’altro.
 
Quel pomeriggio Alex era venuta da me per studiare inglese.
Eravamo entrambi seduti alla mia scrivania. Troppo vicini perché io potessi davvero concentrarmi sui compiti.
 Lei stava cercando di spiegarmi il significato di un sonetto che io non avrei mai imparato.
Lo sapeva benissimo, ma non mollava. Sapeva che non avrei mai riaperto quella pagina nemmeno per sbaglio, ma una parte di lei sperava ancora di potermi trasformare in un ragazzo serio e responsabile.
“Jack… Mi stai ascoltando?” Chiese sventolandomi la sua manina davanti agli occhi.
“Jack?” Ripeté, non avendo ottenuto nessuna risposta la prima volta.
Io sbuffai. “Sono stanco.” Poggiai la fronte sul libro. “Possiamo fare una pausa?”
Anche lei sbuffo. “Va bene… Ti va un gelato?”
“Ovvio!”
 
“Già finito di studiare voi due?” Chiese mia madre dal salotto, vedendoci uscire.
“Pausa gelato, signora Barakat.” Sorrise Alex.
Cavolo, morivo per quel sorriso.
Una volta usciti di casa la familiare melodia del camioncino dei gelati ci raggiunse da dietro l’angolo, l’istante successivo comparve in fondo alla via e accostò davanti a noi.
“Un cono al cioccolato per favore.” Disse Alex gentilmente, quando il gelataio abbassò il finestrino.
“Due!” Aggiunsi io.
“Perfetto…” Il signore un po’ grassottello è molto stempiato alla guida ci porse i due coni. “Ecco qui.”
“Grazie” Sorrisi poggiando cinque dollari in monetine sul palmo della sua mano.
Ci salutò e rimise in moto lasciandoci sul ciglio del marciapiede.
Mi accorsi che Alex mi guardava in modo strano.
“Che c’è?” Chiesi confuso.
“Da quando ti sei messo a fare il cavaliere e paghi il gelato alle ragazze?” Rise.
“Quale ragazza?” Scherzai guardandomi in trono.
“Dai, che stupido!” Mi diede una gomitata.
“Eh va bene, volevo solo essere gentile…” Alzai le spalle. “Ma se insisti puoi anche darmi due dollari e cinquanta eh, non mi  offendo.”
“Non ho detto che non mi piace che tu ti comporti finalmente in modo decente. “ Diede una leccata alla crema al cacao.
“Io mi comporto sempre bene con te.”  Borbottai mangiando un po’ di gelato.
“Ma si, lo so.” Disse alzandosi in punta di piedi per darmi un bacio sulla guancia.
 
Passeggiammo per il quartiere per una decina di minuti poi, finiti i gelati, ci andammo a sedere sulle altalene del parco. Non c’era mai nessuno dopo le cinque di pomeriggio.
“Ehi Jack?” Mi chiamò Alex dondolandosi piano.
Mi voltai verso di lei. Guardava in basso, verso le punte dei suoi piedi che sfioravano il pavimento, e i capelli le ricadevano davanti al viso impedendomi di vedere la sua espressione.
“Dimmi.”
“Il ballo è settimana prossima.” Disse secca.
“Ah.” Risposi stupito, come se non facessi il conto alla rovescia da settimane.
“Sai… Mi chiedevo se… Mmm… Mi verrai a prendere a casa.” Non era da lei incespicare così sulle parole, lei andava dritta al punto solitamente.
“Se vuoi ti compro anche quella cosa fatta di fiori che di solito si regala alle ragazze… Il corsage mi sembra…” Le dissi immaginandomi la scena nella mia testa.
Mi sembrava tutto così assurdo. Io che andavo a casa sua tutto vestito elegante e sua madre che mi faceva accomodare sul divano perchéAlexi stava finendo di prepararsi… Ripeto, assurdo.
Poi lei si voltò e sorrise illuminata, così anche se disse “Nah… Lo sai che non mi piacciono queste cose romantiche!” Capii che in realtà ci teneva ad avere un ballo in piena regola. Non so perché si ostinasse a nasconderlo.
“Come vuoi…” Risposi sospirando. “Hai già comprato il vestito?”
Lei annuì. “È blu… Dici che va bene?”
“Immagino di si. Ma sai, io non sono un esperto di moda.” Alzai un sopracciglio.
Chissà perché questa cosa la fece ridere.
“Lo so.” Rispose continuando a sorridere. “Però vestiti bene ok?”
“Farò del mio meglio.” Dissi alzandomi in piedi .
“Dove vai?” Mi chiese.
“Da nessuna parte.”  Mi posizionai dietro la sua altalena e afferrai il seggiolino tra le mani.
“Jack cosa vuoi fare?” Chiese guardandomi confusa.
“Shh…” La invitai a non fare domande.
Alex non parve molto convinta ma ubbidì.
La tirai indietro verso di mee poi la spinsi forte verso l’alto.
“Jaaack!” Strillò con tono di rimprovero ma ridendo.
“Dai, chiudi gli occhi! È divertente!” Dissi continuando a spingerla.
“Ti odio Jack Barakat!” Gridò. “Lo sai che ho paura!”
“Non è vero che mi odi!” La corressi.
“Ok è vero, ma in questo momento si!”
“E va bene…” Cedetti.
Quando l’altalena tornò giù presi la catena tra le mani e rallentò oscillando ancora per qualche secondo fino a fermarsi.
Mi spostai davanti a lei e mi chinai un po’, poggiando le mani sulle sue ginocchia per guardarla in faccia.
“Visto che sei ancora viva?” Chiesi sorridendo.
Lei mi guardò per qualche secondo negli occhi facendo la finta offesa, poi non riuscì a trattenere un sorriso.
Era così bella ed eravamo così vicini, mi sarebbe bastato un secondo per baciarla.
“Ti odio.” Disse prendendomi la punta del naso tra pollice e  indice, come faceva spesso.
“Non è vero.” Le diedi un bacio sulla fronte.
Presi la sua mano e la aiutai ad alzarsi.
“Non è vero.” Ripeté lei abbracciandomi stretto. “Ti voglio un sacco di bene, Jack.”
Mi stupii di quel gesto d’affetto improvviso. Erano rari i momenti così con lei.
“Anche io, non sai quanto.” Passai una mano tra le sue ciocche rosa acceso.
“Si che lo so.” Sentii la sua guancia muoversi contro il mio collo a causa di un sorriso.
“No. Non lo sai.” Insistetti, stringendola di più.

 
   
 
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