Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: AleJen    26/02/2014    0 recensioni
Serafine si è appena trasferita. E' la cittadina di Lewisville, non troppo lontano da New York ma abbastanza isolata per far sì che sia un posto tranquillo. La sua famiglia è scomparsa all'improvviso e lei è rimasta sola, ma non riesce a spiegarsi una serie di fatti che accadono proprio a lei. L'unica persona cosciente di tutto ciò sembra un ragazzo a lei sconosciuto, dall'aria ribelle e una bellezza particolare...
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Sovrannaturale
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Beep… beep…beep…
Serafine si stiracchiò, allungando il braccio fuori dalla trapunta e tastando il comodino finché non trovò la sveglia e la spense. Uffa, ancora cinque minuti! Non voglio andare a lavorare! Infine spuntò dalle coperte, mettendosi a sedere. Si strofinò gli occhi e si guardò intorno. Notò che non era la sua camera, ma una stanza più spaziosa tutta in legno, con una vetrata che portava a un balcone e un letto enorme. Ah già. Sono in questo posto apparso in qualche modo dietro a una casa di Brooklyn. Allora ieri sera non stavo sognando!
Si alzò e strisciò i piedi fino alla vetrata. Era affacciata sulla cittadina sottostante, la quale sembrava già sveglia da un pezzo, e il cielo sovrastante era cupo. Stava già considerando quel posto come normale, ma pensandoci bene non lo era affatto. Non trovava possibile la sua esistenza, così come non capiva tutto il resto e pur di rendere le cose un po’ più chiare avrebbe chiesto a Gabriel di spiegarle per l’ennesima volta, dato che non l’aveva ancora fatto. Perciò si vestì e scese al piano inferiore.
Gabriel era in cucina alle prese con la colazione, e nella stanza aleggiava il profumo del caffè. Non appena Serafine scese dall’ultimo gradino, lui si voltò. Portava un paio di jeans scuri con qualche piccolo strappo qua e là, e una camicia grigio chiaro che gli dava un’aria diversa e ne metteva in risalto il colore degli occhi.
<< Ciao Serafine. Ti senti meglio? >>. Quegli occhi azzurri la guardavano dritto nei suoi. Lei annuì.
<< Sì va molto meglio, grazie >>. Andò a prendere posto al tavolo apparecchiato e prese un biscotto dal piatto.
<< Caffè? >>.
<< Sì, grazie >>, rispose a bocca piena. Guardandosi intorno si rendeva conto sempre di più che quella casa le piaceva decisamente. Era tutta di legno, ordinata e ben arredata, distante dalle altre e con una bella vista. Praticamente perfetta. Gabriel le lasciò il tazzone fumante sul tavolo e si sedette davanti a lei.
<< Gabriel? >>, domandò lei mentre mescolava lo zucchero nel caffè. Gabriel alzò lo sguardo su di lei, anche se lei non fece lo stesso. << Perché mi hai portata qui? >>.
<< Per permetterti di non rischiare la vita in ogni momento >>. Dal tono non sembrava in vena di fare molte parole. Peccato, proprio ora che volevo chiedergli delle cose… Beh, tanto vale provarci.
<< E questo posto come fa a esistere? Voglio dire, dal bel mezzo di Brooklyn siamo finiti… >>.
<< È una dimensione nascosta, Serafine. Un luogo creato molti anni fa da alcuni nefilim che si erano ribellati ai loro simili >>.
<< Quindi non tutti possono accedervi >>. Gabriel scosse la testa.
<< Solo coloro che portano il proprio marchio, così vengono riconosciuti dal Guardiano che li lascerà passare >>. Serafine sospirò, continuava a darle risposte generiche e non aveva ancora menzionato nulla che la riguardasse.
<< Ma io cosa c’entro in tutto questo? Perdonami ma non riesco a capirlo >>. Ora fu Serafine a ritrovarsi a fissare Gabriel in attesa di una risposta. Lui appoggiò la tazza sul tavolo, tenendola comunque tra le mani.
<< Hai mai sentito parlare di Iliaster? >>. Serafine aggrottò la fronte.
<< No, cos’è? >>. Gabriel poggiò la mano aperta sul tavolo, con il palmo verso l’alto.
<< Dammi il braccio >>. Perplessa, Serafine fece ciò che le aveva chiesto, e Gabriel le afferrò il polso. Improvvisamente, le vene nell’interno del polso furono evidenziate da un debole bagliore azzurrino e Serafine trasalì.  << Vedi? Questo è ciò che viene chiamato Iliaster, ed è ciò che i nefilim cercano per impossessarsene. Per questo hanno cercato di ucciderti, e quindi ti ho portata qui >>.
<< Oh… Ma qui non succederà, giusto? >>. Gabriel questa volta sorrise.
<< No, stai tranquilla. Non succederà >>.
Serafine ritrasse il braccio e tornò a bere il proprio caffè. Quindi io nelle vene avrei questa cosa che i nefilim vogliono anche se non si sa il perché…
<< Beh, mi sembra già qualcosa. Comunque stamattina mi piacerebbe scendere in città per visitarla >>. Serafine fece per alzarsi, ma Gabriel la bloccò.
<< Aspetta. Ci sono ancora un paio di cose che devi sapere prima di scendere in città. Non vorrei che ti cogliessero alla sprovvista >>.
<< Che vuoi dire? >>.
<< Siediti ancora un attimo, per favore. È molto importante >>. Serafine fece come le fu detto, sotto lo sguardo serio di Gabriel. Lui proseguì.
<< Come ti ho detto prima, questo posto è stato creato da dei nefilim. Vedi, non tutti i nefilim sono uguali. La maggior parte uccide gli angeli per impossessarsi del loro iliaster, la loro linfa vitale, per assicurarsi un potere immenso e garantirsi l’immortalità. Alcuni di loro però si sono ribellati, e hanno creato questo luogo irraggiungibile per proteggerli… Serafine? >>.
Gabriel aggrottò le sopracciglia, vedendo Serafine che stava pensando a tutt’altro. Fissava un punto indefinito e sembrava non ascoltarlo più.
<< Aspetta, aspetta, aspetta… Hai detto che gli angeli vengono uccisi per l’iliaster. Ma vuol dire che… >>.
<< …vuol dire che tu sei un angelo, Serafine, come tua madre, tua nonna e anche tua cugina Lylian >>.
Tra Gabriel e Serafine cadde un silenzio pesante. Dapprima lei lo guardò come se avesse visto un fantasma, poi all’improvviso scoppiò a ridere.
<< No no, tu stai scherzando. Non è… >>.
<< Non sto scherzando, levatelo dalla testa >>, tuonò lui. << Appartieni ai Laurent, la famiglia di angeli discendente dall’angelo Cahetel e la più potente sulla Terra. Clara mi aveva affidato il compito di portarti al sicuro nel caso fosse mancata lei, in quanto sei l’unica della discendenza rimasta viva. Se uccidessero te sarebbe una catastrofe, perciò ti proteggerò con la mia vita >>. Serafine fu decisamente stupita di quelle parole, e scosse la testa.
<< Ma Gabriel, io non voglio che la tua vita venga messa in pericolo a causa mia. Non è giusto >>.
<< Non c’è alcun bisogno che ti preoccupi per me, la mia vita è sempre e comunque messa in pericolo anche se tu non ci fossi >>.
<< E perché? >>. Lui sospirò.
<< Questo te lo spiego la prossima volta. Scendiamo in città? >>. Serafine finì per annuire.
<< Certo, andiamo >>.
 
Appena scesi in città, Serafine si guardò intorno e scrutò le facce che la circondavano. Le sembravano persone qualsiasi, come tutte le persone normali che vivevano nella dimensione degli umani. E invece sono tutti angeli e nefilim… figo, però! Serafine cercava di convincersi a entrare nell’ottica, e anche lei ne faceva parte dopotutto. Metà della sua famiglia era composta da angeli, lei compresa, e non l’aveva mai saputo. In compenso lo sapeva Gabriel, ma il come era ancora un mistero.
Sollevò appena la manica della giacca osservandosi di nuovo il polso, ma non succedeva nulla. Sentì Gabriel ridacchiare.
<< Non ti vedo convinta >>.
<< Vedi bene >>, rispose con fare imbronciato.
<< Dai, non fare quella faccia. Non c’è mica niente di male, no? >>. Serafine si fermò all’improvviso, incrociando le braccia sul petto.
<< Ma scusa, quando l’hanno detto a te non ti sei sorpreso neanche un filino? Per te era tutto perfettamente normale? >>. Gabriel inarcò un sopracciglio.
<< Detto cosa? >>.
<< Quello che mi hai raccontato poco fa. Qualcuno ti avrà dovuto raccontare l’esistenza della dimensione parallela, angeli, nefilim e chi più ne ha più ne metta. Poi non capisco che cosa ho di speciale >>, disse lei inclinando leggermente la testa.
<< A me non ha mai detto niente nessuno, ma la mia è un’altra situazione. E poi quel che hai di speciale è che sei più potente di quel che credi, ma anche più facilmente rintracciabile. Ti si potrebbe percepire anche in mezzo a un concerto >>.
<< E io che ci posso fare? >>.
<< Nulla, mica è colpa tua. Solo puoi evitare di prendertela con me, io non c’entro niente. So solo come stanno le cose, tutto qui. Clara mi ha dato il compito di badare a te e io mantengo la parola >>.
<< Che senso ha? …cioè, mi sembra di essere grande abbastanza per badare a me stessa >>. Gabriel allargò le braccia, alzando gli occhi al cielo.
<< E va bene, allora se sei in grado di badare a te stessa fa’ pure. Verrai poi a dirmelo quando ti cresceranno le ali e avrai una febbre da non stare in piedi. Credo che ormai non manchi più di tanto >>. La guardò negli occhi, poi si allontanò.
<< Ehi, ehi Gabriel. Aspetta! >>, scattò subito Serafine, ma lui era già sparito dietro l’angolo. Brava, brava, continua così. La gente si preoccupa per te e tu fai la saputella, genio. Sospirò, e proseguì lungo la via fino a quella che le sembrava la strada principale. Iniziava a nevicare e non c’era molta gente in giro, anche se quei pochi la stavano osservando e iniziò a sentirsi a disagio. Cercò di far finta di niente e proseguire per la propria strada.
Di lì a poco giunse in piazza. Al centro troneggiava un bellissimo abete carico di luci colorate e sotto la neve era reso ancora più suggestivo. Ma ciò che attirò la sua attenzione fu l’edificio sul lato opposto della piazza, in stile antico, il quale si differenziava dal resto della città. Non ci pensò due volte e si diresse verso l’edificio, finché non lesse “Biblioteca” sulla targhetta accanto alla porta di legno. Magari posso scoprire qualcosa di più.
L’ingresso era scarsamente illuminato, e soprattutto era deserto. Pure dietro il bancone non c’era un’anima. Eppure era aperto… boh, qualcuno arriverà. Serafine proseguì verso gli scaffali altissimi e carichi di libri, e quando si accostò a uno di essi l’ambiente si illuminò all’improvviso.
<< Ha bisogno, signorina? >>, domandò una voce femminile alle sue spalle. Si voltò, trovandosi davanti a una signora dai capelli castano chiaro raccolti in uno chignon abbastanza austero, come il suo stile dopotutto.
<< Ehm… Stavo dando un’occhiata, ho trovato aperto e… >>. La signora annuì.
<< Faccia con comodo. Se trova qualche volume passi da me, prima di uscire >>.
<< Certamente, grazie >>. La signora andò a sedersi dietro al bancone, prese un libro e si immerse nella lettura.
Dopo aver passeggiato tra gli scaffali, un volume attirò la sua attenzione. Non portava titolo, ma il dorso della copertina era consumato. Non trattenendo la curiosità, tirò giù il libro dal ripiano e lo appoggiò sul tavolo che c’era tra i due scaffali. La copertina era di cuoio, colorata di blu con decorazioni argentate in bassorilievo. Non c’era titolo, o almeno non era un normale titolo. Al posto delle lettere c’erano dei simboli che ricordavano le rune, gli stessi che aveva visto sul braccio di Gabriel la sera precedente, e aprendo il volume in una pagina a caso notò che i testi erano tutti scritti allo stesso modo. È scritto nella Prima Lingua… Peccato che non ci capisco un tubo. Magari Gabriel sa qualcosa di più! Ora che ripensava a Gabriel, realizzò che sarebbe stato meglio scusarsi, in fondo lui davvero non aveva colpa di nulla. Perciò richiuse il libro e andò dalla bibliotecaria.
 
Sulla strada del ritorno, l’aria si era fatta più pungente costringendo Serafine a chiudere la lampo della giacca fino in cima. Teneva il volume tra le braccia, il quale ormai iniziava a coprirsi di neve. È meglio che arrivo a casa il prima possibile, se lo rovino credo che non me la faranno passare liscia.
Stava per svoltare su uno dei viottoli sulla sinistra, quando sentì delle voci e si fermò dietro l’angolo.
<< Hai visto? L’hanno portata qui >>.
<< Almeno non è rimasta là fuori. Le avrebbero sicuramente fatto del male, povera ragazza >>, rispose una voce femminile.
<< È stato quel nefilim, quello sempre vestito di nero. Non so come lei abbia fatto a fidarsi, non mi piace quel tipo >>.
<< Ma non ha mai fatto niente di sbagliato. Insomma, è sempre stato per conto suo senza infastidire nessuno >>.
<< È un Thornston, Elizabeth. Il suo nome spiega già tutto >>. Poi il silenzio totale. Serafine aspettò qualche istante e si affacciò sulla via, ma non c’era più nessuno.
Non so perché, ma ho come il sospetto che stessero parlando di me… Finora mi hanno guardata tutti come se fossi un alieno di chissà quale pianeta!, pensò Serafine proseguendo verso casa. Ma poi, il nefilim vestito di nero? No, non può essere Gabriel. Gabriel non è un nefilim, perché… perché no, ecco.
All’improvviso, un piede scivolò e perse l’equilibrio, quando un paio di braccia la afferrarono saldamente evitandole la caduta.
<< Non ti si può lasciare sola un momento che già vai a farti del male >>. Serafine riconobbe subito la voce alle sue spalle e sospirò.
<< È tutto coperto di neve, il ghiaccio non si vedeva >>, osservò Serafine abbassando lo sguardo sul ghiaccio che affiorava da sotto la sua impronta.
<< Allora sei perdonata >>, rispose Gabriel ridacchiando e sollevandola definitivamente, rimettendola in piedi. Serafine si voltò, restando a osservare Gabriel. Doveva per forza essere lui, il famoso nefilim di cui parlavano poco prima. Era l’unica persona vestita di nero che aveva visto finora.
<< Quando la smetterai di vestirti da rockstar? >>. Gabriel sollevò le spalle.
<< Dipende, forse quando mi stancherò di farlo. Perché, non ti piace? >>. Non è che non mi piace, è che ti sta divinamente.
<< Sì che mi piace. Ma vedere il proprio angelo custode in stile ribelle fa un effetto un po’ strano >>.
<< Mmm, angelo custode dici? >>.
<< Certo! Quando mi capita qualcosa tu ci sei sempre. Ok, forse questa volta era un po’ meno importante delle altre ma almeno mi hai evitato una bella ammaccatura all’osso sacro e diverse imprecazioni >>. Gabriel rise.
<< Beh, è buona come prospettiva essere visti come angelo custode di un angelo. Non l’avevo considerata >>.
<< Ehi, non montarti la testa adesso >>, disse Serafine puntandogli scherzosamente l’indice contro. In risposta, Gabriel incrociò le braccia al petto e ridacchiò.
<< Sbaglio o la Serafine di qualche giorno fa era una ragazza riservata che mi rivolgeva appena la parola? >>.
<< Sono sempre così quando non conosco qualcuno. Ma dato che tu sei così gentile da ospitarmi a casa tua, cerco di prendere un po’ più di confidenza. Andiamo a casa, adesso? Sto gelando >>.
<< Certo, andiamo >>.
 
Nel pomeriggio, Serafine era salita in camera propria con l’intenzione di disfare le borse che stavano ancora quasi integre in fondo al letto. Più vedeva quella camera, più le piaceva. L’armadio era abbastanza grande per contenere tutti i suoi vestiti, anche se molti erano rimasti a Lewisville. Pace, ne troverò degli altri. O andrò a prenderli, prima o poi. Ripensando a Lewisville, ripensò anche a Julia. Le era dispiaciuto lasciarla lì da sola così, venendo via da un momento all’altro con appena il tempo di salutarsi. Spero di avere ancora occasione di vederla, in fondo lei e Gabriel si conoscono.
But if you loved me, why’d you leave me? Take my body… take my body… All I want is, and all I need is to find somebody. I’ll find somebody like you…
Alla luce soffusa della lampada accesa, Serafine appese il penultimo vestito nell’armadio, canticchiando il ritornello di All I want dei Kodaline mentre veniva riprodotto dal lettore musicale del cellulare abbandonato da qualche parte sul letto. E sentì bussare.
Voltandosi, trovò Gabriel appoggiato allo stipite della porta a braccia conserte, con le maniche della camicia sollevate fino al gomito, che la osservava. Le sorrise. …wow.
<< Finito il trasloco? >>.
<< Quasi. Mi piace tantissimo questa camera, poi da qui c’è una vista stupenda >>.
<< Lo so, infatti è la mia preferita >>. Serafine piegò anche l’ultimo maglione, appoggiandolo insieme agli altri e richiuse le ante. Mancavano altre due borse con i suoi oggetti e i libri, ma le ignorò e si avvicinò a Gabriel.
<< Senti Gabriel, io… Volevo chiederti scusa per stamattina. Non sono stata molto corretta nei tuoi confronti. Scusami >>. Gabriel sospirò.
<< Non è necessario, Serafine. Non era nulla, è normale che tu sia confusa e… >>. Serafine scosse la testa.
<< No no no, ci tengo a scusarmi con te, davvero. Sono stata maleducata e non lo meritavi >>. Si osservarono per un lungo momento, ognuno dei due si perdeva negli occhi azzurri dell’altro finché, infine, Gabriel sorrise.
<< Scuse accettate. Comunque ho notato che sei andata in biblioteca >>. Serafine si illuminò.
<< È vero, il libro! Avrei giusto un paio di cosette da chiederti a riguardo >>.
<< Tipo? >>.
<< Tipo tutto. Non so, il libro mi ispirava e l’ho preso ma in realtà non ci capisco niente >>.
<< Il libro ti ispirava perché è stato l’intuito angelico a portarti in biblioteca e a prendere esattamente quel volume >>. Serafine sollevò le sopracciglia.
<< Ah sì? Wow. Ciò significa che è un libro importante, o…? >>.
<< Sì, proprio così >>.
<< Allora dimmi tutto, sono curiosa. Qui finisco dopo >>. Seguita da Gabriel, tornò al piano di sotto e si piazzò in salotto, sedendosi a gambe incrociate sul tappeto vicino al caminetto. Gabriel si sedete sul lato opposto del tavolino, di fronte a Serafine, e sfogliò velocemente il volume.
<< Sì, il libro è questo. Insieme ad altri due volumi crea una specie di enciclopedia sulle “creature” che vivono qui, ce n’è uno per ognuna e questo è quello sugli angeli >>. Serafine aggrottò la fronte.
<< Mi avevi detto che qui vivevano angeli e nefilim, allora vuol dire che c’è anche una terza specie >>.
<< C’è anche una terza specie, sì, ma è minore. Saranno al massimo una ventina di esemplari in tutta la dimensione, quindi è più importante che tu conosca la tua specie e i nefilim. I nefilim che vivono qui sono innocui, quelli che ci sono fuori dalla dimensione sono dei veri bastardi >>.
<< Non si era notato >>, disse Serafine ridacchiando. << Quindi se ho capito bene, questo libro parla degli angeli >>.
<< Esattamente >>. Gabriel si allungò per prendere un blocco di fogli e una penna dalla poltrona, poi iniziò a scribacchiare le lettere dell’alfabeto sul lato sinistro del foglio, e a fianco di ognuna di esse disegnò un simbolo. Serafine restò a osservarlo rapita e decisamente curiosa. << Per prima cosa devi assolutamente imparare questo. Non ti servirà solo per i libri, ma per altre cose altrettanto importanti >>.
<< Mmm… questo è l’alfabeto della Prima Lingua, giusto? >>. Gabriel annuì.
<< Per la lingua in sé non devi preoccuparti, non appena saprai l’alfabeto la capirai in automatico >>. Serafine spalancò gli occhi.
<< Veramente? Figo! >>. Poi osservò meglio il foglio, analizzando i simboli uno a uno. << Ma sai una cosa? La nonna aveva un ciondolo con questi simboli, la metteva sempre >>.
<< L’hai portata con te, spero >>.
<< In realtà no, nonna l’aveva messa in cassaforte e l’ho lasciata lì. Non mi sembrava molto preziosa >>.
<< Solo perché non è d’oro non significa che non sia preziosa. Qualsiasi oggetto che è stato scritto con la prima lingua contiene parte del potere di chi l’ha scritto. Non può restare là >>.
<< Potevo portarla con me. Forse è meglio che vada a prenderla >>, disse Serafine distogliendo lo sguardo e alzandosi. Fece per prendere la propria giacca, quando Gabriel si fiondò da lei e la voltò afferrandole un braccio.
<< Serafine, non potevi saperlo. E non ti lascio andare da sola, verrò con te >>. La guardò negli occhi, uno sguardo profondo che quasi le fece tremare ginocchia. Poi le sorrise. << Andremo domani, con calma, così guardiamo bene tutto ciò che dobbiamo prendere. Va bene? >>. Serafine annuì, e poggiò la testa al suo petto, abbracciandolo. Gabriel ebbe un piccolo sussulto, non aspettandosi la sua risposta, ma finì per ricambiare l’abbraccio e stringerla a sé.  
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: AleJen