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Autore: Curly_crush    27/02/2014    1 recensioni
Harry ha una ragazza, Felicity, che lui ama molto e che è riuscita a trovare il suo lato migliore. Ma nessuno sa di questa relazione. Sarà proprio questo il motivo della rottura tra i due...
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Niall Horan, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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ABOUT US

La guardo mentre arriva a scuola a piedi, come il suo solito. Stamattina potrebbe piovere, ma niente può fermare quella ragazza: pioggia, neve, tempesta, bufere, uragani, lei si farebbe sempre e comunque la strada a piedi. È forte, non c’è che dire. Mi scappa un sorriso.

“Haz, che fai, ridi da solo come i matti?”

Porto il mio sguardo su Niall, il biondo della nostra compagnia, che mi guarda con un sopracciglio alzato.

“No, no, niente, mi era venuta in mente una cosa”, mi difendo.

Tiro fuori il cellulare dalla tasca della giacca, e le scrivo un messaggio.

Fra 10 minuti al giardino dietro la scuola ;) x

Poi infilo le mani nelle tasche. Per essere fine ottobre fa davvero freddo, chissà cosa ci aspetta andando avanti.

Continuo a seguirla con lo sguardo, mentre legge il mio messaggio, un sorriso quasi impercettibile sul volto, ma che vedrei anche al buio, e nel momento in cui raggiunge il nostro gruppo, salutando tutti con un timido ed assonnato “Buongiorno, gente”.

I nostri sguardi si incrociano spesso, ma nessuno se ne accorge. Per quanto ne sanno gli altri, noi due facciamo solo parte della stessa compagnia, siamo buoni amici, quindi perché sospettare se a volte i nostri occhi si incontrano? È normale, tra gente che si conosce e condivide uscite e quant’altro.

Abbasso lo sguardo, e sorrido, di nuovo. No, gli scambi di sguardi tra me e quella ragazza non hanno proprio niente di normale, niente di semplicemente amichevole. Certo, siamo anche amici, ma, prima di ogni altra cosa, siamo una coppia.

“Oh, Harry, ma che cavolo hai oggi da ridere tanto?”, esclama Niall, ancora.

Lo guardo, e per poco non lo fulmino. Ma non può lasciarmi fare i miei viaggi mentali in santa pace?

In un attimo, mi ritrovo gli sguardi dell’intera compagnia, una decina di persone, addosso. Decido che quello è il momento di andarmene verso l’incontro che aspetto dalla sera precedente.

“Eh, ogni tanto mi prendono le risatine isteriche, sai, avendo un compito alla prima ora … Anzi, è meglio  che vada. Ci vediamo più tardi, ciao a tutti”, mi congedo, scambiando un’ultima fugace occhiata con lei.

Raggiungo il giardino dietro la scuola, quello dove mai nessuno ci va. Chissà perché, è così carino, ed intimo. Bah. Mi sistemo sul muretto della recinzione, e aspetto. Dopo pochi minuti, la vedo girare l’angolo. Mi alzo, e le vado incontro sorridendo.

Buongiorno bellezza”, sussurro, prima di darle un bacio sulle labbra.
“Non so dove tu veda tutta questa bellezza, ma buongiorno anche a te, Harry”, risponde lei, calma.

Risponde al mio bacio, ma senza troppo entusiasmo. Quella sua abitudine di rifiutare i complimenti, davvero non la capisco.

“Qualcosa non va?”, chiedo.
“No, no, è tutto a posto”, risponde lei, staccandosi leggermente da me.

Porto una mano al suo viso, e le alzo il mento con un dito.

“Fizz?”, la riprendo.
“Sono solo preoccupata per il compito, sai che non sono una cima in Fisica”, borbotta lei.

Mi viene da ridere piano.

“Dai, Fizzy, tu sei brava in tutto!”, cerco di tirarla su.

Lei sbuffa, poi mi abbraccia in vita, appoggiando la testa sul mio petto.

“Harry, tu mi vuoi bene?”, chiede, improvvisamente.

La guardo, in quei suoi occhi tra il verde ed il castano, e non posso far altro che sorridere.

“Se ti voglio bene? Io ti amo, Felicity”, rispondo, senza alcun dubbio.

Le sue labbra toccano le mie, piegandosi in un sorriso, e mi baciano con molto più trasporto rispetto a prima. Sorrido, e lascio che le nostre bocche si fondano, mentre con la testa torno indietro di circa sei mesi.

Era iniziato tutto grazie ad una stupida ed infantile scommessa. In quel periodo, uscivo con un’altra compagnia, di cui facevano parte solo quelli più in, se così si possono definire. Ed io, purtroppo o per fortuna, sembravo corrispondere agli standard richiesti. Uscivo con quei ragazzi a cui non importava niente di nessuno, se non di loro stessi e del loro aspetto, e, sinceramente, non mi ci trovavo male.

Sono sempre stato uno non troppo sicuro di sé, ma capace di far credere agli altri il contrario, così da farmi accettare. Per quanto riguardava le ragazze, in quei mesi, se una mi piaceva mi bastava avvicinarla e farglielo capire, e sapevo già dal suo primo sguardo se ci sarebbe stata o no, se valeva la pena perderci una serata oppure cambiare obiettivo.

Detta così, non dovrei essere troppo fiero dell’immagine che esce di me. Ma è proprio grazie a questa mia stagione di superficialità che sono arrivato a lei. O meglio, grazie a Nigel, il leader di quel gruppo di fighetti. Se non fosse stato per la scommessa di quella sera di metà marzo, non avrei mai conosciuto Felicity, e sarei ancora prigioniero di ciuffi, profumi, jeans griffati e quant’altro.

“Chi è la ragazza al bancone?”, avevo chiesto a Nigel.
“Mah, non so come si chiami, ma se riesci a farti anche quella sei un mito, fratello. Non è mai stata con nessuno, da quanto ne so”, aveva risposto lui.

E io, forse stanco delle solite ragazze piastrate e truccate alla perfezione, forse deciso a dimostrare chissà cosa a quel ragazzo che presto avrei scoperto essere una vera nullità, avevo allungato la mano, e lui me l’aveva stretta augurandomi buona fortuna.

L’avevo già notata, lei, a scuola. Seguiva i corsi di Fisica e Francese con me. E io avevo serie difficoltà in Francese, almeno questo era vero. Felicity è una di quelle ragazze che passano, o meglio, che vogliono passare inosservate: capelli spesso raccolti in una coda, abbigliamento non appariscente, felpe, magliette e jeans, camminata veloce, quasi sulle punte, come per non fare rumore, sguardo basso. La timidezza fatta persona. Ma io ero riuscito comunque a vederla, nonostante i suoi mille tentativi di sembrare invisibile. Non conoscevo il suo nome, dato che gli insegnanti a scuola chiamavano tutti per cognome, così avevo deciso di chiedere al mio amico,  dopo averla vista lavorare al bancone del locale per il quale avevamo optato quella sera.

Mi ero avvicinato al bancone, e avevo aspettato che fosse lei a notarmi. Ciò che più mi aveva sorpreso, era stata la sua reazione: niente respiro trattenuto, niente occhi strabuzzati, niente rossore alle guance. Nessuna delle risposte alle quali ero abituato con le altre ragazze, insomma.

“Ciao, cosa ti va?”, aveva chiesto, impeccabilmente professionale.

A quel punto, ero io ad essere in difficoltà. L’avevo osservata dall’alto in basso, riconoscendo quanto fosse bella e di come non me ne fossi accorto prima. Quella sera aveva i capelli sciolti che le incorniciavano il viso, leggermente ondulati, di un colore che oscillava tra il castano ed il ramato, e che si sposava alla perfezione con il verde- castano degli occhi. Occhi grandi, occhi dolci, occhi timidi, che mi fissavano in attesa di una risposta.

Mi ero reso conto della figura da tonto che stavo facendo, e avevo ordinato un drink a caso, giusto per farmi vedere sicuro.

“Ci vai giù pesante, mi pare”, aveva detto, mentre preparava il tutto.
“Non ti preoccupare, reggo bene”, ribattei, sorridendole solo con un angolo della bocca.

Avevo imparato che quel sorriso, tra il complice ed il malizioso, funzionava bene, di solito; ma, di nuovo, lei non mostrò alcun interesse.

“Spero di non dover venire a tenerti la testa, dopo. Odio vedere la gente che sta male per il troppo bere”, aveva ribattuto lei, seria.

A quel punto mi ero arreso.

“Ascolta, lascia stare, non ho più sete. Dimmi come ti chiami, piuttosto, miss Preoccupazione”, avevo replicato, appoggiandomi al bancone con un gomito, per avvicinarmi a lei.
“Felicity. Tu sei Harry, vero?”

Quindi lei mi conosceva, e probabilmente stava ridendo di me, dentro di lei. Avrei dovuto pagare chissà cosa a Nigel. Avevo perso quella scommessa, ormai l’avevo capito.

“Sì. Ascolta, Felicity, ma ti comporti così con tutti i clienti? Saresti da licenziare”, avevo provato a scherzare.
“Cosa?!”, aveva esclamato lei.
“No, dico, se fai venire i sensi di colpa a chiunque ti chieda qualcosa da bere, va a finire che mandi il locale in fallimento”, spiegai.

Lei aveva riso, rilassandosi, e io avevo riso con lei, felice di aver rimediato in parte a quel mezzo disastro.

“Ascolta, non è che per caso avresti un po’ di tempo da dedicarmi?”, avevo chiesto poi, guardandola dritta negli occhi.
“Che cosa intendi dire?”
“Facciamo francese insieme, non so se te ne sei accorta …”, avevo cominciato a spiegare.

Lei aveva annuito.

“Bene. Ecco, faccio un po’ schifo, così volevo chiederti se ti andava di darmi una mano”, proposi.
“Si potrebbe fare, sì. Magari ne parliamo meglio a scuola domani, okay?”, aveva detto.

Mi ero accorto in seguito che c’erano altri clienti che aspettavano di ordinare, così l’avevo salutata ed ero tornato al mio tavolo: non avrei voluto essere la causa del suo licenziamento, assieme alla sua poca fiducia nella capacità di reggere l’alcool dei clienti. Nigel mi aveva subito sottoposto ad un interrogatorio di terzo grado, e avevo risposto a tutto, anche se controvoglia. In cuor mio, stavo già cominciando a capire che il posto per me non era in mezzo a quella gente.

Così, avevo cominciato ad andare da lei per le ripetizioni di Francese, e avevo capito che ero messo peggio di quello che pensavo. Felicity si metteva le mani tra i capelli almeno tre volte a lezione, e non era poco, dato che i nostri incontri duravano in media un’oretta. Io ridevo della sua disperazione, e lei mi fulminava con lo sguardo.

Durante quelle ore, avevo iniziato a conoscerla, e avevo scoperto che era molto meno timida di come sembrava, ed era interessante come persona: simpatica, intelligente, dolce, seria, affidabile. E, a mano a mano che scoprivo la sua identità, la voglia di vincere quella scommessa scompariva, lasciando il posto ad un sentimento nuovo, forse mai provato. Mi ci stavo affezionando, e il fatto di dover rendere conto di qualsiasi cosa succedesse con lei a Nigel mi dava davvero fastidio.

Così, un pomeriggio, terminate le ripetizioni da lei, avevo risposto alla chiamata del ragazzo, come ogni volta, e gli avevo detto che avevo perso la scommessa, che lei non ci stava e che non volevo nemmeno più uscire con loro, guadagnandomi dello sfigato e del perdente.

Ma poco mi importava. L’unica cosa che avevo perso, fatto che nemmeno mi dispiaceva, era la loro amicizia, se così si poteva definire lo stare in un gruppo per convenienza. E, se proprio avesse dovuto succedere qualcosa con quella ragazza, sarebbe successo perché lo volevo davvero, non per uno stupido gioco.

Avevo cominciato, poi, ad uscire con la compagnia di Felicity, dove mi ero trovato subito a mio agio, e dove mi ero sentito accolto e non giudicato. Un gruppo dove, finalmente, potevo essere me stesso. Le serate trascorse con quei ragazzi non avevano niente a che fare con il gruppo che frequentavo prima: erano semplici, a loro bastava stare insieme, incontrarsi anche solo per chiacchierare, ridere insieme, mentre con gli altri, se non ti ubriacavi rischiavi di passare una serata di noia in disparte.

Come avevo potuto uscire con gente del genere, mi chiedevo continuamente. Purtroppo, però, qualche segno su di me lo avevano lasciato, ma l’avrei scoperto dopo.

Durante una delle ultime ripetizioni con Felicity, che ormai avevo imparato a chiamare Fizzy, come il resto della compagnia, non riuscivo a concentrarmi per niente, avevo altro per la testa. Quella ragazza ormai mi aveva conquistato, e, se inizialmente avrei dovuto starci assieme per una scommessa, ora quella possibilità era diventata un desiderio a cui non riuscivo a smettere di pensare. Fizzy mi piaceva, aveva tutto ciò di cui avevo bisogno, e ci stavo bene assieme. Ma lei sembrava così distante, era veramente inespugnabile, non riuscivo a capire cosa pensasse, cosa le piacesse, se io le piacessi.

Così, quel pomeriggio, ero perso in questi pensieri, e il Francese sembrava essersi trasformato in Arabo.

“Harry, sveglia! Siamo su questa frase da venti minuti, ormai, concentrati!”, mi aveva ripreso, per l’ennesima volta.
“Fizzy, sono stanco, dai, basta”, avevo ribattuto.
“Davvero non capisco cosa tu abbia in quella testolina riccia”, borbottò lei.
Te”, avevo risposto semplicemente, senza pensare alle conseguenze che quella replica avrebbe potuto portare.

Lei mi aveva guardato, in silenzio, con quei suoi occhi grandi, ed era arrossita, per la prima volta da quando la conoscevo. A quel punto, mi ero alzato, e mi ero avvicinato di più a lei, cercando di sostenere il suo sguardo. Le avevo spostato una ciocca di capelli dal viso, e lei era rimasta immobile. Avevo sorriso, e lei aveva ricambiato. Mi ero abbassato, fino a ritrovarmi faccia a faccia con lei, fermandomi a pochi centimetri dalle sue labbra.

“Harry, questo non rientra nelle ripetizioni”, aveva bisbigliato, facendomi ridere piano.

Poi non ero riuscito a trattenermi e l’avevo baciata, piano, senza troppa sicurezza. Avevo paura che potesse rifiutarmi. Ma non lo fece. Mi aveva guardato, poi aveva riavvicinato la bocca alla mia e mi aveva baciato a sua volta, strappandomi un sorriso, questa volta rilassato e felice.

Da quel momento, avevamo cominciato ad uscire assieme, senza però farlo sapere a nessuno, almeno per i primi tempi. In seguito, ci eravamo messi insieme ufficialmente, ma, dopo circa tre mesi, nessuno sapeva ancora niente.

Era stata una mia decisione, in realtà, lei avrebbe voluto gridarlo al mondo. Mi aveva detto che era pazza di me da tempo, ma che non mi aveva mai avvicinato perché le sembravo uno stronzo, al che l’avevo ringraziata della sincerità e ci avevamo riso sopra. Però avevo dovuto riconoscere che aveva ragione, anche se ero cambiato. Ma qualcosa di quel lato oscuro era rimasto: infatti, ciò che mi impediva di far sapere a tutti che stavo con lei, era la mia reputazione.

Insomma, io ero uno dei ragazzi più ambiti della scuola, bello, intelligente, conosciuto, e sicuramente poco modesto. Questa era la descrizione di me stesso che avevo sentito fin troppe volte, origliando alcune conversazioni o riferita da terzi.

Lei … Beh, lei per me era ed è tutto: la amo, è bellissima, ha carattere, è forte. Ma per il resto della scuola, lei non è nessuno. Non è popolare, non è tra le reginette di bellezza usuali, non è ricercata.

Felicity ha una bellezza insolita, e discreta, forse troppo. Per questo nessuno la nota, per questo nessuno direbbe che io sto con lei.

La campanella suona, facendoci capire che è ora di entrare in classe. Do un ultimo bacio alla mia ragazza, che sbuffa piano, forse scocciata quanto me che quel nostro momento sia già finito. Entriamo a scuola, fianco a fianco, ma senza toccarci, come il nostro solito. La voglia di tenerla per mano fino alla porta della classe è tanta, ma sono bloccato, non riesco a stringerla a me. Entriamo in classe, e prendiamo posto, io nel banco dietro a lei, e aspettiamo che il professore consegni il compito.



Curly space:
E rieccomi qui con una nuova storia a capitoli! :) Su Harry. Ma no, davvero?! =P
Beh, questa fanfiction è stata scritta alcuni mesi fa per partecipare al contest Winter is coming indetto dalla pagina Facebook Una Direzione: Fanfiction. E quindi, eccoci qui. ;) 
Non sarà una storia lunga, ci sono soltanto quattro capitoli ed è già completa, perciò non ci saranno ritardi nella pubblicazione (spero).

Detto questo, vi lascio alla lettura, spero vi piacerà e spero vi affezionerete anche a questa coppia... :3 Ovviamente, sapete che ogni commento è ben accetto ;) Grazie fin d'ora  achi deciderà di darmi fiducia e leggerla! :D

A presto, 
Curly crush x  
  

P.S: il primo capitolo di You light up my world è arrivato alle 2500 visite. GRAZIE DI CUORE A CHI CONTINUA A LEGGERLA <3    
P.P.S: grazie a Tommos_girl93 per il banner! ;)

 
  
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