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Autore: Lady Guineviere di Camelot    23/06/2008    0 recensioni
Inghilterra, 1804. La guerra tra la flotta napoleonica e quella inglese, farà da sfondo ad una storia d'amore che riuscirà ad arrivare in pieno oceano atlantico.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: L'Ottocento
Capitoli:
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Nel mese seguente, Jacklynn era entrata in contatto con molti marinai, che sembravano apprezzare la sua presenza sul ponte, per il suo spirito vivace e amichevole. Con sollievo scoprirono che non era una sdegnosa aristocratica, incline a guardarli dall’alto in basso, anzi, era sempre pronta a scambiare due parole. E loro ricambiavano, attenti a mostrare il rispetto dovuto ad una signorina, chiamandola Miss Bradford, timorosi di prendersi troppa confidenza. Ma Jacklynn li faceva sempre sentire a proprio agio, anche quando usavano le maniere rozze.

Aveva imparato presto il loro gergo, e lo usava per imitarne le espressioni o il modo di parlare, suscitando risate fragorose quando faceva la voce cavernosa, infilava il pollice nella cintura, e avanzava con andatura a ciondoloni o con un’aria furbesca.

Iniziò a conoscere molti marinai per nome, e li assediava con mille domande. Scoprì che molti di loro, non avevano ne parenti, ne amici, ma solo il mare. Tutti si erano imbarcati molto giovani, e pochi erano cresciuti in fattorie, e appena giunta l’età, erano stati obbligati per servire nella marina inglese.

Nel frattempo, Matthew rimase a debita distanza, concedendo agli uomini il beneficio della compagnia della sua ospite;

Da quando si era imbracata, il suo umore era migliorato, rendendo anche i membri dell’equipaggio più attivi e svegli.

Dovette ammettere che sentiva la mancanza di Jacklynn. L’aveva pensata giorno e notte, finché si era bruscamente reso conto, di desiderare la sua compagnia molto più di quella delle donne con cui era entrato in intimità.

Appena iniziata la carriera da marinaio, Matthew aveva imparato che la navigazione verso Ovest era nota come la salita dell’Atlantico. Il viaggio in direzione contraria si poteva fare in un mese, ma al ritorno, potevano volerci anche tre mesi. Un periodo poco adeguato per un normale corteggiamento, ma forse sarebbe stato sufficiente per decidere quale tipo di impegno prendere con la giovane che aveva abbracciato.

 

Tre settimane dopo, Jacklynn si svegliò molto presto, al chiarore d’un’insolita alba rossa. I colori erano così accesi, che pregò Matthew di lasciarla salire sul ponte.

Quando Burton Howe le si fermò accanto, per ammirare anch’esso il bellissimo spettacolo che offriva la natura, Jacklynn non riuscì a frenare il suo entusiasmo.

<< Non è un cielo straordinariamente bello? >>.

<< Oh, si… bello, ma è il genere d’alba che un marinaio preferirebbe non incontrare >>.

<< Che cosa intendete? >>, trillò incuriosita.

<< C’è un vecchio proverbio che i marinai si tramandano. –Rosso di sera, bel tempo si spera. Rosso di mattina, la tempesta si avvicina- >>.

Jacklynn sbiancò a quelle parole. Il ricordo della tempesta, e del suo stomaco in subbuglio le riaffiorò prepotente nella testa.

<< Oh, no… non un’altra tempesta! >>, esclamò disperata, suscitando alcune risate nel comandate. << Perché ridete? >>.

<< E’ solo un proverbio Miss Bradford, non temete >>.

Risollevata dalla notizia, sorrise a Howe. Ma in ogni modo, sebbene il cielo fosse sgombro di nuvole, quell’uomo aveva molto più esperienza di lei in queste cose. Ma fortunatamente nessuno sembrava preoccupato dal presagio che portava con se l’aurora.

Con lo sguardo, cercò Matthew, che dopo poco le concesse una vista di cui avrebbe fatto volentieri a meno;

Sembrava molto pratico nel muoversi fra le corde sotto il pennone. Si issò in cima all’albero maestro e sembrò passeggiare piacevolmente, mentre ispezionava le vele che fluttuavano sotto di lui.

Jacklynn sentì un’ansia fremente travolgerla, e il cuore batterle furiosamente in petto. Per la paura, si portò una mano alla fronte, riuscendo così a restringere la visuale, poi corse lungo il ponte raggiungendo Howe.

Dopo poco, si rigirò cercando con gli occhi Matthew, finché, con suo immenso sollievo, lo videro parlare con il quartiermastro;

Un uomo brizzolato dai muscoli poderosi ed esagerati, con lo sguardo d’acciaio.

Sollevata, si volse verso Howe, che era alle prese con uno strumento che l’aveva incuriosita fin da quando l’aveva notato. Desiderando saperne di più, gli si avvicinò maggiormente e spetto pazientemente che interrompesse il suo lavoro.

<< E’ un sestante? >>, gli chiese con un sorriso, indicando il congegno metallico, un triangolo con una base curva e parecchi accessori interessanti.

<< Bè sì, è un sestante >>, rispose lui, sorpreso dalla sua competenza. << Con questo e un cronometro, un marinaio potrebbe anche trovare la strada per il paradiso >>.

<< Come si usa, se posso chiedere? >>.

Sorridendo per tanto interesse, il secondo cominciò a spiegare. << Permettetemi di mostrarvelo, signorina. Vedete, si guarda semplicemente qui attraverso il telescopio… e lo si punta su un oggetto nel cielo, come la luna>>. Indietreggiò alle sue spalle, stendendo le braccia per fare i vari aggiustamenti. <>.

Jacklynn ascoltò estasiata l’ottima spiegazione. Poi, non avendo ancora saziato del tutto la sua curiosità, domandò: << Potreste mostrarmi come si calcola un angolo? >>.

<< Certamente Miss Bradford >>.

Era in procinto di farlo, quando un’improvvisa consapevolezza colse Jacklynn;

Un attimo prima era intenta a conoscere il funzionamento del sestante, un attimo dopo aveva dimenticato tutto, tranne l’inspiegabile sensazione che Matthew fosse a portata di mano.

Un’aspra domanda, confermò la sua impressione.

<< Che state facendo Howe? >>.

Il secondo s’irrigidì preoccupato, allontanandosi immediatamente da Jacklynn. Benché senza colpa, cominciò a balbettare. << C-chiedo perdono Capitano, ma Miss Bradford, ha espresso interesse sul funzionamento del sestante >>.

<< Capisco >>, rispose Matthew, i cui occhi scandagliavano entrambi. Il vento gli arruffava i capelli color sabbia, mentre analizzava ciascuno di loro, mettendoli sempre più in imbarazzo.

Jacklynn si sentì dispiaciuta per aver coinvolto in quella situazione il secondo, seppur innocente, ma che aveva risvegliato l’ira di Matthew.

<< Forse non avrei dovuto interrompere il signor Howe, mentre era indaffarato. Non succederà più >>.

<< E siete riuscito a finire la vostra lezione? >>, disse rivolgendosi al primo ufficiale.

<< Stavo giusto mostrando a Miss Bradford come calcolare un angolo, ma non ho avuto modo di finire >>.

<< Allora continuate >>, lo incitò il Capitano.

<< G-grazie Capitano >>, bisbigliò sollevato il secondo.

Jacklynn osservò Matthew allontanarsi, avendo il sospetto che avesse deliberatamente deciso di spaventarli a morte solo per puro divertimento.

Si affrettò a chiedere congedo al secondo. << Scusate signor Howe, ma vorrei scambiare una parola col Capitano >>.

Allontanandosi, accelerò il passo per raggiungere Matthew, poi fronteggiandolo, lo affrontò con un sorriso timido ma seducente.

<< Presumo che tu ti senta piuttosto compiaciuto al momento, Capitano >>.

<< Scusa? Che stai dicendo? >>.

<< Sai benissimo cosa sto dicendo >>, lo sfidò, << Ti conosco da abbastanza tempo per riconoscere il tuo spirito da diavoletto. Hai molestato di proposito quel pover’uomo, facendogli pensare che eri geloso… >>.

Matthew la guardò in tralice, poi sollevò lo sguardo alle sartie sopra le loro teste. <>.

L’affermazione la sconcertò tanto che non riuscì a trovare le parole adatte per ribattere.

<>.

Jacklynn gli rivolse un sorriso dolce, sollevando lo sguardo verso quello di Matthew che la fissava a sua volta. Quando le fissò le labbra, Jacklynn ebbe la strana sensazione che stesse per baciarla, ma subito allontanò l’idea come una fantasia e si rimproverò perché nutriva simili, sconvenienti illusioni. Quando le pupille blu di lui catturarono le sue,  le divenne impossibile respirare.

<< Sarei onorato se vorrai cenare con me questa sera >>, mormorò Matthew, poi aggiunse << Anche il signor Howe cenerà con noi >>.

<< Naturalmente. D’altronde devo pur farmi perdonare in qualche modo >>, rispose facendo scoppiare entrambi a ridere.

Matthew la fissò nuovamente, scrutando il suo stupendo viso, poi sorridendole si congedò tornando accanto dal timoniere. << Ti aspetto allora >>.

 

Prima della cena, Jacklynn si raccolse i capelli in un elaborato chignon, sopra la nuca. Per l’abbigliamento, poteva fare ben poco, oltre che cercare di sistemare la camicetta, per lei indecente.

D’un tratto, qualcuno bussò alla porta. Incuriosita, andò ad aprire, rivelando un Jed Rice più contento che mai, mentre con un mano reggeva un sacco di tela. Sorridente, il ragazzo avanzò e disse: << So che questa sera siete invitata a cena dal Capitano, quindi ho pensato di cucire qualcosa di speciale per voi. Non potete andare sempre in giro vestita da uomo… >>, concluse infine. Poi prese il sacco di tela e lo aprì, tirando fuori un magnifico abito in broccato e raso bordeaux, rifinito con passamanerie dorate. Il taglio era alla moda, grazie alla maniche a palloncino e lo scollo che lasciava scoperte le spalle. Una fascia drappeggiata di un rosso più brillante saliva dalla parte destra della vita fino alla manica sinistra, dove si annodava elegantemente.

<< Oh, è bellissimo! >>, esclamò stupefatta Jacklynn.

<< Ho fatto quello che ho potuto. Non c’è molto su questa nave, per confezionare un abito da signora…>>, ripose tentando di non arrossire.

<< Siete un sarto eccezionale >>, disse lei.

Jed arrossì. << Potete indossarlo questa sera, se volete… >>.

<< Lo farò senz’altro, in modo che tutti possano ammirare il vostro lavoro >> rispose Jacklynn. Quando Jed Rice fu congedato, lei indossò il vestito, e rimase a lungo a rimirarsi nello specchio. Le mancavano così tanto quelle serate, in cui le gonne ti taffettà frusciavano su lucidi pavimenti in marmo, e odore di naftalina si mescolava assieme alle colonie di gelsomino, violetta e mughetto.

 

Matthew spalancò la porta al primo colpetto di nocche, e per un attimo si fermò davanti all’apparizione, inebriato da tanta bellezza. Jacklynn colse quel lento e scrupoloso esame, come un tacito complimento, poiché il calore di quegli occhi color zaffiro si intensificò quando giunsero alla morbida crocchia sulla testa.

Matthew sembrava divertirsi a indugiare a lungo su di lei, a giudicare dal sorrisetto ipnotico che le rivolgeva. L’espressione di Jacklynn rivelava ammirazione per l’abbigliamento del Capitano, come sempre nella sua pulita uniforme, solo che questa volta, indossata più formalmente.

<< Peccato che venga il signor Howe >>, sottolineò Matthew con un sorriso ostinato e furbo. Prendendole la mano, la condusse nella sala ufficiali, dove tutto era già pronto. Chiuse la porta dietro di lei, e le si avvicinò per sussurrarle: << Sei dolce abbastanza per essere assaggiata a cena? >>.

Jacklynn rimase stordita per un attimo, poi adagio Matthew l’attirò a se, finendo tra le sue braccia. Col fiato sospeso per la vicinanza di lui, rimase immobile, mentre Matthew chinò la testa e con dolcezza infinita le prese le labbra.

L’intensità del bacio lasciò Jacklynn sbigottita, ma non indignata. La voglia di lasciarsi sconvolgere era tale che non oppose la benché minima resistenza.

Matthew l’attirò ancor di più a se afferrandola per i fianchi, colto da una spirale di intense emozioni. Jacklynn invece, era in punta di piedi e si aggrappava con forza alla spalle di Matthew, mentre lui le massaggiava delicatamente la schiena con la mancina, e l’altra era stata portata dietro la nuca.

Quel bacio, così intenso, dolce, ma anche pieno di ardore, lasciò spiazzati entrambi. Quando terminarono, da come Jacklynn gli si appoggiò sopra sembrava che lei non avesse più forze.

<< Ancora >>, lo supplicò lei con voce da bambina. Matthew fece una piccola risata che fu seguita da un forte bussare alla porta, interrompendoli.

Matthew le scoccò un ultimo bacio sulla guancia, prima di allontanarsi per andare ad aprire alla porta.

Anche Howe si era dato da fare nel vestirsi. Si era sistemato la divisa appena lavata e stirata.

Con il suo arrivo si poté finalmente dare inizio alla cena, durante la quale il signor Howe deliziò Jacklynn con i racconti delle sue avventure in mare con il Capitano, e spesso la teneva col fiato sospeso per la conclusione della storia. Spessissimo la fece ridere con il suo umorismo.

Apprezzarono un'altra deliziosa cena del bravo Monsieur Leroy, e quando giunse il momento del porto, Jacklynn ebbe motivo di chiedersi quando era stata l’ultima volta che aveva riso così tanto. Matthew sembrava contento di lasciare al suo secondo il compito di intrattenerla, mentre lui per la maggior parte del tempo, sedette in disparte a guardarla.

<< Il che dimostra >>, disse il signor Howe, a conclusione di un altro racconto, << che puoi spaventare anche un moro un equipaggio come il nostro >>.

<>, osservò lei con una risata, poi aggiunse: << Ma sono contenta che non l’abbia fatto >>. Guardò Matthew, le cui audaci imprese l’avevano riempita di timore e di paura per i rischi che era portato ad affrontare. Voleva rimproverarlo per non essere più cauto nel salvaguardarsi la vita.

Al momento, il Capitano si era messo comodo sulla sedia, del tutto a proprio agio. Guardandolo furtivamente, si accorse che era molto giovane per essere gia un Capitano, ma comunque più maturo di ogni altro uomo della sua età. Portava il peso dell’autorità e dell’esperienza decisamente bene, ed accettava la responsabilità del comando, come se ci fosse nato. E la manteneva abilmente senza mostrarsi tirannico.

La luce della lampada gli illuminava i lineamenti, evidenziandone la linea decisa della mandibola e la nobile eleganza del viso. Gli occhi erano oscurati dall’ombra che gettava la lanterna, ma comunque poteva sentire su di sé il suo dolce sguardo.

<< Quando hai lasciato Bristol, Capitano, hai cercato di proposito una vita così avventurosa? >>, indagò lei pacata.

Matthew giocherellò con il bicchiere prima di rispondere. << Le nostre esperienze sembrano temerarie solo nei racconti >>.

<< Non è vero! >>, obbiettò con una risata Howe. << Ogni parola è vera, ed il Capitano lo sa >>.

<< Avete camminato sul filo del rasoio più volte >>, insistette Jacklynn.

<< Almeno un centinaio >>, si vantò il secondo. << In un’occasione abbiamo passato un mese a nasconderci a Majorca quando… >>.

<< Penso che questo basti, signor Howe >>, mormorò Matthew con un sorrisetto tollerante, ma anche un rimprovero così velato fu capace di zittire il compagno.

Matthew aveva appena sollevato la caraffa per riempire il bicchiere dell’altro, quando fu interrotto da un brusio proveniente dal corridoio. Si alzò molto tranquillamente, e spalancò la porta, scoprendo parecchi uomini guardarsi l’un l’altro piuttosto dubbioso. Uno di questi, venne spinto avanti per fare da portavoce.

<< Perdonate Capitano, ma c’è un piccolo problema di sotto >>.

<< Che tipo di problema? >>, chiese calmo Matthew. Burton Howe, si era già alzato, e si portò a fianco del Capitano.

<< Wilson è ubriaco, signore. Ha già ferito Grover con un coltello e adesso ha preso un’ascia. Sta spaccando le paratie sottocoperta, davvero, signore… lo trova divertente >>.

Fare buchi nelle paratie di una nave mentre è in mare aperto non sembrava divertente a Jacklynn, e neppure maneggiare un’ascia mentre si è ubriachi, o accoltellare un uomo. Eppure Matthew non mostrava segni visibili di allarme quando tornò verso di lei.

<< Ti prego di scusarci >>.

<< Certamente >>.

<< Torna in cabina, chiudi la porta dall’interno e non fare entrare nessuno finché non torno. Hai capito? >>.

<< Si >>, rispose lei incerta.                      

Si sentiva sollevata che lui fosse così ben preparato ad affrontare situazioni avverse, come avevano confermato i discorsi di Howe a cena.

Tenendo questo in mente,lo pregò dolcemente: << Per favore, stà attento >>.

Matthew era sul punto di uscire, ma si fermò per lanciarle uno sguardo da sopra le spalle. sorrise e lasciò la sala ufficiali con il signor Howe che faticava a stargli dietro.

 

Jacklynn ubbidì a Matthew tornando in cabina, e chiudendosi a chiave. Sospirò, consapevole di quanto fosse diventata ansiosa, non per se, ma per Matthew.

Howe non le aveva di certo fatto un piacere, raccontarle delle audaci imprese del suo Capitano. Da quello che aveva potuto capire da quei racconti, è che quando c’era un problema da risolvere, Matthew se ne faceva a carico.

Si premette una mano alla fronte e guardò le finestre della galleria. L’oscurità scendeva, ma al di là dei vetri persisteva un bagliore di tramonto.

La consapevolezza che Matthew era in pericolo la ridusse a un cumulo tremante di preoccupazione per l’uomo a cui teneva tanto. Rendendosene conto, si sedette sui cuscini, appena un attimo prima che le gambe le cedessero.

Era ancora attanagliata dall’angoscia quando sentì dei passi sulla scaletta. Senza pensare minimamente all’ordine di Matthew, si lanciò verso la porta, girò la chiave annaspando con le dita e la spalancò con uno strattone. Matthew aveva la mano alzata pronta a bussare, ma quando lei apparve, senza fiato e piena di paura, uno sguardo torvo oscurò la sua espressione.

<< Non ti avevo detto di non aprire la porta? >>.

Aveva ragione. Il suo comportamento era stato proprio stupido, avrebbe potuto esserci chiunque nel corridoio, ma non le importava in quel momento. Con il cuore in gola, si gettò su di lui e gli strinse le braccia al collo. << Oh, grazie al cielo stai bene! Ero così preoccupata… >>.

Le braccia di Matthew la circondarono e la strinsero forte, finché lei non gli si accoccolò addosso. Premette una guancia sui suoi capelli, spaventato dalla paura.

<>, le sussurrò all’orecchio.

Sollevata dagli abissi della sua preoccupazione, Jacklynn si sentì leggera come una piuma. Infatti quasi frastornata dal sollievo, in un istante gli prese il viso e ridendo di una gioia quasi infantile lo coprì di piccoli baci. Poco dopo si accorse di ciò che aveva appena fatto, così come scottata, si allontanò bruscamente da Matthew, che la guardava confuso. Perché si era fermata?

<< Scusami non avrei dovuto. E’ che ero così in pensiero, e… si, insomma… >>, disse provando a scusarsi.

<< Non è successo niente >>.

<< No, scusami >>, lo interrupe lei. Subito dopo comparve sulla soglia Howe, che rispettosamente interruppe i due.

<< Perdonate, Capitano, ma il quartiermastro vorrebbe definire alcune cose con voi, dato che il vento sembra aver cambiato bruscamente direzione >>.

<< Certo, vengo subito >>, rispose rivolto a Howe, per poi incamminarsi con lui verso la porta. Prima di uscire, Matthew si volse verso Jacklynn, sorridendogli dolcemente. << Buona notte >>.

 

Jacklynn fu sopraffatta dal sonno, non appena posò la testa sul cuscino. Ma un incubo, tormentò la sua notte, un’orribile illusione nella quale temeva disperatamente per la propria vita;

Correva in una casa buia, e stava fuggendo da qualcosa che le era sempre più vicina. Tentava di scappare e nascondersi, ma alla fine trovava sempre il suo nascondiglio, facendola sobbalzare e barcollare per la paura. Sembrava piombarle addosso come fiamme dell’inferno.

Con un grido strozzato si sollevò sul letto, agitando la mano. In preda al panico prese a lottare con un uomo che voleva immobilizzarla e seppellirla viva. << No, non puoi! >>, singhiozzò. << Non sono ancora morta! Non puoi seppellirmi… >>.

<< Jacklynn, svegliati >>, sussurrò una voce familiare. << Stai sognando >>.

Si guardò intorno con un’espressione selvaggia, ancora piena di terrore. Lo sguardo cadde su Matthew che sedeva a lato della cuccetta. Il desiderio di buttarsi nelle sue braccia e farsi coccolare, era talmente forte che non esitò. Avvinghiata a lui, si sfogò in un pianto liberatorio, cominciando a singhiozzare. Matthew, provò a calmarla, ma con molte difficoltà. Di certo non gli era mai successo che dovesse consolare un membro del suo equipaggio in lacrime.

<< Shh, era solo un sogno Jacklynn. Stai tranquilla… >>.

<< Oh, Matthew… è stato orrendo. Mi volevano seppellire viva, e io tentavo di dirgli che ero viva, ma loro non mi ascoltavano >>, disse disperata, mentre stringeva con forza la camicia di Matthew.

<< Ma ora è tutto finito, ok. Sdraiati sul letto, e riposa ancora un po’ finché non ti sei schiarita le idee. Mi sono spaventato a sentire le tue grida dal ponte >>.

<< Noooo >>, si lamentò lei. << Non ci riesco, ho paura >>.

Senza ascoltare le sue proteste, scese dalla cuccetta, afferrò una coperta da uno degli armadietti e tornò a sedere sul letto. Con calma si sdraiò accanto a lei, invitandola a rannicchiarsi nel caldo, piccolo spazio far lui e la parete. Stando attenta a non urtarlo, piegò le ginocchia sotto le sue e lo circondò con un braccio. Matthew le fece passare un braccio dietro la testa e le spalle, cossichè lei potesse accoccolarsi più vicino.

Prima che Morfeo gli investisse con la sua polvere magica, Jacklynn era ormai calma e tranquilla.

<< Come ti senti? >>, gli chiese premuroso Matthew.

<< Meglio >>, mugugnò assonnata. Poi, cercando una posizione più comoda, lo circondò con un braccio. La mano trovò un passaggio sino al suo torace, e in breve la mano di lui giunse a racchiuderla nella sua prese. Soddisfatta, si strofinò il naso sul suo torace, lasciandosi andare completamente.

Subito dopo il suo lento e leggero respiro fece capire a Matthew che si era addormentata, così molto più tranquillo, si assopì anche lui.

 

C’era qualcosa di molto intrigante nello svegliarsi con un morbido corpo femminile rannicchiato accanto, rifletté Matthew assonnato, mentre la prima luce del mattino filtrava dalle finestre di poppa. La cuccetta era illuminata da un’aura rossastra stranamente brillante che intingeva d’oro tutto ciò che colpiva, facendo scintillare di luce propria le brune ciocche accanto a lui. I lunghi capelli di Jacklynn erano scompigliati sul cuscino, e il loro delicato profumo lo invitava a strofinarsi le guance, e di svegliarla con dolci carezze, ma sapeva che se non si fosse allontanato subito, non avrebbe mai raggiunto il ponte di comando.

Di poca voglia si alzò dal letto, e si avviò verso il lavabo, dove si rinfrescò il viso con dell’acqua fresca. Si cambiò la camicia, e infilò gli stivali lucidi, ed in silenzio si diresse verso il fondo della cuccetta, dove rimase a guardare Jacklynn per un lungo momento. Sentì un nodo allo stomaco mentre gli occhi accarezzavano il delicato profilo sul cuscino. Nonostante gli sforzi, non poté resistere e sfiorò con il dorso delle dita, la gota delicata, baciata da alcune ciocche.

Sorrise, poi uscì per dirigersi sul ponte di comando.

Felice e rilassata, Jacklynn si alzò, per niente sorpresa di non trovare ancora nel letto Matthew. Di sicuro era gia salito sul ponte. Si lavò, e indosso i soliti abiti. Raccolse i capelli in un nodo alla nuca, e cercò di far nascere un po’ di colore alle guance.

Jed Rice arrivò con il vassoio della colazione, ma questa volta non era il sorridente ragazzo che lei conosceva. Era pallido e silenzioso, apparentemente in lotta con qualcosa.

<< C’è qualcosa che non va, Jed? >>, gli chiese Jacklynn preoccupata, mentre lui appoggiava il vassoio. Evitando il suo sguardo scosse la testa. << No signora, è tutto a posto >>.

Lei non era affatto convinta. << Stai forse male? >>.

<< Oh, no signor >>.

<< Jed, sei sicuro… >>.

Il ragazzo aveva fretta di andarsene ed era riluttante a rispondere a qualsiasi domanda. << Tornerò più tardi a prendere il vassoio, signorina >>. Esitò un attimo prima di aggiungere: << Farete bene a non muovervi, stamattina >>, e uscì.

Jacklynn fissò pensierosa il vassoio della colazione, mentre si sforzava di ascoltare, ma riusciva solo a sentire un silenzio più assordante di un rullo di tamburi. La curiosità ebbe la meglio su di lei: si avviò alla porta, l’aprì e rimase in silenziosa attesa. Quella quiete sinistra sembrava senza fine.

C’erano quasi 850 uomini a bordo dell’Ember Rose. Avendo poca esperienza della vita di bordo, se non quella raccontatagli da suo padre, Jacklynn non riusciva a spiegarsi tutto quel silenzio. Avevano una buona tabella di marcia, ma la momento non c’erano colpi né il fracasso dei lavori quotidiani, le urla della sentinella mattutina, i ritornelli di canzoni o il sommesso vocio. C’era solo silenzio.

Scivolò cauta nel corridoio finché riuscì a scorgere il ponte principale. Con grande sorpresa, vi trovò l’intero equipaggio  riunito in silenzio, schierato in riga davanti a lei. Stavano con le gambe divaricate, le mani serrate dietro la schiena, e guardavano oltre al castelletto di prua. Jacklynn non riusciva a vedere oltre loro e dovette salire alcuni scalini. Si pentì subito. Un uomo, nudo dalla vita in su, era legato al paterazzo dell’albero di trinchetto, contro la ringhiera di tribordo. I polsi erano stesi sopra la testa e stretti in corde. In piedi di fianco a lui, c’era un corpulento marinaio con le braccia grosse come un maglio. Da una dell’enormi mani, penzola un gatto a nove code.

Quella frusta era la cosa più perversa che Jacklynn avesse mai visto, e con sforzo distolse lo sguardo in cerca di Matthew. Anche lui era lì, nel castelletto di prua, alto, stoico, il suo corpo possente rigidamente eretto, una figura potente e autoritaria, eppure fredda e distante, priva di umanità. Mentre lo osservava, il cuore le balzò in gola.

Howe avanzò e con voce chiara, annunciò: << Il marinaio Redmond Wilson, essendosi reso colpevole di negligenza sul lavoro, di possesso e abuso di alcolici a bordo, e avendo compromesso la vita del signor Thomas Grover, e anche il benessere di tutto l’equipaggio e la condizione della nave, viene in questa sede condannato a ricevere dieci frustate, punizione che verrà eseguita all’istante >>.

Nessuno si mosse eccetto il marinaio con la frusta, che girò la testa in direzione di Matthew. Con un solo cenno del capo, il Capitano dell’Ember Rose diede inizio alla punizione. Il gatto sibilò nell’aria come un serpente, venendo a contatto con la carne e facendo emettere un ruggito di dolore al malcapitato. Jacklynn si rannicchiò, inconsapevole dell’urlo che le era sfuggito dalle labbra. Nel fosco silenzio che seguì, tutte le teste si voltarono verso di lei.

Il primo istinto fu quello di scappare, ma era troppo evidente quello che aveva fatto. L’orgoglio gli impedì di fuggire davanti alle conseguenze delle sue azioni. Respirando appena, salì sul ponte e spettò muta il rimprovero. Jed Rice le era vicino e la guardava con terrore, il resto dell’equipaggio con espressioni che andavano dall’incredulità alla simpatia.

Un varco, si aprì quando Matthew attraversò il ponte e si diresse verso di lei. Nemmeno per un momento Jacklynn, dubitò della sua rabbia. Le afferrò il gomito e, senza dire una parola, la condusse sino alla sua cabina.

<< Non dovevi salire sul ponte >>, brontolò aprendo la porta. << Jed non ti aveva avvertita? >>

<< Mi ha detto di rimanere dov’ero >>, ammise lei con un filo di voce.

<< Di solito c’è una ragione, per un ordine del genere >>, affermò pungente. << In futuro farai meglio a seguirlo >>.

<< Lo farò >>, sussurrò Jacklynn quasi scoppiando a piangere.

Voltandole le spalle, uscì dalla cabina e lasciò che fosse lei a richiuderla.

L’eco delle grida di Redmond Wilson la tormentava, e per quanto cercasse Jacklynn, non poteva escluderla. Sapeva che l’uomo aveva meritato la punizione, e poiché lei era un passeggero su una nave che non ne portava affatto, era un’intrusa. Si era intromessa negli affari di Matthew causandogli un forte imbarazzo davanti ai suoi uomini.

Alla fine le grida si zittirono, e in un tempo sorprendentemente breve gli usuali rumori della vita di bordo cominciarono di nuovo, ma nessuno venne alla sua porta. Jacklynn rimase reclusa nella sua cabina, e questa volta giurò di rimanerci finché non le avrebbero dato il permesso di lasciarla, o l’avrebbero trasportata via in cenere.

Al calare della sera, aveva i nervi tesi. Jed Rice non era neppure apparso con il pranzo. Non che ciò la turbasse troppo poiché dubitava di riuscire a mangiare. Con il passare del tempo, diventata sempre più agitata. Era ovvio che Matthew la stesse lasciando sola di proposito, a considerare la sua colpa per aver disobbedito a un ordine, sebbene ricevuto in modo informale.

Dei passi si avvicinarono alla porta, e lei si sforzò di alzarsi in piedi. Un’espressione cupa oscurava ancora il viso di Matthew quando entrò. Si fermò e si guardò intorno sospettoso.

<< Perché non hai acceso le lampade? >>.

<< Non ci ho nemmeno pensato >>, ammise lei esitante.

Rapidamente se ne prese cura lui, e presto la luce inondò la stanza. Quando finalmente si decise a incrociare il suo sguardo, Jacklynn capì che non era più arrabbiato.

<< Ti mando Jed con un vassoio di vivande >>, disse infine.

<< Non c’è bisogno di disturbare il ragazzo >>.

Matthew si guardò intorno sorpreso. << Ma non mangi da stamattina a colazione >>.

<< Ho mangiato molto a cena ieri sera >>.

<< Ti mangio giù un vassoio comunque >>.

<< Ho detto di non disturbarti >>, insistette lei, << Non ho fame >>.

<< Va bene allora! Lasciamo perdere! >>.

<< Perché ti sei arrabbiato con me per essere salita sul ponte? >>, sbottò lei, incapace di trattenersi. Lo fissò attraverso le lacrime. << Che male ho fatto? >>.

<< Hai idea di come sia la schiena di un uomo dopo una fustigazione? >>, le chiese. La mandibola serrata, i muscoli delle guance contratti. << La pelle è come scuoiata in brandelli sanguinolenti. Pensi che una donna debba assistere a questo spettacolo? >>.

Lei sbiancò e rabbrividì. << No, Matthew, certamente no. Avevi ragione a farmi restare in cabina, e io ho sbagliato a ignorare Jed. Ma che male ho fatto veramente? >>.

Matthew alzò la testa per guardare il soffitto un attimo prima di risponderle. << Hai interferito con qualcosa che non è affar tuo Jacklynn. A volte è necessario per il capitano di una nave comminare punizioni e fare cose che una donna potrebbe non capire. Senza la disciplina, i marinai non si sentirebbero obbligati a portare rispetto agli ufficiali di alcun grado e l’ordine sarebbe impossibile >>.

<< Non devi spiegarmi tutto questo. Non volevi che vedessi ciò che avevi ordinato >>.

<< Non c’entra niente >>, protestò Matthew.

<< Chi ha disarmato Wilson? >>, chiese insistente.

<< Io naturalmente. E’ la mia nave, ed io ne sono pienamente responsabile >>.

Esattamente quello che aveva pensato la sera precedente tremando dalla paura che si ferisse. << E allo stesso modo eri responsabile della sua punizione. Entrambe le azioni dovevano essere prese per proteggere gli altri >>.

Matthew sembrò a disagio.

<< Ti aspetti che ti ritenga un mostro perché hai la forza di perseguire la giustizia quando è necessario? Oh no, io no! Ho piena fiducia nelle tua capacità di essere giusto e allo stesso tempo duro quando le circostanze lo richiedono. Sei il Capitano di questa nave, e la tua responsabilità include tutti quelli che vi sono a bordo >>.

Lui le si avvicinò e le sollevò il mento per guardarla in faccia: i suoi occhi color zaffiro erano più gentili che mai. <>.

Improvvisamente, si sentì l’eco delle urla della sentinella. Matthew allarmato, scattò fuori dalla stanza, ma non prima di aver avvertito Jacklynn di non uscire finché non glielo avrebbe detto lui. E questa volta, Jacklynn, ci sarebbe rimasta

   
 
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