La
nostra meta non è di trasformarci l’un l’altro,
ma di
conoscerci l’un l’altro e d’imparare a vedere e rispettare
nell’altro
ciò che
egli è: il nostro opposto, il nostro completamento.
§ Hermann Hesse §
Quella
mattina, un sole molto timido faceva capolino dietro gli alti monti della Cina.
Sorgeva lentamente, bagnando tutto quanto dei suoi caldi raggi
dorati.
I boccioli dei fiori si schiusero e gli uccellini cinguettarono allegri
in mezzo alle fronde degli alberi, pronti per l’inizio di una nuova
giornata.
Sveglia da molte ore, avevo potuto gustare appieno il risveglio del
mondo, cogliendo tutte le sfumature che possono esserci in una mattina di
primavera;
Una
luce soffusa e tenue, sgorgava da est, rendendo tutte le ombre
allungate.
L’acqua
calma dello stagno, luccicava come se la superficie fosse ricoperta da tante
pietruzze, mentre le statue dorate nel giardino splendevano di luce, che parvero
quasi animate.
Di sorpresa, un venticello leggero che trasportava con se l’aroma dolce
dei gelsomini, investì gli alberi di ciliegio.
Si
mossero lentamente, come cullati da una zuccherina melodia ed i fiori, cosparsi
nell’erba danzavano con loro, permeando l’aura di una fresca mescolanza di
profumi.
La fragranza mi arrivò alle narici, colmandomi nel più profondo
dell’anima.
Chiusi gli occhi alzando il viso al cielo, mentre sentivo la primavera
invadermi. Mossi un passo in avanti, sino a, quando non toccai con i piedi nudi
la superficie dell’erba, bagnata ancora di rugiada della
mattina.
La vestaglia di seta che indossavo, prese a seguire il ritmo della
brezza, frusciando e sollevandosi da terra. I lacci che la tenevano chiusa si
lasciarono andare a quel ballo, come i miei lunghi capelli scuri al vento, che
svolazzavano scomposti sul collo e sulle guance
imporporate.
Ultimi istanti di felice libertà e non m’importava se in quel momento,
fossi in camicia da notte nel mezzo del giardino. Volevo gustare appieno le
sensazioni meravigliose che solo la natura poteva donare.
Allargai le braccia come la più nobile delle fenici, quasi a poter
volare, ed aprii gli occhi.
Un cielo come non lo potevi immaginare era intorno a me. Limpido e
trasparente, ci potevi guardare all’infinito senza mai trovare la
fine.
Una farfalla, dei colori dell’ametista, volava leggiadra fino a posarsi
sulla mia mano. L’osservai notando le sfumature di colore sulle ali a forma di
cuore, e le chiuse;
Anch’io
chiusi le mie ali e la brezza diminuì. Tutto era cessato, come tutto era
iniziato.
Un respiro, un soffio, un battito d’ali di una
farfalla.
Il concerto della natura, con i fiati, il vento, le percussioni, le canne
di bambù e gli strumenti a corda, i rami degli alberi, fu interrotto dalla
campana del palazzo, che suonava il nuovo dì.
Allacciai la cintura della vestaglia, come fossero state catene di una
prigione e a passo di marcia ritornai in casa, con gli orli bagnati di
rugiada.
Ultima azione di trasgressione e per non dimenticare tutto quanto così
facilmente, guardai indietro, verso il giardino del mio
mondo.
Presto sarebbe arrivata la portantina, che mi avrebbe condotto in
un’altra realtà, ed avrei portato per sempre dentro di me quei ricordi, tanto
cari al mio cuore.
Osservando il mio riflesso sullo specchio, potevo vederci l’immagine di
un imperatore potente e superbo.
Lo sguardo fiero, il mento alzato e le mani giunte dietro la schiena.
La
veste dorata che indossavo, mi avvolgeva in un’aurea che mi rendeva simile ad un
Dio sceso in terra, mentre draghi ricoperti d'oro dalle fauci spalancate, mi
avvolgevano interamente dall’orlo sino al collo dell’alta
veste.
Non era quella la sembianza che volevo assumere per il mio
matrimonio;
Desideravo
semplicemente ricordare, un uomo che portava all’altare una donna.
Mi rimirai ancora una volta, in quella superficie traslucida che
rifletteva ciò che realmente siamo. Essa non mente mai, a differenza di noi
mortali, che ci nascondiamo dietro vane apparenze;
Lo
stavo commettendo anch’io quest’errore, travestendomi da Imperatore, con questa
veste sublimata dall’epoca d’oro in cui vivevo, quando, nella realtà ero solo un
uomo.
Vestito del drago era chiamato, potevi esprimere la supremazia più totale
indossando un simile pezzo di seta. L’Imperatrice, avrebbe indossato il suo
compagno: l’abito della fenice;
40
artigiani e 20 esperte sarte, avevano collaborato per confezionare quel
capolavoro, creato in due mesi.
Il Fengguan che avevo ordinato di realizzare, era stato ultimato e
inviato alla casa della famiglia Sui, così come il vestiario necessario alla
celebrazione.
Sentivo dentro di me, che sarebbe stata la più lucente pietra di
giada.
<< Sua eccellenza, la principessa Xiaoling! >>, annunciarono da
dietro la porta, la quale si aprì lasciando entrare la mia seconda moglie
avvolta in un kimono celeste.
<< M’inchino dinnanzi all’Imperatore >>.
<< Alzati. Avvicinati pure… >>.
<< Shang. Ero venuta a controllare che foste pronto
>>.
Mi voltai dalla sua parte, mentre lei mi si avvicinava per aggiustarmi il
colletto del vestito.
L’osservai attentamente, notando i lineamenti cesellati, le labbra
sottili e gli occhi affusolati.
Era
molto giovane e non rappresentava particolarmente il mio ideale di compagna, ma
purtroppo anche quello ero stato un matrimonio di
corrispondenza;
Dovevo
porre pace con il regno del Quigong, nella Mongolia Est. L’unica soluzione era
di sposare una delle principesse, per unire i nostri
regni.
All’epoca non ne fui molto contento, rischiando di scatenare una guerra
che avrebbe segnato per sempre il mio popolo.
Essendo
però, il padre di tutta
Risiedevamo nello stesso palazzo da due anni, e poche erano le volte in
cui c’eravamo fermati ad intrattenere una discussione.
Non
per mancanza di rispetto, ma in quanto i nostri pensieri erano troppo diversi e
opposti, per arrivare ad unirsi come lo Yin e lo Yang.
Nel frattempo però, potevo goderne la compagnia a letto, insieme alle mie
concubine. Nessuna però di loro, aveva mai fatto compagnia al mio
cuore.
<< Siete turbato per il matrimonio? >>.
La sua domanda così improvvisa, mi ricondusse alla realtà dove c’ero io,
che mi sentivo come non mai e davanti a me Xiaoling.
<< No. Pensavo. Tu sei già pronta? >>.
<< Sì. Shang, permettete una domanda? >>.
<< Potrei non rispondere… >>.
<< Certamente. Riguarda la veste nuziale dell’Imperatrice. L’ho veduta,
ed era molto bella >>.
<< Indi? >>, dissi per invitarla a procedere col suo discorso.
L’intuito però, mi suggeriva che nascoste in quelle parole, c’era un che
di macchinoso.
<< Quel che mi turba, è che voi possiate favorire maggiormente lei che
me. Non giudicatemi un’egoista, ma è da molto tempo che la notte non venite più
a trovarmi. Sento la vostra mancanza… >>.
<< Non devo rendere conto a nessuno delle mie scelte notturne Xiaoling.
Inoltre, il discorso che hai esposto, mi suggerisce il perché non ti abbia
nominata capo-moglie. Non si tratta di favoreggiare, ma come ti è ben noto dalla
legge, l’Imperatrice ha più privilegi e un potere illimitato. Mi aspetto da
te e dalle altre un comportamento esemplare >>.
<< Certo, Shang. Perdonate…>>.
<< Sì, certo >>, l’interruppi repentinamente, non essendo
dell’umore adatto per ascoltare i suoi discorsi, sempre architettati per
raggiungere fini.
Con un gesto della mano, le indicai la porta invitandola ad uscire per
essere lasciato solo.
<< Sue eminenza, il Consigliere Guozhi! >>, fu annunciato prima
che Xiaoling avesse lasciato la stanza.
Accedé, col suo passo un po’ sciancato, colpa di una gamba rimasta offesa
durante la rivolta di Huang Chao.
Scorsi interdizione sul suo volto, quando alla vista gli si presentò me e
Xiaoling, insieme nello stesso spazio.
S’inchinò,
ed alzandosi guardò prima me, a cui risposi con un’eloquente sguardo e
successivamente Xiaoling.
<< Vostra eccellenza >>, disse in tono
licenzioso.
<< Guozhi. Anche tu sei molto elegante
>>.
<< Vi ringrazio. Maestà, desideravo sapere se durante il cerimoniale,
gradireste una frase di celebrazione…
>>.
<< Sì, ma desidero pronunciarne una anch’io
>>.
<< Ovviamente >>.
<< Avete realmente intenzione di fare una dichiarazione? >>,
esclamò con un tono quasi scandalizzato.
<< Xiaoling, sai bene che non gradisco ripetermi. Esci
>>.
Il suo sguardo zampillò di rabbia, ma non avrebbe mai osato contraddirmi,
specialmente nella sua posizione.
Con un veloce inchino del capo, girò le spalle e uscì dalla stanza
sbattendo rumorosamente le imposte della porta.
Rimasto solo con Guozhi, ci
scambiammo uno sguardo d’intesa che aveva molti
significati.
Fortunatamente,
avevamo avuto la decenza di rimanere in silenzio e lasciar cadere la questione,
nella quiete che permeava la stanza.
Era mia intenzione iniziare questa relazione nel migliore dei modi, ivi
per cui, avevo deciso di pronunciarmi durante la cerimonia, essenzialmente molto
semplice, in una frase d’augurio per il nostro futuro.
Ovviamente, Xiaoling doveva aver provato qualcosa di molto simile alla
gelosia, per aver reagito a quel modo, ma io non dovevo rendere conto a nessuno
delle mie azioni, se non al mio popolo.
Scaccia quel problema tremendamente ampolloso, ed indossai l’ultima parte
dell’abito che mancava: l’haori.
Un
soprabito dorato con lunghe maniche e strascico.
<< Vedo che i rapporti con Xiaoling non sono migliorati… >>,
sopraggiunse Guozhi, accompagnando le sue parole con un leggero sorriso sulle
labbra.
<< Neanche un po’. E’ gia tutto pronto?
>>.
<< Sì vostra Maestà. Attendiamo solo che arrivi la portantina con la principessa
Liling. Non dovremo attendere ancora molto…
>>.
<< Bene >>.
Dovevamo dirigerci verso il terzo palazzo, dell’asse nord-sud, su cui era
costruita
Quel
luogo era la sede degli archivi di stato e degli altari spirituali, in cui si
compivano le celebrazioni sacre.
Con molta fatica, ammisi a me stesso, che ero un po’ agitato. Il mio
cuore me lo suggeriva ad ogni battito, che accelerava sempre di
più.
La portantina rossa che era
arrivata dinanzi a casa pochi istanti fa, mi stava conducendo verso la mia nuova
vita, contornata d’oro e di giada.
La strada per arrivare alla Città Proibita, mi apparve infinita ed i
momenti passati all’interno della portantina, ore, giorni,
mesi.
Inaspettatamente, tutti i miei ricordi mi parvero distanti,
irraggiungibili e provai un profondo sconforto, realizzando che i tempi felici
passati assieme alla mia famiglia, erano scomparsi per sempre, come cenere al
vento.
Nulla poteva cambiare questo fato, e non c’era cosa peggiore che restare
inermi agli eventi.
Neanche
lottare sarebbe servito a qualcosa, in conseguenza di ciò non mi rimaneva che
soccombere, nella speranza che un raggio di sole mi
salvasse.
Cominciai a chiedermi se avrei ancora sorriso, se qualcuno mi avrebbe
abbracciato quando mi sarei sentita disperata o se, semplicemente, avrei potuto
parlare con qualcuno senza sentirmi legata da quelle catene di seta in cui
volevano imprigionarmi.
Avevano spezzato le ali ad una farfalla che doveva ancora iniziare ad
esistere. Pensare che le farfalle, vivono solo un giorno, ma per loro vale
un’eternità.
Io avrei vissuto quel giorno, in un’eternità da cui non sapevo cosa
attendermi. Felicità o tristezza.
Bei momenti gioiosi, stavo per dirgli addio per sempre, perché mai gli
avrei più vissuti. Avevo però una certezza che poteva rasserenarmi: lì avrei
portati sempre con me, e quando n’avrei avuto bisogno, non dovevo fare altro che
chiudere gli occhi e ricordare;
Parole,
odori, suoni, sensazioni. Ogni cosa che mi aveva reso felice assieme a ciò che
mi era più caro.
I pensieri a cui davo addito, divennero sfuocati quando udii il rumore di
un portone aprirsi. Purtroppo non potevo averne la certezza, perché la
portantina aveva pareti di stoffa che non mi permettevano di vedere il mondo
attorno a me.
Inaspettatamente, tutto si fece più chiaro e capii. Restai immobile,
mentre il respiro moriva nella mia gola;
Stavamo
attraversando la porta d’acceso principale alla città:
Wumen.
Senza avere il tempo di realizzare quello che stava per accadere, la
portantina si arrestò ed un lembo del tessuto venne scostato e fu così permesso
ai miei occhi di vedere cosa mi circondava.
Un corteo di 6 mandarini era inchinato davanti a me con capo un uomo
piuttosto vecchio, dai capelli argentati, la pelle rugosa ed una gamba
sciancata.
Indossava una veste rosso fuoco e sulla cima del cappello a cilindro vi
era incastonato un enorme rubino rosso;
L’abbigliamento
che indossava, mi suggeriva che doveva essere una persona importante e di un
certo rilievo.
<< Principessa siete benvenuta. Il mio nome è Guozhi, e sono il Consigliere
dell’Imperatore Shang. Seguitemi prego >>, disse con tono
carezzevole, mentre mi scrutava con i suoi piccoli occhietti
azzurri.
Stava accadendo tutto troppo in fretta. Il petto minacciava di esplodermi
ad ogni respiro ed io, non riuscivo a fare altro che spostare il mio sguardo
confuso, prima sull’anziano poi all’ambiente attorno;
Uno
scalone maestoso col corrimano dorato e ricoperto da un tappeto a fiori gialli,
pareva arrivare sino al cielo.
Esso si congiungeva ad un palazzo sostenuto da enormi colonne rosse
e
ornato
con stucchi dorati. Gli intarsi nel legno erano fini e creati da mani abili,
rappresentanti draghi in varie pose: con le fauci spalancate, arrotolati su se
stessi o con gli artigli sguainati.
Ma ciò che catturò il mio sguardo, furono due campi sconfinati di
crisantemi gialli, posti hai miei lati;
L’intera
piazza del palazzo, pareva essere stata coperta da una gigantesca coltre d’oro,
donata dagli dei.
Ero senza parole. Tutto quello sfarzo, maestoso ed imponente poteva
essere solo la rappresentazione della figura
dell’Imperatore.
<< Principessa, vi sentite bene? >>.
La voce dell’anziano parve avere l’eco in quello spazio così immenso, ed
io gli riservai uno sguardo tra l’incerto ed il sorpreso.
<< Sì. Credo… >>.
Di chi era quella voce così ansiosa e bassa? Mia. La mia
voce.
Era
dall’alba che non pronunciavo parola e quasi stentavo a
riconoscerla.
Mi fu offerta una mano, invitandomi così a scendere. L’accettai, posando
la mia su quella attempata del Consigliere.
Prestai
molta attenzione e con non poca fatica, riuscii a posare i piedi a terra, senza
aver rovinato la mia toilette.
Che splendida sensazione era, poter stare in posizione eretta e
distendere le gambe, dopo tutto quel tempo all’interno della
portantina.
Troppo presa dal beneficio ai miei arti, non mi accorsi che lo stuolo di
persone attorno a me, si era inchinato profondamente, portando la fronte a
toccare il pavimento in pietra.
Pochi istanti dopo, mi s’avvicinò un servo che reggeva un enorme ombrello
giallo e sempre restando col capo chino, si accostò proteggendomi dai raggi
solari di quel giorno, particolarmente caldi.
<< Se volete seguirmi principessa, dobbiamo raggiungere il terzo palazzo.
Sede in cui si svolgerà la cerimonia. Prego >>, mi accennò il
Consigliere invitandomi ad andare per prima.
Muovendo i primi passi incerti su quel terreno nuovo e sconosciuto,
guardavo tutto ciò su cui occhio umano poteva posarsi con estrema
circospezione.
Ogni
cosa che adocchiavo trasudava autorità e supremazia;
I
tetti, le statue, le lanterne, le guardie avvolte nella loro armatura
argentata.
Arrestai la mia avanzata, quando raggiunsi i piedi della scalinata che
vista da lì, pareva farti sentire piccola ed
insignificante.
Nello stesso tempo, il servo prestava molta attenzione a non farmi
esporre ai raggi del sole, seguendomi con l’ombrello.
Rassegnata,
pesai che neanche del sole avrei più beneficiato. Cosa mi sarebbe
rimasto?
Guardai la cima dello scalone determinata a raggiungere la vetta, come
fosse quella di una montagna e posai il piede sul primo
scalino.
La
scalata verso il palazzo era faticosa, soprattutto dallo strascico del kimono
che, molto lungo, mi sbilanciava all’indietro.
Quell’abito era davvero un incanto: le piccolissime cuciture erano
impercettibili ed il tessuto morbido come il petalo di un fiore, scivolava sulla
pelle come una carezza.
Oro
puro era stato colato su quella stoffa e le fenici che vi volavano sopra ad ali
spalancate, sembravano davvero prendere il volo.
Oramai, pochi scalini ancora da salire ed avrei raggiunto l’ingresso del
palazzo.
Quella,
voleva essere la mia scalata verso la vita e se sarei riuscita ad arrivare alla
meta, nulla avrebbe potuto impedirmi di viverla.
Fortunatamente
come dice il Saggio: “Dopo la salita c’è sempre la
discesa”.
Inaspettatamente, un raggio di sole colpì il tessuto della manica e
quello che accadde fu uno spettacolo che riuscì a rallegrarmi: giochi di luce
danzanti, vennero proiettati tutt’intorno a me.
Sui
gradini, sul corteo che mi seguiva e sul mio volto.
Incantata, mi lasciai andare ad una piacevole risata cristallina ma
l’ombra tornò su di me troppo velocemente.
Alzai il volto e lo sguardo fiero che guardava avanti, verso un portone
in legno di rosa che attendeva solo di essere aperto.
Le
guardie poste ai lati, lasciarono il loro posto e spalancarono il portale dai
battenti dorati.
Quello che seguì mi mozzo il fiato, perché stavo per entrare nel mondo delle fiabe.
RINGRAZIAMENTI:
MARTY_CHAN94: Ti ringrazio infinitamente per la tua recensione così sentita e mi riempio di gioia il sapere che ti piace il mio modo di scrivere... sono delle piccoli soddisfazioni per un piccolo scrittore, che, chissà un domani diventerà grande. E questo vale per chiunque scrive, l'importante è che lo faccia col cuore!!! Per gli aggiornamenti ci vorrà un po' di pazienza, sopratutto per questa in quanto per scriverla ho avuto bisogno (e ancora ne avrò) di libri storici sulla cina imperiale da consultare: vorrei rimanere il più fedele possibile alla storia del mondo! Mi auguro che troverai sempre più avvicente la trama... io farò del mio meglio! Baciotti.
Grazie anche a chi ha solo letto, è già tanto!