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Autore: Lady Guineviere di Camelot    21/06/2008    1 recensioni
Cina Imperiale. X° secolo. Il regno è sotto il dominio della dinastia Tang. L'imperatore, lontano per contrastare gli attacchi dei mongoli, è costretto a tornare in patria per la morte prematura della sua prima moglie. A causa di questo, si sposerà un'altra volta, con una principessa dalle inaspettate qualità.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Cina Imperiale
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Corolle di Ciliegio

 

 

1

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nella vita ci sono giorni pieni di vento e pieni di rabbia,

ci sono giorni pieni di pioggia e pieni di dolore, ci sono giorni pieni di lacrime;

Ma poi ci sono giorni pieni d’amore che ci danno il coraggio

di andare avanti per tutti gli altri giorni.

§ Romano Battaglia §

 

 

Quel giorno, pioveva. Grosse gocce d’acqua cadevano ininterrottamente dal cielo plumbeo, che stava scatenando la sua ira, riversando a terra un oceano d’acqua.

Piangeva con il mio cuore, distrutto da una perdita che non ero pronto ad accettare e mentre varcavo il portone della città proibita, pregavo;

Pregavo per lei e per la sua anima, che non ero stato capace di proteggere. Il rimorso, per non esserle stato abbastanza vicino, sostituì ben presto il dolore che mi aveva accompagnato per tutto il viaggio, di ritorno a casa.

Nonostante non avessi provato amore per mia moglie, l’avevo sempre considerata una persona importante, con la quale avevo mosso i miei primi passi da Imperatore.

Avanzando lentamente verso il palazzo, scorsi ai pedi dell’imponente scalinata il mio consigliere, Guozhi, che mi attendeva reggendo in mano uno stendardo bianco.

Al suo fianco, c’era Xiaoling, la mia seconda moglie vestita completamente di bianco, in segno di lutto.

Non osai guardarli per un altro istante, perciò iniziai ad osservare le gocce che colpivano la mia armatura dorata, producendo un suono metallico. Volsi poi uno sguardo sulle guardie disposte ordinatamente per due file ai miei lati.

Erano silenziosi, immobili ed il fazzoletto bianco annodato al collo lì rendeva ancora più solenni.

Solo in quell’istante, mi resi conto che la mia attraversata in sella al mio stallone bianco, era accompagnata solo dal triste picchiettare dell’acqua sulla terra.

Niente urla di benvenuto, niente tamburi o lanterne accese, neanche fuochi d’artificio per il mio ritorno in patria;

Era questo ciò che avevo chiesto a Guozhi, come risposta alla lettera che m’informava della morte di Daiyu.

Non volevo che il funerale dell’Imperatrice fosse messo in ombra dal mio ritorno, ma nonostante tutto, vedevo sui volti delle persone, a partire dalle mie guardie sino a Guozhi, sollievo.

<< M’inchino dinnanzi all’Imperatore >>, mi disse il mio Consigliere, quando giunsi infine, davanti a loro.

Scendendo da cavallo, mi tolsi l’elmo dorato mettendolo sotto braccio. I miei capelli cominciarono ad inzupparsi all’istante, mentre altre gocciole mi rigavano il viso.

Prontamente, mi si avvicinò un servo con un gigantesco ombrello giallo, ma io lo rifiutai bloccandolo con un gesto secco della mano.

<< Alzatevi >>, ordinai alle due persone inchinate con la fronte che poggiava il freddo pavimento in pietra.

Xiaoling e Guozhi obbedirono e finalmente potemmo guardarci negli occhi, e ciò che scorsi in quelli del mio anziano Consigliere, contornati da profonde rughe, fu pace.

Inaspettatamente, mi sentii meglio anch’io.

<< Com’è andato il viaggio, vostra Maestà? >>.

<< Bene Guozhi, tralasciando il clima piuttosto torrenziale >>.

<< Certo mio signore. Ora è meglio rientrare, vi state bagnando completamente >>.

Insieme, ci dirigemmo verso il palazzo centrale, in altre parole la sede degli appartamenti imperiali, dove fui accolto da alcuni servi che cominciarono a slacciarmi la corazza d’oro.

<< Non ora. Preparatemi un bagno caldo >>, ordinai imperativo. Avevo bisogno di parlare con Guozhi.

Xiaoling mi si avvicinò porgendomi una tazza di Ch’i-Men Mao Feng. Tè dal colore vermiglio, all’aroma di rosa e chiodi di garofano.

<< Tenete mio signore. Questo vi riscalderà >>.

<< Grazie, ora però lasciaci. Devo discutere con Guozhi d’alcune questioni importanti. Ci vediamo nei nostri appartamenti >>.

Rimasti soli, in quella stanza che mi era tanto famigliare, non riuscivo a trovare il coraggio di far uscire dalle mie labbra, la parola "funerale".

Sì, perché ero stato così negligente, da non presenziare al funerale della mia consorte. Purtroppo, gli Unni imperversavano insistentemente sui nostri confini, rischiando così l’imminente invasione.

Avendo ben poca scelta, non mi rimaneva che combattere assieme all’esercito e salvare il mio popolo.

Quando mi giunse la missiva non tornai indietro, ma continuai a lottare, respingendo con tutta la forza che avevo in corpo, gli invasori che volevano rubare quella pace che la mia gente meritava tanto.

Conoscevo, però le conseguenze che mi attendevano. Dopotutto, essere Imperatore significa avere potere. Di decidere;

Io avevo deciso, e lo ammetto con una mano sul cuore, fu una scelta gravosa.

Abbassai lo sguardo verso la tazzina di ceramica, che tenevo in mano: il liquido rossastro tremava al suo interno e i vapori profumati del tè, mi penetravano nelle narici.

Ne bevvi un lungo sorso, assaporandone il dolce gusto che tanto mi era mancato, mentre rimproveravo me stesso, ben conscio che stavo temporeggiando.

Convenni però, che rimandare quella discussione, non mi avrebbe portato a nulla.

<< E’ andato tutto bene il funerale? >>. Le mie parole, parvero avere l’eco in quel silenzio così inteso che riempiva la stanza.

Guozhi, sorpreso dalle mie improvvise parole, mi esaminò per alcuni batter di cigli, prima di rispondere alla mia domanda, tremendamente artificiosa.

<< Certamente vostra Maestà. L’Imperatrice è stata inumata secondo le sue volontà e con tutte le massime onorificenze. La sua veste funeraria è stata la più ricca, che la Cina abbia mai creato: 2000 piastrine di Giada cucite con un sottilissimo filo dorato. Un’eccellente lavoro d’artigianato, vostra Maestà >>.

<< Bene. Ero certo che avreste fatto un ottimo lavoro Guozhi >>, gli risposi, ingoiando l’ultimo sorso di tè. Il liquido caldo che mi scendeva lungo la gola, mi rilassò e rilasciai un sospiro di sollievo.

<< Il popolo è stato molto sollevato nel rivedervi… >>.

<< Sì certo, anche se le circostanze non sono del tutto appropriate >>.

<< Al contrario, vostra Maestà. Voi rappresentate la loro guida. Come avrebbero fatto se vi fosse accaduto qualcosa? Inoltre, non avendo eredi e con la morta prematura dell’Imperatrice, a chi sarebbe andato il trono? >>.

<< Vi preoccupate troppo… >>, gli dissi con poca convinzione.

Le sue parole dicevano il vero e la mancanza di un legittimo erede al trono, era una questione piuttosto delicata;

Xiaoling non rappresentava una persona adatta per generare il futuro della Cina, e delle mie 70 concubine nemmeno una poteva sostenere questo rilevante compito.

Urgeva una soluzione ed immediata. Qualcosa mi suggeriva che gli Unni non si sarebbero limitati a ritirarsi dietro le loro linee di confine, ma avrebbero continuato a provare ad invadere la Cina, ed io non sarei rimasto invano a vedere il mio esercito cadere sotto i miei occhi.

Senza rendermene realmente conto, iniziai a girare in tondo per la stanza sotto lo sguardo stupefatto di Guozhi.

<< Maestà, non era mia intenzione turbarvi >>.

<< No, Guozhi >>, risposi fermandomi davanti a lui. << Avrei dovuto pensarci prima. Ho rimandato così a lungo questa cosa, che l’unica persona che poteva donarmi un’erede degno di essere chiamato tale, se n’è andata. Ho pensato tanto al benessere del mio popolo, che ho scordato di assicurargli la cosa più importante: una guida che impugni il mio posto >>.

<< Maestà, se permettete io avrei un’idea >>.

Il suo sguardo rassicurante e quieto si posò sul mio. Quel vecchio consigliere, dai capelli argentati e la pelle grinzosa, rimaneva sempre pieno di risorse.

Innumerevoli volte mi era stato vicino, indicandomi la giusta via da percorrere, ed ero certo che anche quella volta, non mi avrebbe deluso.

<< Vi ascolto >>.

<< Siete rimasto con una moglie, Maestà. Se vi risposaste, con una donna che riterreste adatta per dare alla luce il vostro erede, la questione sarebbe già risolta >>.

<< Vecchia volpe! Sì… è un’idea alquanto attraente. Resta però, trovare la candidata adatta >>.

<< Ho già pensato anche quello, vostra Maestà, e vi posso assicurare che non ne rimarrete deluso >>.

<< Non ne dubito >>.

Giunta al termine la discussione col mio Consigliere, desideravo solo liberarmi dell’armatura pesante e andare a godermi il mio bagno caldo ristoratore.

Entrando nella mia stanza, la prima cosa che sentii fu la piacevolissima fragranza emanata dai fumi della tinozza, colma d’acqua bollente.

Impaziente d’immergermi, tolsi frettolosamente la corazza e gettai a terra elmo e katana.

Sommerso sino al collo in quell’acqua profumata di caprifoglio, mi conciliò il riflettere sul mio imminente sposalizio;

Lo sguardo mi cadde sul letto al centro della stanza, dove avrei consumato la prima notte di nozze con quella fanciulla.

Liling si chiamava. Il suo nome significava "giada bellissima", e a sentire Guozhi lo era per davvero.

 

Fiori di ciliegio danzavano nell’aria, profumandola di primavera. Udendo un’immaginaria melodia, coglievo i loro movimenti, di una danza dal ritmo incalzante.

Ondeggiavano, disegnavano cerchi ed altre forme fiabesche nel vuoto, ed infine planavano dolcemente sull’erba, sullo stagno ai piedi di un salice, sui miei capelli scuri.

Il rombo di un tuono dall’alto del cielo, preannunciava un’altra pioggia primaverile. Altri fiori di ciliegio sarebbero caduti.

Io, mi sentivo come quelli. Fragili e piccoli, che bastava una folata di vento o una goccia di rugiada a farli precipitare.

Ed io sarei crollata? Sarei riuscita ad assolvere i miei gravosi compiti da futura Imperatrice della Cina?

La vita, che stupori ci riserva. Piccoli momenti, che si dissolvono come un respiro rimangono impressi nella mente, come la più fine incisione nella giada;

Solo una settimana fa, era giunto presso la mia casa paterna, un messo dell’Imperatore che aveva informato mio padre di recarsi all'istante a palazzo.

Cinque ore dopo, tornò. Io mi stavo pettinando i lunghi capelli e mentre posavo il pettine di giada sulla toeletta, mi fu detto che sarei diventata Imperatrice.

Ricordi nitidi e chiari inerenti a quel momenti, affollavano la mia mente: la luce soffusa delle candele, i grilli che cantavano, il fruscio della mia vestaglia di seta, il battito del mio cuore che accelerava, il mio riflesso sullo specchio ed il rumore del pettine che s’infrangeva sul pavimento.

Io, principessa Liling, ultima discendente della dinastia dei Sui, stavo per essere incoronata Imperatrice della Cina.

Qualora ci avessi riflesso, il respiro mi diventava gravosamente più affannoso, perciò immersi la mia mano diafana nell’acqua della fontana sotto l’albero di ciliegio.

La sensazione di quella freschezza vellutata e soffice, sulla pelle della mia mano, mi regalò un momento di pace, che assaporai pienamente ad occhi chiusi.

Erano molti, i periodi di luce che trascorrevo sotto quell’albero. Malinconica. Un aggettivo che mi si confaceva molto negli ultimi tempi e mia sorella Wenling non faceva altro che ricordarmelo.

<< Liling! >>.

Alzai il volto, volgendolo in direzione della casa, dove notai mia sorella che correva tutta eccitata verso di me, mentre reggeva un kimono dorato.

<< Liling, guarda! Non è stupendo? Viene direttamente dal palazzo. Sarà l’abito che indosserai per il matrimonio. Non è stupendo? Oddio, mi ripeto come una stupida! Ma ci pensi? Puoi indossare abiti dorati e gialli! >>.

<< Wenling vuoi darti una calmata per cortesia! E’ solo un kimono dorato… >>.

<< Oh Liling! Sorridi un pochino, invece di stare qui a rimirarti nel riflesso dell’acqua. Sono certa che sua Maestà apprezzerà enormemente la tua beltà >>.

Sospirai rassegnata di fronte alla sua eccitazione, mentre si premeva addosso il kimono, rimirandosi dal basso. Era così raggiante, che si esibì in una danza di cerchi, tenendo gli occhi fissi sul fondo dello strascico che produceva un dolce fruscio.

<< Wenling! Smettila di rovinare quell’abito e riportalo qui! >>.

<< Sì madre! >>, gridò sempre continuando la sua danza, poi rivolgendosi a me: << Torno subito >>.

Anch’io avrei voluto essere così felce e spensierata per il mio matrimonio, dopotutto era così che me lo ero sempre immaginata.

Ero ignara anche del volto del mio sposo, in quanto l’Imperatore l’avevo sempre visto sugli yen. Potevo solo immaginare come potesse essere in carne ed ossa.

<< Sorridi un po’ Liling! Stai per sposarti >>, sopraggiunse all’improvviso mia sorella, apparsa improvvisamente al mio fianco.

<< Ti vorrei far rammentare che non sarà un matrimonio normale >>.

<< Appunto! Stai per sposare l’Imperatore. Ma ci pensi? Abiti, gioielli, servitori, e lui… pare che sia molto bello. E poi c’è il palazzo! Abiterai lì, circondata dal lusso… >>.

<< … E da 70 concubine. Non è esattamente quello che mi aspettavo >>, aggiunsi ironica, ma ero consapevole che mia sorella non avrebbe compreso.

Avrei posseduto tutto ciò che desideravo, sarei stata circondata da un infinito numero di servi, ma non avrei mai avuto mio marito;

Sarei stata costretta a condividerlo con altre donne, e questa era una cosa che non potevo accettare. I principi che mi erano stati insegnati, mi ricordavano che questo sacro vincolo poteva essere condiviso solo tra marito e moglie.

Io invece, con altre 70 persone, ma non potevo fare nulla per oppormi perché l’Imperatore è al disopra delle leggi.

<< Liling, sei ancora qui? >>, domandò mia sorella, piuttosto preoccupata.

Sorvolando sui miei pensieri, che da molto tempo a questa parte mi affollavano la mente, sollevai lentamente il capo guardandola rassegnata negli occhi.

<< Sì, Wenling >>.

<< Allora è questo che ti preoccupa! Sinceramente, non ti capisco proprio… Potrai avere qualunque cosa, vivrai negli agi, e tu vai a pensare alle concubine! >>.

<< Perdonami, ma non riesco ad essere così superficiale. Io dal mio matrimonio mi aspettavo amore, non un kimono giallo! >>.

Cadde un silenzio freddo e scostante tra me e mia sorella, che rimase immobile dinnanzi a me, senza muovere un muscolo.

Io invece, abbassai lo sguardo, incontrando il mio riflesso nell’acqua, e quello che vidi, non mi piacque: un volto mi osservava, malinconico e triste.

Quella non ero io, sempre sorridente e solare. Mi stavo trasformando in ciò che gli altri volevano che fossi, ma non ero io.

Di sorpresa, l’immagine nell’acqua si distorse in tanti cerchi che si andavano lentamente allargando.

Alzai gli occhi al cielo, ed una goccia fredda e minuscola mi cadde sulle labbra rosse. Pioveva.

<< Rientriamo, o finiremo col bagnarci tutte >>, dissi rivolta a mia sorella e prendendola sotto braccio, rientrammo in casa.

 

 

Ero attorniato da una gran quantità di monili d’oro tempestati di pietre preziose, spille di giada dalle molteplici forme e pregiatissimi kimoni in seta screziati.

Insieme, creavano un effetto luminescente tutt’intorno alla stanza e la seta lucida e soffice, colpita dai raggi solari, riluceva sopra il massiccio letto davanti a me.

Avevo il compito di preporre una parte del corredo della futura Imperatrice, sebbene non possedessi alcun’idea a riguardo;

Essendo ignaro dei suoi gusti personali, mi stavo addentrando in un’impresa, che con molte probabilità, non avrei portato a buon fine.

Non avevo intenzione di renderla infelice e desideravo poterla conoscere meglio, in confronto a tutte le donne di cui ero circondato.

Magari, con l’aiuto del tempo avremmo anche imparato ad amarci.

Un’opportunità che bramavo da tanto e che purtroppo, non mi era mai stata concessa.

Ora che n’avevo la possibilità, non me la sarei fatta sottrarre.

Avvolto tutt’intorno da luccichii dorati e senza sapere dove girarmi per non rischiare di rovinare qualche abito, preferii subito scartare i monili più volgari e appariscenti.

Il Fengguan, copricapo in oro che rappresentava una fenice, simbolo della bellezza femminile e indossato dalle Imperatrici, mi fu presentato sopra ad un vassoio dorato;

Troppe gemme lo arricchivano e la forma dell’animale era troppo grossolana, per questa ragione ordinai di crearne uno nuovo seguendo le mie precise direttive.

Osservai alcuni anelli e bracciali, tutti d’ottima fattura ma diversi gli uni dagli altri. Sprovveduto al momento del gusto personale di Liling, risolsi la questione facendoli diventare tutti quanti parte del corredo.

<< M’inchino dinnanzi all’imperatore >>, mi giunse dalle spalle la voce profonda di Guozhi.

Voltandomi, gli indicai di mettersi in piedi in modo piuttosto frettoloso, essendo ora impegnato nella scelta dei kimoni: Homongi, Komon, Iromuji e Furisode.

<< Vostra Maestà, necessitate d’assistenza? >>.

<< Necessiterei di sapere cosa apprezza maggiormente Liling, ma dato che dovrò restarne all’oscuro fino al matrimonio, cerco di utilizzare l’arte dell’arrangiarsi >>.

<< Certamente vostra Maestà, ma sono certo che l’Imperatrice gradirà il vostro raffinato gusto >>.

<< Dubito. Tu! >>, ordinai ad una serva che attendeva pazientemente in un antro della stanza.

<< Tutte queste cose faranno parte del corredo dell’Imperatrice. Raccoglile e portale nella stanza assegnatale >>.

<< Sì Maestà >>, rispose portando la fronte contro il pavimento.

Notai con non poco stupore, l’espressione sbalordita sul volto di Guozhi senza capirne la ragione.

<< Vostra Maestà, se permettete, ma… tutto? >>.

<< Sì. Come ti ho già accennato, non sono al corrente dei suoi gusti, in conseguenza di ciò, sarà lei a scartare le cose che non sono di suo gradimento dal corredo >>.

<< Non avete però intenzione di sottrargliele? >>.

<< Ovviamente no. Tutto quello è suo >>.

<< Maestà, qualcuna delle vostre concubine potrebbe pensare che la stiate favorendo… >>.

<< E anche se fosse? Non preoccuparti Guozhi, e ora andiamo a prenderci una tazza di tè >>.

<< Come desiderate vostra Maestà >>.

C’incamminammo fianco a fianco lungo il corridoio che conduceva alla sala del trono, seguiti dal consueto corteo di mandarini, che mi scortava ovunque io andassi.

Colonne rosse a stucchi dorati, salivano dal pavimento sino a congiungersi col soffitto, affrescato da dipinti e intarsi.

Sotto i miei piedi, tappeti alti e soffici ricoprivano ogni centimetro della superficie del pavimento. Uccelli, draghi, fiori, nuvole e montagne arricchivano i drappi.

Ogni cosa pareva essere stata intinta nell’oro fuso, e così tutto riluceva in uno splendore più forte di quello del sole.

Spalancatemi le porte, vi entrai a passo deciso, congedando immediatamente il mio seguito;

Col tempo avevo imparato a rispettare quell’organo di competenza che mi aiutava a governare il mio paese, ma era opprimente e assolutamente insopportabile averli ovunque io mi muovessi.

Togliendomi il soprabito dorato del mio kimono, che appoggia su uno sgabello, mi accomodai pigramente su una sedia, chiamando con uno schiocco di dita un servo.

<< Conduci qui lo speziale >>.

<< Sì, vostra Maestà >>.

Quel giorno, ero tremendamente pensieroso, e senza esserne pienamente consapevole, iniziai a massaggiarmi il mento con la mano destra.

Gesto che ero solito fare, quando pensavo o riflettevo su una questione che ritenevo importante.

Preso enormemente dalle mie riflessioni, non avevo prestato particolare attenzione a Guozhi, che per tutta la durata, era rimasto in piedi davanti a me.

<< Guozhi, accomodati pure. Stavo riflettendo… >>, gli dissi indicandogli con la mano, la sieda vuota vicino a me.

<>, mi rispose. Mentre si stava per accomodare, però, notai una smorfia di dolore sul suo volto.

<< Che ti succede Guozhi? >>.

<< Non vi allarmate, Maestà. Sono i sintomi della vecchiaia >>.

In quell’istante arrivò lo speziale che s’inchinò ai miei piedi. Gli ordinai di mettersi in posizione eretta e permettendogli di avvicinarsi, concordammo il tè che volevamo bere.

<< Vostra Maestà, posso suggerirvi una miscela di Lu Mu Dan? >>.

<< Per oggi, gradiremmo degustare qualcosa di più deciso. Il tè nero del Wulong. Che dici? >>, domandai rivolto a Guozhi.

<< Certamente Maestà >>.

Dopo un ultimo cenno col capo, lo speziale si congedò, diretto a preparare il tè che avevo richiesto.

Potevo vantarmi del glorioso successo che ero riuscito a diffondere in tutta la Cina, sulle coltivazioni delle varie tipologie di tè.

Ogni piantagione, inviava a palazzo un’ingente quantità di cadauno, e grazie a ciò potevo gustare ogni varietà che desideravo.

La gloriosa e magnificentissima dinastia Tang, sarebbe stata ricordata non solo per il suo fiorente periodo di splendore dorato, ma anche per il culto del tè.

<< Guozhi, hai ottenuto le informazioni che ti avevo richiesto? >>.

<< Sì vostra Maestà, e da quello che ho capito, avete la mia parola che possiede tutti i requisiti giusti per governare assieme a voi >>.

<< Molto bene. E’ mio desiderio, possedere una moglie che sappia governare un paese grande quanto la Cina. Ho commesso molti errori nello scegliere le mie consorti, ivi compresa Xiaoling. Spero di non cadere nello stesso tranello… >>.

<< Maestà, dovete rammentare che la brillantezza della giada, rappresenta la carità. La sonorità, la saggezza. E’ traslucida come la franchezza. La giada si spezza, ma non si piega, e questo denota coraggio, ha i bordi acuti, ma non ferisce nessuno e ciò allude all’equità. Ricordate, è di lei che stiamo parlando… >>.

E’ strano pensare come attimi importanti nella vita, finiscano nello stesso istante in cui iniziano.

Ero solo un uomo in quei tempi perché la strada per diventare Imperatore, era ancora molto lunga, ed io mi trovavo alla metà del viaggio.

Molte prove e avversità mi attendevano, ed il peso del potere gravava sempre più sulle mie spalle.

Solo collaborando come la pioggia e il sole, la terra e l’acqua, lo Yin e lo Yang, sarei riuscito a sopportare quel peso condividendolo con qualcuno che ne fosse capace.

Quelle parole, incredibilmente fluide e scorrevoli, come quelle di una preghiera o di un canto, che innalza la sua melodia sino al cielo, le avrei portate dentro di me, per tutta la vita.

   
 
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