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Autore: SusanTheGentle    28/02/2014    10 recensioni
Questa storia fa parte della serie "CHRONICLES OF QUEEN"

Il loro sogno si è avverato.
Tornati a Narnia, Caspian e Susan si apprestano ad iniziare una nuova vita insieme: una famiglia, tanti amici, e due splendidi figli da amare e proteggere da ogni cosa.
Ma quando la felicità e la pace sembrano regnare sovrane, qualcosa accade...
"E' solo un attimo, al sorgere e al tramontar del sole, attimo in cui riescono a malapena a sfiorarsi....
Sempre insieme, eternamente divisi"

SEGUITO DI "Queen of my Heart", ispirato al libro de "La sedia d'agento" e al film "Ladyhawke".
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caspian, Susan Pevensie
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Chronicles of Queen'
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12. Dentro la foresta e dietro la palestra
 
 
Sono così stanca di stare qui,
Oppressa da tutte le mie paure infantili
E se devi andartene
Vorrei che tu te ne andassi e basta
Perché la tua presenza rimane qui
E non mi lascerà da sola

 
 
Susan e Shira parlarono tutta la notte.
Grazie all’imprudente lingua chiacchierona di Tisroc, il falchetto poté riferire alla Regina moltissime cose riguardanti sia le sorti degli amici, che del misterioso sortilegio che aveva colpito il Re.
“Sono dovuta tornare per forza da Tisroc, non posso permettermi che sospetti di me”
Shira raccontò che l’Imperatore l’aveva portata con sé e Lord Erton giù nelle prigioni. Tisroc era là per il dottor Galileo: aveva chiesto il miglior medico di corte per guidare una squadra di medici che si doveva occupare dei soldati feriti.
“Guarda, carina” le aveva detto, Tisroc. “Ecco i narniani in gattabuia, finalmente”.
Shira aveva visto Tavros, Rynelf, uno dei figli di Tempestoso, i Lord di Telmar, il dottor Galileo, e tanti altri. Nessuno di loro aveva fatto una piega nel vederla, per non tradirla, perché tutti conoscevano il ruolo di spia che Shira ricopriva a Calormen.
“Drinian e Lora non c’erano, e nemmeno Tara e Clipse. Non so dove siano”
L’animale e la ragazza si fissarono.
“Quindi non sai nulla di Caspian?” chiese Susan.
“No, mi dispiace. So solo che durante l’incendio fittizio provocato da Miriel, lei, Pennalucida, Briscola e gli animali sono fuggiti nel bosco, che Lord Rhoop li ha raggiunti con il cervo, e lui sul dorso portava il corpo del…il lupo, insomma” si corresse Shira. Alla parola ‘corpo’ gli occhi di Susan si erano improvvisamente inumiditi.
“Maestà, siete davvero scura che Rabadash abbia…”
“So quello che ho visto, Shira: ho visto Rabadash calare la spada su di lui, e ho visto la lama insanguinata. Non vorrei credergli, ma come...come posso fare? Non posso uscire di qui e non posso sapere né fare nulla per Caspian! Mi sento così inutile!”
“No, non dite questo, Maestà!” Shira la guardò provando una stretta al suo cuoricino d’uccello.
“Ho paura di non riuscire a farcela” mormorò la Dolce. “Non ho più nulla per cui vale la pena vivere”
Vedere la sua Regina così disperata frenò per un momento il falchetto dal rivelarle la verità sino in fondo. Tuttavia, decise di continuare.
“Maestà, dovete sapere una cosa importante”
“Vuoi dirmi della maledizione, vero? Lo so” disse Susan, estremamente calma. “Rabadash me ne ha parlato. Dice che tra poco anch’io sarò colpita dal sortilegio. Ma se così fosse…oh, Shira, se sapessi di poter morire e raggiungere mio marito e i miei bambini…”
Il petto della Regina fu scosso dai singhiozzi.
“La maledizione non vi ucciderà, Maestà. Vi trasformerete soltanto”
“Diventerò anch’io come lui? Mi tramuterò in un…”
Susan ripensò a cos’era accaduto a Caspian. Rivide il suo corpo avvolto dalle ombre della notte e mutare da quello di uomo a quello di lupo.
“Non so cosa diventerete, ma so che voi vi trasformerete di giorno, e il Re di notte. Ho sentito Tisroc e Rabadash parlarne. Oh, sapeste come si divertivano quei maledetti! Il principe diceva che non vi permetterà mai più d’incontrarvi, finché avrete vita”
Susan rifletté. “Ma Caspian è…”
“Non lo è! Il Re non è morto, mia Regina, altrimenti perché Rabadash si sarebbe dato tanto da fare per tenervi separati?”
Shira provò e riprovò a persuadere la Dolce, e la ragazza cercò -anzi obbligò- la sua mente a credere a quelle parole: Caspian era vivo, da qualche parte, forse debilitato dalla maledizione, forse ferito da quel colpo infertogli da Rabadash, ma vivo, tratto in salvo in extremis da Lord Rhoop e dal cervo.
“Cercalo, Shira, ti prego. Fammi questo enorme favore”
“Tutto quello che desiderate, mia Dolce signora”
Allora, Susan prese il fiocchetto rosso di sua figlia Myra, slegandolo dal polso attorno al quale l'aveva avvolto, e lo assicurò attorno al gambo dle fore blu.
“Portagli questi, o trova qualcuno che lo faccia. Fagli sapere che sono qui. Che lo aspetto. E che lo amo”
E mentre Susan si alzava e si avvicinava al punto in cui la gabbia si affacciava su Narnia, il sole sorse.
La Regina Dolce sporse le braccia fuori dalle sbarre per aiutare Shira a spiccare il volo.
Un momento dopo fu scossa da un tremito e si accasciò a terra, una mano premuta sul cuore. Urlò, e il suo grido si trasformò nel richiamo acuto di un falco, le cui ali frullarono contro le sbarre della grande gabbia, mentre cercava di uscire e volare verso il cielo azzurro.
Azzurro, com’erano stati i suoi occhi.
 
 
La terra veniva smossa al passaggio del cavallo e del suo cavaliere. Piccole zolle di terra si staccavano dal suolo insieme a ciuffetti d’erba, nel ritmico battere degli zoccoli.
Un gruppo di talpe - spaventate dal frastuono soprastante- misero fuori le testoline dalla terra, chiedendosi chi mai facesse tutto quel fracasso a quell’ora del mattino.
Caspian e Destriero correvano come il vento, sfidando la velocità stessa. Il giovane, in piedi sulle staffe, il corpo inarcato in avanti sul collo del cavallo, di tanto in tanto strattonava le redini, saltando un tronco spezzato che ostruiva il passaggio, alzando spruzzi d’acqua mentre attraversavano un ruscello.
Gli animali muti fuggivano al loro passaggio; quelli parlanti si voltavano perplessi, alcuni ancora ignari di quel che era accaduto a Narnia il giorno precedente.
Caspian cercava di impedire al suo cuore di palpitare tanto furiosamente, certo che in quel modo non sarebbe riuscito a mettere in ordine le idee.
Ma poco importava il suo stato d’animo. L’unica cosa che doveva fare in quel momento era salvare Susan, non riprendersi il castello. Per questo ci sarebbe voluto del tempo, un piano preciso, rinforzi e sangue freddo. E al momento non possedeva nessuna di queste cose.
Ad ogni modo, per come si sentiva adesso, al solo pensare a lei nelle mani di quel pazzo principe del sud e immaginando i suoi bambini tra le grinfie di un serpente gigantesco (tra le due cose era più che sicuro ci fosse un nesso), avrebbe potuto benissimo sconfiggere tutto l’esercito di Calormen armato di un semplice coltellino da caccia.
Si lasciarono alle spalle gli alberi fitti per entrare in una radura esposta a occhi indiscreti. Nella mente del giovane affiorò il timore di poter essere avvistato dai soldati di Calormen, che quasi sicuramente gli stavano dando la caccia.
Se avessero visto lui, in poco tempo avrebbero trovato gli altri, proprio com’era accaduto con Lord Rhoop. Non doveva farsi vedere per nessun motivo: aveva già messo a repentaglio la vita dei suoi figli e quella di sua moglie, non avrebbe fatto lo stesso errore una terza volta con i suoi amici.
L’abbaiare dei cani fece fermare di colpo Destriero, che emise un nitrito d’allarme. Caspian gli sussurrò per calmarlo, facendolo voltare per nascondersi di nuovo tra gli alberi.
Il Re scese a terra e prese il muso del cavallo tra le mani, accarezzandolo, cercando di smorzarne il nervosismo. Udì di nuovo i latrati dei segugi, voci umane ancora piuttosto lontane.
Infine, vide ciò che aveva temuto: sbirciò dal tronco dell’albero dietro al quale si erano nascosti, e subito si ritrasse. I soldati di Calormen erano là.
I cani avrebbero potuto sentire il loro odore e mettersi ad inseguirli da un momento all’altro, così, Caspian afferrò le redini di Destriero, allontanandosi lentamente da quel punto, procedendo a piedi.
Cavallo e cavaliere rifecero all’inverso il sentiero appena percorso. Dopodiché, quando fu sicuro di trovarsi a una distanza di sicurezza, Caspian risalì in sella e procedé al passo per fare meno rumore possibile.
Assurdo: Cair Paravel era a meno di quindici minuti di strada, e lui non poteva avvicinarsi senza venire scoperto e catturato dalle guardie di Rabadash, pronte ad attenderlo al varco.
Avrebbe dovuto aggirarli e trovare un altro sentiero per giungere al palazzo.
Ma la stessa scena si ripeté altre due volte: Caspian e Destriero si trivarono costretti a rifare più volte lo stesso percorso. Si nascondevano, avanzavano, tornavano indietro. Cani e soldati erano ovunque, impegnati in una evidente caccia all’uomo. Cercavano lui. Cercavano gli altri: Miriel, Briscola, Lord Rhoop, e chiunque si fosse unito al gruppo. Erano ormai considerati come fuggitivi nel loro stesso paese.
Con ironia, Caspian immaginò Lord Erton mettere una taglia su ciascuno di loro. Uno dei vecchi passatempi del caro Duca, quando lavorava per Miraz, era proprio quello di dare la caccia ai narniani nascosti nelle foreste. Chissà, forse quei soldati erano lì per ordine di Erton e non di Rabadash.
Rabadash…maledetto, era tutta colpa sua!
L’eclissi, il serpente, il rapimento di Susan, quello di Rilian e Myra: tutti questi eventi erano collegati tra loro in qualche modo.
Caspian inspirò profondamente, cercando di non pensare di nuovo ai visetti spaventati dei suoi bambini.
Non li stava abbandonando. Decidere di correre da Susan prima che da loro non voleva dire questo. Una parte della sua mente – la più nascosta, la più oscura, la più pessimista– aveva scelto Susan perché temeva, e forse credeva, che per i piccoli potesse non esserci più speranza.
Caspian aveva tentato con tutte le sue forze di non far affiorare quel pensiero alla superfice, ma nella tensione di quel momento e con nessuno ad aiutarlo a tenere la mente occupata su altro, fu fin troppo facile permettergli di prendere il sopravvento.
Era la sua paura più grande. La paura dell’inevitabile, di scoprire che aveva perso anche loro.
Con tutta probabilità, non sarebbe stato in grado di abbattere quel serpente gigantesco nemmeno se avesse avuto Rhasador con sé, ma questa considerazione razionale non gli fu di alcun aiuto.
Ironia della sorte, se dietro le sembianze di quel serpente si fosse celata realmente la Strega Bianca, ci sarebbe stata la possibilità che Rilian e Myra fossero ancora vivi. A Jadis piaceva giocare con le persone, soprattutto con i reali di Narnia.
In quanto figli suoi e di Susan, di sicuro la Strega avrebbe odiato i gemelli quanto odiava lui e i Pevensie.
Ma se il serpente fosse stato solo un serpente…o comunque un mostro qualunque e non lei
No, non doveva pensarlo. Non poteva essere così.
Rilian e Myra erano sicuramente vivi, spaventati a morte, in lacrime, forse credendo che nessuno sarebbe corso ad aiutarli, nemmeno i loro genitori, ma infine avrebbero gridato i nomi di papà e mamma, e abbracciato forte lui e Susan non appena li avessero visti sopraggiungere per salvarli.
Perché era questo che Caspian avrebbe fatto: una volta salvata Susan, insieme a lei sarebbe andato in capo al mondo pur di ritrovarli.
Insieme. Non lui soltanto. Con lei.
Non aveva idea di dove fossero i bambini, se vicini o lontani, né di quanto tempo ci avessero messo per scoprire dove li avessero portati i loro rapitori. E sulla base di ciò, non poteva attendere troppo a lungo per liberare Susan. Non poteva lasciarla a Rabadash, era impensabile.
Doveva dunque pensare prima a una maniera per giungere da lei.
Credva già di sapere come fare. Il problema era non essere visti, ma con tutti quei calormeniani in giro…
Il Re di Narnia si voltò e tornò di nuovo tra gli alberi, per trovare l’ennesima strada che l’avesse portato verso Cair Parvel e allo stesso tempo lontano dai sodati.
A un certo punto, con suo gran stupore, vide un volto tra le fronde: era scuro, del colore della corteccia degli alberi. Lì per lì pensò ad un amadriade, in seguito si rese conte che non era così. Il volto aveva un copro, per metà uomo e per metà cavallo. Era un Centauro. Era…
“Tempestoso!” fece il Re in un’esclamazione soffocata.
Il Centauro fece un live cenno con il capo in segno di rispetto. Incredibile come anche in un momento come quello, mantenesse sempre il suo comportamento impeccabile.
“Da questa parte, Maestà” sussurrò, tornando indietro su un sentiero che Caspian aveva già percorso. “I soldati hanno già perlustrato questa zona, per un po’ non torneranno”
Tempestoso aveva pronunciato quella frase a voce un poco più alta, il che provò chiaramente che si trovavano in un punto sicuro della foresta.
“Mi fa piacere vedere che sei riuscito a scampare all’assedio” disse Caspian con sincerità. “Come sei riuscito a fuggire?”
“Quasi un miracolo, Maestà. Quando è crollato il ponte, noi Cavalieri eravamo là. E’ stato il finire in mare che ci ha salvati, probabilmente. Abbiamo raggiunto la terraferma a nuoto assieme ad altri compagni, ma dei Cavalieri dell’Ordine del Leone sono l’unico rimasto, insieme ai miei figli maggiori.”
“Che ne è della tua famiglia?”
“Hanno preso il più giovane dei miei ragazzi” rispose Tempestoso, la voce grave, lo sguardo smepre impassibile. “Mia moglie e gli altri due per ora sono al sicuro. Abbiamo amici nei pressi della Collina Segreta, li manderò là.”
“Dovresti andare con loro” suggerì il Re.
Il Centauro raddrizzò le spalle larghe. “Sono il generale dell’esercito di Vostra Maestà, non posso abbandonare né voi né il regno.”
Caspian rimase in silenzio.
“Non hai spina dorsale” gli diceva sempre suo zio. Forse aveva ragione.
Sì sentì un ragazzino egocentrico, il quale crede che tutto il mondo giri intorno a lui e ai suoi problemi, e se ne vergognò.
“Il vostro stato d’animo è più che comprensibile, mio signore” riprese tempestoso, che parve capire cosa gli passava per la mente. “Anch’io vorrei correre a liberare mio figlio, tuttavia mi è impossibile. Cair Paravel è circondata e la sorveglianza è strettissima. Prego solo Aslan che sia ancora vivo”
Il Liberatore abbassò lo sguardo a terra, stringendo le redini di Destriero in un gesto convulso.
Tutti sapevano cosa era meglio fare. Tutti cercavano di non cedere alle emozioni. E lui che era il Re, che per primo avrebbe dovuto dare sostegno ai suoi sudditi e parole di conforto per la grave situazione in cui si trovavano, si lasciava invece consolare da loro.
“Spero che quel che sto per mostrarvi potrà donarvi un po’ di forza” disse poi il Centauro, conducendo il Sovrano lungo un piccolo pendio tra gli alberi più fitti del bosco.
Arrivarono in prossimità del letto di un torrente ed iniziarono a risalirlo per diversi metri.
Infine, tempestoso si fermò e fischiò sommessamente. Poco dopo, un acuto grido d’uccello si levò nell’aria, e il frullare delle sue ali ne annunciò l’arrivo. Ancora un attimo, e Shira si posò sula spalla di Tempestoso.
Ma non era sola.
Il Liberatore osservò con una stretta al cuore altre tre o quattro figure uscire dagli alberi e avvicinarsi: per primo vide Drinian, che sorreggeva un esausto Cornelius, il quale gli tendeva le braccia. Caspian saltò a terra e corse incontro al suo precettore. Non gl’importò un bel niente di apparire vulnerabile: lo abbracciò, facendo poi lo stesso con il capitano del Veliero dell’Alba.
Assieme a loro vi erano Selva, la moglie di Tempestoso, e i loro due figli maggiori.
Caspian s’informò immediatamente sulla salute di tutti, soprattutto su quella di Cornelius: stavano bene. Stanchi, frastornati, ma sani e salvi, anche se il professore sembrava veramente debole.
“Non morirò, ragazzo mio, non ancora” tentò di scherzare quest’ultimo.
Caspian si rivolse a Drinian. “Lady Lora, è…”
“L’hanno presa. Durante l’assedio io ero al porto, come sapete. Sono tornato subito al castello, ero preoccupato per lei. Sono riuscito ad arrivare all’Antica Casa del Tesoro, dove Lora, Cornelius e le ancelle della Regina si erano nascosti. Le ragazze e il professore sono rimasti laggiù, in attesa, io e Lora volevamo cercare rinforzi per aiutare voi, Maestà, che sapevamo sareste arrivato presto. Ma non ci siamo riusciti. Ci siamo rifugiati sulla collina appena fuori dai confini del palazzo, dove siamo stati raggiunti da Shira. E’ stato terribile sapere che la Regina…”
“Cosa?!” proruppe immediatamente il giovane. “La Regina? Cosa è successo alla Regina? Drinian, parlate!”
“Lora voleva tornare indietro per aiutarla” continuò il capitano, “e io sono andato con lei. Ma Lord Erton ci ha scoperti: ho combattuto contro Lord Ravenlock e Lora è stata presa. I soldati erano troppi. Se non fosse stato per Tempestoso avrebbero catturato anche me”
“E Susan?”. Caspian volse lo sguardo attorno a sé. Tutti lo guadavano quasi con…sì, con compassione.
Susan…Susan era forse…?
“Che cosa è successo a Susan?!”
“La stessa cosa che è successa a voi, mio signore” disse infine Shira, sempre sulla spalla di Tempestoso. “Ricordate l’eclissi di ieri notte?”
“Certo che la ricordo” rispose prontamente il Liberatore, la fronte contratta, le mani tremanti, il cuore impazzito.
Voleva sapere dov’era la sua Sue, perché nessuno glielo diceva chiaramente? Cos’erano tutti quei misteri?
“Cosa ricordate di quanto è avvenuto dopo l’eclissi?” chiese ancora Shira.
Caspian fissava il falchetto senza capire.
Dove si fermavano i suoi ricordi? Al dolore…no, a qualche minuto dopo. Al viso di Susan, ai suoi occhi chiari spalancati dallo stupore mentre lo fissava piena d’angoscia.
Perché? Cos’era successo?
Shira si staccò dalla spalla del Centauro e si avvicinò a Drinian. Caspian la vide attendere mentre il capitano estrava qualcosa dalla tasca del farsetto, poi la prese nel becco e gliela portò.
Il Re tese il braccio e Shira vi si posò, mettendogli nell’altra mano il gambo piegato di un fiore dalla cui corolla pendevano un paio di petali blu, e al cui gambo era legato un nastro rosso chiaro.
Il fiocco di Myra e il fiore di Susan.
Susan. Myra. Rilian.
La sua famiglia.
Perché…perché il fiore era spezzato? Chi aveva fatto una cosa simile?
Susan… dove sei, mio dolce amore?
Le era accaduto qualcosa. Lo sentiva. Ne era più sicuro che mai.
“La Regina voleva farvi sapere che era viva. Non sta bene, ma è viva” disse Shira con voce spezzata.
Caspian era immobile, la mano gli tremò. La chiuse delicatamente attorno al fiore e al fiocco.
“Ieri, durante quell’eclissi, voi vi siete trasformato” continuò il falchetto.
“Shira…” fece Cornelius.
“Deve saperlo!”
Era inutile tenere nascosta una cosa tanto importante al Re, decise Shira, anche se dagli sguardi degli altri capì che non erano d’accordo con lei. Volevano proteggere il Re, ma era da sciocchi volerlo difendere da qualcosa che era già accaduta. Così, come aveva fatto con la Regina, era pronta a dirgli tutto se lui avesse voluto ascoltarla.
“Vi prego, lasciatemi spiegare!”
Caspian fece un sospiro spazientito.
Stava perdendo troppo tempo con tutto quel parlare, ma sembrava davvero che Shira dovesse dirli qualcosa d’importante, di estremamente importante, ed era l’unica fino ad allora che sembrava non trattarlo come uno sciocco.
Tutti, da Briscola a Drinian, stavano cercando di persuaderlo a non tornare a Cair Paravel. Perché?
Parlando con C.P.A. quella mattina stessa, aveva avuto la sensazione che ci fosse qualcosa che il nano non aveva voluto dirgli. Caspian non si era chiesto cosa potesse essere, la mente occupata solo dal pensiero di Susan prigioniera di Rabadash, ma il comportamento di tutti lo aveva indotto a pensare giustamente che ci fosse effettivamente qualcosa che gli era stato tenuto nascosto.
Forse, Shira avrebbe potuto spiegarglielo, perciò decise di ascoltarla.
Si spostarono in un punto poco lontano dal resto del gruppo, che nel frattempo decideva sul da farsi.
Caspian sedette su un piccolo masso, Shira appoggiata sulle ginocchia.
“Rabadash ha lanciato una maledizione su di voi e su vostra moglie” iniziò il falchetto. “L’ho sentito mentre ne parlava con suo padre, l’Imperatore Tisroc. E non dirò ‘possa vivere in eterno’, perché spero che quel maledetto vecchiaccio tiri le cuoia domani stesso!”
Caspian avrebbe sorriso in un’altra circostanza, ma non adesso.
“Io…hai detto che mi sono trasformato?” chiese pensieroso.
“Sì, Sire: in un lupo, ieri notte, davanti agli occhi di tutti. La Regina era sconvolta quando ha assistito alla vostra trasformazione”. Caspian non fiatò. Incredibilmente, quella rivelazione non lo lasciò troppo sconvolto. Era come se già sapesse. Come se l’avesse sempre saputo, fin dal momento in cui aveva visto lo sguardo terrorizzato di Susan specchiarsi nel suo, la notte precedente. “Rabadash vuole tenervi divisi, vuole che viviate, ma senza che riusciate mai più a vedervi. Ha imprigionato la Regina, perché….bè, credo immaginiate il perché”. Il falchetto fece un verso di disgusto. “Attende il momento in cui la maledizione colpirà anche lei, sapendo che solo allora voi due non potrete davvero mai più rivedervi. Perché da oggi in poi, finché non troveremo una soluzione, voi vi trasformerete in un lupo, e lei in un falco, in ore alterne del giorno: quando l’uno sarà animale, l’altro sarà umano. E la Regina si è trasformata questa mattina stessa. Ho visto tutto, mentre volavo per venire a cercare voi Maestà, per consegnarvi il dono della vostra sposa. Rabadash le fa credere che siete morto, voi e i principini, e la povera Regina è completamente sopraffatta dal dolore. Mi ha chiesto di cercarvi e di farvi sapere che lei vi aspetta, e vi ama. Vi ama così tanto, Maestà!”
“Sei rimasta sempre con lei?” chiese Caspian, la voce un sussurro, senza sapere che emozioni stesse provando.
Non sapeva se era dolore, o rabbia, o semplicemente il nulla, quel senso di vuoto dentro il petto dove un tempo il suo cuore aveva battuto. Per Susan. Solo per lei.
“Sì. Ieri notte sono rimasta con la Regina tutto il tempo. E vorrei rassicurarvi su una cosa, Maestà: Rabadash non l’ha toccata. Non che non ci abbia provato, ma non c’è riuscito”
Caspian si mosse nervosamente.
“Credo che non possa, sapete? Rabadash, intendo” continuò il falchetto, tenendosi in equilibrio sul ginocchio del Re.
“Che vuoi dire?”
“Che per quanto ci proverà, non avrà mai la Regina. Aslan lo impedirà, ne sono scura”
Caspian fece un mezzo sorriso. “Sai, Edmund aveva ragione su di te, Shira: sai molto più di quello che dici”
“Fa parte del mio lavoro: le spie sanno tutto, ma parlano solo con chi devono”
Caspian la fece posare sul suo braccio e si alzò. “Dove si trova Susan con precisione?”
“Rabadash la tiene rinchiusa sulla Grande Torre. In una gabbia”
Caspian ci mise qualche secondo per registrare le ultime tre parole del falchetto.
“Che cosa hai detto?” scandì con voce più bassa del normale, ferma, dura, stringendo gli occhi in due fessure minacciose.
Adesso, per Rabadash erano guai. Guai seri.
Anche se non era riuscito a far del male a Susan, aveva comunque osato toccare sua moglie. E se credva di riprovarci di nuovo, sfiorarla anche solo con un dito, se aveva anche solo pensato di farlo, di metterle le mani addosso, Caspian poteva dimenticare volentieri di essere chi era e trapassare da parte a parte con la spada quel lurido bastardo.
Era figlio di Caspian IX, il Misericordioso, aveva sempre voluto essere come lui, in tutto e per tutto, ma in quel momento pensò che avrebbe voluto essere come suo zio. Dopotutto, nelle sue vene scorreva anche il sangue di Miraz, quindi, perché non poteva aver davvero ereditato qualcosa anche da lui?
In quell’istante, lo desiderò. Desiderò non avere una coscienza e infischiarsene altamente della bontà di cuore, pensando solo ad impugnare la spada e mettere fine a tutto quella storia assurda.
Se avesse ucciso Rabadash, tutto sarebbe finito.
Se l’avesse ucciso, avrebbe riavuto Susan e i suoi bambini, e il castello, Narnia. La sua vita.
Tutto sarebbe tornato alla normalità.
L’unica cosa che gl’impediva di commettere quell’omicidio, era il pensiero di quel che avrebbe detto lei se avesse scoperto che suo marito aveva ucciso a sangue freddo un altro uomo, anche se si trattava di un nemico.
Non l’avrebbe più guardato con gli stessi occhi.
Susan gli diceva sempre che la forza di un uomo non si misura dalla forza fisica, ma da quella del cuore. E lui aveva un cuore così grande da contenere tutto l’amore del mondo, per questo tutta Narnia lo amava, e lei cento volte di più, ed era fiera di lui, dell’uomo che era, di averlo con sé.
Dolce Susan…
Come avrebbe voluto averla lì con lui, ora, a consigliarlo, a sostenerlo, a dirgli di non commettere quella pazzia, anche se era per lei.
Se non afferrò Rhasador tra le mani e non risaltò sulla sella di Destriero, fu perché gli parve di udire la voce della sua Regina dirgli di fermarsi, perché se avesse ucciso in quel modo anche uno come Rabadash, se ne sarebbe pentito per tutta la vita.
Ed era vero.
Infine, Caspian e Shira tornano dagli altri.
Tutti attendevano le parole del Re.
In silenzio, senza guardare nessuno e ancora riflettendo, il Liberatore si avvicinò a Destriero, sistemandogli i finimenti e assicurandosi che avesse ricevuto acqua a sufficienza prima di riprendere a cavalcare.
“Tempestoso” disse infine. “Un tempo mi giurasti fedeltà, alla Casa di Aslan. Continuerai a mantenere quel giuramento?”
“Vostra Maestà non mi conosce se pensa il contrario. Servirò il mio Re fino alla fine dei miei giorni”
“Allora devi aiutarmi a trovare un modo per entrare nel castello”
“Tornare al castello?” disse Selva con un filo di voce.
“Esattamente” rispose Caspian, volgendo lo sguardo su tutti i presenti. “Cosa pensavate che stessi facendo qui? Una scampagnata?”
“So che vorreste andare dalla Regina” intervenne Drinian, cercando di persuaderlo. “Anch’io vorrei fare lo stesso con Lora, ma ora che il castello è sotto il controllo dei nostri nemici, sarà un suicidio!”
“Se non pensate di potercela fare, capitano, non vi costringerò a venire. Non sto obbligando nessuno. Voi tutti potete farvi guidare dagli spiriti degli alberi fino a dove sono nascosti Briscola, Miriel gli altri. Lo farò da solo: penso di conoscere bene il castello per riuscire a stare alla larga da chiunque voglia fermarmi”
“Sire, non si tratta solo del principe Rabadash, ma di centinaia di soldati, e di Lord Erton anche, che non aspetta altro che rinchiudervi nei sotterranei del castello”
Caspian fece una risatina. “Sul serio?”
“Non burlatevi del nemico, mio signore. Voi non sapete…”
E qui, Drinian s’interruppe e si scambiò uno sguardo nervoso con gli altri. Caspian, lo notò.
“Non so cosa, ancora?!”
“Avete visto anche voi quanto sia stretta la sorveglianza, sia attorno alle mura che nella foresta. Se entrate là dentro non ne uscirete vivo!”
Caspian alzò gli occhi neri su Drinian, scuotendo piano il capo. “Devo andare da lei”
“Lo so, Maestà, capisco come vi sentite, ma è una trappola, non capite?”
“Susan è là dentro, maledizione! Mia moglie, la madre dei miei figli, il mio amore, la mia vita! Voi sapete, capitano, cosa lei significa per me. Cosa sono disposto a fare per lei!”
Sì, Drinian lo sapeva. Aveva assistito personalmente ad ogni sorta di prova attraverso la quale l’amore del Liberatore e della Dolce era passato e aveva resistito. Sapeva cosa Caspian era capace di fare per Susan, quale tipo di amore univa quell’uomo e quella donna: un amore che non si piegava davanti a nulla e nessuno, nemmeno davanti alla Grande Magia. Un amore vivo, vero, tangibile, più forte ogni giorno che passava. E più tentavano di dividerli, più loro erano uniti.
Ma nonostante ciò, Drinian provò di nuovo a persuadere il suo Re.
“Insisto perché vi fermiate ancora un momento a riflettere”
“Basta, sono stanco che tutti mi diciate cosa fare” sbottò il giovane, rivoltandosi verso Tempestoso. “Allora, chi è con me?”
Subito, lui e Shira si mossero verso il loro Sovrano, e dopo un attimo anche i due figli del Centauro fecero lo stesso.
Caspian guardò Drinian, il quale si scambiò a sua volta un’occhiata con il dottor Cornelius e Selva. Questi due ultimi non dissero nulla, ma dalle loro espressioni corrucciate e preoccupate, si capiva che erano dello stesso parere del capitano: era una pazzia.
Ma la maggioranza aveva vinto.
“Quanto tempo ci vorrà per organizzarci?” chiese Caspian, mentre con tutti gli altri sedeva sull’erba consumando un veloce pasto freddo, rendendosi conto solo in quel momento di essere affamato come un...e va bene, come un lupo.
“Due giorni al massimo, Sire” disse Tempestoso con la sua solita calma.
Il Liberatore scosse il capo. “Non posso aspettare due giorni. Devo farlo oggi”
“Siamo troppo pochi, abbiamo bisogno di rinforzi” ripeté Shira per l’ennesima volta.
“Mi sembra di sentire C.P.A” replicò Caspian. “Dove pensate di trovare aiuto? Al suono del corno d’avorio nessuno ha risposto”
“Forse dovremmo indagare se Briscola e gli altri hanno ricevuto un qualche supporto” disse Selva.
“E’ vero, dovremmo avvertirli” aggiunse Shira. “Ecco i rinforzi che cercavate, Maestà. Ho ragione o no? Briscola e gli altri ci saranno di grande aiuto. Dovrete accontentarvi se non volete aspettare ancora.”
Per un nano secondo, Caspian pensò che in qualunque animale Susan avesse dovuto trasformarsi, che non fosse un falco! Se erano tutti stizzosi e irritanti come Shira…
“Posso andare io a raggiungere il gruppo di Briscola, se volete” si propose Selva.
“Non so se li troverai ancora dove li ho lasciati” rispose Caspian. “Avevano programmato di andare verso sud, a Prato Ballerino. Forse sono già partiti”
“Non credo che l’abbiano fatto, Maestà” disse il dottor Cornelius. “Nessuno di noi vi abbandonerà mai, lo sapete bene”
Caspian strinse la mano che il vecchio precettore gli posò sul braccio.
“Scusatemi. Avete ragione. Va bene: Selva, puoi andare, ma non da sola”
“Porterò i miei figli con me” rispose la moglie di Tempestoso, lasciando in fretta la radura.
Ormai era passato il mezzogiorno.
Una mattinata sprecata, pensò Caspian, ma era vero che non poteva agire di fretta e da solo.
Pazienza, si ripeteva. Devo avere pazienza.
Doveva riflettere, doveva pensare a tutte le possibilità di fallimento per poterle evitare, e questo richiedeva tempo.
“Pensavo di entrare nel castello tramite il passaggio segreto che porta nelle stanze della Regina Lucy” disse il Re, tracciando sul terreno una molto approssimativa piantina del castello con un rametto. “Porta fuori dai confini dei giardini, e spunta nel bosco sulla spiaggia al di là dell’isola dove sorge la cittadella”
Gli altri assentirono.
Sembrava l’unica soluzione, d’altra parte: non c’era modo di entrare in Cair Paravel se non quello di attraversare il tratto di mare che divideva l’isola dal resto della città con un’imbarcazione. E ciò era impossibile per loro, dato che sarebbero stati avvistati e riconosciuti immediatamente.
Fecero piani per tutto il pomeriggio. Verso sera, Selva e i suoi figli furono di ritorno, portando notizie di Briscola, Miriel e gli altri.
Proprio come aveva pronosticato Cornelius, Caspian seppe che nessuno aveva avuto intenzione di partire verso sud, non senza il Re.
“Arriveranno qui entro stanotte” lo informò Selva. “Se voi siete pronto, Maestà, per domani mattina potremo patire alla volta del castello”
“Sì” disse Caspian, la voce piatta. “Quando tornerò me stesso”
I centauri, il falchetto, Drinian e Cornelius, non seppero cosa rispondere, e preferirono rimanere in silenzio.
Il tramonto si avvicinava, e presto sarebbe avvenuta una nuova trasformazione.
Caspian, ora che sapeva cosa gli sarebbe successo di li a meno di due ore, si stupì di scoprirsi estremamente calmo all’idea di riprendere le sembianze di lupo.
Sarebbe stato così per molto tempo, aveva idea. Shira gli aveva parlato della maledizione, ma non di una contro maledizione, che probabilmente non esisteva.
“Perdonatemi, amici” disse, mentre le ombre prendevano il sopravvento sulla luce. “So di essere stato arrogante e alquanto irascibile, quest’oggi.”
“Mio caro ragazzo” rispose Cornelius, “nelle ultime quarantott’ore sono accadute così tante cose alle quali nessuno di noi era preparato, e alle quali non siamo stati in grado di far fronte. Ma domani, Maestà, sarete di nuovo insieme alla vostra Susan, e io so che allora troverete la forza che vi è mancata in queste ore. Riposate, adesso”
Caspian ringraziò di cuore per le parole di conforto, che donarono un po’ di ristoro al suo animo in subbuglio.
Sì, domani...Domani C.PA. e Miriel sarebbero arrivati con i rinforzi, e lui e Susan sarebbero stati ancora insieme, in un modo o nell’altro.
Non l’avrebbe mia lasciata. Mai. Qualunque cosa fosse successa...qualunque aspetto lei avesse.
Infine, Il Re di Narina s’incamminò attraverso gli alberi, lasciando il piccolo accampamento allestito dagli altri per la notte.
Attese che la luna sorgesse, e quando l’ultimo bagliore di luce sparì tra le nubi, l’ululato del lupo si alzò nel cielo nero come il suo manto.
 
 
“Bugiarda!” esclamò Rilian. La sua voce riecheggiò tra le pareti di roccia della grotta silenziosa. “Sei una bugiarda! I nostri genitori non sono affatto morti!”
Il piccolo principe sentì che aveva di nuovo voglia di piangere, sentì la collera montare dentro, tutta la sua ammirazione per la bella Signora vestita di verde scomparsa.
“Q-quando il serpente ci ha portati qui sotto, erano vivi! Li ho visti!”
La Signora dalla veste Verde lo studiò con i suoi occhi chiarissimi, un’espressione in cui c’era quasi una sorta di tenerezza.
 “Raccontatemi com’è andata” li esortò la donna con gentilezza.
Stentatamente, i bambi ripercorsero quel momento spaventoso, da quando avevano veduto il mostro in riva al fiume, fino a quando i genitori erano stati colpiti da esso.
“Ah, ecco” mormorò la Signora. “Sì, dev’essere stato allora. Avete detto che li ha colpiti entrambi, vero?”
“Si, ma…” balbettò Myra, tremando come una fogliolina. “Ma papà si è rialzato, e ha cercato di impedire al serpente di portarci sottoterra. Quindi lui non è…m-mor…”
“Non dirlo, Myra!” esclamò Rilian
Lei trasalì, guardandolo sbalordita.
Erano piccoli, ma sapevano la morte che significava. E per quanto tentassero di non credere alle parole della Signora dalla Veste Verde, non riuscivano a sfuggire ai suoi occhi fissi nei loro. Non batteva ciglio.
“Poveri piccoli” disse quest’ultima. “So quanto difficile sia da accettare”
“NO! NO!” gridò Myra, portandosi le mani alle orecchie per non udire altro.
“Dovrete essere coraggiosi. Il vostro papà e la mamma avrebbero voluto che lo foste. Io li conoscevo, sapete?”
Con la sua voce calma, il tono persuasivo, la commozione nello sguardo, la Strega Bianca riuscì di nuovo a catturare tutta l’attenzione dei gemelli.
“Davvero li conoscevate, Maestà?” chiese Rilian.
“Non bene, purtroppo. Sono certa che abbiano combattuto coraggiosamente per salvarvi, ma questa creatura, questo serpente” disse, indicandolo alle proprie spalle, “proviene dal Mondodisotto, e non potevano sconfiggerlo. Le creature che vivono quaggiù sono molto più forti di quelle che stanno nel Mondodisopra. Mio caro, tu prima mi hai chiesto come sono riuscita ad uccidere il serpente. Ebbene, proprio per questo motivo: perché sono la Regina di questo mondo sotterraneo e ne conosco gli abitanti. Anch’io sono più forte degli uomini che vivono lassù, e anche le mie armi sono più potenti delle spade che usano di solito i cavalieri del Mondodisopra”
“Ma allora” fece Rilian, gli occhi azzurri smarriti, “allora non potremo più rivederli. La mamma, e il papà…”
“E non potrete nemmeno tornare a casa, tesori” aggiunse la Signora, celando il divertimento che provava vedendo che ormai i bambini erano alla sua mercé. “La vostra casa, il vostro castello, è stato attaccato da uomini molto, molto malvagi. Vi stanno dando la caccia. Se tornate lassù, vi prenderanno e vi uccideranno”
Rilian e Myra tremarono, stringendosi ancora l’uno all’altra.
“Non temete, non lo permetterò” li rassicurò subito la Signora, allungando le braccia e traendoli a sé. “Mi prenderò cura di voi.”
“Ma a Narnia abbiamo tanti amici che possono aiutarci” replicò Rilian, alzando il viso per osservare quello della donna.
Lei scosse il capo, e lacrime simili a ghiaccio scivolarono lungo le sue guance pallide. “No, caro, nessuno è rimasto”
Nessuno.
Più nessuno, nemmeno Lady Lora, né Miriel, il dottor Cornelius?
Come se avesse letto loro nel pensiero, la Regina del Mondodisotto scosse nuovamente il capo.
Nessuno.
Erano soli al mondo, ormai.
Myra e Rilian si strinsero alla Signora, che subito li avvolse con il suo mantello caldo.
Anche la sua pelle era calda, ma un momento prima soltanto, avrebbero giurato che fosse gelida come neve. Ma il gelo percepito proveniva in realtà dalle gallerie di pietra che si aprivano sull’immensità del Mondodisotto, tra le quali spiravano raffiche di aria fredda.
La Signora dalla Veste Verde sollevò i due bambini senza sforzo, e tenendoli in braccio si allontanò dalla carcassa del serpente, imboccando una delle gallerie.
“Mullughuterum!” chiamò poi.
Rilian e Myra sbirciarono nel buio per vedere cosa sarebbe successo ora, aspettandosi di veder spuntare qualcuno.
A pensarci bene, però, chi mai poteva possedere un nome tanto strano? Forse, quella strana parola apparteneva alla lingua del Mondodisotto, oppure era la formula di qualche sortilegio.
Dopo un attimo, venne fatta luce ai loro dubbi.
Si udì un rumore di ruote, come di un grande carro, e i gemelli videro apparire un alone di luce verde-blu dal fondo della galleria. Man mano che si avvicinava, poterono vedere che il rumore apparteneva alle ruote argentate di una splendida ed enorme carrozza dello stesso colore, così enorme che avrebbe anche potuto contenere un elefante. Era trainata da quattro bizzarre creature cornute: animali de Mondodisotto, immaginarono. Il cocchiere era invece di aspetto simile a un uomo, ma non lo era.
Era lui Mullughuterum, non c’erano dubbi, e a dirla tutta quel nome gli calzava a pennello, perché il proprietario era strano quanto lui. Anche da seduto, si notava che era molto alto, pallido in volto, gli occhi scuri estremamente tristi. Se il suo sguardo – che si posò sui gemelli non appena la carrozza si fermò – fosse stato più cupo, più ostile, Rilian e Myra ne avrebbero avuto paura. Invece, provarono molta pena per lui.
“Cosa gli è successo?” chiese Myra, mentre saliva i tre gradini della carrozza.
“Come, cara?” La Signora non capì la domanda.
“Cosa può essergli successo di tanto brutto per essere così infelice?” domandò ancora la bambina, gli occhi nocciola fissi su Mullughuterum.
“Assolutamente nulla. Quella è la sua naturale espressione” rispose la Signora, lanciando un’occhiata di disgusto al suo cocchiere. “Ora sali, cara, non perdiamo tempo. Sarete molto stanchi. Una volta che saremo al mio palazzo potrete riposare e mangiare un pasto caldo”
Quando i bambini videro l’interno della vettura, ne rimasero sbalorditi e affascinati. Era spaziosa, illuminata da due lanterne poste sopra i sedili imbottiti di velluto nero sui quali si accomodarono, mentre la Signora si arrampicava dietro di loro. Lo sportello si richiuse da sé.
“Partiamo” disse lei.
I gemelli udirono lo schiocco della frusta e la carrozza iniziò a muoversi.
 “Vivrete qui con me, d’ora in avanti” disse la Signora dalla Veste Verde, “fino al giorno in cui non sarete cresciuti e sarete pronti per diventare Re e Regina di Narnia”
“Re?” fece Rilian, gli occhi azzurri spalancati.
“Regina?” gli fece eco Myra, le mani premute sulla bocca.
“Si, miei cari” sorrise la Signora, facendo loro cenno di sedersi ai suoi lati e gettando nuovamente il proprio mantello sulle loro spalle. “Ora che i vostri poveri genitori non ci sono più, voi siete Re e Regina di Narnia, e un giorno, vi prometto che riavrete il vostro regno. Adesso siete così piccini, così indifesi, e non potrete di certo sconfiggere i malvagi uomini del Deserto che hanno invaso casa vostra”
Rilian e Myra singhiozzavano sul petto della Signora, che era tanto buona e gentile, e che si sarebbe presa cura di loro come una madre. Con lei si sentivano protetti, era piacevole ascoltare la sua voce, la quale si mise ad intonare una strana nenia simile a una ninna nanna.
“Dormite bimbi miei, la luna e il sole son sorti e tramontati.
Dimenticate miei tesori, la notte, il dì, e i fiori già sbocciati.
Fate bei sogni, senza perché, senza pensare al prima e al poi.
Starete bene, quaggiù, restate fra di noi”

Piano piano, incantati dalle rime della canzone, Rilian e Myra smisero di piangere, i loro occhi si chiusero, ed entrambi sprofondarono in un sonno tranquillo.
“Procedi lentamente, Mullughuterum” disse la Strega Bianca, coprendo i bambini con una soffice coperta di pelliccia. “Il principe e la principessa si sono addormentati”
Poi, Jadis riprese a recitare l’incantesimo. Alla sua voce se ne unirono tante e tante altre. Tutte cantavano quella litania rilassante, mentre la carrozza proseguiva tra le strade labirintiche del sottosuolo, scendendo giù, sempre più giù, nei meandri del mondo, portando Rilian e Myra lontani dalla luce, lontani da casa.
 
 
~·~



Il freddo le aveva congelato mani e piedi...e naso.
Jill tirò fuori un fazzoletto dalla tasca della gonna e soffiò forte.
Da quando era diventata amica di Eustace, i bulli della scuola avevano quasi perso interesse per lei. Tuttavia restava sempre uno dei loro bersagli preferiti, e quando Scrubb non era nei paraggi, eccoli di nuovo alla carica.
 “Pole? Ehi, Pole, dove ti sei cacciata?” chiamò una voce che lei riconobbe per quella di Eustace.
Ovviamente. E chi poteva essere se non lui?
“Andiamo, so che sei qui. Ah, eccoti!”
La testa di Eustace Scrubb sbucò dietro l’angolo della palestra, dove Jill era rannicchiata contro al muro, seduta sul sentiero bagnato, tra l’edificio e il boschetto che demarcava il perimetro del cortile.
Il ragazzo la guardò, le mani affondate nelle tasche dei pantaloni.
Jill non era un tipo piagnucoloso, era ben raro vederla in lacrime, ma gli scherni dei bulli la facevano veramente soffrire.
“Siamo alle solite, eh?”
Lei alzò le spalle, stringendosi ancor più le ginocchia con le braccia, affondandovi il viso. “Lascia stare, tanto non risolveremo mai nulla”
Eustace si sedette accanto a lei, ascoltando i suoi singhiozzi.
“Lo so, è assurdo piangere ancora per queste cose a diciassette anni” disse la ragazza la voce soffocata, “ma non…posso…farci nulla. Sono una sfigata!”
“Oh, ma piantala!”
“Taci, tu, che fino a qualche anno fa eri esattamente come loro!” sbottò Jill rialzando il capo, scostandosi i capelli biondi dagli occhi.
“Ehi, io non mi sono mai comportato come Carter e i suoi! Sì, ero un’idiota, ma non ho mai messo le man addosso a nessuno! Lo scherzo più cattivo che ho fatto è stato imprigionare nel bagno un coniglietto di peluche!”
Jill singhiozzò, e Eustace capì che era ancora sottosopra per quello che le era successo.
“Non ti hanno picchiata vero? Me lo diresti se fosse cosi” chiese preoccupato.
Lei scosse il capo. “No. Sto bene. Ma sono così stanca di questa storia…”
“Tieni duro qualche mese ancora, Pole. Dopo il diploma diremo tanti saluti a questa scuola dal cavolo!”
“Non vedo l’ora”
Eustace si frugò in tasca e offrì a Jill una gomma da masticare alla menta. Ne prese una anche lui.
“Questo posto ci va stretto, vero Pole?”
“Puoi dirlo”
Eustace iniziò a fare minuscoli palloncini con la gomma. Sembrava pensieroso, notò lei.
“Che ne dici di marinare la scuola, oggi?”
“Ma sei scemo?!” esclamò Jill, quasi strozzandosi con la gomma.
“Perché no?” chiese il ragazzo scrollando le spalle. “Non ci faranno nemmeno caso”
“Sì che ci faranno caso. Non possiamo…anche se mi piacerebbe” confessò lei, tradendo un sorriso tra le lacrime.
Senza accorgersene aveva smesso di piangere.
“D’accordo, allora” disse Eustace alzandosi e infilando di nuovo le mani nelle tasche, tirandosi su la cerniera del giaccone. “Dove ti piacerebbe andare?”
“Mmm…non so, fai tu” rispose Jill.
In quel momento, le venne in mente solo un posto che avrebbe voluto tanto visitare, ma era impossibile arrivarci.
“Dai, un posto qualunque” disse Eustace.
“Narnia” disse Jill in fretta, con una vocina piccola piccola.
Lui si voltò a bocca aperta e la gomma gli scivolò fuori e cadde a terra.
Jill scoppiò in una risata fragorosa, piegandosi in due. La scena era stata esilarante.
“Cretina! Oh, uffa, era così buona…” Eustace osservò con malinconia la sua povera gomma giacere a terra tra le foglie morte.
“Oddio…scusami…è stato… troppo forte”
“E’ colpa tua! Con quello che hai detto mi hai preso alla sprovvista. Come ti viene in mente proprio Narnia, accidenti?!”
Jill cessò pian piano di ridere, guardando l’amico, il quale aveva una strana espressione.
“Scusa. Hai detto un posto qualunque”
“Intendevo entro i confini di Cambridge, possibilmente”
Jill fece un sorriso di scusa. “Ma sarebbe possibile andarci?” chiese poi a bassa voce, come se nessuno dovesse sentirli, né sapere quel che stavano per fare.
Perché era un segreto, un segreto improntassimo che lei aveva mantenuto per ben quattro anni, anche se non faceva parte della cerchia di Re e Regine o Lord di Narnia.
Nel suo intimo, Jill si sentiva parte di quel mondo. Non l’aveva mai detto a nessuno, neppure a Eustace.
“Bè” ammise Eustace, dopo essere rimasto in silenzio per un pò, “io non so esattamente come ci si arriva. Voglio dire, tutte le volte che ci sono stato, io e i miei cugini siamo stati chiamati”
“Da…Aslan?” domandò Jill, tremante d’emozione.
Il pronunciare il nome del Leone creò attorno a loro come uno scudo invisibile, e furono certi che in quel momento nessuno li avrebbe disturbati, o avrebbe fatto loro del male.
“Sì” rispose Eustace. “Sì, da Aslan”
“E se glielo chiedessimo?” provò Jill, speranzosa. “Se provassimo a chiedere ad Aslan di chiamarci? Di farci andare a Narnia?”
Eustace rifletté molto attentamente. “Forse se…”
“Cosa?” esclamò Jill aggrappandosi al suo braccio.
Non sapeva perché ma si sentiva emozionatissima, come se stessero davvero per partire da un momento all’altro.
“Una volta, mio cugino Peter mi ha detto che c’era una specie di poesia che lui recita spesso, perché lo fa sentire più vicino a Narnia. E’ qualcosa che Aslan disse tanto tanto tempo fa, ai tempi della creazione del mondo”
“Tuo cugino ha assistito a questo evento?!” chiese Jill ammirata. “Nel tuo libro non c’è scritto, non me l’avevi detto”
Eustace si corresse. “No, non Peter. Il professor Kirke, un vecchio amico dei Pevensie”
“Oh sì! Il proprietario dell’armadio guardaroba!”
“Esatto. Ma queste cose le sai, pensiamo a noi due, adesso. Dunque…come faceva la poesia…Ah sì!” Eustace si schiarì la gola e poi guardò attentamente l’amica. “Sei pronta?”
Jill ebbe un fremito e trattenne il respiro. “Oh, no, no, no, aspetta! Dammi un minuto per metabolizzare la cosa. Sto per lasciare questo mondo!”
Eustace trattene rumorosamente una risata. “Detto così sembra che tu stia per tirare le cuoia”
“Sempre delicato, Scrubb” Jill gli diede un calcetto. “Va bene, sono pronta” disse poi, tirando un gran sospiro.
“Allora ripeti insieme a me”
In un qualsiasi altra circostanza, Jill si sarebbe sentita una stupida a fare quel che realmente fece, ma non quel giorno dietro la palestra. Non in quel momento.
“Aslan, Aslan, Aslan” recitò Eustace.
“Aslan, Aslan, Aslan” ripeté Jill.
“Ti prego permetti a Pole e a me di…”
“Di…” la ragazza, che aveva chiuso gli occhi completamente assorta nel momento solenne, li riaprì e fissò il volto dell’amico. “Di fare che?”
“No, scusa, non era così”
Jill piantò i piedi a terra e si mise le mani sui fianchi. “Eustace, Scrubb, tu mi stai prendendo per i fondelli!”
“No, no, scusa, è che non…ora recito quella giusta, scusami”
Lei sbuffò e riabbassò le braccia lungo i fianchi.
“Ci sono: pronta di nuovo, Pole?”
“Sì”
Si alzò un lieve alito di vento che fischiò tra i rami quasi del tutto spogli, tra le mura dell’edificio scolastico.
“Narnia, Narnia, Narnia” recitò Eustace, e Jill ripeté con lui. “Ama. Pensa. Parla”.
Accadde qualcosa o forse niente. Il tempo si fermò o iniziò a scorrere velocemente in avanti, non seppero dirlo. All’improvviso però, udirono delle voci.
Jill, che aveva paura di essere trovata dai bulli, si voltò terrorizzata verso Eustace. Si scambiarono uno sguardo d’intesa e si gettarono a capofitto in mezzo agli alberi, arrampicandosi sulla collina scoscesa dove sorgeva il boschetto. Dopo un minuto circa si fermarono e ascoltarono in silenzio, e dai rumori dedussero che ‘quelli’ li seguivano ancora.
Si voltarono e ricominciarono a salire.
In fondo al declivio stava un grosso muro di pietra con una porta che dava sulla brughiera. Purtroppo, la porta era sempre rimasta chiusa: si diceva che una volta qualcuno l’avesse trovata aperta, e forse era sgattaiolato fuori dalla scuola per andare a godersi le meraviglie della campagna inglese invece che le noiose regole del latino e dell’algebra. Tutti gli studenti della scuola speravano di poter trovare il modo di aprirla nuovamente, o di trovarla aperta come quella volta, ma non era mai accaduto.
Non fino a quel giorno…
Eustace e Jill, ansimanti e sporchi di terra, arrivarono davanti alla porta, che naturalmente era chiusa.
Ma qualcosa spinse Eustace a posare la mano sulla maniglia. “Non è sempre stata così, ma allora…!”
“Scrubb, arrivano, cosa stai…Oh!” esclamò Jill.
La maniglia si abbassò e la porta si spalancò.
I due ragazzi rimasero immobili a fissare quel che c’era al di là, senza più preoccuparsi che i bulli potessero raggiungerli.
Jill e Eustace si erano aspettati di trovarsi davanti la brughiera, con la grigia distesa d’erica che sfiorava il malinconico cielo invernale. Invece, furono accolti da un bagliore accecante che filtrava attraverso la soglia: dall’altra parte la giornata era calda come in un giorno d’estate. Il chiarore meraviglioso faceva brillare le gocce di rugiada come perle sull’erba, e risplendeva sul viso dei due ragazzi.
Sembrava venire da un altro mondo, non era la luce a cui erano abituati. Non lei, almeno, perché Eustace subito rammentò di aver visto una luce simile quand’era sul Veliero dell’Alba, alle soglie della Fine del Mondo.
Attraversarono l’arco della porta e si ritrovarono su un prato di erba tanto morbida e vellutata da non sembrare vera, sotto un cielo azzurro che più non si sarebbe potuto. E videro creature che svolazzavano qua e là, talmente splendide da sembrare gemme o farfalle gigantesche.
Anche se Jill aveva sempre sognato di entrare in un mondo magico e fatato, adesso aveva paura. Guadò Eustace e si accorse che anche lui provava la stessa sensazione.
“Coraggio, Pole” la tranquillizzò il ragazzo.
“Non sarà meglio tornare indietro? Non pensi che ci sarà qualche pericolo?”
Proprio in quel momento, ecco di nuovo le voci di prima.
“La banda di Carter!” fece Jill, spaventata.
“Presto!” esclamò Eustace.
E prima che lei si rendese conto di quel che stava per succedere, lui la prese per mano e la trascinò oltre la porta.
Via dalla scuola, via dall’Inghilterra e dal mondo intero.
Via…verso Narnia.
La porta si richiuse su sé stessa con un tonfo, e tre ragazzi sbucarono dagli alberi, troppo tardi per fermare gli altri due che erano appena passati.
“Oh no!” esclamò Lucy, afferrando la maniglia e strattonandola forte. Ma quella non si mosse, come fosse chiusa a chiave, quando un attimo prima era aperta.
“Se ne sono andati. Sono già a Narnia! Ora che facciamo?”
Edmund e Peter si fermarono un passo dietro la sorella. Tutti e tre fissarono la porta, in silenzio.
Il passaggio si era richiuso. Avrebbero dovuto trovare un altro modo per raggiungere Narnia.

 
 
 
 
 
Arrivare alla fine di questo capitolo è stato un calvario!!! Ma finalmente i giorni infernali dovrebbero essere finiti, da lunedì la vostra Susan riprende il lavoro e il tram tram giornaliero, che dovrebbe permettermi di dedicarmi adeguatamente a questa storia (speriamo!!!)
Miei cari lettori, eccoci qui al 12 capitolo. Anche stavolta sono ricucita a far vedere tutti i personaggi, (Rabadash no, ahahah!!!) e come annunciato ho dedicato molto spazio a Caspian, e pochino a Susan e agli altri Pevensie…recupereremo nel prossimo. Scusate se non riesco a gestirli benissimo a volte, ma faccio del mio meglio U.U

 
Ringrazio:
Per le preferite:
Aesther, aleboh, Araba Stark, battle wound, english_dancer, Fly_My world, Francy 98, Fra_STSF, G4693, GregAvril2000, HikariMoon, Jordan Jordan, Joy_10, lucymstuartbarnes, lullabi2000, Mia Morgenstern, Muffin alla Carota, Mutny_Hina, oana98, piumetta, Queen Susan 21, Shadowfax, SweetSmile, TheWomanInRed, ukuhlushwa  e Zouzoufan7
 
Per le ricordate: Araba Stark, Cecimolli, Halfblood_Slytherin, mishy e Zouzoufan7
 
Per le seguite: Araba Stark, bulmettina, catherineheatcliff, Cecimolli, ChibiRoby, cleme_b, ecate_92, FioreDiMeruna, Fly_My world,Fra_STSF, GossipGirl88, Halfblood_Slytherin, JLullaby, Jordan Jordan, Joy_10, Judee, katydragons, Lucinda Grey, lucymstuartbarnes,Mia Morgenstern,
niky25, Omega _ex Bolla_, piumetta, Queen Susan 21, Queen_Leslie, Revan93, Shadowfax e Zouzoufan7


Per le recensioni dello scorso capitolo (scusate se non ho ancora risposto a tutti): battle wound, GossipGirl88, Halfblood_Slytherin, Joy_10, Queen_Leslie, Queen Susan 21, piumetta e Shadowfax
 
Angolino delle Anticipazioni:
Nel prossimo capitolo ci sono un sacco di cose da far succedere, ma per prima cosa, vi avviso che ci sarà un altro salto temporale.
Si partirà probabilmente con Caspian e la sua operazione di salvataggio: ce la farà a tirare fuori Susan dall’orribile prigione in cui Rabadash l’ha rinchiusa?
Rilian, Myra e Jadis arriveranno al castello di quest’ultima, dove troveranno una sorpresa ad attenderli.
Spero di farci stare anche i Pevensie, Eustace e Jill, cosi vedremo in che modo i primi tre raggiungeranno Narnia, e dove sono finiti gli altri due.


Note: nel pezzo dedicato a Eustace e Jill, ho modificato un po’ la dinamica del primo capitolo del libro “La sedia d’Argento”, ma alcune frasi e descrizioni le ho riportate identiche.
Nuova canzone da questo capitolo, che va ad aggiungersi alla colonna sonora di Night&Day: la stupenda “My Immortal” degli Evanesece. L’adoro e credo sia perfetta per il contesto di questi capitoli. Che dite?
 
Bene, per questa settima è tutto. Vi ricordo la mia pagina gruppoChronicles of Queen dove trovare gli aggiornamenti di Night&Day e di A Fragment Of You.
Grazie mille a tutti come sempre, e scusate ancora per i ritardi.
Un bacio immenso,
Susan♥
   
 
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