“Sveglia!”
urlò una voce fastidiosa.
Forse aveva lasciato la TV accesa.
“È
la mattina di natale!” continuò a strillare in
maniera insistente.
Si era forse addormentata nel bel mezzo di un film natalizio?
Sentì
un calore estraneo sull'addome e parecchio rumore attorno.
Isabel
si svegliò di colpo, scoprendo un grosso gatto arancione che
riposava acciambellato sulla sua pancia, facendo le fusa; la guardava
pigramente da dietro la coda ciuffosa, che saettava lentamente su e
giù.
“Ciao,
miciomiao. Da dove salti fuori?” lo salutò
cortesemente,
allungando una mano per grattargli l'orecchio, che il gatto
annusò
lasciandoglielo poi fare. Il ronzio si fece più forte.
“Si
chiama Klunk” rispose la voce di Michelangelo, da qualche
parte
fuori dalla sua portata visiva. Isabel cercò di tirarsi su,
ma il
felino non sembrò dello stesso avviso: fece uscire una parte
di
unghie, conficcandogliele nella pancia, quel tanto che bastò
a farla
ritornare sdraiata con un grido sorpreso.
“Ahia,
gattaccio!” si lamentò infatti, di nuovo a terra.
“Non
sembra essere d'accordo. Ha deciso che sei sua”
scherzò Mikey,
apparendo infine alla sua destra, chinandosi per recuperare il gatto.
Un soffio e uno strillo e il ninja ritirò la mano,
oltraggiato.
“Cattivo,
Klunk! Scusa, non so che gli prenda” mormorò
grattandosi la testa,
guardando il felino risistemarsi per bene sulla pancia della ragazza,
con un'espressione indispettita.
“È
colpa mia. O meglio, dei miei poteri. Gli animali ne sono attratti,
soprattutto i gatti” spiegò, puntellando i gomiti
e tirandosi su,
unghie o meno. Klunk la guardò offesa, poi si
acciambellò tra le
sue gambe, tornando a fare le fusa, come una grossa palla arancione e
ronzante.
“Credevo
che in inverno non avessero effetto, però, visto che sono
più
deboli” sbadigliò, passandosi una mano tra i
capelli, arruffandoli
ancora di più. Il rifugio era ancora in condizioni pietose
per la
sera precedente, ma tutti gli altri erano svegli o perlomeno si
stavano svegliando, allietati dalle grida di prima, che era sicura
fossero di Casey. Dopo i buon giorno e lo strofinamento di occhi,
tutti si tuffavano sotto l'albero intenti a scartare allegramente
regali.
“Bella
acconciatura” la prese in giro Raph, sedendosi d'improvviso
al suo
fianco, indicando i suoi capelli, arruffati come un nido di
rondini.
“Buon
giorno anche a te” rispose, sistemandoli meglio che
poté con le
mani, imbarazzata, certa di essere in condizioni pietose.
Gettò
un'occhiata al suo fianco, occhieggiando prima il maglione rosso
natale e poi il suo ghigno e i suoi ridenti occhi scuri, che le
fecero perdere un battito; distolse lo sguardo, continuando ad
appiattire i capelli, sempre più a disagio.
“Zabaione?”
offrì lui, ignaro, porgendole una tazza ricolma di
marshmallow. La
accettò volentieri, gustando la crema, densa e dal sapore
dolcissimo, rimanendo seduta accanto a lui mentre guardava la sala:
Michelangelo stava scartando un paio di pattini a reazione, felice
come non mai, e fu solo quando Leonardo glieli tolse da mano che
desisté dal provarli lì seduta stante; April
aveva appena scartato
il regalo da parte di suo marito e lo stava abbracciando, estasiata;
Donatello consegnò a Splinter il regalo da parte sua e dei
suoi
fratelli. C'erano ovunque risate, facce sorprese, affetto.
Si
ritrovò a sorridere, senza volerlo. Pur nella stranezza e
nella
particolarità dei presenti, era tutto così
dolorosamente perfetto
che sorrise senza pensarci.
“Sono
contento di vederti felice. È
valsa la pena portarti qui in spalla, anche se pesi”
sbuffò Raph
con tono soddisfatto, guadagnandosi uno spintone offeso che per poco
non gli fece cadere la tazza di zabaione che stava bevendo.
“Tu
non vai ad aprire i regali?” domandò Isabel,
voltandosi a
guardarlo.
“Già
fatto! Mi sono alzato presto, io. Non come qualcuno che ha continuato
a russare fino a tarda mattina in posizioni imbarazzanti, mugugnando
parole a caso nel sonno.”
“Non è vero che russo! O che parlo
nel sonno! O che mi metto in posizioni imbarazzanti!”
soffiò
indignata, rischiando di farsi andare un marshmallow di traverso.
“E
tu come fai a saperlo? Dormi, non sai quello che fai! Io ti ho vista
dormire per due volte, ed eri uno spettacolo pietoso in
entrambe!”
continuò a punzecchiarla, ridendo internamente per le buffe
espressioni che lei faceva senza esserne conscia. E quel ciuffo sulla
testa era ancora ribelle, come un'antenna, rendendola sempre
più
ridicola.
Klunk, ancora seduto su Isabel, ronzava beatamente,
riempiendo i silenzi.
“E
chi ti dice che non me lo abbia detto qualcun altro?”
insinuò
allusiva, facendogli perdere un battito.
Isabel aveva un
fidanzato? O aveva avuto un fidanzato? Qualcuno con cui aveva
dormito? Con cui era andata a letto? Era plausibile, era una bella
ragazza, poteva essere successo; ma lei non si teneva alla larga da
chiunque? O c'erano delle eccezioni? Perché ci stava
pensando? E
perché si stava arrabbiando?
Solo
alla vista del suo sogghigno capì che lo stesse prendendo in
giro e
si rilassò, inconsciamente.
“Il
regalo... lo hai aperto?” domandò Isabel a
disagio, tornando a
guardare verso l'albero, con finta nonchalance.
Raph appoggiò la
tazza al suolo e si alzò in piedi, tergiversando, facendo
finta di
stiracchiarsi per prendere tempo.
“Sì.
Mi è davvero piaciuto, grazie” rispose in
imbarazzo, ma sincero,
nascondendo il viso perché lei non leggesse le sue
espressioni.
“E
adesso apri il tuo” esclamò all'improvviso,
afferrandola per il
polso e sollevandola dal pavimento, mentre Klunk, sfrattato di colpo
dal suo giaciglio, si allontanava arrabbiato.
“Quale
regalo? Non è la festa il mio regalo?” chiese
Isabel, allarmata e
disorientata.
“No,
non sono ancora riuscito a comprare il natale per regalatelo e non
posso rubarlo, non sono il Grinch” dichiarò con un
ghigno mentre
la trascinava verso l'albero, sotto gli occhi degli altri. Isabel
riuscì ad appoggiare la tazza sul tavolo nel tragitto,
seppur sul
bordo, e sperò che non cadesse.
Si
fermarono davanti all'abete agghindato e Raph lasciò andare
il suo
polso, poi si chinò e prese una scatola lunga e stretta da
sotto i
rami, decorata con carta a righe verdi e bianche e un grosso fiocco
rosso.
“Questo
è
per te” annunciò porgendogliela, lieto della sua
faccia
sconvolta.
Isabel non si aspettava affatto un regalo. Non
ricordava nemmeno l'ultima volta che ne aveva ricevuto uno, un
ricordo perso nei meandri del tempo. Le tremavano le mani, lo sapeva.
Era così sbalordita ed emozionata che temeva di scoppiare a
piangere
davanti a tutti loro, ognuno dei quali si era voltato ad osservare la
scena. Scartò il pacchetto con foga, approfittando proprio
di quel
tremolio malefico alle mani, di emozione repressa.
Dentro
scoprì due Sai, scintillanti, ma dalla forma diversa da
quelli di
Raphael: gli tsuba formavano una mezzaluna perfetta e nel manico nero
erano intrecciati fili color porpora. Li prese dalla scatola e li
studiò con reverenza, troppo incredula e sorpresa per dire
qualcosa.
Li rigirò più volte, imprimendosi ogni dettaglio
nella mente,
soppesandoli e studiandoli con affetto.
“Sono...
bellissimi. Grazie” riuscì infine a mormorare
piantando lo sguardo
nel suo, mordendosi le guance per non piangere.
“È
proprio da te: armi a natale” sospirò April
sorpresa, proprio
dietro ad Isabel.
“A
me sembra che le siano piaciuti. Guardate, li sta
abbracciando”
commentò Michelangelo, incredulo.
Isabel
non li lasciò un attimo, tanto che alla fine Raphael dovette
legarle
una cintura in vita.
“Ecco,
così hai le mani libere per fare altro!” la
sgridò, assicurando i
due Sai ai lati. Lei lo guardò felice, mormorando un grazie,
imbarazzata dalle risatine di Angel e April.
Dopo
il sontuoso pranzo, Don tornò, da non sapeva bene dove, con
un
sorriso enorme in viso.
“Ragazzi,
tutti al parco!” urlò, suscitando la gioia
generale. In breve ci
furono schiamazzi, urla di giubilo, preparazioni in grande stile: chi
cercava giubbotti; chi sciarpe; chi, come Mikey, chiedeva in giro chi
avesse visto un paio di scarpe.
“Cosa
fai lì? Preparati!” la spronò Raphael,
infilando il suo giaccone
marrone, che lo rendeva ancora più grosso.
“Ma
non posso. Ho solo questi vestiti e li ho usati per
dormire!”
“Rilassati!
Dove stiamo andando ti sporcherai, fidati! E al ritorno ti accompagno
al villino a prendere un cambio.”
“Ma
i miei Sai...”
“Li
lasci qui! Non te li toccherà nessuno!” la
rassicurò, alzando gli
occhi al cielo.
Isabel
si preparò, seppur titubante, indossando cappotto, sciarpa,
guanti e
cuffia.
“Devi
chiudere gli occhi o rimettere la benda” l'avvisò
Raph, indicando
la sua maschera che lei teneva ancora al collo, preparandosi a
riprenderla in spalla. Indossava gli accessori che lei gli aveva
regalato, con nonchalance, e la cosa le fece enormemente
piacere.
“Oh,
devo
proprio?” protestò, chiudendo tuttavia gli occhi,
sapendo di non
avere alternative.
“Sì.
Questo è il nostro rifugio! Nessuno deve conoscerne
l'ubicazione.”
Si
sentì sollevare, con quel formicolio che aveva percepito
anche la
volta precedente, poi adagiare sulla spalla e il guscio.
“Bugiardo!
Nessun altro viene portato di peso!”
“Non
devi aprire gli occhi!” la sgridò, mentre attorno
risuonavano
ancora risatine e chiacchiere.
Tutti parlavano durante il tragitto e Isabel, che non capiva mai se qualcuno si stesse rivolgendo a lei, rimase semplicemente in ascolto: chiacchiere, rumori di gocciolii e fischi e altri mille sibili... avrebbe dovuto dire a Raph che anche se non sapeva esattamente l'ubicazione del suo rifugio, era comunque palese di dove si trovasse? Non era difficile capire che si trovassero nelle fogne di New York. Ci pensò un attimo su, poi con un sorriso dispettoso decise che non glielo avrebbe detto; si sarebbe goduta la comodità di non camminare.
“Perché
andiamo al parco?” domandò all'improvviso al suo
mezzo di
trasporto.
“Vedrai”
rispose enigmatico Raph. “ Ti piacerà.”
Dopo
un quarto d'ora, una scaletta che saliva per non sapeva dove, aiutata
da non sapeva chi, Isabel percepì immediatamente del freddo
pungente
sulla porzione di viso scoperta.
“Posso
aprire gli occhi adesso?” provò a chiedere, sicura
di essere
finalmente all'esterno.
“Non
ancora. Ma puoi camminare a occhi chiusi se vuoi. Devi solo stare
attenta ai pali, alle persone, alle macchine, ai gradini e via
dicendo” le rispose Raph con altezzosità,
riafferrandola e
portandola nuovamente sulla spalla, con il braccio in alto a cingerle
la vita.
Isabel
sbuffò un poco, poi si adagiò sul guscio,
sconfitta.
“Dovresti
ammetterlo che ci stai prendendo gusto!” lo
punzecchiò ad un certo
punto, annoiata.
“Se
anche fosse, non lo ammetterei mai!” sibilò
scontroso, saltellando
così che anche lei ne ricevesse i sobbalzi, ridendone poi.
“Ehy!
Così mi morderò la lingua!”
“Una
buona scusa per tacere!”
Sperò che nessuno la vedesse,
trasportata di peso, chissà dove, in spalla ad un mutante.
Non ci
aveva pensato: Raph e i suoi fratelli erano in giro, in pieno giorno.
Non li avrebbero scoperti? I quattro si erano imbacuccati in
cappotti, sciarpe, cuffie e guanti, in modo da non essere visti, ma
non era azzardato?
“Eccoci!”
annunciò la voce di Raph, mentre i suoi piedi toccavano il
pavimento
con uno scricchiolio strano. Aprì gli occhi su un giardino
immenso,
completamente bianco: le panchine, gli alberi, i cespugli, le statue,
ogni singolo centimetro e filo d'erba era coperto dalla neve.
“Ha
nevicato!” strillò contenta, riempiendosi gli
occhi di quella
meravigliosa immagine natalizia.
“E
perché ti meravigli? Non eri tu che dicevi che avrebbe
nevicato? E
sai cosa significa?” Una grossa palla la centrò in
pieno viso,
gelida e improvvisa, seguita dalle risate di Raph.
“Battaglia
di palle di neve!” strillò Michelangelo da qualche
parte, dando il
via con entusiasmo. Ben presto si trovò in squadra con
April, Angel
e Casey, in una battaglia umani contro mutanti.
“Tecnicamente
sono metà umana. Se per voi è lo
stesso” spiegò con un'alzata di
spalle agli altri tre.
“Puoi
essere due quarti aliena e anche lumaca, l'importante è che
ci aiuti
a sconfiggere quei quattro arroganti” rispose Casey
infervorandosi,
mentre tutti e quattro stavano nascosti dietro una fontana
ghiacciata, per schivare i proiettili di neve che li bersagliavano.
“Io
protesto!” La voce di Mikey li raggiunse oltre la loro
barriera.
“Casey si è beccato tutte le ragazze!”
“Io
mi becco sempre tutte le ragazze! Si chiama fascino, Mikey!
Rassegnati!” rispose l'uomo, alzandosi stoicamente con le
braccia
piene di sfere, sparando a raffica e a casaccio. Dopo averne lanciate
una decina, e aver preso in pieno petto Leo, squalificandolo, venne
colpito dall'alto da un globo di neve, a tradimento.
Mikey,
sull'albero, se la ghignava, mirando nel contempo agli altri. Le tre
donne scapparono a cercare riparo, mentre Casey litigava con
l'amico.
“Non
ho mai
giocato prima a battaglie con la neve: è davvero
così competitivo?”
ansimò Isabel per lo sforzo di correre nella neve, che si
attaccava
alle scarpe rendendole pesanti. Sentiva le dita dei piedi congelate e
i calzini ormai erano bagnati fradici e respirare era una pugnalata
ai polmoni ad ogni inspiro, tanto l'aria era ghiacciata.
“In
genere no! Ma se giochi contro quattro ninja che ti appaiono ovunque,
facendoti fuori in pochi secondi dall'inizio, vincendo per un
centinaio di volte, alla fine diventa un fatto personale”
spiegò
Angel, rispondendo all'attacco con tutta la foga e centrando per
fortuna Don, che si era distratto.
“E
sai chi è il peggiore di tutti? Quello che non si arrende
mai e non
riusciamo mai a fare fuori, rimanendo per ultimo?”
Un'altra
palla cadde dal cielo, centrando la testa di Angel, che andò
su
tutte le furie.
“Non
mi è difficile immaginarlo” rispose Isabel,
scappando tra gli
alberi per cercare riparo, mentre la risata divertita e profonda di
Raph riecheggiava paurosamente.
Per quello che aveva visto in TV,
le battaglie di neve le erano sembrate divertenti: allora
perché
doveva nascondersi dietro ad un albero come un animale braccato, con
l'ansia di venire scoperta? Il suo fiato si condensava in nuvolette
sempre più vicine, dato il suo respiro corto, svanendo nella
quasi
oscurità del tramonto.
“Isabel!
Sei rimasta solo tu in gioco! Ce la puoi fare!”
urlò April, da un
posto imprecisato. Le voci di Casey ed Angel si aggiunsero, rendendo
difficile capire cosa stessero dicendo, dato che si mescolavano l'una
con l'altra.
Certo che era rimasta ultima: non aveva fatto altro
che scappare! Il suo istinto le aveva suggerito di nascondersi e lei
era davvero brava in quella specialità. Non ce l'avrebbe
fatta mai e
poi mai a vincere, se ne dovevano fare una ragione; non era una
combattente. Anche se aveva capito che ormai ne era rimasto solo uno.
“Non
serve a niente nasconderti se indossi un cappotto così
sgargiante in
mezzo alla neve” mormorò una voce conosciutissima
sulla sua testa.
“Sembri cappuccetto rosso.”
Raph stava appollaiato sul ramo
più basso dell'albero contro il quale era premuta, aveva una
palla
di neve in una mano e un ghigno felice e predatore in volto. E
sì,
il cappotto che indossava era di un bel color sangue, che risaltava
drasticamente tra il candore della distesa nevosa; era stato di sua
madre e lei lo adorava.
“Questo
fa di te il lupo?” chiese con finta indifferenza,
allontanandosi a
piccoli passi, all'indietro, con un lieve rumore scricchiolante.
“Oh,
sì. Dì addio alla nonna, cappuccetto
rosso.”
Il
braccio era già alto, pronto a lanciare, gli occhi
brillavano per la
vittoria che sapeva di aver conquistato.
“Saluta
il cacciatore da parte mia, lupastro!” strillò
Isabel, mentre una
palla enorme si schiantava sulla testa di Raph, un colpo da dietro,
facendolo sbandare e cadere nel cumulo di neve sotto l'albero.
Il
mutante tirò fuori la testa, indignato e interdetto, mentre
il resto
della combriccola li raggiungeva. Isabel si ritrovò
strizzata da
April, Casey e Angel in un grosso abbraccio, felici come non
mai.
“Ehy,
non vale!
Hai usato un trucco, una magia!” protestò Raphael,
riemergendo
dalla neve completamente bianco, scrollandosela di dosso.
“E
voi usate il ninjitsu. Ognuno usa ciò che
possiede!” ribatté
April, per nulla intimorita. Isabel intanto si scostò da
loro,
imbarazzata da tutta quella manifestazione di affetto.
“Ma
sì, concediamogliela, Raph. Abbiamo vinto per
così tante volte,
possiamo permetterci di agevolarli, una volta ogni tanto!”
rispose
Mikey, ridacchiando alla vista del fratello ricoperto di
neve.
“Agevolarci?
Nuova sfida!” tuonarono i tre umani, punti nel vivo.
“Ci
stiamo!” risposero Leo, Don e Mikey. “Ma senza
magia!”
“Senza
Raph!”
I
due interessati si guardarono perplessi, un po' offesi.
“Sembra
che ci stiano facendo fuori” notò con stizza il
ninja, puntando
verso i suoi amici e fratelli.
“Già.
E senza alcun rimorso” constatò Isabel, che fino a
due secondi
prima era stata osannata come campionessa e regina del gioco.
“Fate
come se non fossimo qui, mi raccomando.”
“Sì,
non ce li abbiamo dei sentimenti, noi!”
“Andiamocene”
disse con una alzata di spalle Raph, prendendola per mano e
trascinandola via. “Non venite a rovinare il nostro pupazzo
di
neve, ingrati, perché non vi vogliamo!”
“Andiamo
a fare un pupazzo di neve?” chiese emozionata, sentendosi
anche
sciocca per il troppo entusiasmo.
“Sì.
Ma ricordati che hai comunque barato. Ho vinto io!”
Isabel rise,
mentre la portava lontano dal campo di battaglia degli altri.
Fare
un pupazzo non fu per niente facile; a dispetto dei falsi standard
della televisione, la neve non risultava bianca e compatta: quando
ebbe fatto rotolare la prima pallina per renderla più
grande, si
ritrovò con un ammasso informe e marroncino, ricoperto di
foglie
morte, stecchi d'albero e sassi.
“Perché
viene fuori così?” chiese sconsolata a Raph con
un broncio
adorabile, indicando il suo cumulo scuro, informe e
irregolare.
“Perché
sei un'idiota. Hai fatto rotolare la neve sotto agli alberi.
Lì c'è
terra e foglie e si sporca” le spiegò con
sufficienza, come
avrebbe fatto con una bambina. La sua palla di neve era candida e
compatta e perfettamente rotonda, invece, stupenda da vedere.
Si
alzò dal suo posto e si pulì le mani contro i
pantaloni, poi la
raggiunse. Si accucciò al suo fianco, spiegandole con calma
come
fare; Isabel seguì tutte le sue spiegazioni, attenta e
silenziosa,
ascoltando la sua voce profonda e rilassante con gratitudine.
Alla
fine, capiti i punti dove raccogliere la neve pulita, -dalle
panchine, dalla fontana e la piazza attorno,- Isabel era davvero
fiduciosa di riuscirci, ma lei e Raph sembravano non capirsi. Ci
lavorarono per almeno un'ora, tra risatine ed esclamazioni, tiri di
neve e scontri.
“Il
nostro pupazzo di neve sì che è un
mutante” soffiò divertita
quando l'ebbero finito, ammirandolo da lontano con lui. La base,
costruita da Raph, era enorme, alta almeno quanto Isabel; la parte di
sopra, assemblata da lei, risultava piuttosto microscopica, quasi un
pon pon al confronto. Avevano aggiunto sassi e rami per fargli occhi,
bocca, naso, braccia e bottoni.
In quel momento li stava guardando
con un sorriso obliquo e un po' folle.
“È
orribile! Certo che quando ci mettiamo insieme riusciamo a tirare
fuori cose tremende” sentenziò il ninja, con un
sospiro
agghiacciato.
“Silenzio!
Sta parlando!” esclamò Isabel all'improvviso,
seria. Tese
l'orecchio, concentrata.
Era possibile una cosa del
genere?
“Cosa...
cosa dice?” domandò un po' turbato.
“Uccidetemi,
per pietà!” rispose lei prendendolo di sorpresa,
facendolo ridere.
Lei si unì alla risata, davvero divertita da ciò
che avevano
prodotto.
“Sai
che ho paura che ci segua a casa? Ho paura che voglia ucciderci nel
sonno!” rivelò Raph quando ebbe smesso di ridere,
fissando la
faccia malefica del pupazzo.
“Oh,
non dire così! Gilbert è solo incompreso! Vuole
solo amore!” lo
sgridò Isabel, facendo finta di essere offesa.
“Gli
hai dato anche un nome? Adesso sì che ho paura che ci segua.
La tua
magia non può fargli prendere vita, vero?”
Si avvertì uno
sprazzo di panico nella sua voce.
“In
realtà credo di sì. Ma solo se lo bacio, come
nella favola della
bambina di neve.1
Vuoi che baci Gilbert?” azzardò minacciosa,
facendo dei passetti
in avanti con un ghigno.
“Si
vendicherà su di te, per avergli detto che è
orribile.”
“Ferma
lì! Non ti azzardare, per carità! Voglio bene a
Gilbert, mai detto
nulla di male su di lui.”
Isabel
rise della sua reazione, rilassata e felice, per la prima volta da
secoli. Stare con Raph la rendeva così tranquilla, da non
rendersene
nemmeno conto, ad un primo momento; abbassava le difese, si lasciava
semplicemente andare.
“Avranno
finito con la battaglia di neve? Pensi che dovremo mostrargli
Gilbert? Ho paura che lo prendano in giro” disse ad un certo
punto
Raph, tutto serio.
“Potremmo
aizzarglielo contro” propose lei, tranquillamente, con un
sorriso
dolce, perché sentirgli chiamare il pupazzo per nome era
stata una
cosa davvero tenera.
“Credo
che diventerà l'incubo dei bambini nel parco e il leader di
tutti i
pupazzi di neve qua attorno.”
Isabel
rise ancora di cuore, poi si sporse un po' e gli diede un bacio sulla
guancia, nella porzione di pelle visibile tra la sciarpa e la
cuffia.
“Cosa...?”
domandò sorpreso, con il cuore che batteva per l'emozione e
qualcos'altro di impetuoso nel centro del petto, scostandosi un po'.
Il parco gli sembrò di colpo molto piccolo e molto caldo,
come un
minuscolo mondo a parte, dove esistevano solo loro due.
“Tre
motivi” rispose Isabel, alzando le tre dita centrali.
“Uno:
grazie per avermi portato alla festa con la tua famiglia, facendomi
passare il più bel natale da secoli. Anche se all'inizio non
è
andata granché bene, lo ammetto.”
Abbassò
l'anulare.
“Due:
Per
avermi aiutato a costruire il primo pupazzo di neve della mia vita.
Da piccola vivevo in un posto in cui non nevicava mai e ho sempre
desiderato farne uno.”
Abbassò
il medio e puntò il dito rimanente verso il cielo, con un
gran
sorriso.
“E
tre:
siamo proprio sotto al vischio.”
Sul pioppo sotto al quale
stavano a parlare, tra i rami pallidi e nudi, c'era un cespuglietto
verde brillante, con piccole bacche bianche e luminose: una pianta di
vischio fresca.
“Perciò,
buon natale, Raffaello.”
Lui la osservò assorto, preso in
pensieri suoi, ma stranamente felice e senza la voglia di chiedersi
perché, per una volta.
“Non
la finirai mai di chiamarmi in quel modo, vero?” chiese,
mentre i
suoi fratelli e amici, tutti ricoperti di neve da capo a piedi, li
raggiungevano mogi e stanchi.
“No.
Mi piace troppo. E se ti dà fastidio ancora
meglio!” rispose
Isabel con un sorrisino provocatorio, andando incontro al gruppo per
mostrare loro Gilbert, tra risate generali e sghignazzi. Doveva aver
minacciato Mikey di sguinzagliarglielo contro, dato che il ninja
stava cercando di fermarla mentre lei si arrampicava per baciare il
pupazzo di neve.
Con una grossa risata, dal cuore, si unì alla combriccola, euforico.
Accompagnarono tutti Isabel al villino, per farle compagnia, dicevano loro; in realtà per controllare che una volta a casa non si rifiutasse di tornare da loro. Fu costretta a prendere una borsa e a riempirla con ciò che le serviva, mentre gli altri l'aspettavano in salotto, da dove provenivano rumori di chiacchiere e di risate, come non se ne sentivano da troppi anni in quella casa. Offrì loro delle bibite e degli snack, per ingannare l'attesa.
Alla
fine, quando si incamminarono per il rifugio, fu lei a chiudere gli
occhi di sua spontanea volontà e ad allungare le braccia
verso Raph,
perché la prendesse in braccio.
Si udì un coro di fischi e
schiamazzi, tra cui un “bacio, bacio” di Mikey,
seguiti da rumori
di calci e imprecazioni.
“E
ricordatevi che se mi fate arrabbiare, Gilbert può venire a
prendervi nel sonno, stanotte!” minacciò Raph, tra
l'ilarità
generale.
“Ma
lo
posso attivare solo io” replicò Isabel, mentre si
teneva al suo
collo.
“Ehy,
è il
nostro pupazzo! Non lo attiveresti per me, se ne avessi
bisogno?”
sussurrò sottovoce il ninja, per non essere sentito dagli
altri.
Certo che lo avrebbe fatto. Solo per quel 'nostro', una
parola che le piacque molto, anche se era sbagliato.
Cenarono tra racconti delle battaglie di neve e la descrizione ilare del povero Gilbert, sbeffeggiato da chiunque, che Mikey sognò per davvero quella notte, urlando di paura e svegliando tutti quanti.
Il
giorno dopo lo passò con loro, e quello dopo ancora,
incapace di
ribellarsi all'insistenza con cui cercavano ogni volta di
convincerla. Si era ripromessa di smetterla di passare il tempo con
loro, ma ogni volta cedeva sempre più, risucchiata dalla
felicità
che gli trasmettevano. Erano una grande, stramba e affettuosa
famiglia.
E li adorava: Angel con la sua caparbietà, April con la
sua affettuosità, la stravaganza di Casey, la
serietà di Leonardo,
la dolcezza di Donatello, la simpatia di Michelangelo e la saggezza
di Splinter. E la finta severità di Raffaello, che
nascondeva un
grande cuore.
La vigilia di capodanno si sentì in dovere di invitarli a casa sua, per permettere loro di godere della vista dei fuochi d'artificio dell'ultimo dell'anno, nella tranquillità di un villino nascosto a tutti.
April
e Angel erano arrivate dalla mattina presto, per aiutarla a
preparare, nonostante lei non lo avesse chiesto. Raphael, che le
aveva accompagnate oltre la barriera magica, si difese dalle sue
accuse dicendole che le due donne lo avevano tartassato senza pace,
chiedendogli anche perché mai solo a lui fosse permesso di
entrare
nella sua casa, con un sacco di allusioni.
Il ninja ritenne
opportuno sparire prima possibile, lasciando le tre donne da sole.
A metà pomeriggio, -quando ormai la casa profumava di arrosto e dolci e ogni altro genere di pietanza che lei da sola non sarebbe mai riuscita a preparare, in effetti,- Isabel ringraziò che le due fossero accorse in suo aiuto. Le avevano dato direttive e consigli, muovendosi nella sua cucina con sicurezza, tra chiacchiere e risate; le era sembrato quasi di avere due sorelle. Le raccontarono molte storie, su Raph e i suoi fratelli, sulle loro lotte contro un fantomatico Shredder, un nemico pressoché immortale, -scopertosi poi un alieno,- e sua figlia adottiva, dalla mentalità indecisa.
“Ho
sempre creduto che, se Karai avesse scelto la nostra parte, Leo si
sarebbe fatto avanti” rivelò Angel assorta, d'un
tratto, mentre
mescolava l'impasto per la cheesecake.
“Credo
che nemmeno lui si fosse accorto di provare qualcosa, era troppo
impegnato a lottare. Eppure il modo in cui continuava ad avere
fiducia in lei, nonostante ci tradisse una volta sì e
l'altra pure,
era un chiaro indizio” rispose April, gesticolando con un
mestolo
sporco di salsa, schizzando attorno.
Isabel aveva ascoltato tutto
con interesse, girando la testa dall'una all'altra mentre preparava
il ripieno per qualcosa che non aveva capito. Leo era stato
innamorato? Non riusciva a figurarselo, nella sua serietà.
“Fermate
tutto: questa Karai è un'umana, giusto?” chiese
curiosa, ottenendo
delle risposte affermative.
“Ma
io... credevo che a loro non piacessero le umane!”
Tutto il suo
mondo si era rimesso in gioco a quell'affermazione. Ma allora, Raph
le aveva mentito? In effetti non le aveva mai detto che non le
piacessero le umane, ma solo che era complesso spiegare
perché
credeva che non si sarebbe mai sposato. Era stata lei a travisare
sempre?
“Ma
scherzi? Certo che gli piacciono! E molto anche. È
più vero il contrario, purtroppo: alle umane non interessano
i
mutanti. Ma Karai... non lo so, credo che in un certo senso fosse
affascinata da Leo, dal suo senso dell'onore, la sua
responsabilità,
affidabilità...”
“E
che fine ha fatto?”
“Si
è sposata. Qualche anno fa, dopo aver finalmente capito da
che parte
stare” spiegò Angel, tornando ad occuparsi della
cena, con un
sospiro triste. A Leo l'amore non aveva sorriso.
“E
Raffaello? Si è mai innamorato di qualcuna?”
Lo aveva chiesto
con noncuranza, con la faccia seppellita dentro lo scaffale alla
ricerca di qualcosa di imprecisato, perciò non vide il
sorrisino che
le due si scambiarono.
“Mhm,
sì, c'è stata Joy, un paio di anni fa, per cui
aveva preso una
grossa sbandata” raccontò April, attirando la sua
attenzione.
La
sua testa spuntò oltre l'anta del mobile, con gli occhioni
spalancati. Raph si era innamorato di un'umana... perché le
sembrava
assurdo? E perché le dava fastidio? Era forse la misteriosa
Joy il
motivo per cui Raph non credeva nell'amore?
“Davvero? E cosa è successo?” La sua voce era troppo alta, nascondendo a fatica il suo interesse.
“Non
lo sappiamo per certo. Joy ci era sembrata ricambiare i sentimenti,
ma quando la lotta contro Shredder finì, e loro ebbero modo
di stare
assieme, tutto cambiò. Nel giro di due giorni i rapporti tra
loro
divennero strani e Joy andò via la mattina del terzo. Raph
ritornò
scontroso e intrattabile; tutto qui. Si sono rivisti al mio
matrimonio, ma per quello che so non si sono parlati.”
“Confermo.
Ma di sicuro Joy non gli ha tolto gli occhi di dosso. Son quasi certa
che sia stato Raph a tenersi alla larga da lei e non viceversa. Poi
ok, col trambusto che c'è stato li ho persi di
vista.”
Quindi Raph si era davvero innamorato, una volta. Di un'umana, come lei... come si comportava con la donna che amava? Non riusciva a immaginarlo o non voleva immaginarlo.
“E
questa Joy... com'era?” Questa volta non le fu difficile
vedere
l'aria furba sul volto delle donne. Sì, era curiosa, non ci
poteva
fare nulla. Anche se si vergognava a mettere il naso nella vita del
suo maestro in quel modo, non poteva impedirselo. Bruciava di
curiosità.
“È
una bella donna, bionda, sicura, combattiva. Si sono conosciuti
durante l'allenamento col Ninja Tribunal, da cui erano stati scelti
come “accoliti”, ultima risorsa contro Shredder.
Quindi è anche
forte. Credo che siano stati quei tratti ad affascinare il nostro
Raph. Una bellissima donna combattente, non poteva resistere.”
Certo, uno dalla personalità così forte come Raffaello, poteva innamorarsi solo di una donna altrettanto sicura, combattiva, potente; di certo una che scappava e si nascondeva da anni, per lui era patetica e inutile. Perché ci stava pensando? Quei pensieri non erano suoi, non gli appartenevano, non gli erano mai saliti alla mente. Non riusciva a capirsi, a delineare quel fastidio che sentiva sotto la gola, che le riempiva la testa di pensieri. Perché il sapere che Raph si era innamorato di un'umana, una volta, l'aveva sconvolta a tal punto?
Poco
dopo il tramonto iniziarono ad arrivare i suoi ospiti, che si
premurò
di far entrare personalmente, un po' a disagio nel ruolo di padrona.
Raph, che in effetti era di casa lì, sembrava più
a suo agio di
lei, mentre mostrava agli altri i dintorni. Lo fissò mentre
indicava
l'ubicazione del bagno a Casey, ma distolse velocemente lo sguardo
quando lui si voltò; ripensò al discorso fatto
con April e Angel e
d'un tratto uno strano senso di angoscia la pervase, misto ad un
lieve batticuore.
“Oh,
questo sì che è un rifugio segreto”
sentì dire a Splinter in
giardino, distraendola dai suoi pensieri.
Mangiarono
presto, facendo onore alle portate, e Isabel ricevette anche dei
complimenti, anche se aveva messo bene in chiaro che lei aveva solo
dato una mano; subito dopo cena si trasferirono all'esterno, su
sedie, divani e poltrone disposte da Raph e i suoi fratelli, chi
avvolto in coperte, chi bardato con cappotto.
“Isabel,
come mai non si vedono i palazzi intorno?” chiese Angel
interessata, osservando il cielo limpido e le stelle luminosissime.
“È
una magia di papà. Se mi serve vedere il cielo, mi concentro
e tutto
il resto scompare. Se voglio vedere il parco, mi concentro e i
palazzi, le strade e tutto ciò che c'è tra la
casa e quello
scompare alla vista. È
utile per guardare ciò che succede in città,
senza uscire da qui”
spiegò la ragazza, rannicchiata nella sua poltrona con le
ginocchia
piegate sotto una coperta a pois.
A Raph parve davvero molto
comodo che Isabel avesse proprio una casa fatta apposta per
nascondersi, come se suo padre avesse saputo che un giorno ne avrebbe
avuto bisogno; o anche suoi genitori scappavano da qualcosa?
“Come
mai la magia di tuo padre rimane?” chiese, omettendo il
'nonostante
lui sia morto', che gli sembrava indelicato.
“Perché
se la volontà è forte e il mago potente, la magia
può durare per
sempre. È
come se questo posto ricordasse mio padre e seguisse le direttive che
gli aveva dato.”
Quindi non si era sbagliato, era davvero come
se il padre di Isabel avesse lasciato la sua volontà in quel
posto
per proteggerla. Riuscì a capire un po' di più il
senso di affetto
che la ragazza dava a quel posto.
“Ehy,
Isabel. Ti... ti posso studiare?” chiese Don imbarazzato,
attirando
l'attenzione di tutti.
“Che
domanda audace, Donnie! Non hai vergogna!” lo prese in giro
Angel
mentre il ninja arrossiva e tutti scoppiavano a ridere.
“Ah,
non in quel senso! Studiare la sua magia!”
Isabel
dovette riuscire a smettere di ridere prima di rispondere.
“Mmm,
solo se io posso studiare la tua mutazione.”
“Comunque
la vogliate mettere a me sembra un discorso ambiguo! Non ce la
raccontate giusta voi due! Capito?” si intromise Casey,
riuscendo a
far spazientire Don, tra l'ilarità generale.
Aspettarono
l'arrivo della mezzanotte con trepidazione, continuando a
chiacchierare, a fare propositi per il nuovo anno, a fermare Mikey
mentre cercava di piazzare dei fuochi d'artificio comprati
chissà
dove, per partecipare alla fine del nuovo anno a modo suo.
Fu una
notte rilassante, divertente, magica. Vedere le stelle e i fuochi
d'artificio, nel secondo in cui il vecchio anno e il nuovo si fusero,
emozionò tutti, tanto che il giardino, illuminato di mille
colori,
si riempì di sussurri sorpresi e di meraviglia.
Sperò, mentre il nuovo anno cominciava, che le portasse pace, felicità, qualcosa di straordinario. Stava cambiando: sé stessa, il suo carattere, la sua grinta, la sua vita. Avrebbe combattuto per portare serenità nella sua vita. E forse, si disse guardando Raphael più del dovuto senza nemmeno accorgersene, forse avrebbe potuto pensare alla sua felicità, dopo.
1: La storia della bambina di neve è una favola del mio librone di fiabe di quando ero piccola, piuttosto triste, ma molto bella. Racconta di due fratelli che dopo una nevicata decidono di creare un pupazzo di neve dalle fattezze di una bambina: la creano così bella e perfetta che desiderano possa essere viva. Allora iniziano a baciarle le labbra a turno, finché la bambina di neve non prende vita; felici, giocano per tutta la sera con la nuova sorellina, finché alla sera la madre non li richiama. Vedendo la bambina di neve, e credendola assiderata dato il suo colore, la donna la invita ad entrare e a mettersi davanti al fuoco, nonostante le proteste dei bambini. La piccola finisce così per sciogliersi e i due fratelli promettono che mai più costruiranno una sorellina di neve, dato che la sua perdita è stata troppo dolorosa.
Note:
Ovviamente Gilbert non è per nulla carino e non credo che Raph piangerebbe troppo se si sciogliesse. Forse. In realtà gli piace Gilbert.
Vorrei ringraziare le nuove lettrici che hanno messo la storia tra le seguite e Malanova per il suo gradito commento!
Grazie!
A presto