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Autore: Juuri    02/03/2014    5 recensioni
Un fascio di lettere - di lui, di lei, di entrambi.
Gestite come pagine di diario, custodite nei cassetti, nei bagagli, sotto il cuscino, tra le pagine di libri ingialliti dal tempo.
Nascoste agli occhi indiscreti del destinatario, e custodi silenziosi dei pensieri che mai sarebbero stati detti.
Ma le frasi contenute su quella vecchia pergamena esprimono molto più delle parole, e James e Lily lo sanno.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James Potter, Lily Evans | Coppie: James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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"La vita non è giusta, Lily."
 

10 aprile, 1977.

Cara Petunia,

tu sei lì con le tue idee, le tue scelte, il tuo odio nei miei confronti. Sei lì, nella nostra casa a Londra, governata dal cielo nuvoloso che la caratterizza, nella vacua convinzione che sarai protetta da ciò che sta succedendo nel mondo dei maghi.
Sei lì con mamma e papà, che mi mancano, mi mancano da morire.
Come stai, Petunia?
Come stanno mamma e papà?
E la mia camera, la tua camera, la nostra camera? È sempre la stessa? Hai tolto quei peluches che non ti piacevano, e che sopportavi solo perché ti avevo costretto? Hai cambiato quel cuscino che tanto odiavi, perché ti faceva svegliare indolenzita? Hai usato il mio lato dell'armadio, ora che è vuoto?
E le foto?
Ci sono ancora le nostre foto sulla credenza, con quelle cornici colorate, disegnate da fiori irreali?
È importante, Petunia. Ho paura di non ricordarlo più. In realtà, ho paura di non svegliarmi, quando i tuoni si confonderanno con il rumore degli incantesimi e Hogwarts tremerà.
Lo so che non sopporti di sentirne parlare, ma io devo farlo. In modo egoistico, ne sono conscia, ma devo farlo. Potrei non scriverti più nulla, Petunia. Potrei scomparire come tutti gli altri, come la gente lì fuori che muore, e non torna, e il suo ultimo pensiero va a coloro che hanno amato in vita e perderanno nella morte. Non voglio che accada. Non voglio che tutto questo finisca prima che tu sappia che io ti voglio bene, e te ne vorrò sempre.

Ci hai mai pensato, alla morte? Qui è il filo conduttore di tutti.
Provo a farmi forza costantemente; non piango, perché piangere sarebbe essere deboli, e io gli ho promesso di essere forte.
La sera, quando ci ritiriamo nel dormitorio, si è raggiunti da quell'utopia che lì il terrore non entrerà mai. Ma quando ti raggiungono i sogni sai che hai sbagliato. I miei ultimi pensieri prima di addormentarmi sono sempre gli stessi, lì dove le immagini di coloro che ho amato, dei miei amici, s'impongono prepotenti.
Dei miei amici caduti. Dei miei amici amati.
Non hai idea di cosa sia il dolore, Petunia. Spero che tu non ne abbia mai; spero che la guerra stia lontana da te, dai nostri genitori – nostri, Petunia. Perché sono tua sorella, e lo sarò per sempre.

Qui il clima diventa pesante, giorno dopo giorno. Ma c'è ancora chi porta con sé la luce delle risate. Come i Malandrni, come James.
Loro non se ne preoccupano – o se lo fanno, non lo mostrano.
Sirius arriva a lezione in ritardo come sempre, e sfodera con i professori quel suo sorriso che fa impazzire tutte le ragazze; James ha le sue battute sempre pronte, la sua mano sempre tra i capelli, i suoi occhiali posti più giù e la cravatta allentata; Remus è ancora il mio compagno di pozioni, il mio confidente, ama i libri ed è gentile, il più gentile; Peter li segue ovunque, complice nelle loro ragazzate, ridendo in modo contagioso.
Ma James, James è sempre con me.
Ti ho mai parlato di lui, Petunia?
Di quando mi stringeva la vita con un braccio, sorridendomi per tutte quelle volte che avevo declinato la sua spalla come appoggio? Sorrideva con il sorriso dei ragazzi e la luce negli occhi scuri, che sembravano brillare anche al buio. Che sembrano farlo tutt'ora.
James ha gli occhi di chi non crede nella sconfitta, nella perdita, nel bisogno di qualcuno. James ha gli occhi dei Malandrini, quando rivedo nel suo sguardo il loro, e nel loro il suo. Di tutti quelli che sono disposti ad aiutare gli altri, sempre, anche quando il mondo sembra pesargli sulle spalle.
Ti ho mai parlato di James, che odia il giovedì? È buffo sentirlo la mattina, durante l'ora di Trasfigurazione, che si sporge in avanti, verso il banco di Remus, e gli chiede “Che giorno è, oggi?”
Remus si dipinge un sorriso sul viso, probabilmente divertito dal fatto che quello sia diventato un rituale.
“È giovedì, James.”
E lui sbuffa, tornando a sedersi e dondolandosi all'indietro, perché James odia il giovedì.
Ti parlo di James che adora i muffin a colazione ed evita qualsiasi dolce che sia fatto con le mele, e arriccia il naso in quella smorfia annoiata, borbottando qualcosa che comprende solo Sirius, perché io sono troppo lontana dal capirlo e perché spesso ho l'impressione che riesca a leggergli nei pensieri.
Ti parlo di James che, ne sono certa, si sveglia prima solo per rendere quei suoi capelli ancora più ribelli. Ma quando è impegnato in qualcosa, come le strategie di Quidditch, i suoi ciuffi gli ricadono sugli occhiali, e lui è tanto attento nella formazione della sua squadra che nemmeno se ne accorge.
Di James e le sue battute, James e il suo sorriso, James e il suo “Esci con me, Evans” detto talmente tante volte che, ora, compare nei sogni. E nei miei sogni, Petunia, gli dico di sì.
E in effetti, gli ho detto di sì.
Voglio parlarti di James, e delle sue frasi. Perché James dice belle frasi, frasi sensate, centrando sempre il fulcro dei miei dubbi.

Era il 6 aprile, ed io guardavo fuori dalla finestra, pensando a ciò che narravano i giornali, al dolore dei miei amici, aumentato dalla consapevolezza che non avrebbero più rivisto il padre, la madre, un fratello. Pensavo a tutti coloro che erano morti, fatti a pezzi dai Mangiamorte, uccisi da Voldemort, il cui nome è diventato un tabù. Il cui nome incute timore e fa desiderare la morte per qualsiasi altro mezzo che non sia la sua bacchetta.
Ed io – io – credevo di star per crollare.
E lui – lui – lo sapeva, e non me l'avrebbe mai permesso.
Non mi accorsi del suo arrivo, e a tradirlo furono le sue mani sui miei fianchi, il suo viso accanto al mio, i suoi capelli scuri che spiccavano tra i miei.
Sentivo i suoi occhiali sulla mia guancia, e la sua voce rassicurante, calda, mi giunse subito dopo.
“A cosa pensi, Lily?”
Lui mi domandava a cosa pensavo, mi chiedeva implicitamente come stavo.
Fuori il mondo cade, si rompe pezzo dopo pezzo, e a lui importa come sto.
Anche James ha dei genitori, lì fuori. Anche James è divorato dal dolore – lo so, perché lo conosco. Anche James ha paura, ma tiene la sua paura per sé, e fa il forte, e mi infonde coraggio, e mi ricorda di combattere ogni giorno.
“Non è giusto”, mi ritrovo a mormorare, perché è vero.
Ma lui – lui – lo sa, quando mi risponde.
“La vita non è giusta, Lily.”
James mi dice che devo essere forte, e sopportare il dolore, perché lui mi sarà accanto.

Aveva ragione, sai? La vita non è giusta.
È cattiva; beffarda a chi la vive da spettatore, crudele a chi ne è protagonista. Non è mai giusta. Mai.
Come fa?
Come fa a prenderla tra le mani, e dirigerla? Come fa ad essere così certo delle sue convinzioni, dei suoi gesti, delle sue parole? Come fa a non avere mai dubbi, lì dove i dubbi mi divorano?
Come fa ad essere semplicemente James, e nascondere tutto il resto, e amplificarlo, e ricordarmi di come sia difficile vivere una vita facile, e di come la vita facile sia assolutamente sopravvalutata.
La vita non è giusta, Petunia, quando hai l'impressione di essere presa a pugni, all'improvviso. Non è giusta quando, allo scoccare della mezzanotte, ti accorgi di aver cominciato un nuovo giorno... senza aver concluso niente.
Non è giusta quando ti perdi in un colpo, senza percepire davvero le conseguenze, senza capire, senza riuscire a riprendere il filo del discorso, dell'esistenza, della tua esistenza.
Mi ritrovo ad aggrapparmi a James, giorno dopo giorno. Perché la sua vicinanza annulla i miei timori. Quando ho paura, lui c'è.
C'è per abbracciarmi, per consolarmi, per ricordarmi che abbiamo qualcosa per cui vale la pena lottare.

Ti voglio bene, Petunia. Voglio bene ai nostri genitori.
Mi manchi, e in tutti questi anni ho sperato di ricevere una tua risposta, un tuo perdono per qualcosa che non ho fatto.
Voglio rivederti, e ritornare a vivere come prima, senza abbandonare la magia.
Ma ho diciassette anni, Petunia, e vivo la guerra.




Angolo.
Mi scuso per il ritardo nell'aggiornare, ma sono stata - sono tutt'ora - sommersa dallo studio.
Sperando che il capitolo vi sia piaciuto, buona domenica! 
... Io gli angoli non li devo fare. Non li so fare.
Vi voglio taaanto bene, comunque. <3
Juuri.
 

  
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