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Autore: Gens    02/03/2014    5 recensioni
"Si sentiva in apnea. Un’apnea di bugie."
Niente è semplice: la vita non è semplice, la morte non è semplice, l'amore non è semplice.
Dal primo capitolo:
"Harry continuò a fissarlo e la prima cosa che lo colpì furono i suoi occhi: fu come se ci fosse cascato l'oceano seguito dal cielo dentro. Gli occhi brillavano di un azzurro cristallino, erano puri, quasi quanto il cuore del ragazzo. Risplendevano di una luce propria, come le gemme preziose e Harry pensò che fosse sbagliato metterli in mostra in quel modo. Ma poi mosse la testa, come se fosse assurdo pensare a quelle cose."
|| LARRY ||
Genere: Azione, Suspence, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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Where's Harry?



Era passata una settimana da quando Harry non si vedeva più a scuola o in giro.
Nessuno sapeva che fine avesse fatto, ma all'inizio non ci avevano fatto caso. Con il passare dei giorni, però, tutti si domandavano: “Dov'è finito Harry Styles?” e nessuno sapeva dare una risposta. Neanche suo cugino Zayn.
Il moro lo aveva tartassato di messaggi, l'aveva chiamato ma nulla, Harry non gli aveva risposto.
Aveva provato anche a chiedere ai suoi genitori, ma non avevano saputo dirgli qualcosa.
Così, preso da un momento di nervosismo e stanco di starsene a fissare il telefono senza ricevere alcuna risposta, un pomeriggio si diresse a casa dei suoi zii.

Faceva freddo. Il sole era nascosto dietro le nuvole e il vento gelato sembrava affettare tutto ciò che incontrava sulla sua strada.
Zayn si maledisse mentalmente per non aver trovato una qualche forma di passaggio e di aver deciso di andare a piedi.
Quando arrivò a casa Styles, non sentiva più le dita e si sentiva così congelato che se avesse mai ricevuto un colpo, si sarebbe frantumato in una marea di pezzettini di ghiaccio.
Suonò il campanello e si agitò un po' sul posto, per riscaldarsi, perché se faceva freddo camminando, stando fermi era anche peggio.
Anne si avvicinò alla porta e quando vide il viso di suo nipote, passò dalla sorpresa a un sorriso che ti faceva sentire a casa.
“Ciao zia, sono venuto a chiederti di Harry” disse subito Zayn, senza girarci intorno.
Non era mai stato quel genere di persona da perifrasi. Gli piaceva arrivare subito al nocciolo delle cose, arrivare al punto, senza girarci intorno.
“Entra Zayn, stai congelando” gli rispose solo sua zia, che si scostò dall'entrata per lasciar passare Zayn, che non se lo fece ripetere due volte ed entrò, sentendo la porta chiudersi alle sue spalle.
Seguì Anne fino in cucina e la vide sedersi ad una delle sedie intorno al tavolo. Zayn la imitò, prendendo una sedia di fronte, spostandola e facendo un po' di rumore nel contatto tra questa e il pavimento, e si accomodò, guardando Anne negli occhi.
Lei si sentì un po' a disagio, ma nonostante questo gli sorrise.
“Allora – cominciò Zayn – mi vuoi dire che fine ha fatto Harry?”
Anne iniziò a massaggiarsi le mani, senza sosta, molto nervosa.
Glielo avrebbe detto, infondo Zayn lo sapeva, ma suo marito le aveva esplicitamente detto che Harry non doveva aver contatti con nessuno, in quel periodo di formazione. Una qualsiasi forma di distrazione poteva costargli un percorso più lungo.
Il signor Styles le aveva chiaramente detto: “Deve concentrarsi, prepararsi, non dovrà vedere nessuno”.
E Anne soffriva già troppo. Soffriva nel sapere ciò che stava accadendo a suo figlio, il suo bellissimo Harry, il suo piccolino. Il bambino che aveva tenuto tra le braccia quell'ormai lontano primo febbraio mentre piangeva; il bambino che la prima volta, aprendo gli occhi, mostrò di aver due smeraldi verdissimi; il bambino vivace e casinista, che era diventato un ragazzo fantastico.
Gli mancava vederlo a casa steso sul divano a guardare la televisione.
Gli mancava la sua roba dappertutto.
Gli mancava sgridarlo per poi ricevere una risata e un sorriso decorato di fossette, seguito da un bacio.
Gli mancava tutto, gli mancava lui.
Lasciò quei pensieri che riempivano la sua mente da una settimana ormai e si alzò, avvicinandosi alla cucina.
“Ti preparo una cioccolata calda” disse avvicinandosi alla mensola e prendendo l'occorrente.
Zayn, a disagio, disse subito: “No, non preoccuparti, davvero... Non starò molto”.
Anne si voltò e sorridendo gli disse: “Ti prego”.
Zayn capì che non era tanto il preparare la cioccolata, quello che premeva Anne.
Era il potersi prendere cura di qualcuno, di farlo sentire amato, che le mancava.
E come poteva Zayn non capirla? Gemma era andata via all'età di quattordici anni in una scuola privata molto lontana e a sua zia era rimasto solo Harry. Un marito sempre fuori per lavore, e adesso che suo figlio era scomparso, era rimasta sola.
“Va bene zia, grazie”.
Anne si mise ad armeggiare i fornelli e Zayn rimase lì a fissarla, immobile.
Non riusciva a dire una parola, sarebbe voluto tornare a casa e ritornare un altro giorno. Adesso, tutto ciò che sentiva, era il dolore di quella donna, dappertutto. Il dolore che si espandeva per il tavolo fino ad arrivare alle sue mani che erano poggiate su di esso, nell'aria.
Ad un tratto la stanza sembrò nera: macchiata di puro dolore in qualunque angolo.
Zayn sentiva come se gli stesse mancando l'aria, non riusciva a respirare.
Anne posò la tazza proprio di fronte alle sue mani e per Zayn fu come rivegliarsi da un lungo sonno.
All'improvviso la stanza sembrava essere tornata normale, a colori, Anne sorridente, e l'aria sembrava riempire normalmente i polmoni del moro.
“Ci ho messo due marshmallow” disse sua zia, prendendo posto di fronte a lui ancora una volta, questa volta più tranquilla.
A Zayn sembrò di essere tornato bambino, quando tornati da scuola lui e Harry correvano in cucina, si sedevano a quel tavolo, e aspettavano che Anne preparasse loro una cioccolata calda.
Avevano continuato a farlo anche da grandi, e passavano ore lì, a parlare, ridere e scherzare.
Zayn si voltò involontariamente alla sua destra, aspettandosi di ritrovare Harry, proprio come l'ultimo giorno che quello era successo, ma trovò la sedia vuota e correttamente infilata sotto il tavolo.
Si ricordò ciò che l'aveva spinto ad andare lì, e chiese ancora una volta: “Che fine ha fatto Harry?”.
Anne lo guardò da sopra la tazza e quando l'allontanò, sospirò rumorosamente.
“Il momento è arrivato, Zayn” disse lei, guardandolo negli occhi.
Occhi doloranti, occhi che volevano piangere, occhi che chiedevano aiuto, occhi che volevano liberarsi, perché quella sofferenza non volevano più patirla.
E gli occhi di Anne divennero lucidi, lasciando trasparire una parte del carattere che suo figlio non aveva mai ereditato: l'essere debole di fronte agli altri, non era mai appartenuto ad Harry.
“L'ha portato via per l'allenamento?” parole incapaci neanche di nominare la persona che aveva portato tutto quello, parole amare, parole sofferte.
Anne annuì, perché di proferir parola non se ne parlava.
“E quando?” chiese Zayn, che voleva sapere.
Non sapeva quando, dove, ma Harry già gli mancava terribilmente.
“Quel venerdì sera – disse Anne facendosi forza - E' andato a prenderlo da scuola e non è più tornato. Non ho più sue notizie, Des gli ha eliminato qualsiasi forma di contatto con l'esterno, e lui non ci pensa neanche ad avvisarmi. Io...” e Anne iniziò a singhiozzare.
Zayn era imbarazzato, non sapeva che fare. Voleva in qualche modo tranquillizzarla ma non sapeva come comportarsi, aveva paura di sbagliare, come faceva sempre con le persone.
Così avvicinò una mano alla sua e rimase in silenzio, e Anne cercò subito di ricomporsi.
“Gemma è via da tanto, e quando ha saputo di Harry ha deciso di non tornare, non so perché. Des si è portato via Harry e non so niente neanche di loro. Io sono sola, e loro mi mancano terribilmente. Perché non mi sono opposta, perché non ho cercato di impedirlo, io... non volevo” Anne iniziò a dire così tante cose che Zayn non riusciva a seguirne il filo logico.
Poi scoppiò di nuovo, posò le mani sugli occhi e continuò per un tempo che a Zayn sembrò infinito.
E' proprio vero che quando si piange, si piange per tutte le cose brutte della vita, pensò Zayn.
Perché con sua zia in quello stato, Zayn non riusciva a pensare ad altro.
Le posò una mano sul braccio e le sussurrò: “Andrà tutto bene, d'accordo? Harry tornerà, così come Gemma. Dobbiamo solo aspettare, dare tempo al tempo”.
Zayn cercò di incoraggiarla in tutti i modi, non sapeva che dire, era senza parole.
Anne si calmò e lo guardò di nuovo negli occhi, con quello sguardo pieno di un dolore che solo una madre può avere, un dolore che a Zayn faceva venire il mal di testa e lo ringraziò, sussurrando un “Grazie”, che era tanto, che significava tanto in quel momento.
“Sai dove l'hanno portato?” chiese ancora Zayn.
Appena ebbe finito di porre la domanda si diede dello stupido, perché una domanda del genere in quel momento era completamente inadatta.
Anne prese un bel respiro e gli rispose: “E' una delle case che mio marito possiede, non troppo vicino da qui. Non so dove sia precisamente, purtroppo, e nessuno vuole dirmelo. Penso che Des l'abbia fatto proprio perché non voleva che mi impicciassi in qualche modo. Ho cercato tra le sue cose qui per qualche indizio, ma niente”.
Zayn annuì e diede uno sguardo all'orologio a pendolo posto sul muro di fronte a lui.
Si era fatto tardi e il tempo era volato.
“Devi andare?” chiese gentilmente Anne, prendendo le due tazze e sistemandole nella lavastoviglie.
“Sì zia, mi spiace tanto”. Lei annuì e Zayn sorrise, per farle forza.
“Lascia che ti accompagni, fa freddo e ormai si è fatto buio” propose lei, recandosi all'ingresso per prendere le chiavi.
Zayn stava quasi per rifiutare, ma poi ricordò la sensazione che aveva provato mentre camminava per raggiungere la loro casa, così come ricordò il dolore di Anne nell'essere sola, così non si oppose e aspettò che lei si sistemasse.
Qualche minuto dopo la vide scendere dalle scale con un cappotto nero e un cappello, le chiavi in una mano e il cellulare nell'altra. Stupidamente gli sembrò di vedere Harry, i due si assomigliavano per alcuni aspetti, per alcuni modi di fare, il che era plausibile soprattutto perché avevano vissuto la maggior parte del tempo loro due soli.
“Andiamo” disse Anne, aprendo la porta e lasciandolo passare.
Chiuse la porta di casa e sbloccò la macchina.
Sulla strada nessuno di loro disse una parola, si sentiva solo l'aria calda fuoriuscire dalle diverse aperture in tutta l'auto, rendendo il luogo caldo e accogliente.
Arrivarono presto, anche troppo presto per Anne, che si fermò vicino al vialetto di ingresso.
“Vuoi rimanere a cena da noi?” chiese Zayn, poco prima di scendere dall'auto.
Anne non ci pensò due volte e accettò.
Quella fu la prima bella serata da quando Harry era andato via.
 

 
“Gemma devi assolutamente tornare a casa” quasi urlò Zayn mentre si incamminava verso scuola con al fianco Liam.
“Ma Zayn, non puoi obbligarmi” rispose la ragazza dall'altro capo del telefono.
“Non mi importa” rispose brusco Zayn. “Tua madre sta male qui da sola, cosa diavolo non hai capito? Ha bisogno di te, non ha nessuno” le disse ripensando alla sera precedente, a come l'aveva vista debole, a come aveva pensato ad un modo per aiutarla.
“Come siamo sentimentalisti” scherzò Gemma, ridacchiando appena.
“Senti, devi essere qui il prima possibile, avvisami quando e ti vengo a prendere. E non costringermi a richiamarti, ingrata di una cugina che non sei altro”.
La ragazza scosse appena la testa, perché quella dolcezza di Zayn era una delle cose che adorava di quel suo cugino più piccolo. “D'accordo – acconsentì – ci sentiamo presto”. La chiamata si chiuse.
Zayn sospirò, allontanando il cellulare e infilandolo in tasca.
“Mi dispiace un sacco per tua zia, non deve essere facile” cominciò Liam, che era stanco di stare in silenzio.
Zayn annuì, si sentiva stanchissimo. Aveva passato tutta la notte a pensare, e il suo cervello non aveva trovato un momento di pace.
“Dove hai detto che è andato Harry?” chiese Liam, che delle spiegazioni iniziali di Zayn non aveva capito tanto.
“Uhm – cercò di ricordare ciò che aveva detto inizialmente Zayn – in una scuola privata come sua sorella... sì, una cosa così”. Liam annuì, mostrando che aveva capito.
Zayn non voleva mentirgli, voleva rivelargli tutto, ma non poteva.
Sì voltò e lo vide mentre camminava con le mani in tasca, perso in chissà quali pensieri... si sentiva così in colpa.
“Non capisco perché proprio adesso, e poi Harry andava bene a scuola, non capisco-”
“Neanche io – lo interruppe Zayn – mio zio è tutto a modo suo, ecco. Non l'ho mai capito, anzi, non l'ha mai capito nessuno” e in quella frase c'era una verità profonda.
Zayn non aveva mai capito suo zio, non aveva mai avuto alcun tipo di rapporto, e la prima volta che gli aveva parlato seriamente era stato qualche anno fa.


“Prenditi cura di lui, tienilo sotto controllo, assicurati che vada tutto bene, arriverà un momento per lui in cui dovrà dedicarsi ad altro. Zayn, mi fido di te, tu sei molto importante nella sua vita, e sei molto importante per lui” gli disse il signor Styles un pomeriggio.
Zayn sentì la pacca sulla spalla di suo zio, prima che si voltasse e percorrendo il vialetto tornasse alla sua auto.



Era davvero passato così in fretta il tempo?
“Non ho capito un'altra cosa – cominciò Liam quando si trovarono a pochi passi dal cancello – perché non può avere contatti con gli altri?”
Zayn sospirò perché era stanco di inventare cazzate e quelle continue domande di Liam lo infastidivano. Lui in quella situazione non doveva neanche trovarsi e adesso era costretto anche ad inventare cose per coprire i maneggi di suo zio.
“Ma non lo so, sarà una regola del college” buttò giù Zayn, che non sapeva che altro inventarsi.
“E dov'è che si trova questo college?” incalzò ancora Liam.
“Liam non lo so, cazzo! La smetti di fare domande?” urlò Zayn, che non poteva più sopportarlo.
Liam rimase colpito da quella reazione di Zayn e si allontanò di scatto. Non se lo aspettava proprio.
“Scusami, non ti chiedo più niente” disse sollevando le mani in segno di resa.
Zayn prese un bel respiro e si massaggiò le tempie. “No Liam, scusami tu, sono solo stanco. Non volevo urlarti contro, scusami”.
Liam annuì, perché capiva che Zayn era stanco, lo vedeva.
Zayn sorrise e passò un braccio sulle spalle di Liam, ricominciando a camminare in direzione del loro gruppo.
Tra di loro, i ragazzi cominciarono a parlare del più e del meno, e Liam parlò anche di Harry, lasciando Zayn libero da tutte le domande, ma sembrava che le torture quel giorno non fossero finite.
“Zayn – lo chiamò uno del gruppo – c'è qualcuno che ti vuole, mi sa”. Zayn sollevò lo sguardo da terra e fissò il suo amico.
“Mh?” chiese il moro, che non ci stava capendo niente.
Il ragazzo fece cenno verso una direzione, dove un ragazzo dagli occhi azzurrissimi e i capelli castani stava fermo a guardare poggiato ad un auto all'ombra.
Zayn inarcò un sopracciglio, perché lui quel ragazzo non lo conosceva.
Il ragazzo dagli occhi azzurri gli fece cenno e Zayn, con le mani in tasca, si diresse nella sua direzione. Più si avvicinava, più si rendeva conto che si sbagliava: quel ragazzo lo conosceva.
Era Louis Tomlinson, il ragazzo con cui Harry stava lavorando a un progetto, quello su cui suo cugino aveva posto tante domande.
“Qualche problema?” chiese Zayn non appena si avvicinò.
Louis lo guardò fisso negli occhi e poi parlò: “No, scusami – cominciò con una voce che Zayn non poteva proprio immaginarsi – so che sei il cugino di Harry e volevo solo sapere che fine avesse fatto”.
Era una settimana che Louis non vedeva Harry a scuola: non lo vedeva all'entrata, o alla lezione di biologia, e neanche il pomeriggio in cui solitamente si incontravano per lavorare.
Nonostante non l'avesse visto a scuola, nel solito pomeriggio che avevano fissato, si era recato al bar e si era seduto al loro solito tavolo. Aveva aspettato per più di un'ora, e quando si rese conto che lui non sarebbe arrivato, aveva preso tutto ed era tornato a casa.
C'era rimasto male, in realtà. Harry non l'aveva avvisato in nessun modo, semplicemente era sparito e tanti auguri.
Zayn sbuffò, perché era stanco di sentir parlare di Harry, ne aveva davvero troppo. Stava già per infuriarsi e dire a quel ragazzo di farsi gli affari suoi, ma guardando Louis che aveva uno sguardo preoccupato, sentì il suo cuore sciogliersi. Infondo che colpe ne aveva lui?
“E' dovuto andare in un college privato sotto indicazione di suo padre” disse Zayn. “Non può avere nessun contatto con l'esterno, secondo le regole del college” aggiunse, utilizzando la stessa scusa che aveva dato a bere a Liam.
Louis annuì e quando vide Zayn girarsi per andare via, lo chiamò. “Scusami!”, Zayn si rivoltò.
“Mi chiamo Zayn” disse il moro.
“Sì, Zayn, scusa. Posso sapere perché?” chiese Louis, un po' titubante. Infondo non lo riguardava, e non era neanche un amico stretto di Harry.
“Non ne ho idea” rispose Zayn, che di verità ne sapeva anche troppe.
“Oh, capisco. Magari... no, va beh” lasciò andare Louis.
Quando aveva sentito che Harry era dovuto andare via sotto ordine di suo padre, un'idea aveva riempito la sua testa.
“Si?” incalzò Zayn, che era incuriosito da quello che Louis aveva cominciato a dire.
“No, nulla” lasciò perdere Louis.
Zayn fece spallucce e andò via, lasciando Louis solo.











Ciao a tutti! Domenica scorsa volevo aggiornare, ma era il mio compleanno e sono stata molto impegnata. lol
Questo capitolo è un po' più lungo, un po' per farmi perdonare, un po' perché voglio che siano più lunghi.
Mi dite che ne pensate? Magari come regalo di compleanno passato hahahaha.
Vorrei solo ringraziare le 24 persone che hanno messo la storia tra le preferite, le 9 che l'hanno messa tra le ricordate e le 32 che l'hanno messa tra le seguite.
Vorrei anche salutare tutti i nuovi lettori, vi amo già.
Un grazie ancora più grande a coloro che recensiscono e che mi aiutano tantissimo, davvero.
Vi saluto e a domenica prossima!
p.s. Buon carnevale!

-Angela
 
  
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