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Autore: OpunziaEspinosa    02/03/2014    12 recensioni
Edward e Bella sono vicini di casa.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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!!! AVVISO IMPORTANTE !!!
Di recente ho fatto delle scelte, scelte che hanno ridotto drasticamente il mio già limitato tempo libero, quindi la possibilità di continuare a scrivere fanfiction.
Onestamente non sono ancora pronta a lasciarmi alle spalle Edward e Bella, ma devo farlo, almeno per ora.
Non scomparirò del tutto, continuerò ad essere presente qui su facebook, ma non aggiornerò più La Ragazza dell’Interno 23B.
Grazie a chi mi è stato vicino in questi anni, a chi ha le
tto e commentato le mie storie, a chi mi ha aiutata a migliorare. 
Vi porto nel cuore 
Opu


 
Capitolo 2
 
Quella mattina, come promesso, Edward svegliò Isabella alle sei e mezza. Le piazzò la bambina addormentata in braccio e, quasi senza salutare, imboccò la porta e se ne andò.
Isabella non riuscì neppure a ringraziarlo, o ad offrirgli la colazione.  Il tempo di abituare gli occhi alla luce e di afferrare Marie, e Edward era già scomparso.
Stare su quella poltrona, vegliando il sonno di una figlia non sua e di una perfetta sconosciuta, lo aveva profondamente turbato.
Più il tempo passava ed osservava Isabella dormire, e più stringeva tra le braccia quel batuffolino morbido e profumato, più si sentiva bene ed in pace. Si era persino dimenticato delle tre notti in bianco consecutive, spese ad osservare il soffitto e a pregare che Marie smettesse di piangere; o del suo corpo stanco che implorava un po’ di riposo.
Quando se ne rese conto, si sentì strano e profondamente a disagio: quelli erano sentimenti che non gli si addicevano.
Edward non era egoista. Era uno di quelli che si faceva in quattro per la famiglia e per gli amici più cari. Ma era anche sicuro di sé, cocciuto e determinato, e nell’ordine generale delle cose, i suoi bisogni e le sue aspirazioni venivano al primo posto.
Se non fosse stato così, non avrebbe mai avuto il coraggio di sfidare i propri genitori e di mollare tutto per tentare la carriera del musicista.
Come aveva potuto lasciarsi intenerire da quella ragazzina e da sua figlia? Cosa gli era saltato in mente?
L’istinto gli diceva che aveva sbagliato, che non poteva e non doveva diventare amico di Isabella. Quella ragazza puzzava di guai, e la sua vita era già abbastanza incasinata. Tra tutti i problemi che aveva, non poteva aggiungere una ragazza madre abbandonata dal marito adolescente. Non gli interessava. Forse poteva diventare materia per un paio di canzoni, ma niente di più.
Rientrato nel suo appartamento, si fece una doccia gelata, per svegliarsi e schiarirsi le idee, e poi uscì di casa per andare al lavoro.
L’iPod infilato nelle orecchie, lavorò senza sosta per tutta la mattina, fermandosi solo per bere una birra fresca e per mangiare un panino. Poi, intorno alle due del pomeriggio, disse addio alla vedova, ritirò il cospicuo assegno che gli spettava per averle ridipinto casa, e si rifugiò in sala prove con la speranza di schiacciare un lungo pisolino, o magari passarci l’intera notte, visto che i Breaking Dawn si erano presi la serata libera.
Stanco morto e con i muscoli doloranti, spense le luci e si buttò sul divano senza neppure togliersi gli abiti sporchi di vernice, addormentandosi all’istante.
Si svegliò qualche ora più tardi nel peggiore dei modi.
Dapprima sentì una porta sbattere, poi rumore di passi disordinati, gemiti e risatine soffocate.
Ancora mezzo addormentato, la bocca impastata e gli occhi gonfi, si tirò su a fatica, per cercare di capire cosa stava accadendo.
Nella penombra della stanza, intravide una testa di ricci biondi; poi due corpi avvinghiati contro la parete, intenti a strapparsi gli abiti di dosso e ad esplorare le rispettive gole.
Sorrise tra sé. Jasper Hale, il chitarrista del gruppo, si era portato una ragazza in sala prove. Non era la prima volta che capitava, ma a Edward non dava fastidio, visto che era un’abitudine che condividevano.
Da quando Emmett, il batterista dei Breaking Dawn, aveva messo la testa a posto fidanzandosi con la loro vocalist, Rosalie, lui e Jasper si contendevano il ruolo di musicista sciupa femmine, e la sala prove riscuoteva sempre grande successo tra le donne.
Si voltò verso l’amico e la sua più recente conquista, per avvertirli che non erano soli, e pregarli di darsi una calmata, almeno fino a quando lui non se ne fosse andato.
Per poco non cadde dal divano rendendosi conto che la ragazza che Jasper stava palpeggiando con tanta solerzia era Alice, la sua gemella.
Edward non ebbe il tempo di pensare. Il cervello ancora scollegato per metà, iniziò ad agire.
“Giù le mani da mia sorella!” urlò, scagliandosi contro l’amico.
Durante l’assalto, travolse microfono, leggio, ed un paio di chitarre. Solo la prontezza di riflessi di Alice gli impedì di stringere le mani attorno al collo di Jasper e soffocarlo.
“Edward, che fai!” Alice, infilata tra i due, cercava di spingerlo via con tutte le forze. “Ora basta! Calmati!”
Di contro, Jasper lo osservava con gli occhi sbarrati, le spalle al muro, ed il corpo paralizzato dal terrore.
Edward gliel’aveva detto chiaro e tondo: Alice è off‒limits, Alice non si tocca. Ed invece lui l’aveva portata in sala prove, come una qualsiasi delle sgallettate che rimorchiava dopo i concerti.
“Ti ammazzo, bastardo! Cosa credevi di fare?”
“Edward, non è come pensi…”
“Non me ne frega un cazzo! Ti avevo avvertito!”
“Edward, te lo giuro…”
“Giuri cosa? Che sei innamorato! Ti ammazzo!”
Alice non ce la faceva più a contenere l’ira di Edward da sola: era troppo forte per lei. Così fece l’unica cosa che poteva per metterlo fuori gioco: gli diede un pugno in pancia.
All’istante Edward cadde a terra in ginocchio, le mani strette attorno allo stomaco in cerca d’aria.
Quando si riprese, le lanciò uno sguardo furibondo. “Sei impazzita! Mi hai fatto male!”
Alice si sistemò la camicetta e, con atteggiamento di sufficienza, si liberò la fronte da una ciocca di capelli. “Mi hai costretta. Te la sei cercata.”
Jasper provò ad intervenire. “Edward,” disse timidamente, “non facevamo niente di male…”
Edward lo interruppe con un grugnito. “Tu non mi parlare. E riabbottonati i jeans, per l’amor del cielo!”
Mentre Jasper, mortificato ed imbarazzato, si rifugiava in un angolo a ricomporsi, Alice cominciò a gesticolare furiosamente. “Edward, la vuoi piantare? Cosa credi? Che lui mi abbia portato qui con la forza? Sono stata io a chiederglielo!”
“Lo so che sei stata tu, piccolo demonio!” urlò Edward, rimettendosi in piedi. “Gli hai messo gli occhi addosso il primo giorno che l’hai conosciuto!”
“E lui ha messo gli occhi addosso a me! Che problema c’è! Che ti importa!”
“Mi importa!”
“Perché?”
Edward non riusciva a crederci. Come faceva Alice a non capire? E Jasper era altrettanto idiota?
“E se le cose non vanno?” chiese. “Se lui ti molla, o tu lo molli? Io ci devo lavorare con Jasper! E non voglio che mi tiriate in mezzo alle vostre beghe!”
Alice lo fissava a braccia conserte, inviperita. Sapeva benissimo che Edward aveva ragione, ma era forse più cocciuta di suo fratello: quando voleva una cosa, la doveva avere. E poi Jasper le piaceva sul serio. Uscivano di nascosto da un mese, ormai, ed era quasi certa di essersene innamorata.
Jasper si avvicinò nuovamente. Temeva Edward, e capiva benissimo il suo ragionamento. Quando Emmett e Rosalie si erano messi insieme, avevano discusso della cosa per giorni.
E se non dovesse funzionare, si domandavano, se dovessero lasciarsi? Che ne sarà del gruppo? Continueremo a suonare insieme? Dovremo trovare un altro batterista, o un’altra cantante?
Con Emmett e Rosalie facevano finta di nulla, per non turbarli, e perché sembravano davvero innamorati. Ma questo non impediva loro di preoccuparsi e di pensare al peggio.
Poi era arrivata Alice, e Jasper aveva capito che certe cose non le puoi programmare o razionalizzare: certe cose accadono e basta.
“Edward,” disse, con tutta la diplomazia di cui fu capace, “mi dispiace, sul serio. Non volevo che lo scoprissi in questo modo, ma le cose stanno così: Alice mi piace, ed io piaccio a lei. Usciamo insieme, fattene una ragione.”
Edward strinse i pugni lungo i fianchi e digrignò i denti. Aveva voglia di urlare per la frustrazione, e di spaccare la faccia a Jasper.
Alla fine non fece né l’una né l’altra cosa. Prese il giubbotto e se ne andò sbattendo la porta.
Era talmente arrabbiato che decise di lasciare il furgone e tornare a casa a piedi, per schiarirsi le idee e scaricare la tensione. Quando iniziò a piovere, si maledì in tutti i modi peggiori che conosceva.
Sapeva di aver esagerato, e di essersi reso ridicolo. Ma Alice non conosceva Jasper come lo conosceva lui. Erano amici, e gli avrebbe affidato la propria vita, ma Edward lo aveva visto trascinare in sala prove, o a casa, decine di ragazze, e non voleva che la sua sorellina diventasse una delle tante.
Certo, Alice non era il tipo da farsi mettere i piedi in testa. Era una forza della natura, forse ancora più sicura e determinata di lui.
Malgrado fossero gemelli, fisicamente non si assomigliavano per niente. Lui era alto e muscoloso, con i capelli castano‒rossicci e gli occhi verdi. Lei era bassa e minuta, con i capelli corti neri come la pece e gli occhi altrettanto scuri. Caratterialmente, però, erano due gocce d’acqua. Si adoravano, ed erano migliori amici fin dalla culla.
Alice era l’unica della famiglia a sostenerlo. Era quella che l’aveva incoraggiato a mollare tutto ed andarsene per realizzare i propri sogni. Ed ora lo tradiva in questo modo. Stronza.
Però chissà, forse Jasper aveva ragione. Forse lui non poteva farci niente. Doveva solo lasciare che gli eventi facessero il loro corso. Con un po’ di fortuna, tutto sarebbe andato per il meglio. Alice era meravigliosa, Jasper si sarebbe innamorato di lei, ed i Breaking Dawn avrebbero prosperato da qui all’eternità.
Quando arrivò a casa, zuppo fino al midollo, erano le otto passate, e lui si era parzialmente calmato, anche se non poteva dirsi completamente tranquillo.
Decise di farsi una doccia e di ordinare del cibo cinese. Più tardi, avrebbe chiamato Jasper per scusarsi. Alice no, l’avrebbe fatta penare fino all’indomani: se lo meritava, piccolo diavoletto impertinente.
Passò venti minuti sotto il getto d’acqua bollente, poi si buttò sul letto, l’asciugamano arrotolato attorno alla vita, la pelle ancora umida e calda.
Prima di ordinare la cena, avrebbe schiacciato un pisolino, godendosi quel silenzio inusuale e meraviglioso.
Non fece in tempo a chiudere gli occhi, però, che Marie si mise a piangere. La sentiva strillare oltre la parete, con un’energia che le avrebbe fatto vincere una gara di strilli a mani basse.
Oddio, pensò Edward, che giornata di merda; ci mancava solo questo.
“Marie, amore…” diceva Isabella, “non piangere… fallo per la mamma… piccolina… che succede… stai male…”
Edward immaginava Isabella passeggiare avanti e indietro per la stanza, cullando la figlia piccola.
Come faceva un essere così minsucolo, dolce ed innocuo, a trasformarsi, di punto in bianco, in un essere tanto fastidioso?
“Marie… amore… così disturberai Edward…”
Edward spalancò gli occhi e si irrigidì. Isabella aveva pronunciato il suo nome.
Per qualche minuto, meditò sull’opportunità di uscire di casa e passare la notte fuori. Ripassò mentalmente la lista di amici che potevano ospitarlo sul divano. L’unico era Jasper, che però, in quel momento, era con tutta probabilità impegnato con sua sorella Alice.
Bleah.. che immagine ripugnante.
Cos’altro poteva fare? Buttare soldi in un albergo? Nei paraggi c’erano tutte bettole frequentate da spacciatori e prostitute. Tappi nelle orecchie? Bere fino a perdere conoscenza?
Nel frattempo, Marie continuava a piangere, ed Isabella continuava a tentare di calmarla. “Marie… non piangere… amore, vuoi che Edward ci odi? Se continui a piangere ci odierà di sicuro…”
Quando Isabella iniziò a canticchiare invano la stessa ninnananna che lui aveva cantato a Marie la sera prima, si sentì stringere il cuore.
Oh, al diavolo, pensò.
Si tirò su e diede due piccoli colpi alla parete con le nocche. “Isabella?” chiese, “tutto bene?”
Quelle pareti erano fatte di cartone; lasciavano filtrare qualunque suono.
Isabella esitò un attimo prima di rispondere. “Edward, scusa… Marie ha ricominciato a piangere…”
Edward sospirò. “Vuoi che venga lì, per provare a calmarla, come ieri?”
“Lo faresti?”
Il tono carico di speranza con cui Isabella glielo chiese lo fece sorridere. “Dammi cinque minuti, mi rivesto.”
Edward si infilò un paio di jeans e una maglietta, afferrò il cellulare e il menù del cinese, e bussò alla porta della vicina.
Odiava il suo cuore di panna.




Allora, che mi dite di questo nuovo Edward, musicista squattrinato dal cuore tenero? Io già gli voglio bene *.*
Per chi non se ne fosse ancora accorto, al primo capitolo ho aggiunto il bellissimo banner che la talentuosa Elenri ha creato per questa storia.
Alla prossima!
Opu <3
   
 
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