Libri > Le Cronache di Narnia
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Autore: _joy    03/03/2014    9 recensioni
"... Tu sei giusta per me. E io ti voglio per me. In modo egoista, folle e assolutamente deciso. Non voglio nessun’altra. Non sceglierò mai nessun’altra. Voglio te e solo te. Voglio che tu mi sposi, che passi la tua vita con me. Voglio che invecchiamo insieme. Voglio che tu sia la madre dei miei figli. Voglio tanti figli e voglio crescerli con te. Voglio passare le mie giornate con te al mio fianco, voglio ascoltare i tuoi consigli e voglio studiare con te qualsiasi cosa ti appassioni. E voglio che tu sia accanto a me ogni notte della mia vita, da oggi… alla mia ultima notte"
Cosa accadrebbe se Hermione Granger venisse catapultata a Narnia e incontrasse il principe Caspian? E se quel mondo magico fosse minacciato da un'antica nemica? E se quell'antica nemica fosse legata misteriosamente a Gellert Grindewald? Chi potrebbe salvare Narnia, allora?
[Caspian/Hermione]
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Caspian, Jadis
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le cronache della Grande Magia'
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Nei giorni seguenti Hermione temette spesso che Cornelius fosse nel giusto.
 
Caspian aveva un carattere indomabile e fiero e rifiutava di chinare la testa di fronte a Jadis.
La Strega Bianca non tollerava tanta caparbietà e cercava di umiliarlo e torturarlo in ogni modo possibile: lo privava del cibo, di abiti caldi quando il suo arrivo aveva letteralmente immerso Cair Paravel in una cappa di gelo, del sonno, lo obbligava a servirla.
Lo torturava, lo colpiva con incantesimi violenti, ma Caspian non cedeva.
Non si inchinava volontariamente a lei, non le tributava rispetto e non le riconosceva la minima autorità su Narnia.
E gli uomini del re, gli abitanti del castello e la popolazione cercavano di ostacolare la Strega Bianca come potevano: dispetti più o meno velati erano ormai all’ordine del giorno.
Tutti la temevano, ma nessuno la rispettava.
Jadis non aveva il potere per ridurre l’intero castello in schiavitù: lanciava incantesimi su coloro che sembravano più riottosi o sfrontati, ma non poteva farlo su tutti.
Non aveva abbastanza energie, era sempre stremata.
Secondo Hermione, era come se Jadis affrontasse i G.U.F.O. tutti i giorni, dieci volte al giorno, per la quantità di potere che doveva impiegare.
Scagliava una Maledizione Imperius su un plotone di guardie e, nelle stalle, qualcuno cercava di scappare.
Lei accorreva e i cuochi cercavano di avvelenarle il cibo.
Li puniva e crollava il tetto della sua stanza.
C’era troppa, troppa gente a Cair Paravel.
E l’Incantesimo Imperius, il più utile, richiedeva una grande forza di controllo.
 
Jadis sapeva che l’arma più efficace in suo possesso non era la bacchetta, ma Caspian: finché aveva il re, nessuno avrebbe osato sfidarla davvero per non mettere in pericolo lui.
Quindi, stava ben attenta a non perderlo mai di vista.
Sapeva però che averlo intorno metteva a dura prova i suoi nervi, visto l’atteggiamento non remissivo di lui: questo era l’inconveniente.
Non poteva Cruciarlo troppo… stava rischiando grosso.
Narnia non avrebbe tollerato l’assassinio del suo re.
E c’era da tener ben presente che quel giovane sovrano non era un tipo che accettava lo stato di cose com’era: giusto il giorno prima aveva disarmato fulmineamente una guardia e si era scagliato con una spada contro di lei.
Ed era stato respinto dal suo scudo invisibile.
Aveva dovuto punirlo… sì, ma a un certo punto aveva smesso perché temeva di avergli fatto seriamente del male.
Praticamente poteva ancora sentire le urla di Hermione.
 
Hermione.
Ecco un’altra chiave, sia per il suo piano che per il controllo del re.
Era chiaro a tutti ormai che tra il re e la ragazza della Terra esisteva un sentimento reciproco.
Quindi, tenere in pugno Hermione significava tenere in pugno Caspian.
Lei era molto più prudente di lui, malgrado il caratterino: era una che ti annientava con la testa e con la lingua.
Per fortuna, perché se avesse saputo usare anche la spada, a Jadis non sarebbe bastata una bacchetta sola.
Di solito, la Strega Bianca teneva separati i due colombi e, anzi, forzava Lilliandil a occuparsi del re, in parte per frustrare Hermione (e anche Caspian, se era cosciente), ma soprattutto per evitare eventuali complotti.
Ma, dopo la tremenda punizione del giorno prima, aveva lasciato la ragazza libera di andare da lui, nelle segrete.
 
Jadis la chiamava per parlare, le domandava del suo mondo, delle leggi, dei costumi.
Faceva domande sui libri e persone che Hermione non aveva mai sentito nominare.
La ragazza la assecondava, ma la Strega sapeva che lo faceva solo per proteggere il sovrano.
Bè, a volte non bastava.
Come quel giorno.
 
*
 
Incredibilmente, Hermione questa volta aveva ottenuto un cibo un po’ più sostanzioso dalle guardie e aveva potuto portare coperte calde dalla sua stanza.
Peccato che Caspian fosse ancora svenuto.
Hermione gli sentì il polso per la quindicesima volta in mezz’ora e sospirò pesantemente, muovendo le spalle per sciogliere la tensione.
Teneva la testa di Caspian sul suo grembo e gli stava bagnando il viso con dell’acqua.
Dopo qualche minuto, lui si agitò nel sonno e si mosse, per poi gemere.
Lei gli accarezzò il viso e, pian piano, il sovrano aprì gli occhi.
«Ciao» bisbigliò lei, sollevata.
Lui prese un profondo respiro e batté le palpebre un paio di volte, come se non capisse bene dove si trovava.
Poi però le sorrise, con un certo sforzo.
«Ciao, piccola» rispose.
Aveva la gola secca e parlare sembrava costargli un certo sforzo.
Hermione si era ripromessa di non piangere più - sia perché era una vera Grifondoro, sia per non turbare ulteriormente il re – ma l’atteggiamento di lui ogni volta rischiava seriamente di farla crollare.
Malgrado tutto quello che gli toccava, il suo primo pensiero era sempre per lei: se stava bene, se mangiava, se la trattavano con rispetto.
Non ammetteva mai di soffrire per non turbarla, minimizzava ogni crudeltà che subiva e solo a lei dedicava, sempre e comunque, un sorriso, una parola dolce e ogni attenzione che gli era possibile.
Anche dopo una giornata di torture, sembrava desiderare solo di averla accanto e sentirla parlare: spesso si addormentava, sfinito, con il capo sul suo grembo o sulla sua spalla, tenendole la mano anche nel sonno.
Se la sua virilità e il suo fascino l’avevano ammaliata, la sua tenerezza e la sua delicatezza l’avevano fatta capitolare definitivamente: ormai Hermione non si domandava più se era innamorata di Caspian, perché sapeva già la risposta.
E non si angosciava per la cosa, ma solo per quello che stava passando Narnia e – soprattutto – il suo re.
Lei e Caspian non ne avevano mai parlato, ma la prigionia aveva cambiato il loro atteggiamento, stemperandone la prudenza: la paura, il dolore e la solitudine in cui Jadis aveva fatto piombare il castello li aveva spinti ad avvicinarsi ancora di più.
Si cercavano e non si nascondevano: i momenti che riuscivano a rubare erano talmente preziosi che non si potevano sciupare nascondendosi o evitandosi.
Senza neppure bisogno di dirlo, chiunque fosse presente vedeva il re e la ragazza venuta da un altro mondo tenersi per mano, sorridersi, scambiarsi tenerezze, come due ragazzi qualunque.
E, invece, erano un re e una strega, ed erano prigionieri di un essere malvagio.
 
Ora, Hermione si chinò a sfiorare le labbra di lui con un bacio.
In risposta, il re le sorrise.
«Vuoi dell’acqua?» domandò la ragazza.
Alla risposta affermativa, gli sollevò piano il capo per aiutarlo e gli avvicinò una tazza scheggiata alle labbra.
L’acqua era tiepida, ma Caspian bevve assetato.
Quindi, Hermione lo fece ridistendere e si mise ad accarezzargli il viso.
«Come ti senti?» mormorò.
«Non preoccuparti, sto bene» rispose lui, come lei sapeva benissimo che avrebbe fatto.
Alla vista della smorfia di lei, sorrise di nuovo e richiuse gli occhi.
«Cosa succede di sopra?» chiese poi «Che ore sono? È notte?»
«No, è primo pomeriggio. Di sopra è tutto tranquillo… Dopo…» le si ruppe la voce ma si impose di continuare «Dopo che ti ha…colpito, si è ritirata nella sua stanza e non ha fatto molto d’altro…»
Lui aggrottò la fronte.
«Ma…era tardo pomeriggio…lo ricordo… mi aveva chiesto di portarle un rinfresco…sbaglio?»
Hermione gli accarezzò i capelli e mormorò dolcemente:
«No, non sbagli»
Lui sgranò gli occhi.
«Ma..quanti…cioè, quanto ho dormito?»
«Quasi un giorno»
Lei chiaramente si imponeva di parlare con calma, anche se non era affatto tranquilla: lui lo sapeva, quindi non insistette.
«Va bene, ho capito»
«No, Caspian, che non va bene» Hermione lottò contro le lacrime «Non va affatto bene, pensavo di morire di paura… non ti svegliavi e io…»
Lui fece per mettersi seduto, ma gemette.
«Non muoverti!» Hermione gli premette la mano sul fianco «Resta fermo!»
Ma la smorfia di lui la fece preoccupare.
«Cosa ti fa male?»
«Niente…»
«Non dirmi bugie, ti prego!»
«Davvero, non è niente…»
Hermione lo sfiorò con dita leggere, ma anche se lui non emise un lamento era chiaro che qualcosa non andava.
«Per le mutande di Merlino!» imprecò Hermione, sfogando così la tensione e facendo sussultare anche le guardie «Ma tu guarda se…»
Uno dei soldati entrò nella cella e si inginocchiò accanto alla branda, zittendo la ragazza.
«Vostra Maestà» mormorò «Come vi sentite?»
Hermione e Caspian si scambiarono un’occhiata.
Il soldato scoprì il fianco del re, mentre bisbigliava:
«Non temete: io e Arun siamo dalla vostra parte»
L’altra guardia, sulla porta della cella, fece un cenno impercettibile.
Questa era la riprova del fatto che gli incantesimi di Jadis non duravano a lungo e che la strega non poteva controllare tutti, si disse Hermione, prima di tornare bruscamente al presente.
Caspian gridò, improvvisamente, quando il soldato gli premette le mani sul costato: Hermione sussultò per lo spavento.
«Scusate, Sire. Credo che abbiate una costola rotta, forse due»
«Una costola rotta?» Hermione sgranò gli occhi «È pericoloso!»
L’uomo sollevò con delicatezza il re e lo mise seduto: Caspian si appoggiò pesantemente a Hermione.
«Non può stare disteso?» chiese ansiosamente la ragazza.
«No, mia signora» rispose la guardia «Con le costole rotte gli sarebbe più difficile respirare»
Hermione lo prese tra le braccia e la guardia gli tastò ancora il fianco.
«Posso fasciarvelo, Sire, ma respirare farà male» lo avvertì.
Caspian annuì, ma Hermione si oppose:
«No, no! Ho letto da qualche parte – credo in un tomo di fisiologia, ma potrei sbagliare! – che non si deve comprimere il torace con bendaggi stretti, in questi casi! Assolutamente! Aumenta il rischio di pneumonia e non possiamo permettercelo! Ora…cosa bisognava fare? Tossire? O no? Cos’era quella storia del collasso dei tessuti? Accidenti, mi si è atrofizzato il cervello! Non mi ricordo nemmeno le più basilari…cosa c’è?»
Si interruppe, perplessa, perché tutti la guardavano a bocca aperta: Arun si era addirittura sporto per guardare meglio all’interno della cella.
Arrossì e si morse un labbro, imbarazzata dalla sua stessa loquela:
«Ehm…sì… Volevo dire… meglio evitare bendaggi stretti, insomma»
Caspian fu il primo a riprendersi e scosse il capo, divertito, affondando poi il viso tra i capelli di lei.
La guardia chiese, perplessa:
«Vostra Maestà…cosa faccio?»
«Quello che ordina la mia signora» rispose semplicemente il re, facendola arrossire «Mi fido ciecamente di quello che dice»
Il soldato si inchinò e si ritirò di un paio di passi.
«Vi prendo altra acqua Maestà…e porto il cibo!»
 
Hermione poggiò la schiena contro il muro di pietra e chinò il capo su quello di Caspian.
Per un po’ stettero in silenzio, con lei che osservava il fisico muscoloso di lui e notava quanto fosse dimagrito.
Il re respirava faticosamente, ma sembrava sereno mentre si arrotolava un ricciolo di lei attorno a un dito.
«Caspian» mormorò dopo un po’ lei «Devi promettermi che non ti opporrai più a Jadis come hai fatto ieri»
Lo sentì irrigidirsi, ma proseguì parlando con calma:
«Sei troppo prezioso per me, lo capisci? Non posso sopportare che ti faccia del male e che tu ti metta in pericolo»
«La mia gente…»
«Lo so, lo so. Ma devi farlo anche per loro. Tutti vogliamo che tu stia bene»
Cercò con gli occhi il soldato rimasto e quello fece udire la propria voce:
«Sire, la signora ha ragione. Se perdiamo voi…cosa ci resta? E anche voi, signora, dovete stare attenta»
Hermione gli rivolse un sorriso stanco.
«Capisco perché odiavate tanto le streghe… immagino starete maledicendo tutti il mio arrivo a Narnia»
Ma la risposta della guardia la stupì:
«No, mia signora. Voi siete buona, lo so. Siete sempre gentile e cercate di proteggere sua Maestà. E siete coraggiosa: ho visto come vi comportate con la strega»
Hermione ringraziò, felicemente sorpresa, e il sovrano le bisbigliò:
«Hai visto? Non incanti solo me…»
Lei sorrise:
«Io ti incanto?»
Sentì le labbra di lui sul collo.
«Mi sembra abbastanza chiaro»
Lui le baciò appena la pelle e poi posò di nuovo il capo sulla sua spalla, dicendole:
«E anche tu sei preziosa per me»
Era incredibile come, pur nella paura e nella prigionia, quei giorni fossero, in un certo senso, i più belli per Hermione.
 
Caspian aveva poco appetito, ma cercò comunque di mangiare per non far preoccupare ulteriormente Hermione.
«Hai scoperto qualcosa di utile?» le chiese, mentre mangiava.
Hermione scosse il capo.
«La Strega Bianca non mi racconta nulla di sé e del suo passato… ha avuto a che fare con Grindelwald, ma non so come. Né perché conosce Silente»
«Raccontami di questo mago»
La ragazza annuì, sapendo che era anche il modo migliore di tenere tranquillo Caspian e farlo riposare.
«Gellert Grindelwald ha studiato a Durmstrang, che è una delle scuole di magie più note nel mio mondo. Solo che ha una brutta fama, perché è molto…tollerante con le arti oscure»
«Forse anche la strega ha studiato lì» commentò il re.
«A questo punto mi sembra probabile» Hermione gli avvicinò il cucchiaio alle labbra «È molto disinvolta con incantesimi terribili e Maledizioni Senza Perdono. A Hogwarts, anche i peggiori studenti stanno attenti con certe magie. E non è facile farle, richiedono un grande potere magico»
Caspian storse il naso, ma Hermione gli sorrise, incoraggiante.
«Richiedono anche una grande fatica. Non hai visto come è stanca Jadis? Decisamente non è più la strega gelida e austera della sera del ballo… somiglia più a una che cerca di respingere un drago con una scopa»
Il re la fissò, scettico, ma lei insisté:
«Non può continuare a lanciare incantesimi su tutti. Gli effetti svaniscono comunque e qui c’è troppa, troppa gente. Controllare le persone richiede vicinanza e costanza e fatica e Cair Paravel è enorme! Quante persone ci saranno, solo come personale? Duecento?»
«No, almeno trecento. Con tutte le truppe, cinquecento»
«Ecco, vedi? Come fa a plagiare cinquecento persone insieme? Non ce la farebbe nemmeno Silente! La gente si risveglia, per forza»
Guardò le guardie e loro assentirono con un cenno.
«Sì, Sire… come svegliarsi da un sogno all’improvviso»
«Come possiamo sconfiggerla?» mormorò il re.
«Togliendole la bacchetta» rispose semplicemente Hermione «Ma dobbiamo aspettare il momento giusto e non armarci di spada e saltarle addosso o rischiare pericoli inutili. Non serve a niente: una bacchetta magica contro una spada è come un drago contro una scopa, per usare la metafora di prima!»
Caspian sorrise sentendo il suo tono severo.
«Sì, mia signora. Ai vostri comandi, mia signora»
«Hai poco da fare lo spiritoso! Rischia un’altra volta il tuo bel collo e ci penso io a punirti, prima di Jadis. Sono stata chiara?»
«Perfettamente, mia signora. Trovate che io abbia un bel collo, mia signora?»
Hermione arrossì e borbottò:
«Non ti rispondo nemmeno, così impari!»
Lui ridacchiò e si accoccolò meglio tra le braccia di lei, guardandola da sotto le ciglia scure.
«Come siete crudele, mia signora» mormorò, divertito.
 
*
 
Chiaramente Jadis non sapeva più cosa chiedere a Hermione.
Le faceva domande, ma la ragazza sentiva che stavano girando a vuoto.
Le chiese molto di Voldemort, ma a cosa le servivano quei racconti?
Hermione fu categorica nel separare Voldemort e Grindelwald: il primo era anche molto più giovane, disse, non c’erano possibilità di errore.
Inoltre, Voldemort non aveva studiato a Durmstrang.
«No?» chiese Jadis, sospettosa «Mi sembra quantomeno strano»
«Perché?» chiese innocentemente Hermione «Trovi sarebbe stato un piacevole compagno di scuola?»
La Strega Bianca la fulminò con un’occhiata.
«E tu cosa ne sai dei miei compagni di scuola, ragazzina?»
Caspian, obbligato da Jadis a restare in piedi accanto al trono, si irrigidì, ma la ragazza rispose solo:
«Non mi sembra un’ipotesi così inverosimile, francamente»
Dopo un attimo Jadis si rilassò.
«Già. Immagino di sì» tamburellò con le dita sul trono «E non sai come sei arrivata qui, quindi»
«No» sospirò Hermione «Te l’ho detto mille volte. Non lo so»
«E ora non te ne vuoi più andare immagino»
Infastidita dal tono della ragazza, Jadis allungò una mano verso Caspian e gli sfiorò il braccio.
«State bene, Maestà?» chiese in tono derisorio.
Lui fece un visibile sforzo per controllarsi, mentre Hermione deglutiva.
«Vorrei tornare…ma non so cosa troverei» rispose la ragazza «E questo mi fa paura»
Jadis annuì.
«Sì, io sono a Narnia da millenni… ed è passato solo mezzo secolo nel tuo mondo. Io non so…»
Si interruppe, come pentita di aver parlato a voce alta.
«E Silente?» domandò, brusca.
«Silente è impegnato a combattere Voldemort, lo sai»
«Mai sentito, questo Voldemort» ribatté Jadis, sprezzante «Fatico a credere che abbia potuto oscurare l’astro di Gellert. Meglio per te se non mi menti, ragazzina… o il nostro bel reuccio ne farà le spese»
«Grindelwald si è tenuto alla larga dall’Inghilterra, te l’ho detto. Voldemort invece ne ha fatto il suo centro. Ma in Inghilterra c’è Silente, lo sai»
Gli occhi della Strega Bianca lampeggiarono.
«Se stai insinuando che Silente spaventava Gellert, ragazzina, lascia che ti dica che Gellert avrebbe risvegliato fantasmi con cui il tuo caro Preside non avrebbe mai voluto lottare… oh, sì, ti vedo: non ci credi. Grifondoro in tutto e per tutto. Bè, peggio per te. Non sai nulla!»
«E tu, Jadis?» contrattaccò Hermione «Tu sai qualcosa di utile, ora?»
La strega fremette.
«Vattene! Maledetta impudente, sparisci! Per oggi mi hai tediata abbastanza»
Hermione si ritirò in silenzio, ma l’aria tranquilla sparì appena imboccate le scale.
Ormai evitava la sua stanza e scendeva nelle segrete per stare con Caspian nei pochi momenti che potevano rubare insieme.
Si strinse nelle braccia man mano che scendeva i gradini e sentiva il freddo, quindi entrò nella cella del sovrano.
Passarono quasi due ore prima che Caspian comparisse, due ore in cui Hermione aveva percorso la cella in lungo e in largo.
Arun, che si sforzava di mantenere un’aria impassibile, aveva ormai il mal di mare a forza di guardarla.
Quando il re comparve, la ragazza gli si precipitò tra le braccia e i soldati fecero finta di non vedere nulla.
«Caspian! Stai bene?»
«Sì, piccola, tutto bene. Perché sei scesa qui? Fa freddo. Dovresti dormire nelle tue stanze…»
Lei gli si strinse addosso, rendendo chiaro che non se ne sarebbe andata di sua volontà, e lui sospirò.
«Testona» disse.
Era troppo debole per sollevarla tra le braccia e, anzi, lei lo abbracciò alla vita e lo condusse al pagliericcio, dove sedettero vicini.
«Ti fa male il fianco? Vuoi mangiare qualcosa? O preferisci dormire?»
Hermione era iperattiva, come sempre, ma il re le passò il braccio attorno alle spalle e disse solo:
«Voglio che stai qui con me, per favore»
I soldati si allontanarono a rispettosa distanza, mentre Hermione lo abbracciava delicatamente.
«Ma certo che sto qui con te. Come sempre»
Per un po’ lui rimase in silenzio, poi disse:
«Hai…detto che vorresti tornartene a casa… Non posso biasimarti»
«Oh, Caspian» sospirò Hermione «Non penserai che io…Va bene, ascolta. Il mio mondo è la mia casa: ci sono la mia famiglia, i miei amici, la vita che ho vissuto fino a poco tempo fa. Mi manca, è ovvio. Ma qui ci sei tu»
Lo guardò negli occhi e ammise:
«Non sei meno importante. Non potresti mai esserlo, per me. Ho detto quello che Jadis voleva sentirsi dire… Sai, ci ho pensato su e credo proprio che il suo intento sia tornare sulla Terra. Altrimenti, perché avrebbe…»
Il re le posò un dito sulle labbra.
«Prima di ascoltare le tue intuizioni, possiamo per favore restare sulla parte di me e te?»
«Se vuoi» sorrise lei.
Lui ricambiò il sorriso e poi disse:
«Hermione, mi dispiace immensamente per quello che stai passando… ma sono anche egoisticamente felice che tu sia qui. Mi dai forza, una forza che non credevo di avere. Tu sei…speciale, per me»
Tacque per un istante e Hermione sperimentò l’assurda sensazione che quell’attimo si dilatasse per un secolo.
«Io… non volevo ammetterlo, all’inizio. Se penso che ne davo la colpa a Cornelius… Ma poi sei arrivata al ballo, così bella, così perfetta… e poi è arrivata Jadis e da quel momento niente conta se non che tu sia sana e salva»
«Cosa c’entra Cornelius?» chiese lei, perplessa.
Caspian sorrise.
«Pensavo che Cornelius stesse cercando di farmi entrare in testa l’idea che sei fatta per me»
«Ah. Era vero?»
«No. L’idea era già nella mia testa… l’ho capito quel giorno, alla Casa di Aslan»
«Ma se mi hai baciata e poi mi hai chiesto scusa!»
Era ancora offesa all’idea.
Il re sorrise e le sistemò dietro l’orecchio un ricciolo ribelle.
«Piccola, io non volevo ammettere che il mio cuore era di nuovo pronto ad amare. Ammetto che l’idea di Susan è stata un paravento dietro cui nascondermi in questi anni. Sapevo che non sarebbe mai stata mia, ma così non dovevo scegliere nessuna. E poi sei arrivata tu… e l’unica cosa che voglio ora è poterti scegliere davanti a tutti»
Hermione arrossì, confusa.
«Caspian, io… io tengo a te, non sai quanto… ma il modo di fare in questo mondo mi spaventa. Qui non porti una ragazza a prendere il caffè, ti impegni ufficialmente e…»
«Tu non vuoi impegnarti?»
«Ma certo che voglio!»
«E non sei sicura di quello che provi?»
«Ma certo che lo sono! Non sono mai stata così sicura di qualcosa nella vita, nemmeno dei risultati dell’esame di Incantesimi che… ma questo non c’entra. Uffa, io…»
Lui rimase perplesso davanti alla sua confusione, ma poi disse, risoluto:
«Hermione, io credo che le diverse usanze dei nostri mondi non cambino però la sostanza»
«E qual è la sostanza?» chiese debolmente lei.
«Che io sono innamorato di te» rispose semplicemente lui.
Lei divenne cremisi e guardò ansiosamente verso le guardie, ma nessuna di loro dava segno di avere sentito.
«Io…io…» borbottò, senza concludere.
Caspian non disse nulla, attese.
«Io non l’ho mai detto a nessuno… e nessuno mi hai mai detto una cosa del genere» ammise, dopo un po’.
Il re le sorrise amorevolmente.
«Probabilmente allora nel tuo mondo sono tutti pazzi. Ma non devi dirmi nulla. Posso aspettare tutto il tempo che vuoi…»
«No» disse lei fermamente «Io non sono Susan, Caspian»
Lui la guardò battendo le palpebre.
«Lo so benissimo»
«No, voglio dire che io mi prendo la responsabilità delle mie parole e delle mie azioni» prese fiato e poi disse di getto «Anche io sono innamorata di te. Non farò finta che non sia vero per paura delle conseguenze e mi comporterò sempre mettendo te per primo. Perché chi ci ha fatti incontrare non può volerci separare, a dispetto dei nostri mondi diversi»
Le mani di lui le circondarono il viso.
«Sono d’accordo» mormorò in un soffio «Ma non devi avere paura: io non cerco una sostituta di Susan. Io voglio te, perché sei tu»
Hermione chiuse gli occhi, felice.
Perché ne aveva sempre avuto paura?
Amare era la cosa più bella e più facile del mondo…
 
Le labbra di lui si posarono sulle sue, ma stavolta non fu uno dei casti baci che si scambiavano ormai quotidianamente: somigliava molto al bacio che le aveva dato fuori dalla Casa di Aslan.
Di nuovo, Hermione rispose con entusiasmo, almeno finché non lo strinse troppo forte, facendogli male al fianco.
Lui sussultò e lei arrossì, mortificata.
«Oh…scusa…che idiota che sono!»
Caspian sorrise malgrado il dolore.
«Amo anche questo lato di te» bisbigliò.
Quindi tacquero entrambi perché una guardia si avvicinò per esaminare il fianco del re, ma le loro mani si trovarono e si intrecciarono.
Dopo l’ennesima tazza di zuppa, Caspian riuscì ad addormentarsi, ma Hermione rimase sveglia a pensare: dovevano trovare il modo per scappare di lì.
 
L’alba arrivò anche troppo presto e il re venne svegliato brutalmente e trascinato nella sala del trono.
Hermione non poté seguirlo e, dopo qualche esitazione, si diresse circospetta verso la biblioteca.
Se c’era una soluzione: dove altro poteva trovarla?
Ma, anche se passò la mattinata a consultare tomi antichi, non trovò nulla di utile: le antiche cronache che parlavano dei Re e delle Regine del passato erano concordi nel dire che Aslan li aveva rimandati a casa, una volta che avevano salvato Narnia.
Aslan, come faccio a trovarti? – pensò Hermione, sgomenta – Come faccio a salvare Caspian?
Venne interrotta da due soldati che vennero a prenderla per scortarla dalla Strega Bianca.
Fu condotta all’aperto, nel cortile di Cair Paravel.
Jadis era seduta sotto un baldacchino cremisi, mentre un Minotauro le faceva aria con un grande ventaglio di piume.
Hermione mantenne un’aria tranquilla mentre con lo sguardo esplorava il piccolo seguito: individuò subito Caspian, a un paio di passi dallo scranno della strega.
Evitarono di sorridersi, ma i loro occhi si incontrarono ed entrambi sembrarono subito più rilassati: stare lontani con Jadis incontrollabile che imperversava a corte metteva a dura prova i loro nervi.
La strega se ne accorse subito.
«Re Caspian!» esclamò «Ho una gran sete! Portatemi da bere!»
Lui si riscosse e le rivolse un’occhiata di disprezzo, ma la strega ghignò e puntò la bacchetta verso Hermione.
Il sovrano si morse un labbro e sollevò un vassoio con calici e una brocca d’acqua.
Jadis rise, crudele.
«Molto gentile, Maestà» commentò in tono di scherno «In ginocchio, ora!»
Caspian digrignò i denti, ma un colpo di bacchetta spedì lui e conseguentemente il vassoio a terra: i bicchieri si ruppero in mille frammenti, scintillanti sotto il sole.
Hermione si impose di non intervenire, sapendo che sarebbe stato solo peggio.
Strinse i pugni e guardò Caspian rialzarsi in silenzio, ignorando il sangue che gli imbrattava le mani.
Jadis sospirò.
«Davvero, Sire, siete noioso: mi sto stancando di voi e della vostra maledetta presunzione. Lilliandil! Vieni a servirmi da bere!»
In risposta si levò un gemito.
«Ma che dici? Scherzi, vero? Io non sono mica come questi umani!»
Hermione sgranò gli occhi, incredula.
Ma che razza di idiota era, Lilliandil?
Come poteva restare indifferente di fronte a quello che stava succedendo?
Soprattutto a Caspian: non aveva cercato di sposarselo fino a qualche giorno prima?
Eppure, la stella passava il tempo a gemere lugubremente su quanto quella situazione fosse offensiva per lei, che era figlia di un emissario di Aslan, e non pensava minimamente a coloro che venivano colpiti quotidianamente dalla Strega Bianca.
 
Jadis rise sguaiatamente:
«Attenta, stai incappando nella disapprovazione della nostra giovane strega!» fece, indicando Hermione «E ora cammina: odio ripetermi!»
Un tocco di bacchetta e Lilliandil fu scaraventata a terra, dove iniziò a singhiozzare miseramente.
«Non hai l’impressione, Hermione, che io Gellert abbiamo sempre avuto ragione?» chiese Jadis «Non pensi che sia giusto lottare per un mondo in cui i babbani saranno nostri servi? Cosa altro meritano?»
«Tu sei pazza!» disse Hermione, sdegnata  «No che non lo penso! Chi ti credi di essere per pensare di essere superiore a degli altri esseri umani?»
«Sciocca ragazzina!» gli occhi di Jadis lampeggiarono, pericolosi «Sono i maghi e le streghe come te che sporcano il nostro nome e il nostro lignaggio! Dovresti essere fiera di essere una strega!»
«Lo sono» controbatté Hermione senza paura «Ma la bontà e il valore di una persona non dipendono dai suoi poteri magici! Conosco maghi eccellenti che sono figli di babbani, come conosco maghi purosangue che non hanno un briciolo di talento. O di umanità, che è anche peggio! E se avessi dubbi sul fatto che la magia non rende un uomo migliore di un altro, basterebbe guardare te!»
Un attimo di silenzio sepolcrale accolse quelle temerarie parole, poi accadde tutto in un attimo: la Strega Bianca fece per alzarsi dallo scranno e Caspian le si lanciò addosso, mandandola a finire per terra.
La bacchetta le rotolò via di mano e finì vicina ai piedi di Lilliandil, che urlò come se fosse stata assalita da un drago e, nella foga, la calpestò.
E la spezzò di netto.
Lo schiocco del legno che si spezzava fece sbiancare sia Hermione che Jadis, ma mentre la seconda gridò di rabbia, la prima non perse tempo: corse verso i resti della bacchetta, li raccolse e li gettò sotto gli zoccoli di uno dei cavalli dei soldati.
La bestia nitrì e, muovendosi, frantumò definitivamente il legno.
«Noooo!»
L’urlo di Jadis risuonò nel cortile e un gruppo di soldati, improvvisamente libero dall’incantesimo della strega, la  circondarono.
 
Hermione quasi non se ne accorse, impegnata a lottare contro un’ondata di nausea: la sua preziosa bacchetta non esisteva più.
Sapeva che era meglio così: meglio distrutta, piuttosto che in mano a Jadis.
Eppure… era la  sua  bacchetta.
Quella che, secondo Olivander, l’aveva scelta.
Quella del suo primo Incantesimo, della sua prima E ricevuta a lezione, quella di sei anni di magia.
Era una parte di lei.
 
Si sentì afferrare per il braccio.
Si voltò e vide Caspian e Cornelius in piedi accanto a lei.
«Dovete scappare!» esclamò l’anziano senza perdere tempo «Presto, Maestà, fuggite!»
«No! Io non me ne vado!» si oppose subito Caspian.
Ma Cornelius scosse il capo e indicò con la testa la mischia furiosa che proseguiva, a pochi metri da loro.
Si erano aggiunti soldati e abitanti del castello, ma era chiaro che Jadis poteva ancora fare affidamento sui poteri magici, anche se senza bacchetta era molto meno potente.
«Dovete pensare a Hermione, Sire! La strega vorrà vendicarsi!» 
Caspian esitò e guardò la mischia furiosa poco distante: due soldati vennero scagliati lontano da un gesto della strega.
Annuì e, in due falcate, raggiuse uno dei cavalli che scalpitavano per la magia e la tensione nell’aria.
«No, Caspian!» gridò Hermione «Non possono vincere contro di lei! Ha ancora potere magico! Se la prenderà con chi rimane qui!»
«Hermione, tu e il re siete i suoi bersagli preferiti! Cosa vuoi che le importi di noi? Ma voi due… sua Maestà ha già sofferto abbastanza, mi pare!»
La ragazza si morse un labbro, disperata.
Cornelius aveva ragione: per lei la salvezza di Caspian contava più che tutto il resto.
Per tutti gli incantesimi non brevettati… contava più della salvezza di chiunque altro!
Che pensiero orribile.
Hermione si sentì immensamente spregevole, ma, allo stesso tempo, determinata.
E, quando guardò Caspian, gli vide riflessa negli occhi la stessa espressione tormentata: sapeva che stava pensando a lei e la stava preferendo al suo popolo.
Deglutì.
A lei non importava di se stessa, ma non avrebbe permesso a Jadis di ferire ancora lui.
Gli tese la mano e lui la tirò a sé.
Si voltarono verso Cornelius e l’uomo disse:
«Sire, per salvare Narnia, dovete salvare voi stesso!»
Caspian annuì, anche se sembrò costargli una fatica immane.
Aiutò Hermione a salire in sella e si issò dietro di lei, colpendo poi con i tacchi i fianchi del cavallo che si lanciò al galoppo verso il ponte levatoio.



***

Buon pomeriggio e buon lunedì!
Perdonate il ritardo, oggi giornata di fuoco!
Bene bene, se non altro Caspian fugge da Cair Paravel con Hermione, quindi non devo più temere chi di voi mi minaccia con asce taglienti (vero, Sue?!) o si sconvolge per quello che sto facendo passare a Caspian... XD
Su su, lo sapete che lo amo!!! 
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Buona lettura!
Joy

   
 
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