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Autore: Water_wolf    03/03/2014    13 recensioni
ATTENZIONE: seguito della storia "Sangue del Nord".
Il martello di Thor è stato ritrovato, Alex e Astrid sono più uniti ed Einar non è stato ucciso da Sarah. Va tutto a gonfie vele, giusto? Sbagliato.
Alex ha giurato che sarebbe tornato ad aiutare Percy contro Crono, anche a costo di disobbedire agli ordini di suo padre. Quanto stanno rischiando lui e gli altri semidei?
I venti non sono a loro favore, ma loro sono già salpati alla rotta di New York.
«Hai fatto una grande cazzata, ragazzo» sussurrò, scuotendo la testa. || «Allora, capo, che si fa?» chiesi, dando una pacca sulla spalla al mio amico. «Se devi andare all’Hellheim, meglio andarci con stile»
// «Sai cosa?» dissi. «Non ti libererai facilmente di me, figlio di Odino. Ricordatelo bene.» || «Allora ce l’avete fatta!» esultai. Gli mollai un pugno affettuoso contro la spalla. «Da quando tutti questi misteri, Testa d’Alghe?» lo stuzzicai. «Pensavo ti piacesse risolvere enigmi, Sapientona» replicò, scoccandomi un’occhiata di sfida.
Genere: Azione, Comico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Nico di Angelo, Nuovo personaggio, Percy Jackson, Quasi tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache del Nord'
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∫ Einar ∫
 
Ero in un grande edificio di pietra, con alte colonne e due gigantesche figure che sedevano ai piedi di un gigantesco pilastro di nuvole che sembrava sostenere il cielo. Come l’avevano chiamato il quartier generale di Crono? Monte Otri?
Sì, doveva essere quello il posto, perché sembrava davvero una versione lugubre ed oscuro dell’Olimpo e riconoscevo alcune delle incisioni sulle pareti in stile greco. Tutte, però, mostravano scene di morte e rovina per gli Dèi. Zeus si riconosceva dalla Folgore spezzata che teneva in mano, mentre si inchinava al padre; accanto a lui Poseidone, incatenato al fondo del mare.
«Non credo che Percy sarebbe molto felice di questo» commentai, mentre mi guardavo intorno, nella mia forma eterea di quando sognavo.
Davanti alla grande colonna di nuvole, c’erano tre figure massicce ed una un po’ più mingherlina che conoscevo bene: mio padre Loki, Signore delle Illusioni e degli Inganni. Degli altri tre, uno era inginocchiato e si lamentava sotto il peso del cielo che reggeva, mentre le altre due erano in piedi e parlavano con il mio adorato paparino.
«Il peso delle responsabilità, eh» borbottai, ironicamente, osservando la figura in ginocchio, che intuii essere Atlante, mentre mi avvicinavo ai tre in piedi per sentire cosa dicevano.
«Perché dovremmo fidarci di te?» chiedeva uno che indossava una corazza nera, tempestata di puntini argentei e un elmo con le corna d’ariete.
«Già, dopotutto non sei il Signore degli Inganni?» ringhiò l’altro, che aveva le vesti d’oro.
Dovevano essere i titani Crio e Iperione: tipi tosti. Al confronto mio padre era un insetto, ma mai giudicarlo dalle apparenze: lui poteva convincerli a combattersi tra loro con una sola occhiata per poi finire il sopravvissuto alle spalle.
«Perché vi ho dato contingenti per il vostro esercito. Certo… il figlio di Odino è un fastidio secondario, ma non mi direte che avete paura di un ragazzino» ridacchiò il dio, dando una pacca sulla spalla dei due.
«Cosa intendi dire!? Noi siamo Titani! Non temiamo nulla!» ringhiò Crio, stringendo i pugni, ma subito il fratello lo bloccò.
«Sai cos’ha detto Re Crono, lui è intoccabile! Ma chi guiderà i tuoi guerrieri nel caso tu non potessi esserci?» chiese, osservando il dio degli inganni con curiosità.
«Non c’è da preoccuparsi, mia figlia mi ha fornito un gruppo di generali degni di questo nome» assicurò il dio maligno indicando un angolo del palazzo, dove apparirono tre figure incappucciate, una delle quali stranamente familiare.
Preoccupato, mi avvicinai per capire chi fossero, ma il sogno si fece nebbioso e l’ultima cosa che sentii fu la voce di mio padre che, maligna, mi avvertiva.
«Vai, di’ tutto al tuo comandante… e cerca di tenerlo in vita.»
 

Mi svegliai di colpo, sentendo un urlo. Come ci svegliamo noi figli di Loki, probabilmente, non si sveglia nessuno. È strano, ma la mattina è il momento migliore per fare scherzi ed io, modestamente, sono il migliore.
Dato che il Campo Mezzosangue non conosceva la terribile natura di noi figli di Loki – e che avevano tutti un muso così lungo da fare invidia ad un cavallo –, io e i miei fratelli avevamo deciso di buttarci in una sequela di scherzi che coinvolgevano tutte le Case.
Infatti, noi ci svegliamo sempre con le grida delle nostre vittime che ci invadono le orecchie. Quel giorno fu tutto terribilmente soddisfacente: ci eravamo introdotti nella Casa di Qfrodite e avevamo sostituito i deodoranti e i profumi con dell’essenza di troll – puzza garantita al cento per cento –, avevamo appeso dei ragni finti nella Casa di Atena – perdonate la crudeltà –, avevamo reso di gomma gli attrezzi della Casa di Efesto – effetto temporaneo, niente di cui preoccuparsi – , avevamo messo del vischio sulla porta della Casa di Apollo – quello per i figli di Baldr, che sono allergici al vischio e si erano stipati tutti lì –, ricoperto la Casa di Demetra con dei rampicanti, fatto gelare letteralmente l’acqua di Percy e, dato che non avevamo idee su Ermes, avevamo deciso di sbizzarrirci su di loro, con qualsiasi trappola ci venisse in mente.
Per questo, mi svegliai con le urla di una figlia di Afrodite che scappava in lacrime, mentre i suoi fratelli e sorelle uscivano tenendosi i capelli crespi o pulendosi in fretta e furia il trucco dark che noi avevamo messo al posto di quello normale. Poco lontano la Casa di Atena era immersa nel silenzio totale.
«Andiamo a liberarli?» domandò Alyssa, stiracchiandosi nel suo sacco a pelo.
«Naaaah… con loro ci sono i figli di Ullr e Astrid, ci penseranno loro» risposi, noncurante, uscendo dalla tenda insieme ai miei fratelli, godendoci lo spettacolo del panico nel Campo.
Non volevo pensare al sogno, così decisi di accantonarlo temporaneamente, mentre osservavo Percy e Danny che uscivano dalla Capanna di Poseidone con i capelli coperti da una patina di ghiaccio. Solo i figli di Ermes sembravano divertiti. I loro vestiti erano bagnati, sporchi, o alcuni di loro avevano la faccia disegnata, ma i fratelli Stoll e gli altri sembravano divertiti.
«Ehi, Einar! Belli gli scherzi, fighi! Avete pensato voi a tutti?» chiese Travis.
Oppure era Connor? Difficile da dirlo, ma mi divertivo a pensare quanto fosse forte essere fratelli gemelli.
«Certo che sì, sai com’è, siamo figli di Loki, e poi avevate dei musi così lunghi che non vi si poteva guardare. Volevamo dare una scossa al morale, prima della prossima battaglia» risposi, godendomi lo spettacolo di un figlio di Baldr che scappava isterico con il vischio nei capelli.
Dopo qualche minuto, vidi i figli di Atena uscire dalla loro cabina, bianchi in viso. Qualcuno si toccava i capelli o si controllava i vestiti assicurandosi di non avere ragni nascosti da qualche parte. Annabeth marciò verso di me con l’aria di una che ha una gran voglia di tirarmi un pugno – capita spesso.
«SEISTATOTUAFAREQUESTOSCHERZOVERO!?»
Fu la domanda che le uscì fuori istericamente, quasi il suo cervello fosse andato in cortocircuito. Alzai le mani con un sospiro, assumendo un’aria colpevole.
«Sì, tesoro, l’ho fatto io. Lo sai che con quel ragno sulla spalla sei ancora più adorabile?»
Lei lanciò uno strillo ed iniziò a dimenarsi, mentre io me la squagliavo tra le risa dei miei fratelli. Mentre mi allontanavo nella foresta, sentii distintamente la ragazza di Atena urlarmi insulti in greco e minacce fin troppo inglesi. La colazione fu, ovviamente, movimentata. Chirone ci dette un benvenuto formale, ringraziando Alex che sedeva al tavolo dei capigruppo insieme a Nora e Lars.
Lui sembrava imbarazzato e non disse nulla, ma nessuno sembrò farci caso: avevamo problemi più gravi a cui pensare, uno dei quali era convincere quel bue muschiato di Clarisse a tornare in battaglia.
Ma dopotutto, chi me lo faceva fare? Dubitavo di poterla convincere, così, invece di andare verso la Casa di Ares, dopo colazione, decisi di fare una passeggiata nel bosco. Intorno a me le driadi si affacciavano dai loro alberi, guardandomi storto, mentre gruppetti di satiri suonavano i loro flauti.
Non persi molto tempo e raggiunsi la baia, ormai libera dalla Skidbladnir che Alex si era messo in tasca. Era strano trovarsi in un posto che, fino ad un mese prima, non sapevi nemmeno che esistesse ed ogni volta il mio cervello da figlio di Loki mi costringeva a chiedermi cosa ci fosse dietro. Ogni volta mio padre mi metteva in difficoltà, che fosse perché ero suo figlio o perché lui doveva mettere il naso ovunque.
«Allora, dovevate proprio scatenarvi oggi? O solo perché siamo arrivati al campo Mezzosangue?»
Mi voltai ed ecco i due più fighi ragazzi del Campo Nord che mettevano in ombra chiunque non la loro aura di figaggine assurda: Alex e Lars.
«Volevo divertirmi. Sapete com’è, adoro fare scherzi e poi volevamo dare una scossetta al morale del Campo in vista della prossima battaglia» spiegai, noncurante, stringendomi le spalle.
«Certo che potreste andarci un po’ più piano. Annabeth è andata in isteria ed ha pianto sulla spalla di Astrid, cosa che pensavo impossibile» disse il figlio di Odino, sedendosi accanto a me, osservando il mare.
Sembrava malinconico ed osservava la costa, quasi gli mancasse il Campo Nord. O forse era la paura per l’Hellheim.
«Come va?» chiese, dandomi una pacca sulla spalla, mentre Lars si appoggiava ad un albero vicino, osservando il mare, imperturbabile come una statua.
«Nulla… Solo, un sogno che non mi piace» borbottai, lisciandomi i capelli.
Alex sorrise mestamente. «Anche tu, eh? Helen ha predetto la mia morte, forse, tanto vale che mi racconti del tuo.»
«Non ha senso» commentai accigliato. «Loki vuole che tu viva.»
«Impossibile, è stato lui a suggerire a mio padre di buttarmi fuori dal Valhalla. Perché mi vorrebbe vivo?» domandò Alex, anche lui perplesso.
Così gli raccontai il mio sogno con i Titani, Loki e i misteriosi “generali”.
«Questo è molto strano. Troppo. Loki mi ha esiliato dal Valhalla e torna, si è alleato con i Titani, e torna. Ma perché vorrebbe che Alex tornasse sano e salvo da quest’impresa?» chiese Lars, dopo un lungo silenzio riflessivo.
«Non lo so. Secondo voi i nostri Dèi darebbero ascolto a questo sogno?» domandai, conoscendo già la risposta.
«Ne dubito. Loki ha in scacco il consiglio, se sono in lotta tra loro, li terrà gli uni contro gli altri, mentre noi veniamo mandati al massacro. Non daranno mai ascolto ad un suo figlio, poi. Ricordi la profezia di Frigg, vero?» mi ricordò Alex in tono consolatorio.
Almeno ci aveva provato, lui mi credeva, ma Odino non si sarebbe mai fidato di me o dei miei fratelli.
«Già… Maledetta Patatina» borbottai, ironico, mentre gli altri due mi guardavano allibiti.
«La Patatina?» fecero in coro perplessi.
«Sapete, Frigg, Frigga, la Patatina. Capita?»
I due si guardarono per un istante, dopodiché Alex scoppiò a ridere, mentre Lars fece uno strano verso che ricordava uno sbuffo divertito. Dovevo assolutamente far ridere quel figlio di Eir, chissà se soffriva il solletico.
«Non ha senso pensarci ora. Dobbiamo prepararci alla scontro. La figlia di Ecate ha parlato di un raduno di truppe e rischiamo di venire colti di sorpresa» disse alla fine, il figlio di Odino, scuotendo la testa.
«Hai ragione. I miei fratelli sono pronti alla battaglia, e i figli di Tyr e Thor non vedono l’ora di distruggere qualcosa» concordò il figlio di Eir, voltandosi verso il comandante.
«Anche i miei non vedono l’ora di rendersi utili. Senti, Lars, ma sorridere tu? Mai?» chiesi, cercando di non concentrarmi sulle mie preoccupazioni.
Lui, però, mi guardò con l’aria di uno che chiedeva: “Sorridere? Cosa significa questa parola?”Scossi la testa e lasciai correre.
«Allora, capo, che si fa?» chiesi, dando una pacca sulla spalla al mio amico. «Se devi andare all’Hellheim, meglio andarci con stile» aggiunsi, incamminandomi verso l’accampamento dove si erano sistemati i miei fratelli che, a quanto pareva, stavano facendo una gigantesca partita a carte collettiva con i figli di Ermes – avevo la sensazione che sarebbero fioccati fin troppi assi taroccati.
«Vero. Avanti, andiamo. Tenetevi pronti, io devo parlare da una persona» disse, avviandosi verso la foresta sotto lo sguardo confuso mio e di Lars.
«Ehi, amico, vedi di dichiararti alla svelta!» gli urlai, intuendo con chi si sarebbe dovuto incontrare.
Mi sembrò che lui mi avesse lanciato un insulto, ma non ci badai.
 
•Alex•

Sospirai, mentre camminavo lungo un sentiero poco battuto con le ninfe e gli spiriti del bosco greci che mi osservavano da dietro gli alberi. Era strano come quelli europei fossero diversi da questi. Gli elfi erano alti, nobili, slanciati; difendevano e proteggevano la natura proprio come le driadi o i satiri, ma erano altezzosi ed erano al pari, per forza e potere, a divinità minori.
Vivevano in tutta Midgard, ma soprattutto nella città di Asgard, ed erano sempre avvolti da un’aura di luce dorata. I satiri, invece, erano molto più selvaggi e meno superbi o alteri. Mentre camminavo, ecco apparire tra le foglie la persona che cercavo.
Astrid Jensen era seduta su una roccia con lo sguardo perso nei suoi pensieri. Il sole illuminava il suo viso pallido, dandole una strana aura di calma, mentre i riflessi neri dei suoi capelli la rendevano bellissima. Mi avvicinai e mi sedetti accanto a lei, sentendola sussultare, però non si mosse.
«Allora? Come ti senti? Non vi siete uccise, tu ed Annabeth?» chiesi, poggiandole delicatamente una mano sulla spalla.
Ebbi la sensazione che i figli di Afrodite e Freyja ci stessero spiando, ma ormai ero abituato a non avere un minimo di privacy, con Astrid.
«No, al contrario, siamo riuscite a darci una mano a vicenda. Non è così cattiva, è solo molto decisa» rispose, con lo sguardo ancora perso in chissà quali pensieri.
Era così bella che mi era difficile concentrarmi su qualcos’altro, oltre a lei. Volevo rispondere alla sua domanda sulla nave, ma continuavo ad avere pensieri orribili: non volevo deluderla. Se fossi morto e le avessi detto di sì prima? Lei sarebbe stata ancora peggio. E se, invece, non mi fossi rivelato alla sua altezza? Che sarebbe successo? L’avrei fatta soffrire? Scossi la testa.
«Senti, Astrid… dovrei dirti una cosa» esordii, cercando di avere un tono sicuro, che, però, venne meno, quando lei si voltò verso di me con aria preoccupata.
Deglutimmo entrambi.
«Ecco… vorrei parlarti di quella cosa che mi avevi chiesto durante il viaggio» aggiunsi, sentendomi arrossire. Non mi sarei fermato, questa volta.
«Sì?»
Sembrava speranzosa… o forse era solo ansia o preoccupazione?
«Io…»
Ma di nuovo, per l’ennesima volta, ecco l’interruzione: un’ombra enorme emerse dagli alberi. I miei riflessi agirono per me: spinsi a terra Astrid e presi Excalibur, che brillò come argento fuso sotto la chiara luce del sole. Un enorme cane nero si avvicinava a noi, ringhiando.
«Ferma, Signora O’Leary!»
Nico corse verso di noi, tenendo una mano sul fianco dell’enorme segugio, che iniziò a leccargliela, quasi fosse un lecca-lecca.
«Scusa, pensavo fosse un mostro» borbottai, sentendomi arrossire, mentre riponevo la spada.
Non ci potevo credere che mi ero bloccato per l’ennesima interruzione.
«Stiamo interrompendo qualcosa?» chiese Percy, apparendo alle nostre spalle, facendo sobbalzare sia me che Astrid.
Accanto a lui c’era una driade che, alla vista della signora O’Leary svanì in una nuvoletta di fumo verde, simile alla clorofilla.
«No, nulla» rispose, prontamente, Astrid, con la voce stranamente acuta. «Chi era quella lì?»
«Oh, lei è Juniper, la fidanzata di Grover, il mio amico satiro» spiegò il figlio di Poseidone, stringendosi le spalle. «Nico ed io siamo appena tornati da un… sopralluogo. Stiamo cercando un’arma in grado di contrastare Crono.»
Dal tono intuii che c’era molto dietro, così decisi di indagare.
«Sembra molto più di “un’arma”.  Che avete in mente, voi due?»
Percy e Nico si guardarono incerti, come per decidere se valeva la pena parlarne, poi mi raccontarono di come, secondo loro, il corpo di Luke era stato preparato ad ospitare lo spirito del Re dei Titani, dopodiché mi spiegarono come erano andati dalla madre del ragazzo e di come intendevano usare lo stesso metodo per sconfiggere Crono.
«Un bagno nello Stige?» domandò Astrid, incerta. «Non ci sono benedizioni del genere, nel mondo Asgardiano.»
«In realtà sì. Bere l’acqua della fonte di Mimir, situata nelle Terre dei Giganti, dà grande saggezza; la fonte di Urdr, custodita da Idunn consente a coloro vi si immergono, di diventare immortali, inoltre da poteri divini, se bevi dalle sue acque. Infine, vi è il fiume di latte di Heidrunn che attraversa il Valhalla dona grandi capacità rigenerative. Avere una benedizione del genere dà grande potenza in battaglia, ma nessuno osa farlo perché se non si è preparati, c’è il rischio che la potenza dei fiumi che ho citato strappi l’anima dal corpo» elencai, ricordando tutte le leggende nordiche.
Tutti mi guardarono.
«Cos’ho detto?» chiesi, rispondendo con un’occhiata perplessa ai loro sguardi.
«Lo sai che, certe volte, mi ricordi Annabeth?» fece Percy, ridacchiando.
Anche Astrid e Nico stavano cercando di trattenere le risate. Arrossii.
«Scusate, ogni tanto la parte di Odino che sovrintende alla saggezza ha il sopravvento su di me.»
Il figlio del mare scosse la testa.
«Andiamo, se volete venire, seguiteci con un viaggio d’ombra.»
 

Non fu facile parlare con la madre di Percy, soprattutto se stai dicendo: “Salve, abbiamo bisogno della sua benedizione in modo che suo figlio si getti in un fiume che, se non lo rende immortale, lo disintegrerà, ma le assicuriamo che lo facciamo per il bene di tutti, perché c’è sempre la possibilità che lui venga ucciso da Crono!”
Insomma, l’avete capito. Mentre osservavo la donna stringere convulsamente il bicchiere di limonata, mi tornò alla mente mia madre, poco prima che partissi per gli Stati Uniti una seconda volta.
Quanto coraggio doveva avere una madre per lasciare che il figlio vada incontro alla morte? Per quanto nobile fosse la causa, lei avrebbe voluto difendere il figlio, come mia madre avrebbe voluto fare con me. Mi resi conto di quanto io e Percy eravamo fortunati ad avere una madre che, nonostante le difficoltà, ci volesse bene e ci attendesse a casa, nonostante i pericoli.
Ogni anno sia Sally che Dana ci vedevano partire per chissà quali pericolose avventure, senza sapere se mai saremmo tornati. E se ne erano fatte una ragione, ma non avevano mai smesso di pregare che noi tornassimo vivi. Alla fine, però, sembrò arrendersi, nonostante sembrasse sul punto di piangere.
«Percy… io… ti do la mia benedizione» annunciò, accarezzando la guancia del figlio.
Distolsi lo sguardo: non volevo pensare a mia madre, probabilmente preoccupata. Chissà cosa stava facendo. Chissà se stava bene.
«Ci siamo» dichiarò Nico, annuendo. «È ora.»
Io e Astrid ci guardammo, avevamo entrambi brutte, bruttissime sensazioni riguardo a quell’evento, ma d’altro canto, che potevamo fare? C’era in gioco la sopravvivenza stessa dell’Olimpo. Mentre uscivamo, Sally Jackson si avvicinò al figlio con gli occhi lucidi, dandogli un cellulare.
«Se dovessi sopravvivere al duello con Crono… mandami un segnale.»
«Mamma… lo sai che mezzosangue e cellulari sono…»
«Lo so.» Fu la replica pronta. «Ma… andrebbe bene qualunque segnale. Uno che si possa vedere da qualsiasi parte di Manhattan, per farmi sapere che stai bene.»
«Come Teseo. Per far sapere che era vivo doveva alzare le vele bianche» aggiunse Paul, il patrigno di Percy che, nonostante tutto, mi stava simpatico. Almeno non mi aveva dato del criminale incallito, come tutti i prof che mi vedevano.
«Qualcosa di blu» concordò, infine, il figlio di Poseidone, abbracciandola.
Ebbi paura che quello, per entrambi significasse “addio”, ma io ero convinto che Percy ce l’avrebbe fatta. Non ero venuti fin lì per veder morire un amico.
 

Poco dopo eravamo a Central Park, davanti ad un ammasso roccioso che Nico aveva chiamato Porta di Orfeo. Io non ci vedevo nulla di strano, ma Astrid sembrava strizzare gli occhi, osservando qualcosa che io non vedevo.
«Probabilmente la percepisci anche tu» le aveva spiegato il figlio di Ade, mentre Percy faceva qualcosa con quello che lui chiamava legame empatico. «Anche tu hai un profondo legame con i Regni dei Morti, ma come ero più debole io nei tuoi Inferi, lo sei anche tu ora che ti trovi qui, nel territorio greco.»
Lei annuì e andò a sedersi poco lontano, mentre Percy continuava a concentrarsi su solo lui sa cosa ed io la raggiunsi.
«Allora? Cosa ne pensi di quello che stiamo per fare?» chiesi, avvicinandomi alla figlia di Hell che era stata silenziosa per tutto il tempo.
«Non saprei. Una parte di ma ha ancora voglia di prenderti a calci fino a farti tornare in Norvegia, un’altra non fa altro che dire che abbiamo fatto bene a venire. Senza di noi non hanno possibilità» rispose Astrid, dandomi un pugno sulla spalla.
Sorrisi, almeno mi dava fiducia.
«Non so fino a che punto saremo utili. Siamo pochi, molto pochi e senza le altre Orde e i nostri dèi, non sarà facile. Ma ormai siamo qui, la prossima sarà una battaglia difficile e noi faremo di tutto per vincerla» la rassicurai, cingendole le spalle con il braccio.
«Lo spero» borbottò, sospirando, appoggiandosi a me.
Ok, Percy e Nico erano abbastanza lontani, non c’era nessuno nelle vicinanze e la Signora O’Leary stava scavando una trincea in mezzo al parco. Il momento era perfetto. Stavo per aprire bocca, quando improvvisamente un satiro uscì da sopra l’albero, finendo di testa proprio davanti a noi.
Mi chiesi come mai Freyja ce l’avesse così tanto con noi da non farmi dire mezza parola. Le avevo fatto qualcosa di male? O lei si divertiva a mettermi in imbarazzo?
«Voi chi siete? Non credo di avervi mai visti» ci fece notare il ragazzo dalle zampe caprine, mentre si rimetteva in piedi.
«Grover!» Percy lo interruppe, abbracciandolo. «Loro sono dei miei amici
Dopodiché spiegò la nostra provenienza e quello che era accaduto un mese prima, mentre lui dormiva ignaro tra le radici di un albero di Central Parck. Fu una specie di rimpatriata: Percy raccontò di noi Norreni, dell’impresa che aveva compiuto al nostro fianco e di come noi fossimo venuti in loro aiuto e in quel momento le forze del Campo Nord fossero accampate nel Campo Mezzosangue, pronte a dare man forte ai semidei Greci. Quando venne a sapere che erano passati due mesi sbiancò.
«Impossibile! Mi sono seduto qui appena per riposare.»
«Grover, sei via da quasi due mesi! È Agosto! Juniper era preoccupatissima per te» esclamò il figlio di Poseidone, prendendolo per le spalle e scuotendolo piano, quasi temesse stesse per addormentarsi di nuovo.
Il satiro strinse le palpebre, come per concentrarsi, poi iniziò a raccontare di come avesse tentato di affrontare una divinità di nome Morfeo che, a quanto pareva, era dalla parte di Crono e di come questi l’avesse fatto sprofondare in un sonno profondo.
«Beeeeeeeeeee… Certo che ne accadono di cose, in due mesi» commentò Grover, emettendo il verso caprino che avevo già visto fare a molti dei suoi compagni satiri. Gli strinsi la mano.
«Così, sei tu il capo degli spiriti della natura?»
«Magari… Il Concilio mi ha letteralmente buttato fuori» borbottò il satiro, abbassando lo sguardo sconsolato.
Eppure vidi una grande forza in lui perché, nonostante il rifiuto dei suoi superiori, lui aveva continuato a combattere per la sua causa.
«Non dire così, ragazzo-capra! Sei forte, e poi dai, affrontare il dio del sonno non è roba da poco, anche se sei stato battuto» lo tirò su Astrid, dandogli una pacca di incoraggiamento sul braccio.
«Grazie. Sono felice che siate qui con l’intenzione di aiutarci. Il pericolo, però, è terribile. Se è vero che le forze di Crono hanno ricevuto rinforzi dal Nord, allora significa che le cose si metteranno male. Inoltre, vista la presenza di Morfeo, qui…»
«L’invasione è assicurata»  completammo noi quattro, guardandoci preoccupati. Ora più che mai avrei voluto che tutte le Orde si fossero unite a noi.
«Possiamo farcela. Dobbiamo» conclusi, stringendo l’elsa di Excalibur, sentendola pesante più che mai. All’improvviso mi sentii il peso della profezia di Helen che pesava su di me. Una spada che spada non è mi avrebbe ucciso per mano di un guerriero dal grande potere. Il potere dell’antica lama non mi avrebbe salvato. La mano di Astrid si strinse sulla mia e vidi nei suoi occhi il riflesso delle mie stesse paure.
«Allora, non abbiamo tempo da perdere. Grover, abbiamo bisogno di te» annunciò Percy all’improvviso, riscuotendomi dai miei pensieri.
I due semidei greci si rivolsero all’amico satiro e spiegarono come mai lo avessero chiamato. Quando lo seppe, quello sbiancò per lo spavento e ci guardò come se fossimo pazzi – cosa piuttosto vera.
«Negli inferi? Non di nuovo… vi prego, no!» supplicò il satiro, guardandoci preoccupatissimo.
«Non ti sto chiedendo di accompagnarmi» lo rassicurò subito Percy. «Ma ci serve, comunque, un po’ di musica e io non ci tengo a dar prova delle mie abilità canore.»
«Nemmeno io… Non dopo l’ultima volta che, mentre cantavo sotto la doccia, ho quasi rotto un vetro» borbottai, incrociando le braccia. Di certo tra i doni di mio padre non c’era il canto.
«Davvero canti sotto la doccia?» domandò Nico, perplesso.
Arrossii e risposi: «Questione personale.»
Astrid scoppiò a ridere, mentre io mi sentivo un po’ stupido, ma cavolo, non si poteva avere un hobby un po’ strano, mentre si faceva la doccia? Intanto, Percy, era tornato a parlare con Gorver.
«Avanti amico, ti chiedo un favore. Nel nome dei vecchi tempi?»
«Se non sbaglio ai vecchi tempi rischiavamo sempre la vita» – non l’avrei mai detto di un semidio – «Ma farò del mio meglio» sospirò il satiro.
Si portò il flauto alle labbra e iniziò a suonare un motivetto acuto e vivace. Ci volle un attimo per vedere le rocce aprirsi su uno stretto corridoio che portava verso il basso con dei gradini. Mi ricordava di un mese prima in cui ero sceso nell’Hellheim. Quella galleria mi stava dando la stessa identica sensazione.
«Peeeeercy, ti auguro buona fortuna la sotto, radunerò gli spiriti della foresta. E andrò da Juniper» disse, raddrizzando la schiena con aria decisa. Molto coraggioso, nonostante soffrisse d’ansia.
«Buona fortuna, amico mio» lo salutò Percy abbracciandolo, prima di lasciarlo andare.
Nico, intanto, si era voltato verso di noi, con un sorrisetto che non mi diceva nulla di buono.
«Allora, dato che abbiamo visitato i vostri Inferi, vi va di fare una gita nell’Ade?»
Ok, stavo cominciando a stancarmi di scendere negli Inferi di ogni mitologia esistente.

koala's corner.
Puntuali come un orologio svizzero, siamo qui con un nuovo capitolo! Il POV di Einar era molto atteso, speriamo vi abbia soddisfatto :3
Alex, poveretto, non gode dei favori di Freyja: ogni volta che prova a parlare con Astrid viene interrotto.
Dopotutto, per lui, abbiamo piani diversi *si sorridono complici*
Un piano stronzetto che non so se avrei avuto il coraggio di inserire, senza di lui.
Ritorna Grover! A me dispiace un sacco che non compaia più spesso, ci ero affezionato :/ La battuta di Einar su Frigg è nata in uno sclero in video-chat, perché uno dei diversi modi per scrivere il suo nome è Frigga, ma è così orribile che è impossibile non scherzarci su.
*Water ride al ricordo di quando è saltata fuori quella battuta*
Per il prossimo capitolo: state attenti a "una vita per una vita" *sorriso maligno* Speriamo che il capitolo vi sia piaciuto e che volgiate dircelo con una recensione, un grazie a tutti e alla prossima!

Soon on VdN: POV Astrid, la prima battaglia contro Crono dopo il bagno nello Stige. Pensavate di essere abituati ai momenti critici? Vogliamo che vi ricrediate.
  
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