Storie originali > Soprannaturale
Segui la storia  |       
Autore: Darksaurus 97    03/03/2014    0 recensioni
So che prima dovrei perlomeno completarne una ma era da tanto che volevo fare questa. Spero vi piacerà. Potrei dirvi di che tratta ma poi mi toccherebbe uccidervi, quindi... sappiate solo che il protagonista è un ragazzino di tredici anni, solo che non ha tredici anni, è molto più vecchio, e non è neanche un ragazzo normale, e che per farla mi sono ispirato a una canzone degli Skillet. Se vi ho incuriosito, leggete e se volete recensite!
Genere: Horror, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

Cadendo nel buio

 

Il generale Straggle entrò nella stanza seguito da un intero plotone, allo stesso tempo nervoso e spaventato.

 

   - Si può sapere che diavolo succede? – urlò all’intera sala, ridotta in un silenzio di tomba.

 

  La piattaforma era ormai come paralizzata, persino l’aria sembrava preda delle tensione, divenuta ormai palpabile. Non servì rispondere alla domanda per far capire al generale che la situazione era molto più che seria.

 

  - Scendete! – ordinò sottovoce ai suoi uomini che prontamente si diressero verso l’ascensore.

 

  Il generale si avviò verso la postazione della dottoressa Agota Lionel e rimase a osservare sia gli schermi, sia la finestra, posta poco più avanti rispetto al bancone della donna. La dottoressa non riusciva a togliere gli occhi dallo schermo che ritraeva la porta della gabbia, a cui il sergente Gerreth si avvicinava sempre più pericolosamente. Era colpa sua se ora erano in questa situazione: se lei avesse messo subito via la chiave della gabbia il sergente non avrebbe mai e poi mai potuto prenderla. Ma non l’ha fatto e per questo piangeva e pregava ogni genere di divinità o profeta che aveva sentito nominare almeno una volta.

 

 

 

Quando Anita entrò nella teca di Owen, il ragazzo la osservava con gli occhi sbarrati, seduto sul suo letto e teso come un arco pronto a scagliare una freccia. Ma gli effetti di ciò che si sarebbe scatenato non avevano proprio niente a che fare con una freccia.

 

  - Owen – disse la donna, sorridendo – Sono io, sono Anita.

 

  Il respiro si faceva sempre più affannato e gli occhi sembravano aver perso le palpebre, visto che non le aveva sbattute una volta da quando la donna era entrata. Le sue mani stringevano con forza il copriletto, straziandolo.

 

  Nonostante le sue intenzioni, il sergente si ritrovò ad aver paura di quel ragazzino. Non era una paura razionale, come quella che aveva provato il primo giorno che aveva conosciuto Owen, ma qualcosa di più antico, primordiale, che la spingeva a correre verso l’ingresso e a scappare da quel luogo. Si avvicinò con cautela, respirando lentamente, quasi a non volersi fare sentire ma senza distogliere gli occhi dal ragazzo che la osservava con un espressione di puro terrore. Alla fine, nonostante la tensione tanto palpabile da poter essere tagliata con un coltello, lo raggiunse e si inginocchiò per poterlo guardare direttamente negli occhi.

 

  - Sono io Owen – ripeté – Sono Anita Gerreth. Sono qui per aiutarti.

 

  Gli parlava come se parlasse a un leone ferito, e, facendo un enorme sforzo per frenare gli istinti che le consigliavano di fuggire via, gli prese la mano destra, con lo scopo di infondergli coraggio. Per un istante tutto si fermò. Lo sguardo si Owen si era fatto inespressivo, le mani smisero di sgualcire il copriletto e persino la paura di Anita sembrava essersi attenuata. Ma durò solo un istante. Owen le prese la mano posata sulla sua con una forza disumana, generando un dolore atroce nella donna e facendo risuonare lo scricchiolio delle ossa che si spezzavano, mentre con l’altra le prese il collo e la spinse contro la parete, cercando di soffocarlo. Nei suoi occhi c’era soltanto odio.

 

  - Owen – si sforzò di dire la donna con voce rauca e con le lacrime agli occhi – Tu non sei… così. Tu… sei migliore… Ti… prego…

 

   Anita sentiva che stava per morire. Respirare si faceva sempre più difficile e doloroso. Il suo corpo cercava di ribellarsi, di combattere. Sentiva il cuore battere così forte da farle male. D’improvviso il ricordo di una mano ancora libera e sana si insinuò in lei. Qualcosa le diceva di usarla, di colpirlo per liberarsi. Molto velocemente passò la sua mano dietro il collo del suo aggressore, ma non la usò per colpirlo. Con tutta la forza che aveva lo strinse a sé in un abbraccio, come nemmeno con suo figlio aveva mai fatto.

 

  - Tu… non sei… un… mostro… - riuscì a dire la donna.

 

  Poi accadde. La pressione al collo si allentò e la mano ebbe via libera da quella morsa.  Lei tossì, cercando di riprendere fiato e si accasciò a terra, liberando Owen dall’abbraccio.

 

 

 

Il generale Straggle si ritrovò a osservare l’aggressione impotente. Se, insieme al suo plotone, fosse entrato nella stanza la creatura si sarebbe scatenata e fermarla allora sarebbe stata pressoché impossibile. Almeno per il momento era così. Quando però vide che il giovane aveva liberato la donna dalla sua stretta quasi non riuscì a crederci e, se da un lato era contento di non dover cercare una nuova sostituta, dall’altro la situazione lo preoccupava… Ma per il momento l’importante era permettere al sergente di liberarsi.

 

  - Sergente Anita Gerreth! – urlò tramite il microfono del tavolino – Esca subito di lì! E’ un ordine!

 

  La donna ebbe a malapena il tempo di registrare la voce del generale che subito qualcos’altro accadde sotto gli occhi di quest’ultimo. Non era ancora finita…

 

 

 

Sin da quando Anita era entrata, lo sentivo agitarsi come un cavallo che si imbizzarrisce davanti a un incendio. Voleva uscire, voleva scatenarsi, voleva proteggermi. Ma lei non era un pericolo, non era assolutamente come l’ultima volta… Eppure voleva uscire lo stesso.

 

Ma perché, urlavo dentro di me, perché ho voluto rischiare in questo modo? Sapeva che sarebbe andata così! Perché fare una simile stupidaggine?

 

  Che stai facendo stupido? Lasciami uscire!

 

  Già, avrei dovuto farlo. Era questo il nostro accordo. Lui mi avrebbe protetto da chiunque cercasse di farmi del male. E così è stato finora ma… Anita non voleva farmi del male. Ne ero certo!

 

  Stai facendo solo lo stupido, ragazzino! Anche lei cercherà di ucciderti!

 

  No, mi dissi, lei non mi farebbe mai del male. Lei….

 

  E poi la sentii. La sua pelle. Era calda. Non mi ricordavo quanto fosse bello il contatto con un essere vivente. Non volevo lasciarla. Volevo godere ogni singolo istante di tatto. Solo allora guardai davvero la donna. Ma non durò a lungo: persi il controllo.

 

  Finalmente…

 

  La creatura le schiacciò la mano e cercò di soffocarla. Ma perché lo faceva? Io non volevo questo! Ma non riuscivo a riprendere il controllo, era impossibile! Mio padre aveva assolutamente ragione. Se lei morirà sarà solo colpa mia! SONO SOLO UN MOSTRO!

 

  - Tu… non sei… un… mostro… - disse una voce debole ed estremamente fievole. Anita Gerreth.

 

  D’improvviso sentii il suo alito soffiarmi nelle orecchie, il suo braccio intorno al mio collo come nessuno da quasi due secoli aveva più fatto. Il suo viso in stretto contatto. NO!, urlai a me stesso, Anita non sarebbe morta oggi e assolutamente non così. NO! NO! NOOOOOOOOOO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

 

  D’improvviso sentii le mie mani stringere la sua mano, o quello che ne restava, e l’altra il collo. Sentii la mano destra bagnata di qualcosa che sembrava acqua. La lasciai andare. Sentii il suo braccio strisciare via dal mio collo. La sentii tossire per cercare di riprendere fiato. La guardai incredulo. Io avevo fatto questo?

 

  La luce si spense all’improvviso e mi ritrovai in una stanza buia, all’apparenza senza confini, ma per non era una novità. C’ero già stato una volta in passato. Quella era la mia mente. C’ero già stato una volta in passato, circa duecento anni fa.

 

  CHE DIAVOLO STAI FACENDO MOCCIOSO?! Si può sapere che caspita ti è preso?

 

  Era la creatura. La sua voce rauca e minacciosa si spandeva in tutta la sala e, col tempo, mi resi conto che era tanto impossibile quanto inutile cercare di capire da dove venisse. Era al contempo dappertutto e da nessuna parte.

 

  - Forse mi sono semplicemente stancato di questa storia? – domandai sarcastico all’oscurità

 

  E allora? Abbiamo un accordo ragazzo!

 

- Beh, io non voglio più nessun accordo con te! Vattene! Lasciami in pace!

 

  Una risata invase la sala e non era assolutamente benefica.

 

  Credi davvero di poterti liberare di me così? Come fossi uno dei tuoi giocattoli? Che è successo? Ti sei stancato di giocare e ora mi riponi in una scatola come se niente fosse?!

 

  Improvvisamente sentii qualcosa soffocarmi. Mi ritrovai ad annaspare in cerca d’ossigeno mentre i polmoni iniziavano a bruciare. Ma cercai comunque di non desistere.

 

  Sei solo un idiota!

 

  Velocemente com’era iniziata, quella sensazione finì. Presi una grande boccata d’aria mentre a poco a poco sentivo l’ossigeno girare nel mio corpo. Appena tornai a respirare normalmente però sentii la rabbia crescere in me come una fiamma.

 

  - Credi di farmi paura, per caso? Beh, ti sbagli! Questa situazione è durata fin troppo! Ti ordino di andartene via dal mio corpo. SPARISCI!

 

  AHAHAHAHA…. Sai non riesco quasi a crederci. Tutto questo per chi? Per una donna, una donna che conosci da a malapena un mese! Quante ce ne sono state prima di lei, eh? Quante persone mi hai lasciato uccidere?

 

  - Lei è diversa.

 

  Diversa? In cosa sarebbe diversa?

 

  - Lei mi vuole bene! – urlai – Lei tiene a me!

 

  E tua madre?

 

  Sentii un grande peso soffocarmi, ma questa non era la creatura. Era il ricordo di quella notte. Ciò che avevo permesso permesso…

 

  Sai, ricordo ogni singolo dettaglio di quella notte. Tuo padre non si era nemmeno accorto di essere morto quando gli strappai via di mano il coltello e lo usai per estrargli tutte quelle sue flaccide budella dalla pancia. Prima l’intestino, rosso del suo sangue ancora gocciolante. Poi il fegato, l’ho anche assaggiato da quanto era…

 

  - Smettila – dissi sentendo già le lacrime colmarmi gli occhi.

 

  E quella mocciosetta di tua sorella. Sì.. come dimenticarla? Di lei è rimasto ben poco. Piangeva ancora quando le strappai la faccia coi denti, quella sottospecie di campana…

 

  - Ti ho detto di smetterla… - ripetei con le lacrime che già mi solcavano il viso.

 

  E tua madre… Oh si. Tutto il tempo a strillare come un maiale  sul punto di essere sgozzato! Non la uccisi subito, no. Sai, sgozzarla come il maiale che tanto ci teneva a imitare, sarebbe stato facile e veloce, ma non sarebbe stato divertente. La sua faccia incontrò ogni angolo di casa sua, ogni parete, ogni letto, ogni mobile… La sua faccia era diventata irriconoscibile da quanto era malmessa. E poi la calciai. Le presi a calci come un re con la sua moglie fedifraga..

 

  - FALLA FINITA!!!!!!!!!! -   urlai in preda alla furia lanciandomi verso l’oscurità nella speranza di prenderlo, o comunque a far male a qualcosa ma purtroppo tutto ciò che ottenni fu di fare l’idiota nel buio.

 

  Sai qual è la cosa più comica? Che tra le sue urla isteriche diceva anche qualche parola di senso compiuto, del tipo “ Tu sei migliore di così “ o “ Tu non sei un mostro “. Aspetta, sbaglio o ho un senso di dejà vous?

 

  Per un istante rimasi interdetto. Come avevo fatto a dimenticare una cosa simile? No, adesso basta. Questo era veramente troppo. Come una fiamma sentii la rabbia crescere in me, e adesso sentivo di doverla fare sfogare in tutta la sua forza, altrimenti sarei scoppiato.

 

  - Se credi di fermarmi così, sappi che ti sbagli di grosso – urlai al vuoto – Io non mi arrenderò. I tempi in cui io ero un mostro sono finiti! Hai capito? FINITI! IO ti ho permesso di entrare e ora IO ti caccio. SPARISCI!!!!!!! – gridai infine con tutto il fiato che avevo.

 

  La creatura si mise a ridere di gusto, sbellicandosi letteralmente. Sentivo la rabbia aumentare, ma mi sforzai di restare calmo. La rabbia lo faceva solo ridere, quindi forse la calma lo avrebbe snervato. Però quello continuava a ridere… Sperai con tutto me stesso che finisse per morirci, dal ridere. Alla fine però smise e tornò a parlare.

 

  Ci tieni davvero a riprenderti il tuo corpo? Vuoi davvero farla finita, come dici tu?

 

  - Sì – dissi, sforzandomi di restare calmo.

 

  Bene, bene. Allora ti propongo una sfida: se riuscirai a resistermi, il tuo corpo tornerà solo tuo e io me ne andrò. Altrimenti sarò io l’unico proprietario. Ci stai?

 

  Sentivo che avrei dovuto avere a che fare con qualcosa del genere ma non m’importava. Avrei fatto di tutto.

 

  - D’accordo – dichiarai – Ci sto.

 

  Molto bene….

 

  Non ebbi nemmeno il tempo di rendermi conto di ciò che avevo fatto che subito sentii un violento pugno allo stomaco. E quando dico violento, intendo dire proprio violento. Sentii il sangue arrivarmi alle labbra e sgorgare fuori come una cascata. Non avevo mai provato un simile dolore.

 

  Che succede? Ti arrendi già?

 

  Un calcio, con la forza di una locomotiva, mi colpii al fianco sbalzandomi verso il lato opposto della stanza. Sentivo i polmoni bruciare alla ricerca disperata. Mi sentivo come se fossi stato investito da un treno in corsa.

 

  Allora?!

 

  Improvvisamente sentii qualcosa premermi le testa verso il basso, cercando di schiacciarla. Sentivo qualche osso scricchiolare pronto a rompersi, mentre il sangue che pulsava sempre più a una velocità al dir poco assurda mi usciva anche dagli occhi, al posto delle lacrime.

 

  Ti arrendi?

 

 - Mai – riuscì a formulare senza nemmeno pensare. Avrebbe potuto farmi a pezzi e ricucirmi e farmi a pezzi un’altra volta. Se questo mi avrebbe permesso di porre fine a quest’incubo, allora ero pronto a questo e ad altro.

 

  Molto bene. Questo vuol dire che d’ora in avanti faremo sul serio.

 

  Improvvisamente la pressione alla testa finì ma non ebbi nemmeno il tempo di riprendere fiato che subito sentì un altro calcio colpirmi ai fianchi e mandarmi a sbattere contro il pavimento. Subito dopo qualcosa mi prese per i capelli e, dopo avermi fatto sbattere la testa più volte, mi mise supino e cominciò a prendermi a calci alla pancia, al petto e alle gambe senza darmi nemmeno il tempo di urlare, ma facendomi schizzare sangue più volte. So che quello non poteva essere realmente sangue e che quello non era il mio vero corpo, ma il dolore che sentivo, lancinante in modo estremo, lo avvertivo molto vero.

 

  Dopo diversi calci mirati soprattutto allo stomaco smise di colpirmi e finalmente potei tornare a respirare. Con uno sforzo immane cercai di sollevarmi ma mi resi conto che le gambe si erano indebolite e avevano difficoltà a reggermi. Ma non volevo restare né disteso per terra come un morto, né in ginocchio come un suddito. Perciò, anche se con grande fatica, usai quell’attimo di tregua per rialzarmi, anche se sentivo tutto il mio corpo ondeggiare come una barca sul mare mosso.

 

  - CHE SUCCEDE? – urlai quando riuscii a riprendere fiato senza nemmeno pensare – HAI GIA’ FINITO? E’ TUTTO QUI?

 

  Sentì la creatura sogghignare divertita prima di scaricarmi un altro colpo allo stomaco che mi piegò in due e mi fece rigettare altro sangue. Sentivo le gambe cedere ma non mi Inginocchiai. Anzi, riuscii a risollevarmi.

 

  - Sai – dissi col fiatone – Stai diventando… noioso. Ora mi darai un altro calcio? – aggiunsi quasi ridendo.

 

  Forse fu l’averlo definito noioso o forse la quasi risata, fatto sta che riprese a colpire subito dopo e con molta più ferocia di prima. Prima mi colpì alla schiena, poi alle gambe, alle braccia, alla pancia, alla faccia… non risparmiò neppure le zone basse. Ma questa volta non smisi mai di sorridere, anche se non saprei dire se fosse per una grande forza di volontà o per uno spasmo facciale.

 

  I colpi divennero sempre più veloci e violenti. Non erano più solo pugni e calci, ma anche graffi, morsi, squarci…. Aumentò sempre la frequenza degli attacchi tanto che mi sembrò li facesse tutti insieme. Provenivano da ogni lato: destra, sinistra, sopra, sotto, persino da fuori e dentro di me. Sentivo le ossa scricchiolare, il sangue bagnarmi come acqua e ricoprirmi come una coperta. Colpiva,  graffiava, mordeva, squarciava, tutto nello stesso momento per un tempo che sembravano pochi secondi come anche un’infinità di giorni. Non sentivo nemmeno più dolore, semplicemente perché non avevo nemmeno più il tempo di sentirlo. Sembrava quasi che tutto questo stesse accadendo a qualcun altro.

 

  ARRENDITI!

 

I colpi si fecero ancora più forti e veloci. Sentivo le ossa incrinarsi e spezzarsi, lo stomaco e gli altri organi spostarsi da ogni lato, ma non dissi niente.

 

  ARRENDITI!

 

I colpi divennero ancora più furiosi. Sentii qualcosa arrivare a trafiggermi pancia e gambe come una spada, Sentii alcune delle mie ossa infilzare carne e organi, ma anche questa volta non dissi nulla.

 

  TI HO DETTO DI ARRENDERTI!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

 

  Come mille stuzzicadenti attaccati a un pupazzetto, così sentii mille spade trapassare ogni singolo centimetro del mio corpo, di cui una anche la testa.

 

  Solo allora si fermò. Sentivo un fiatone forte come quello di un atleta che ha finito la maratona provenire dalla creatura. Ebbi appena il tempo di sillabare la parola “no” che sentii il dolore di tutti quegli attacchi. Non ebbi nemmeno la forza di urlare, tutto quello che feci è cadere come morto.

 

  Non so cosa accadde dopo, non so come sia stato possibile, ma poco dopo una luce bianca inondò la stanza. Senza nemmeno rendermene conto mi misi a strisciare verso quella luce. Più mi avvicinavo, più sentivo il dolore affievolirsi e il mio corpo cominciare a rispondere ai miei comandi. Entro poco mi sollevai sulle braccia e sulle gambe e mi misi a gattonare come un bambino, solo successivamente riuscii a sollevarmi in piedi e camminare in posizione eretta e solo quando questo accadde tornai a prendere effettiva coscienza di me e del mio corpo. Mi resi conto, camminando, che più ero vicino alla luce, più le mie ferite si rimarginavano e il sangue spariva. Inizialmente non riuscivo a capire che cosa stesse accadendo e cosa fosse quella luce, ma poi mi venne un dubbio, che presto si trasformò in sospetto, poi in speranza e infine divenne quasi una certezza: avevo vinto!

 

  Sì, mi dissi, doveva essere così. Non c’era altra spiegazione!

 

  Quasi non riuscivo a crederci… duecento anni di inferno… di tormenti… di morte poteva finalmente avere fine! Era incredibile, avevo quasi paura a chiudere gli occhi nella paura che tutto questo potesse finire. Preso da un’euforia incontrollabile mi misi anche a correre. La vedevo, era sempre più vicina e più niente ormai aveva importanza per m. Già quasi mi sembrava di poterla toccare. Ero vicino… ero vicinissimo... ero…

 

  CRACK!

 

  Questo rumore mi riportò alla realtà. Non vedevo più niente, come se qualcosa mi oscurasse la vista.

 

  - Credevi davvero di aver vinto tu, moccioso? – disse una voce.

 

  Improvvisamente sentii una forte pressione alla testa e alle gambe come di qualcosa che si faceva leva, mentre al contempo sentivo qualcosa uscire dal mio torace aprendosi un’uscita tra la carne e le ossa che diventava sempre più grande. Alla fine uscii e sentii lo squarcio al petto richiudersi mentre la cosa che mi oscurava la vista abbandonava la mia faccia.

 

  Lo guardai freddo e ammutolito.

 

  - Sei mio adesso – sussurrò, avvicinandosi al mio orecchio.

 

  Lo guardai un’ultima volta e piansi: avevo perso…

Angolo autore:

So che avevo promesso di postarlo velocemente ma vi assicuro che solo ora sono riuscito a finirlo. Spero che il capitolo sia di vostro gradimento e comunque per favore recensite. Io ci tengo moltisimo a questa storia e s volete commentare,criticare,prendermi a calci... accetto tuto!

 
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale / Vai alla pagina dell'autore: Darksaurus 97