Anime & Manga > Kuroko no Basket
Segui la storia  |       
Autore: Ortensia_    03/03/2014    4 recensioni
«Ricordi sbiaditi, luci soffuse, amori spezzati e ombre evanescenti. Il tempo si porta via tutto: anche le nostre storie.» — Dal Capitolo IV
Sono passati alcuni mesi dalla fine delle scuole superiori, e ogni membro dell'ex Generazione dei Miracoli ha ormai intrapreso una strada diversa.
Kuroko è rimasto solo, non fa altro che pensare ai chilometri di distanza fra lui e Kagami, tornato negli Stati Uniti.
Tuttavia, incontrato uno dei suoi vecchi compagni di squadra della Teiko, Kuroko comincia una crociata per poter ripristinare la vecchia Gerazione dei Miracoli, con l'aggiunta di nuovi membri, scoprendo, attraverso un lungo e tortuoso percorso, realtà diverse e impensabili.
«La Zone era uno spazio riservato solo ai giocatori più portentosi e agli amanti più sinceri del basket, era, in poche parole, la Hall of Fame dei Miracoli.» — Dal Capitolo VII
[Coppie: KagaKuro; AoKise; MuraHimu; MidoTaka; NijiAka; MomoRiko; forse se ne aggiungeranno altre nel corso della fanfiction.
Accenni: AkaKuro; KiseKuro; MiyaTaka; KiMomo; KuroMomo; KagaHimu.
Il rating potrebbe salire.]
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Yuri | Personaggi: Altri, Ryouta Kise, Satsuki Momoi, Taiga Kagami, Tetsuya Kuroko
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Hall of Fame'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo II





La luce guida l'ombra, mentre essa le copre le spalle.

Tatsuya aveva fissato la palla a spicchi quel tanto da assicurarsi che entrasse nel canestro, poi, col fiato corto e la fronte imperlata di sudore, si era voltato verso l'alta rete metallica che circondava il campo. Dando una rapida occhiata alle panche, alcune delle quali vuote, altre letteralmente sepolte da felpe e borsoni, e agli spalti, sui quali si erano riuniti piccoli crocchi di curiosi o critici appassionati, capì che non era venuto - o forse lo aveva fatto ma era rimasto a guardarlo solo per poco e poi se n'era andato, attirato da qualcosa che lo interessava molto di più del basket -
Tuttavia dovette rimandare l'interrogatorio a senso unico per concentrarsi sulla marcatura di un avversario e quindi contribuire ad accrescere il potere difensivo della squadra.
Il vecchio team di Los Angeles: ecco con chi stava giocando e per chi si impegnava tanto a difendere il campo, dimenticandosi degli spalti mezzi vuoti e delle panche piene di felpe bianche e blu.
Al suo ritorno negli Stati Uniti lo avevano accolto con grande piacere e, ad eccezione di un paio di giocatori che avevano abbandonato il basket e dell'aggiunta di un nuovo membro, Tatsuya era rientrato a far parte di quella vecchia squadra nella quale aveva trascorso una piccola parte dell'infanzia e l'adolescenza, cominciando a crescere e a conoscere le sue abilità illusorie, con cui ormai conviveva con fierezza e che ambiva ad incrementare ulteriormente.
Anche Taiga era stato accolto con gioia - forse anche di più di quanta si era manifestata per il ritorno di Himuro, con leggero screzio di quest'ultimo -, ma quel giorno, per la prima volta, non si era presentato. Tanto meglio: Tatsuya avrebbe approfittato della sua assenza per monopolizzare l'attenzione su di sé.
In quanto al nuovo membro, che Tatsuya stesso aveva trascinato con grande insistenza nella vecchia squadra americana, era assente come quasi tutti i giorni.
Non appena la partita si concluse - con la vittoria della squadra di Tatsuya - il ragazzo si diresse verso le panche intorno al campetto e, aperto il borsone, frugò per qualche attimo in cerca del cellulare.
Come aveva immaginato, Taiga aveva provveduto tempestivamente a spedirgli un sms dandogli appuntamento al fast-food più vicino al campetto, mentre Atsushi non aveva neppure fatto lo sforzo di scrivergli un messaggio per giustificare la sua assenza - non che pretendesse una spiegazione, visto che era sempre la stessa storia, ma si trattava comunque di una questione di buona educazione -
Come al solito si pentiva delle sue scelte troppo altruiste: gli piaceva vedere le persone felici, tanto che fin da piccolo aveva deciso di essere amico di Taiga e trascinarlo nel basket vero e proprio, sostenendolo nei primi passi e cercando di tenerlo il più possibile sotto la propria ala, mentre qualche mese dopo la fine delle superiori si era prodigato a portare con sé Atsushi perché, oltre ad aver accumulato nel tempo un grande affetto nei suoi confronti, lo riteneva un portento e aveva pensato che giocare negli Stati Uniti gli avrebbe fatto solo del bene. Ecco: lui aveva trascinato Kagami nel basket e, nonostante fosse una scelta dell'infanzia, continuava a sentirsi frustrato e inferiore nei suoi confronti, ogni giorno con la stessa intensità - se non di più - che aveva provato quando Taiga lo aveva superato per la prima volta, infangando la sua bravura; allo stesso modo aveva voluto portare con sé Atsushi per aiutarlo, ma questo preferiva saltare gli allenamenti per infilarsi in qualche supermercato e riempire il carello di dolciumi, lamentandosi continuamente di quanto fosse noioso il basket e facendogli provare una grande rabbia, perché Murasakibara aveva delle abilità finissime che non utilizzava a pieno, non si impegnava, non si applicava e trascurava le sue doti, doti che se avesse posseduto lui - invidioso e ammirato allo stesso tempo - avrebbe provveduto ad affinare ancora.
Paradossalmente, Tatsuya odiava allo stesso tempo sia le persone che sfruttavano a pieno le loro capacità e lo superavano, sia quelle che trascuravano le loro doti e le loro abilità, rimanendo relegate ad uno stato di mediocrità detestabile.
Tatsuya aveva un difetto che aveva sempre cercato di nascondere, per altro senza grandi risultati.
Era conscio di quanto potesse essere sbagliato guardare di sottecchi certe persone e desiderare di essere al loro posto. Era ancor più sbagliato quando, resosi conto di non poter prendere il loro posto, allora, finiva per pensare a qualche cattiveria di cui lui stesso si stupiva.
Tatsuya aveva questo difetto che sembrava essere nato insieme a lui, come un piccolo seme trapiantato nel cuore che piano piano germoglia e, crescendo, ghermisce il petto con i suoi rovi e inghiotte ogni virtù come le erbacce fanno con i fiori degli orti.
Tatsuya era invidioso, e non era riuscito a trovare ancora una cura per quel difetto di cui si vergognava. Avrebbe voluto smettere, ma era come un circolo vizioso: ancor prima di fissare qualche buon proposito per tentare di uscirne, ecco che si ritrovava a fissare con occhi di ghiaccio chiunque gli sembrasse migliore di lui, sentendosi percuotere da un senso di inferiorità che gli toglieva il fiato, gli faceva desiderare solamente di abbassare la testa, voltarsi e andarsene per sempre, lontano da tutti.
Si sentiva in qualche modo responsabile delle numerose assenze di Atsushi alle partite, e allo stesso tempo della sua vita, visto che, dopotutto, aveva preteso che si trasferisse negli Stati Uniti facendogli abbandonare la sua terra natale e i suoi amici e che, a quanto pareva, lo aveva costretto a lasciarsi alle spalle aspetti importanti della sua esistenza per niente, visto che Murasakibara non era cambiato di una virgola e trascurava ogni singola componente della sua vita - ad eccezione del cibo -
Innervosito dall'ennesima assenza di Atsushi, Tatsuya afferrò il borsone e senza guardare in faccia o rivolgere parola ai compagni di squadra uscì dal campetto e si avviò verso il fast-food, dove Taiga lo stava aspettando.
Dopo circa una ventina di metri, Tatsuya vide svettare l'insegna del fast-food e accelerò il passo, avendo ormai recuperato il fiato e maggiore forza nelle gambe e nelle braccia.
Già di fronte all'entrata di vetro poté notare, fra una moltitudine di tavoli e persone, Taiga. Anzi, in verità aveva notato la montagna di hamburger, capendo immediatamente che quello doveva essere il tavolo del suo amico, così, con le labbra increspate in un piccolo sorriso, era entrato e si era avviato proprio verso il mucchio di panini.
«Ciao!» esclamò ancor prima di sedersi.
«Oh-» Taiga, che in quel momento aveva i denti affondati in uno degli hamburger, si affrettò a mandare giù il boccone, mentre Tatsuya si sedeva sulla sedia di fronte a lui.
«Scusami per oggi, ho dovuto ritirare l'auto di mio padre dal concessionario.» spiegò brevemente Taiga, giustificando la sua assenza alla partita per poi rigettarsi con foga sull'hamburger lasciato per metà.
Forse perché quella foga nel mangiare gli aveva ricordato Atsushi, anche se solo per un attimo, le labbra di Tatsuya si incrinarono appena, mentre una guancia trovava stancamente appoggio sul palmo spalancato di una mano.
«Non fa niente, tranquillo.»
«Domani ci sarò, comunque!» questa volta fu Taiga ad accennare un sorriso, mentre riduceva per l'ennesima volta in una pallina dalla forma scomposta la carta del panino e la andava a gettare sulle altre, facendone crollare qualcuna e quindi traballare la montagnetta di involucri colorati e accartocciati.
«Come mai quella faccia? Murasakibara ha di nuovo saltato la partita?»
Tatsuya rimase in silenzio, allungò una mano e afferrò uno degli ultimi panini.
«E-ehi!» ovviamente Taiga cercò di protestare, ma Tatsuya non gli prestò attenzione e iniziò a scartare il panino con calma.
«Già.»
«Ma perché deve fare così?» Taiga sembrava irritato, l'esatto contrario di Tatsuya, che ormai aveva abbandonato la rabbia ed era passato alla rassegnazione, restandosene a masticare il panino in silenzio.
«Merda! Fa parte della Generazione dei Miracoli e poltrisce così!» Taiga protestò a denti stretti «è un idiota!»
«Mi sento in colpa per averlo portato qui, speravo che in un clima simile si decidesse finalmente a sfruttare a pieno le sue capacità, ma a quanto pare mi sbagliavo.» Tatsuya adagiò la metà del panino rimasta sulla carta di cui poco prima lo aveva spogliato, finendo per coronare la falangetta dell'indice destro con l'anello che portava al collo, quello che ancora lo teneva legato a Taiga; in quanto a quest'ultimo: se ne rimase in silenzio per qualche attimo, cercando lo sguardo dell'amico che, ora come ora, sembrava lontano, perso in chissà quali pensieri.
«Hai paura che possa tornare in Giappone?» Taiga lo incalzò.
Tatsuya rimase in silenzio: guardò il panino mezzo morsicato e continuò a giocare con l'anello.
«Sì.» sospirò «ma non posso trattenerlo qui.» Tatsuya aveva sempre vissuto di legami troppo fragili, come quello con suo padre; solo Taiga e quell'anello sembravano aver resistito allo scorrere inarrestabile tempo.
«Entrambi sareste più felici, se tornaste in Giappone.» si sorprese da solo delle proprie parole, ma era un pensiero che teneva per sé da troppo tempo e si trattava di parole che non avrebbe mai avuto il coraggio di pronunciare davanti ad Atsushi, perché non erano altro se non l'esplicito consiglio di lasciare gli Stati Uniti e tornare a casa, e c'era il rischio che lui lo seguisse per davvero. E se Atsushi avesse lasciato gli Stati Uniti, allora, cosa gli sarebbe rimasto?
Questa volta fu Taiga a rimanere in silenzio per qualche attimo, lasciando fuggire lo sguardo lontano, in un punto impreciso del fast-food.
«No, sto bene qui.» borbottò, stringendosi nelle spalle.
Tatsuya gli rivolse un'occhiata piuttosto severa, quasi come se gli avesse intimato, con la sola forza dello sguardo, di non prenderlo in giro, ma lo sguardo di Taiga era ancora in fuga, troppo lontano dal suo.
«Nessuno può stare bene in un posto se continua a pensare a qualcuno che vive altrove.» Tatsuya imbracciò il borsone, afferrò la metà di hamburger che aveva lasciato sul tavolo e si alzò, soddisfatto di aver finalmente attirato l'attenzione di Taiga, che ora lo fissava con un po' di stizza negli occhi, probabilmente perché aveva colto nel segno.
«Beh, io mi incammino.»
«Ah, aspetta!» Taiga si alzò velocemente e afferrò gli ultimi tre hamburger rimasti, sistemandoseli nella tasca della giacca con lo stesso zelo di un criceto che con cura immagazzina i semi nelle guance «ti accompagno.»
Tatsuya lo aspettò per qualche momento, poi si avviarono insieme verso l'uscita del fast-food.
«Taiga?»
«Mh?»
«Ma quanti ne hai mangiati?»
«Escludendo quello che mi hai rubato e i tre che ho in tasca ... undici. Perché?»
Tatsuya rimase in silenzio per qualche attimo, poi si lasciò scappare una piccola risata «peggiori sempre di più!»


Taiga lo aveva accompagnato fin sotto casa e, dopo essersi dati appuntamento al campetto per il giorno dopo, si erano salutati.
Tatsuya salì la prima rampa di scale stancamente, si fermò di fronte a una delle porte del primo piano e si mise a frugare nel borsone, estraendo le chiavi dell'appartamento.
La serratura scattò rumorosamente, la porta cigolò appena e fu richiusa non appena lui e il borsone furono entrati.
A giudicare dal silenzio e dall'assetto della casa, rimasto identico a quando era uscito per andare al campetto, Tatsuya concluse che il suo coinquilino non doveva essere ancora tornato.
Diede un'occhiata al tavolo, dove si ricordava di aver lasciato un bicchiere riempito per metà d'acqua; poi le due sedie sulle quali si erano seduti e che, alzandosi da tavola, avevano lasciato scostate: no, non era cambiato niente, quindi non doveva essere ancora tornato per davvero.
L'attenzione di Tatsuya, però, fu catturata immediatamente dai due sacchetti di spazzatura ancora addossati al muro, vicino alla porta, e infine dal cellulare abbandonato vicino al piano cottura; no, non era come pensava lui, ovvero che il suo convivente si trovasse ancora fuori: in verità non era neppure uscito di casa.
Tatsuya si diresse velocemente verso il salotto, quindi, non trovando nessuno, andò dritto in camera da letto.
Quando lo vide steso sul letto, le membra penzolanti verso il pavimento e il capo sollevato, con lo sguardo assente rivolto al soffitto, Tatsuya si immobilizzò all'entrata della stanza e si lasciò sfuggire un piccolo sospiro rassegnato.
«Atsushi?»
Tatsuya si avvicinò lentamente, sedendosi sul bordo del letto in ascolto del silenzio, spezzato poco dopo dal sommesso brontolio dell'altro.
«Non sei neppure uscito, vero?»
«No.» Atsushi continuava a fissare il soffitto con occhi assonnati «non ne avevo voglia.»
«Cosa pensi di fare?» tagliò corto Tatsuya.
«Non lo so, Muro-chin.»
Sempre la solita risposta.
Detestava le persone che se ne rimanevamo immobili, a crogiolarsi nella loro indecisione senza provare mai a farsi avanti, però con Atsushi era diverso. Riuscì a voltarsi verso di lui e a fulminarlo con un'occhiata di disapprovazione solo per qualche attimo.
«Non sono neppure riuscito a imparare un po' di inglese.»
«Sta tranquillo, ti posso aiutare io con l'inglese.» lo sguardo e la voce di Tatsuya divennero improvvisamente più dolci: era vero che Atsushi era piuttosto pigro e sosteneva di non amare il basket, era vero che aveva il carattere di un bambino, destinato ad essere un eterno indeciso e impossibilitato a sfruttare a pieno le proprie capacità, ma lì a Los Angeles, dove solo Tatsuya e Taiga parlavano giapponese, doveva sentirsi particolarmente solo, spaesato.
Atsushi non staccava mai gli occhi dal soffitto bianco.
«Non so che cosa fare.» pareva un bambino in attesa del consiglio della madre «però vorrei tornare a giocare con te.» parlò lentamente e chiuse gli occhi «mi piace il basket, soprattutto quando siamo insieme.»
Nelle rare occasioni in cui Atsushi riservava parole positive per il basket, sul volto di Tatsuya si dipingeva un piccolo sorriso: essere l'unico interlocutore di quelle confessioni lo rallegrava ogni volta.
Atsushi aveva deciso di condividere i suoi sentimenti più nascosti con lui, e con lui soltanto: non era la prima volta che ascoltava quelle parole pronunciate dalla sua voce.
Sentivano di potersi fidare l'uno dell'altro.
Tatsuya si lasciò scivolare lentamente al fianco di Atsushi, facendo aderire la guancia destra al suo petto e lasciandosi immediatamente cullare dal movimento calmo del suo sterno, che si alzava e si riabbassava lentamente. In quel momento, però, non riuscì a fare come al solito: gli occhi si rifiutarono di chiudersi, il suo cuore pompava sangue all'impazzata, facendogli fremere il petto di dolore.
All'improvviso gli tornarono alla mente le parole che Taiga aveva pronunciato seduto al tavolo del fast-food, di fronte a lui, e l'espressione di sollievo trovato non appena Atsushi lo aveva avvolto con un braccio, stringendolo a sé, abbandonò il suo volto, sostituita da una smorfia che pareva quella di un uomo ferito, che soffre terribilmente ma che allo stesso tempo cerca a tutti i costi di trattenere il suo dolore.
«Atsushi?»
«Che c'è, Muro-chin?»
Tatsuya chiuse gli occhi, rimanendo in ascolto del battito calmo del cuore di Atsushi, infine si decise a sollevare appena il capo per guardarlo.
Finalmente Atsushi scostò il proprio sguardo dal soffitto e rimase a fissare l'altro in silenzio.
Tatsuya aveva paura, ma sapeva benissimo che rimanere a crogiolarsi in eterni dubbi non gli faceva bene e, in parte, lo rendeva davvero molto simile all'immobilità tediosa di Atsushi.
«Vorresti tornare in Giappone?» a Tatsuya costò molto fare quella domanda: era un di quelle questione spinose di cui non si vuole conoscere la risposta, perché la si immagina già e non ci sarebbe niente di più doloroso che ricevere la conferma dal diretto interessato.
Lo sguardo di Atsushi rimase immutato, gli occhi - all'apparenza assonnati e annoiati - ancorati a quelli di Tatsuya.
«Solo se tu vieni con me.»
Quelle parole sorpresero Tatsuya, che senza dire nulla accennò un sorriso intenerito e tese il collo quel tanto da poter raggiungere le labbra di Atsushi e ricambiare il suo bacio.

Non rimane che una stella, nell'oscurità della notte. Eppure appare lontana a tutte le ombre che si trascinano per le strade scure.
La distanza fa appassire la speranza.





Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 2.5 Italia.




L'angolino invisibile dell'autrice:

Mi sto appassionando anche io a questa fanfiction, il che è un po' buffo da dire visto che sono l'autrice, ma ok. In verità non vedo l'ora di far spuntare certi personaggi e arrivare a scrivere di alcune coppie! *^*
Per quanto riguarda questo capitolo dovrò fare qualche considerazione personale e una pesante autocritica. Appena ho iniziato a tracciare qualche idea mi sono detta: "Vedrai, avrai molti problemi a caratterizzare Aomine, Midorima e Akashi: ti ci schianterai contro come se fossero muri!"
Ecco, scrivendo questo capitolo mi sono resa conto che anche Kagami, Himuro e Murasakibara sono molto difficili da rendere e penso di essermi schiantata anche contro di loro come se fossero muri. Ed è stato abbastanza traumatico, visto che sono comparsi tutti nello stesso capitolo e non ho avuto neppure il tempo di carburare.
Per ora ho lasciato più spazio ad Himuro (penso che abbia un carattere complicato, ma è uno di quelli che trovo più vicino al mio, quindi ho preferito scrivere dal suo punto di vista ... anche se, lo ammetto, è davvero molto difficile spiegare che rapporto ha con le persone, con la sua costante ammirazione e la sua sempre presente frustrazione perché, comprensibilmente, vuole essere il migliore ma non ci riesce).
Comunque adesso sapete che Himuro sta con Murasakibara e vi siete messe il cuore in pace~ o forse no, visto che Kagami è ancora inchiodato negli Stati Uniti, però almeno è single (oppure no? Scusatemi, fateci l'abitudine, mi diverto a tenere sulle spine i lettori XD)
Dimenticato di dire una cosa importante su questa frase: "Tatsuya aveva sempre vissuto di legami troppo fragili, come quello con suo padre". È cosa mia, nel senso che mi piace pensare che Tatsuya abbia un rapporto piuttosto turbolento con suo padre (mi sono lasciata ispirare dalle caratteristiche del mio Himuro/sì, ruolo Himuro, ma voi farete finta di non aver letto questa cosa! D:/)
Mi auguro che questo capitolo sia stato gradevole nonostante io sia uscita completamente distrutta dallo scontro con Kagami, Murasakibara e Himuro, rendendoli quindi non molto conformi al loro carattere (a mio parere, poi boh).
Ne approfitto per ringraziarvi di cuore, perché le vostre recensioni sono veramente piacevoli da leggere e danno una certa soddisfazione ;u;
Per la prossima volta mi auguro di riuscire a giostrare meglio questi personaggi e ... ok, penso che il prossimo capitolo dovrebbe arrivare presto (università permettendo, visto che ho un bel po' di cose da fare in previsione della sessione estiva!).
   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Kuroko no Basket / Vai alla pagina dell'autore: Ortensia_