Anime & Manga > Kuroko no Basket
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Autore: Ortensia_    27/02/2014    4 recensioni
«Ricordi sbiaditi, luci soffuse, amori spezzati e ombre evanescenti. Il tempo si porta via tutto: anche le nostre storie.» — Dal Capitolo IV
Sono passati alcuni mesi dalla fine delle scuole superiori, e ogni membro dell'ex Generazione dei Miracoli ha ormai intrapreso una strada diversa.
Kuroko è rimasto solo, non fa altro che pensare ai chilometri di distanza fra lui e Kagami, tornato negli Stati Uniti.
Tuttavia, incontrato uno dei suoi vecchi compagni di squadra della Teiko, Kuroko comincia una crociata per poter ripristinare la vecchia Gerazione dei Miracoli, con l'aggiunta di nuovi membri, scoprendo, attraverso un lungo e tortuoso percorso, realtà diverse e impensabili.
«La Zone era uno spazio riservato solo ai giocatori più portentosi e agli amanti più sinceri del basket, era, in poche parole, la Hall of Fame dei Miracoli.» — Dal Capitolo VII
[Coppie: KagaKuro; AoKise; MuraHimu; MidoTaka; NijiAka; MomoRiko; forse se ne aggiungeranno altre nel corso della fanfiction.
Accenni: AkaKuro; KiseKuro; MiyaTaka; KiMomo; KuroMomo; KagaHimu.
Il rating potrebbe salire.]
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Yuri | Personaggi: Altri, Ryouta Kise, Satsuki Momoi, Taiga Kagami, Tetsuya Kuroko
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Hall of Fame'
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Capitolo I





Il rapporto fra luce ed ombra è un'infinita guerra di illusioni, sogni infranti e lacrime che fanno male come spine.

«Tetsu-kun!»
Momoi aveva risposto con più entusiasmo del solito, tanto da far sobbalzare leggermente Tetsuya che, a causa della voce decisamente alta della ragazza, si ritrovò costretto a scostare l'orecchio dal cellulare.
«Momoi-san, scusami se non ti ho richiamata ieri sera.»
«Stai tranquillo: mi hai chiamato ora, quindi è tutto risolto!» gli parve di sentirle accennare una risatina melensa «e poi sono stata io quella maleducata: non dovevo presentarmi a casa tua così tardi, ieri.»
La voce di Momoi era sforzata, come se le estremità delle sue labbra fossero costantemente rivolte verso l'alto, in un sorriso allegro e spensierato. A pensarci bene doveva essere così, doveva star sorridendo, visto che dall'ultima volta che si erano sentiti era passato più di un mese.
Senza che Tetsuya se ne accorgesse, quella sensazione di rigidità attorno alle sue braccia e il fastidioso torpore mentale che lo aveva aggredito la sera prima, senza lasciarlo più, stavano via via affievolendosi.
Nonostante la sua voglia di allontanare tutti, gli faceva piacere sentire Momoi: non si era dimenticata di lui e quella telefonata significava che, beno o male, almeno una delle sue vecchie amicizie ci teneva a mantenere i contatti con lui - e non c'era da stupirsi che si trattasse di lei, visto che era innamorata di lui dai tempi delle medie -
«Senti, Tetsu-kun.» Momoi non gli diede neppure il tempo di chiedere il motivo della sua visita la sera prima «lavori, questa sera?»
«No.» Tetsuya aggrottò la fronte leggermente confuso.
«Allora che ne dici di uscire?»
Non che non fossero già usciti insieme, ma in qualche modo quella richiesta lo mise subito in difficoltà, pur trattandosi di un semplice incontro fra amici.
Forse aveva paura che Momoi potesse voler indagare sulla sua sfera privata ad ogni costo, nel vederlo così spento; o che volesse uscire per confessargli ancora una volta i suoi sentimenti, nella speranza che avesse cambiato idea e peggiorando ancor di più il suo stato - non c'è cosa peggiore di vedere la tristezza negli occhi di un deluso d'amore, quando tu stesso lo sei -; o semplicemente che si ponesse come obbiettivo quello di ottenere un appuntamento con lui per passeggiare a braccetto e sentirsi la sua fidanzata.
No: niente di tutto questo, anche se erano ipotesi relativamente valide e possibilmente avverabili.
Il problema era sempre lo stesso: Momoi non era Kagami.
Poteva volerle bene, trascorrere qualche piacevole ora in sua compagnia, ma non sarebbe mai stato come con Kagami; un paio di ore con lei non avrebbero eguagliato neppure un solo minuto con lui.
«Ecco, Momoi-san ...»
«Tetsu-kun!» Momoi cantilenò il suo nome quasi mugugnando.
«Non farti pregare, dai!» riprese «È da tanto che non ci vediamo, mi manchi, Tetsu-kun!» e cantilenò ancora quel nomignolo, questa volta assumendo un tono più languido.
Tetsuya si sentì in trappola: dopotutto le aveva detto che quella sera era libero e lei aveva ragione: non si vedevano da tanto, quindi rifiutare - per altro senza avere una valida ragione da esporre - non sarebbe stato molto educato. E poi, forse, gli avrebbe fatto bene uscire.
«E dove andiamo?» chiese, sbandierando la resa.
«Allora usciamo?!» esclamò entusiasta la ragazza, per poi riprendere immediatamente il filo del discorso «pensavo che potremmo andare al luna park.»
Luna park, cinema, teatro o chissà cos'altro avrebbe sortito sempre lo stesso effetto su Tetsuya: nessuna luce negli occhi, nessun: "Non vedo l'ora" nei suoi pensieri o un piccolo fremito di felicità sulle labbra. Assolutamente niente.
«Va bene.» non avrebbe obbiettato, costringendo, altrimenti, Momoi a rinunciare ad un posto in cui le faceva piacere passare la serata per sostituirlo con un altro luogo a caso che comunque non gli avrebbe fatto né caldo né freddo, esattamente come quello che era stato designato.
«Tetsu-kun?»
Tetsuya ebbe immediatamente un cattivo presentimento: Momoi era stata in silenzio per qualche attimo, non aveva esultato al suo consenso e ora lo chiamava con quel tono di voce che era solita avere nei confronti dei membri della Generazione dei Miracoli - e soprattutto di Aomine - quando aveva il sospetto che qualcosa non andasse.
Ad una prima occhiata, Momoi poteva sembrare una ragazza come tante altre, che mettevano la cura del loro corpo prima di tutto il resto, che guardavano la vita con superficialità e si riunivano in piccoli crocchi in mezzo al corridoio per lanciare occhiatacce maligne alle compagne con "difetti" come occhiali, apparecchio o con qualche chilo di troppo, ma in verità era una persona molto buona, agli antipodi della superficialità, che metteva prima di sé e del suo aspetto valori degni di nota come l'amicizia, la famiglia, la dignità e l'umiltà ed era fin troppo apprensiva con tutti loro, un po' come se fosse la loro seconda madre.
Anche in quel momento il suo tono sembrò quello preoccupato di una mamma che corre dal figlio dopo averlo visto cadere, con la paura che si sia sbucciato in ginocchio e che si stia per mettere a piangere a dirotto.
«Va tutto bene?»
Tetsuya esitò per un momento: se proprio doveva parlargliene - non che fosse la persona più adatta; non sarebbe stato carino uscire con la ragazza a cui piaceva ed esordire con un: "Mi piace un ragazzo". - avrebbe preferito farlo faccia a faccia.
«Sì, va tutto bene.» mentì.
«Vuoi che ti passi a prendere?» e decise di dirottare la conversazione verso l'appuntamento di quella sera, così si ritrovarono punto a capo, a discorrere dell'uscita in programma.
«No, passo io!» la voce di Momoi era ancora estremamente delicata, come se temesse - giustamente - che la risposta di Tetsuya fosse una menzogna e che, lasciandosi dirottare verso un altro argomento, lui avrebbe potuto pensare a lei come una persona ottusa, di quelle che non si rendono mai conto dello stato d'animo dei loro amici.
«Va bene se ci vediamo alle venti?»
Tetsuya acconsentì prima con un cenno del capo, poi con la voce, e al di là di ogni aspettativa fu Momoi che riattaccò per prima: a detta sua doveva aiutare sua madre con le compere, e allora si congedò ricordandogli semplicemente che alle otto di sera si sarebbe presentata alla sua porta.


Tetsuya diede una fugace occhiata ai suoi genitori e sua nonna, seduti in silenzio attorno al tavolo della cucina.
Il suo sguardo, allora, fuggì alla porta oltre la quale, presto, si sarebbe fermata Momoi, ma dovette tornare immediatamente a guardare la sua famiglia, perché gli occhi di qualcuno avevano trascinato indietro i suoi, con forza, come si poteva fare come un elastico.
Sua nonna lo guardava oltre le spesse lenti degli occhiali: aveva un sorriso sornione sul viso pallido e rugoso, gli occhi socchiusi per lo sforzo che gli costava continuare a mantenere quell'espressione sul volto, tanto che la pelle raggrinzita appena sotto le palpebre la faceva apparire ancor più vecchia di quanto non fosse.
Tetsuya non fece in tempo a liberarsi da quello sguardo che sua nonna, curiosa come sempre, gli rivolse una delle sue domande inopportune.
«Allora, avete un appuntamento?» gracchiò divertita.
«È solo una serata al luna park.» Tetsuya volle specificare, ma a giudicare dal sorrisino presente anche sulle labbra dei suoi genitori era inutile: sembrava quasi che in quella casa fossero tutti convinti che, un giorno, lui e Momoi si sarebbero sposati.
Tetsuya cercò lo sguardo di Numero Due, quasi per assicurarsi che almeno il cane fosse schierato dalla sua parte, e gli fece piacere incontrare quegli occhi tanto simili ai suoi: anche loro sembravano svuotati, danneggiati dalla mancanza di Kagami. A Numero Due, dopotutto, era sempre piaciuto Kagami.
Quel piacevole attimo in cui Tetsuya si sentì compreso da qualcuno fu molto breve: il campanello gli ferì i timpani e reclamò la sua attenzione.
Tetsuya si fermò con le dita della mano strette saldamente al pomello: sapeva benissimo cosa avrebbe fatto Momoi una volta aperta la porta, anche in presenza dei suoi genitori e di sua nonna - che sicuramente avrebbe approfittato per infierire ancora con le sue domande scomode -
Il mugolio sommesso di Numero Due, in attesa di scoprire chi si trovasse oltre la porta, lo convinse a farsi coraggio e ad aprire.
Per quanto ne sapeva poteva perfino trattarsi di Kagami.
Una volta incontrato il viso sorridente di Momoi, però, si accorse di quanto fosse stato sciocco illudersi così crudelmente: come poteva essere Kagami? E poi Numero Due avrebbe avvertito la sua presenza oltre la porta reagendo in un modo molto diverso da un semplice mugolio sommesso.
«Testu-kun!» il campanello gli aveva ferito i timpani, ma il colpo di grazia lo diede Momoi, che cantilenò quel nomignolo con voce piuttosto acuta, gettandogli le braccia al collo.
Tetsuya, un po' perché era contento di vederla, un po' perché avrebbe preferito che non lo soffocasse con le braccia o, per lo meno, rimandare i convenevoli fuori di casa, lontano dalla sua famiglia e soprattutto da sua nonna, le adagiò delicatamente i palmi delle mani sulla schiena, poi ai fianchi, così Momoi decise di scostarsi.
Dopo aver scambiato qualche parola con i genitori di Tetsuya, che erano curiosi di sapere cos'era accaduto nel mese in cui non si era fatta né sentire né vedere, Momoi raggiunse il ragazzo e quindi poterono avviarsi insieme verso il luna park.
Com'era prevedibile, dal breve percorso che separava casa Kuroko dal luna park, Momoi decise di intrecciare il proprio braccio a quello di Tetsuya, quindi gli tornò la paura: forse Momoi avrebbe cominciato a chiedergli che cosa avesse e a porgli domande più scomode di quelle di sua nonna; o avrebbe tentato di confessargli ancora il suo amore o semplicemente provato a ribadirgli che i suoi sentimenti per lui erano rimasti immutati; oppure aveva deciso di camminare a braccetto con lui semplicemente per potergli stare a fianco e sentirsi la sua fidanzata.
Eppure c'era qualcosa nella stretta di lei intorno al suo braccio: non era salda come al solito, possessiva; era, piuttosto, molto delicata, come la voce che aveva utilizzato per chiedergli se qualcosa non andasse al cellulare.
Assomigliava fin troppo alla stretta di una mamma, forse un tentativo di consolazione.
Momoi aveva inteso immediatamente, non attraverso la vista, ma già grazie alle parole scambiate al cellulare, che qualcosa non andava, e, nonostante non avesse ben chiaro il motivo della tristezza di Tetsuya, voleva cercare comunque di rendersi utile. Ingenuamente doveva aver pensato che una serata di giostre e zucchero filato potesse ricucire il cuore in frantumi di Tetsuya, che apprezza il tentativo ma riconosceva - ovviamente senza rinfacciarglielo e senza fargliene una colpa - il suo fallimento.
Stavano per lasciare il luna park - mancava una ventina di metri all'uscita - quando a Tetsuya, nel bel mezzo della folla, sembrò di intravedere una figura vagamente conosciuta.
«Momoi-san, mi puoi scusare un momento?»
«Eh?»
«Aspetta qui, per favore!» così Tetsuya la lasciò nel bel mezzo della folla e si gettò all'inseguimento di quel ragazzo alto, dai capelli rossi, preso da un moto di speranza che solo per qualche istante gli fece sentire il cuore leggero, la mente vuota e il petto meno dolorante.
«Ma-!» Momoi rimase imbambolata, guardandolo allontanarsi senza motivo e infine sparire fra la gente.
Se ne rimase ancora per qualche attimo con gli occhi fissi nel punto in cui era sparito, nella speranza di vederlo tornare, ma finì per sbuffare spazientita.
Quanto l'avrebbe lasciata lì? Perché se n'era andato così? Poteva almeno dirle cosa aveva intenzione di fare o per quanto si sarebbe assentato!
«Momoicchi-chan!»
I pensieri di Momoi furono interrotti da una voce famigliare, a pochi metri dalle sue spalle.
«Umh?» la ragazza si voltò immediatamente e vide, oltre un ristretto crocchio di persone, un ragazzo che sventolava le braccia in alto, nel tentativo di chiamarla a sé visto che non era ancora riuscito a superare la folla e a farsi avanti.
«Ki-chan?» Momoi sussurrò sorpresa e decise di andare verso di lui, visto che Tetsuya sembrava non avere intenzione di tornare.
«Momoicchi-chan! Non pensavo di trovarti qui!» le labbra di Kise si incresparono in un sorriso allegro, mentre la ragazza si guardava intorno.
«Sei solo?»
«No, sarei con un gruppo di amici, ma ti ho visto tutta sola e li ho salutati.»
«Oh.» Momoi si dispiacque del fatto che la gentilezza di Kise lo avesse portato a rinunciare a una serata fra amici.
«In verità sarei con Tetsu-kun.» confessò, mordendosi il labbro inferiore.
«Eh?! C'è anche Kurokocchi~?» ovviamente, come tutte le volte in cui si parlava di Tetsuya, il sorriso di Kise si ampliò.
«Sì, ma è sparito.» Momoi rispose sconsolata.
«Hai controllato bene?»
«Sì, non intendo come fa di solito, se n'è proprio andato!»
Kise aggrottò la fronte e si guardò intorno con aria pensierosa.
«Mhn, strano da parte sua.»
«Non riesco a capire cosa abbia.»
«Cioè?»
«È triste, io ci ho provato a fargli passare una bella serata, ma ...»
Kise rimase in silenzio, le labbra tornarono dritte, rigide, lo sguardo più serio.
«Momoicchi-chan, davvero non l'hai ancora capito?»
In quel momento a Momoi sembrò che il rumore frastornante delle giostre non esistesse più, che gli spintoni della folla e il profumo nauseabondo dello zucchero filato e del croccante non esistessero più, che perfino l'assenza momentanea di Tetsuya fosse un fatto secondario: c'erano solo lei, Kise e quella domanda scomoda che aspettava da tempo; qualcuno, prima o poi, avrebbe dovuto aprirle gli occhi.
Momoi schiuse le labbra in un flebile sospiro, distolse lo sguardo dagli occhi dell'altro e lo lasciò fuggire lontano, come se provasse vergogna per quel suo amore consciamente disilluso e quindi a dir poco masochista.
«Sì, l'ho capito.» fece una piccola pausa, poi sospirò ancora «l'ho capito da tanto ...»
Kise notò immediatamente quello sguardo lontano, sconsolato.
«Ho preferito illudermi.» Momoi tornò a rivolgere il proprio sguardo al ragazzo non appena sentì la sua mano batterle sulla spalla in un paio di pacche di conforto.
«Ti aiuto a cercarlo.»
A Momoi fu dato solo il tempo di annuire.
«Sono qui.»
La ragazza sussultò appena, mentre Kise, colto alla sprovvista, si lasciò scappare un gemito soffocato.
«Kurokocchi!»
«Tetsu-kun! Ma dov'eri finito?»
«Vi prego di scusarmi.» sperò sinceramente che le sue scuse potessero valere una risposta alla domanda di Momoi: non voleva certo spiegare che gli era parso di scorgere Kagami ma che si era solo sbagliato, probabilmente a causa di un tiro mancino dell'inconscio, visto che in quei giorni - se ne rendeva conto lui stesso - era ossessionato più del solito.
«Kurokocchi, non mi saluti?» Kise protestò, ma quella frecciatina fu piuttosto il manifestarsi della sua sofferenza per essere stato completamente ignorato.
Tetsuya lo guardò solo per qualche attimo, poi, senza che dalla voce affiorasse alcun tipo di sentimento, lo salutò.
Come al solito non sembrava molto felice di vederlo e Kise si limitò a rispondere con un sorriso tirato, un po' sofferente. La freddezza di Tetsuya era tollerabile, in quel momento, visto che sicuramente aveva altro per la testa e stava soffrendo la lontananza di Kagami, ma con lui si era sempre comportato così.
Erano l'eccezione a quell'enunciato comune per il quale: "Gli opposti si attraggono." e lo sarebbero sempre stati, con l'amara consapevolezza infilzata nel petto di Kise come una spada e l'indifferenza ingenua di Tetsuya.
«Si è fatto tardi, forse dovremmo tornare a casa.» la voce di Momoi distolse Kise da quei pensieri, ma il ragazzo se ne rimase comunque imbambolato, lasciandoli andare avanti finché la ragazza non si voltò verso di lui.
«Tu non vieni, Ki-chan?»
Kise sbatté più volte le palpebre, quasi volesse risvegliarsi da quello stato di immobilità che lo teneva piantato a terra, lontano da loro «sì, sì! Vengo con voi-!» rispose poi, esitando appena.
Kise si affiancò ai due, ma prese Momoi da parte per qualche attimo.
«Vorrei parlare con Kurokocchi, potresti trovare il modo di lasciarci soli?» sussurrò vicino al suo orecchio.
Momoi riflettè per qualche attimo, poi annuì leggermente.
Giunti all'uscita del luna park, la ragazza annunciò che suo padre sarebbe passato a prenderla, per cui Kise decise di approfittarne e volle prendere da parte Tetsuya, salutando Momoi con sguardo complice.


Kise lo aveva trascinato fino a lì senza dire nulla e Tetsuya, suo malgrado, lo aveva seguito semplicemente perché aveva inteso che c'era qualcosa dietro all'improvviso congedo di Momoi e al silenzio che si era creato da quando erano usciti dal luna park.
«Kise-kun?»
Kise non rispose subito, ma se ne rimase per qualche attimo al centro del piccolo campo da gioco, con la palla da basket stretta fra le mani, finendo per tirarla e rimanendo a guardarla mentre transitava fra le corde bianche, senza alcuna sbavatura, rimbalzando infine a terra.
«Perché siamo qui?»
«Siamo molto simili, io e te.»
Tetsuya sussultò appena, senza riuscire a capire cosa intendesse Kise con quelle parole.
Kise si chinò e afferrò la palla a spicchi, lanciandola un altra volta verso il canestro e centrandolo ancora.
«Perché lo hai lasciato andare?»
Kise era ancora rivolto verso il canestro, ma sembrò aver già deciso di smettere.
Ridicolo che proprio lui si trovasse a parlare di certe cose con Tetsuya, per il quale aveva provato qualcosa e per il quale percepiva ancora un sentimento affettivo troppo forte per essere definito come semplice "amicizia".
«Insomma, perché non gliel'hai detto prima che partisse? Magari le cose sarebbero andate diversamente, no?»
Tetsuya rimase a fissare le spalle dell'altro, immobile di fronte al canestro.
Rimase in silenzio per qualche attimo, pensando che quella doveva essere la serata nazionale delle domande scomode.
«Perché vuoi saperlo?»
«Non voglio saperlo, voglio solo che tu ti possa sfogare con qualcuno e stare un po' meglio.»
Non sarebbe stato meglio, anche se molti credevano che il dolore condiviso fosse meno pesante da sopportare.
«Voleva una vita diversa da questa.» senza neanche accorgersene, stava già rispondendo alla domanda spinosa di Kise «e io l'ho lasciato andare.»
Tetsuya fece una piccola pausa, adagiando la propria schiena alla rete metallica intorno al campetto.
«Kagami-kun provava qualcosa per un'altra persona.»
Finalmente, Kise si voltò.
«Non potevo costringerlo, giusto?»
Tetsuya voleva semplicemente la felicità di Kagami: ecco perché lo aveva lasciato partire per gli Stati Uniti senza fare storie, senza confessargli i suoi sentimenti.
Lo aveva lasciato andare consapevolmente: sapeva che non l'avrebbe mai più rivisto, che Kagami avrebbe scelto definitivamente quella persona al posto suo e che forse si sarebbe perfino dimenticato di lui.
«Questa persona sarebbe Himurocchi?»
Il silenzio di Tetsuya fu piuttosto indicativo.
Le labbra di Kise si incresparono in un sorriso.
«No, non può essere.»
Tetsuya gli rivolse un'occhiata confusa, mentre Kise gli si avvicinava estraendo il cellulare dalla tasca della giacca.
«Guarda!» infine gli porse il cellulare, facendogli leggere un messaggio.
Tetsuya sentì un piccolo sussulto al cuore, e ancora una volta quella piacevole sensazione di leggerezza nel petto.

La guerra fra luce ed ombra non prevede la pace.




Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 2.5 Italia.




L'angolino invisibile dell'autrice:

Salve salve~
Sono contenta che qualcuno abbia apprezzato la premessa/a proposito, devo ancora rispondere alle recensioni carine carine che mi avete lasciato!/
Vi ringrazio, visto che mi avete chiesto di continuare ho deciso di provarci e mi sono data da fare.
Avverto semplicemente che gli aggiornamenti potrebbero cominciare ad andare a rilento perché, come ho detto la volta scorsa, la trama non è ancora ben definita e devo ancora decidere dove piazzare alcuni personaggi!
Chiedo venia se non riesco a rendere perfettamente i caratteri, confesso di avere diverse difficoltà. Spero di essermela cavata e faccio semplicemente notare che ho voluto che Kise chiamasse Tatsuya "Himurocchi" perché dopotutto la fanfiction è ambientata dopo la scuola superiore e immagino che col tempo, sia attraverso Kagami che attraverso Murasakibara, Himuro si sia avvicinato agli ex della GoM e che quindi ora gli si porti un certo rispetto.
Comunque tutti questi nomignoli mi stanno facendo dannare! D:
E niente, se volete seguire le mie sclerate quando scrivo o semplicemente avere sott'occhio gli aggiornamenti e le anticipazioni di one-shot o long che mi vengono in mente, vi lascio il link della mia pagina di FB: https://www.facebook.com/pages/Neu-Preussen-EFP/416393978469818?ref=hl
Mi trovate anche su ask, nel caso qualcuno di voi volesse farmi domandine anonime sulle fic o semplicemente sulle mie ships, i miei personaggi preferiti e cose simili! Quello lo trovate sulla mia pagina di EFP, nell'iconcina del sito web personale!
Chiedo perdono per ogni eventuale errore di battitura presente, ma oggi il correttore si è rifiutato di lavorare ;A;
Ancora grazie a chi ha deciso di sostenermi~<3
   
 
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