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Autore: acciosnape    04/03/2014    3 recensioni
Ricordava la figura maschile dal completo scuro, gessato, elegantissimo e probabilmente anche costosissimo seduta al fianco sinistro del letto, dove riposava un giovane Sherlock stremato dai sedativi e le mille domande che si pose e che vennero esaudite non appena la figura si alzò e si presentò.
[ Mystrade ispirata ad un roleplay. ]
INCOMPIUTA - ho deciso di riscriverla, modificandone alcuni pezzi, nome compreso e magarli darle un giusto finale. Spero di ripubblicarla presto!
Genere: Angst, Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Lestrade, Mycroft Holmes, Quasi tutti
Note: Lime | Avvertimenti: Incompiuta
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File 02.

“ Mi disprezzi così tanto? ”


La luce e gli odori di quella stanza non gli erano familiari, tanto meno gli arredi e dovette fare mente locale appena sveglio, domandandosi dove si trovasse. Un forte mal di testa gli diede il buongiorno, ricordandogli il motivo di tutto quel lusso così estraneo.
Dopo una veloce sistemata, speranzoso di levarsi non solo il mal di testa, ma anche il motivo della sua presenza in quel luogo, uscì dalla stanza degli ospiti, non prima di essersi premurato di aver riassettato il letto, come lo aveva trovato la notte appena trascorsa. Alcuni istanti più tardi, si avvicinò la domestica con un bicchiere e una pastiglia antidolorifica su di un piccolo vassoio; non solo non era abituato al lusso, ma non era nemmeno abituato ad essere servito e riverito.
Mycroft non tardò a farsi vivo e d'improvviso Lestrade non sapeva più come comportarsi, complice il mal di testa che stava diventando sempre più forte e sperò con tutto sé stesso che l'antidolorifico facesse effetto più in fretta possibile. L'ispettore non fece comunque in tempo a dire, né a fare niente, poiché qualche attimo più tardi si ritrovarono dentro la berlina di servizio di Mycroft, in direzione di Scotland Yard.
I colleghi di Lestrade non fecero domande, poiché sapevano che a volte il loro collega sbucasse da una berlina scura, chiaramente non sua.

*

« Puoi restare nella mia tenuta finché non troverai un'altra sistemazione. »
Troppe informazioni tutte insieme per quel mal di testa che stava lentamente abbandonandolo: punto primo, da dove era uscita quella cordialità? Aveva paura che avrebbe potuto ferirsi in qualche modo e non essere più in grado di tenere d'occhio il fratello? Sicuramente. Punto secondo, perché era di nuovo lì? Era sicurissimo di aver visto e sentito la macchina andare via, la stessa mattina.
« Ti ringrazio per l'offerta, ma direi che dispongo di una casa tutta mia. »
Si lasciò sfuggire una risatina, prima di voltarsi e allontanarsi di qualche passo dall'auto scura, la gentilezza di Mycroft stava quasi sfociando nello stalking, considerando la velata richiesta. Lestrade però non sapeva che Mycroft sapeva perfettamente come giocare quella partita, lanciando in campo la prossima carta.
« Posso procurarti degli ottimi avvocati, Gregory »
Si fermò di colpo, Greg, sgranando gli occhi e rimanendo immobile nella sua posizione, con la schiena rivolta verso Mycroft, comodamente seduto all'interno dell'auto. Quest'ultimo non lo vedeva, ma poteva benissimo percepirne le emozioni: fitte allo stomaco, dolore ai palmi delle mani, ree le unghie, che seppur corte, erano ben strette a pugno ed un misto di inconfutabile rabbia e disprezzo. Ed aveva ragione, alla parola “avvocati”, il suo stomaco gli si ritorse, procurandogli una terribile nausea, insieme ad una fitta allo stomaco e al cuore, tanto che per calmarsi strinse molto forte i palmi della mano, prendendo poi un lungo respiro, ricacciando indietro i pensieri negativi. Lestrade nel bene e nel male, aveva una minima idea delle conoscenze di Mycroft e non nascose neppure a sé stesso che quella proposta fu veramente allettante, seppur spaventosa. La parola “fine”, lo terrorizzava a morte. Ma nonostante la paura, quando alzò lo sguardo, era nuovamente al fianco di Mycroft, in macchina.
Non parlano poi più molto durante il viaggio, anzi, non parlarono affatto: Mycroft aveva gli occhi puntati sul portatile, mentre Gregory sul proprio cellulare di lavoro, occupato a rispondere ai vari SMS dei colleghi.
Lestrade non fece domande, quando Mycroft fece fermare la macchina e scese, non ne aveva bisogno, sapeva perfettamente dove si trovavano: il logo del più
rinomato negozio di ombrelli di Londra era inconfondibile, la storia del James Smith & Sons
la si poteva leggere perfino nel legno dell'insegna.
Senza che neppure se ne accorgesse, il maggiore degli Holmes tornò, con al polso un ombrello nuovo di zecca.
Questa volta, però, di colore blu scuro.
« Sta a te decidere adesso, Gregory. D'altronde, la vita è la tua. »
La via di casa propria era inconfondibile, così come le luci e addirittura gli odori. Impiegò un attimo ad uscire quando l'autista gli aprì la portiera, pensando alle parole di Mycroft, pensando a quella, anzi, a
quelle proposte, una più allettante dell'altra, se solo fosse stato pronto a chiudere un capitolo.
« Sì, certo. »
Si limitò a rispondere, una volta fuori. Benché mancasse da una notte, il portone di casa propria gli era già estraneo. Cercò di scacciare i pensieri negativi, e Mycroft aiutò, chiamando ancora una volta il suo nome di battesimo: con la voce di Mycroft non era poi così ridicolo, si ritrovò a pensare quando si voltò.
« Questo è per te, in caso cambiassi idea. »
Gli porse il nuovo ombrello, che fino a quel momento Greg pensò fosse un pezzo nuovo della sua collezione, il suo nuovo compagno di avventure – poté giurare di non averlo mai visto una volta senza l'ombrello.
« Sono piuttosto sicuro che potrebbe piovere a breve e so per certo che tu ne sia sprovvisto. »
Chiaramente Lestrade non fece in tempo a ribattere, che l'autista gli porse l'ombrello, chiuse la portiera del passeggero, ed una volta in macchina, partì.
Le dita di Lestrade non poterono fare a meno di tastare inconsciamente il prezioso tessuto di quell'oggetto nuovo di zecca.

*

Mycroft era un ottimo calcolatore, benché fosse un vero fallimento a decifrare i sentimenti, specialmente quelli altrui. Soprattutto quelli altrui. Seduto di fronte al camino si trovò a ripensare alla discussione sui liquori avvenuta soltanto qualche notte prima, e riflettendo se alzarsi e andare a degustare qualcosa, il campanello suonò. Fece un sorriso, anche piuttosto inquietante, perché d'altronde, lui non sbagliava e a piazzare le esche, era magistrale.
« Questa sera mi andrebbe una birra, una di quelle buone, e vorrei sdebitarmi per questo. Ti va di unirti a me? »
Quei momenti erano surreali, per Lestrade. Da qualche giorno gli sembrava di camminare letteralmente su di una nuvola, tanto gli sembrasse difficile mettere un piede di fronte all'altro, e i suoi pensieri erano spesso annebbiati dalla rabbia e delusione della sua persona, perché ancora una volta si era fatto mettere i piedi in testa da chi credeva lo amasse incondizionatamente. La cosa più assurda poi, era il fatto che Mycroft Holmes gli avesse offerto il suo aiuto.
Mycroft Holmes, ripeté tra i suoi pensieri. Quanta pena che doveva fare.
« Non vedo perché dovrei mettere piede in un pub, possiamo parlare di avvocati anche senza alcolici davanti, Gregory. »
Si era quasi dimenticato chi avesse di fronte, l'Ispettore di Scotland Yard, si sentì ancora una volta un coglione, anche solo per aver tentato di invitare un sociopatico – e a tratti anche socio-fobico, ne era abbastanza sicuro – in luogo come un pub.
Mycroft dal canto suo, leggendo un filo di delusione sul volto di Lestrade, sospirò seccato, prendendo l'orologio da taschino e guardò l'ora, per poi rimetterlo al proprio posto; si era stufato di vedere espressioni deluse, lo infastidiva ed infatti il suo sguardo mutò, facendo trasparire la sua nota di completo fastidio.
« Entra, piuttosto, fuori fa freddo. »
E così Gregory fece, sentendosi ancora una volta fuori luogo in casa altrui. Il padrone di quella che agli occhi di Lestrade era una maestosa reggia, sparì per qualche attimo, per poi ritornare con in mano un piccolo taccuino, che gli porse gentilmente una volta fatto accomodare in salone. Quando Gregory lo aprì, strinse forte le labbra, leggendo uno per uno tutti quei nomi altisonanti; lo chiuse e, tastandosi nella giacca alla ricerca dell'immancabile pacchetto di sigarette si alzò, uscendo nuovamente dalla porta d'ingresso.
« Tua moglie non ti risponderà prima di domani. »
Non ci mise molto Mycroft a raggiungerlo, anch'esso con un pacchetto di sigarette alla mano, il quale ne estrasse una, portandola delicatamente alla bocca. Lestrade lo guardò per un istante vagamente accigliato, per poi abbassare lo sguardo sulle proprie scarpe, pensieroso. Si chiese come facesse a saperlo, come avesse fatto a scoprire tutto, e soprattutto perché lo avesse avvisato, avrebbe potuto certamente chiederglielo, ma probabilmente avrebbe ignorato tutte le domande. Così Lestrade desisté, sia con le domande nella propria mente – mai stata così ingarbugliata come lo era in quel periodo, sia con la telefonata; non l'aveva ancora sentita dal fattaccio, nonostante lei avesse provato a telefonargli almeno un paio di volte invano, quindi lei non sospettava di niente, né che lo sciocco marito avesse scoperto tutto, né che una volta tornata oltre a Greg, avrebbe visto anche gli avvocati.
« Mi domandavo... »
La voce uscì da sola, poco dopo una delle ultime sbuffate alla sigaretta; da quando era diventato così lunatico? Insomma, fino ad un attimo prima aveva troncato sul nascere ogni possibile conversazione, ogni domanda che aveva da porgli.
« ...come facessi a sapere che fino a domani sarà impegnata. »
« Ciò che voglio sapere lo ottengo e basta, Gregory. Ti basti sapere questo. »
Rispose Mycroft, stizzito ed impettito, con un tono che non ammetteva repliche e lo sguardo dritto di fronte a sé, ben oltre l'ingresso della residenza. Lestrade forse aveva appena messo il piede su di una mina, ed ora non sapeva come fare per evitare che questa lo facesse saltare per aria. D'altro canto per lavoro lui di queste situazioni ne vedeva, se non ogni giorno, quasi. Curvò le labbra come in un sorriso, prima di sospirare e gettare la sigaretta spenta nel pacchetto ormai vuoto.
« Questo lo so e talvolta mi innervosisce. »
A quelle parole, Mycroft inarcò un sopracciglio, accennando un vago sorriso, naturalmente sarcastico. Fece lo stesso con la sigaretta, la spense, ma la gettò nell'apposito spazio del proprio porta pacchetto, senza degnare di uno sguardo il proprio interlocutore.
« Mi disprezzi così tanto? »
Per un attimo – anche per più di un attimo, se vogliamo tutta la sincerità, Lestrade si era dimenticato di chi fosse fratello, e se uno era la regina del dramma, l'altro lo era almeno due o tre volte tanto. Neppure gli diede il tempo di parlare, che con un passo, Mycroft si ritrovò dentro casa, chiudendo la porta in faccia a Lestrade.
In un modo o nell'altro, Mycroft riusciva a stupirlo nel bene o nel male che fosse semplicemente aprendo la bocca. Si chiese cosa avesse trovato John in Sherlock in un solo giorno di convivenza e probabilmente la risposta la stava scoprendo proprio in quel periodo.
Dopo pochi istanti, rivide riapparire Mycroft con addosso un cappotto e pochi attimi più tardi era nuovamente di fronte a sé.
« Non ho detto di no per il pub, ma alle mie condizioni: poche persone e soprattutto
silenzio. »
Lestrade rimase naturalmente basito e con la bocca appena aperta, prima di aprirla per parlare... anche se non sapeva bene come e soprattutto cosa rispondere. Fece una cernita mentale di tutti pub nella zona, fino a quando non ne trovò uno perfetto per le esigenze della la regina del dramma numero due (o uno, a seconda dei casi). Quando tornò alla realtà, Mycroft lo stava aspettando di fronte alla sua solita berlina nera.
« Dai, facciamo una passeggiata, non dista tanto da qui, te lo assicuro. »

L'occhiataccia del maggiore degli Holmes gli fece passare ogni qualsivoglia intenzione di farsi un quarto d'ora di camminata.
« Sai cosa talvolta innervosisce me, Gregory? Il tuo essere così orso in questo periodo. –
Aprì la portiera dell'automobile ed entrò, richiudendola al suo fianco, mascherando ciò che disse dopo – Queste mura sono già abbastanza tristi di loro. »
Limitandosi ad entrare in macchina, Lestrade non rispose, malgrado avesse chiaramente sentito ciò che disse, nonostante l'altro fosse sicuro di avere nascosto il sibilo di parole con il rumore della portiera. Non parlarono molto fino a quando Mycroft non ruppe il silenzio.
« Presumo sia questa situazione che ti faccia essere così, ultimamente. Possibile che, dopo tutto questo tempo tu non ti sia accorto di nulla? Non ti sei mai neppure accorto del profumo maschile che portava e, permettimi, tu quel profumo non lo indossi mai. »
Se fosse stato qualcun altro, una persona comune a fargli una domanda del genere, Greg Lestrade avrebbe sicuramente perso l'uso della ragione e avrebbe cominciato ad gridare contro tutti. Ma siccome di trattava di Mycroft e sapeva benissimo che lui e le relazioni normali erano l'uno opposto dell'altro, cercò di trattenersi, limitandosi a guardarlo, con espressione più che esterrefatta. Dedusse però che per una volta, le sue parole non contenevano la vena sarcastica che lo contraddistingueva spesso.
Si passò una mano sul viso, massaggiandosi infine il mento, prima di rispondere, insomma, lo schiaffo morale aveva fatto comunque male.
« Accidenti. Non ti facevo così realista. »
Infine mascherò un sorriso mesto, sempre dietro al palmo della mano, mentre l'altro inarcò le sopracciglia, velatamente soddisfatto di non ave scatenato una guerra all'interno dell'abitacolo, né di aver ricevuto insulto alcuno.
« Realista, sì. – si schiarì la voce, poco dopo – Mia moglie mi diceva che fossi perfido, direi che con te mi è andata anche bene. »
Lestrade non era poi così sicuro di aver sentito bene. Adottò una posizione più comoda su quei sedili in pelle e poi, voltandosi verso Mycroft, lo guardò accigliato per diversi istanti prima di parlare, ma prima la sua voce la schiarì.
« ...tua moglie? »
L'orologio da taschino era tra le mani guantate di Mycroft, pronto per essere aperto; chiaramente stava evitando lo sguardo di Lestrade di proposito, neppure aveva voglia di rispondere alle molteplici domande che poteva benissimo vedere comparire nella mente dello yarder.

« Sì, abbiamo divorziato ed è successo talmente tanto tempo fa che nemmeno lo ricordo. Non farmi parlare di queste cose, Gregory. Ti assicuro che non accadrà più. »
Come previsto, l'arrivo a questo fantomatico pub non tardò ad arrivare ed una volta dentro, Lestrade chiese ad un cameriere un tavolo un po' appartato e tranquillo, lontano da occhi ed orecchie indiscrete.
La situazione era leggermente surreale, poiché l'uomo di fronte a sé, fasciato in un completo grigio scuro che sicuramente costava tanto quanto quattro affitti del locale, era teso, nonostante lo nascondesse perfettamente e Greg non riuscì a dedurne il motivo: luogo troppo inusuale per lui, o per via delle persone?
« La tua fama da uomo di ghiaccio ti precede, comunque. Mi sono sorpreso quando hai nominato questa moglie. Sei conosciuto come uno che non ha la minima compassione per il prossimo e tante altre dicerie. Potrai anche esserlo, non lo metto in dubbio, solo... non sempre. »
Mycroft lo guardò, ascoltando attentamente ogni singola parola, mentre faceva scendere quel sorso di liquore giù per la gola, facendo poi roteare il liquido nel bicchiere. Abbassò lo sguardo su di esso, guardandone il liquido ambrato fermarsi.
Lo stava aiutando in qualche modo, Gregory pensò, tanto merda come lo descrivevano, non doveva esserlo.
« Solo questo bicchiere, Gregory, poi torniamo a casa. »
E così fecero, non appena terminati i drink. L'aria si era fatta un po' più tesa di quel che era e a Gregory dispiacque, perché probabilmente aveva osato un po' troppo e ne ebbe la conferma notando la reazione di Mycroft, che veloce come una scheggia, raggiunse l'auto nera, precipitandosi dentro.
Lestrade lo raggiunse, cercando poi scaldare quell'aria che era ancora più gelida del normale.
« Questa serata è assurda. »
Sussurrò Mycroft aggiustandosi al cappotto ed infilandosi nuovamente i guanti. Si domandò perché diavolo aveva deciso di accettare quello stupido invito, poiché sapeva benissimo come sarebbe finita. Aveva cominciato, molto lentamente a giocare col fuoco e stava lentamente scoprendone le sfaccettature.
« Dai, rilassati. Volevo solo contraccambiare il favore, considerando che stai già facendo troppo. »
L'autista aprì la portiera una volta di fronte alla residenza e Mycroft sguazzò fuori come un'anguilla, rientrando sulla soglia di casa e facendosi seguire da un Gregory perplesso, accigliato. Come ne sarebbe uscito da questa situazione? Si era aperto un po' troppo coi suoi pensieri e questo gli stava rimbalzando contro in un modo del tutto inaspettato. Si avvicinò alla casa, ma Mycroft lo bloccò, tendendo il palmo della mano.
« Esci da casa mia, Gregory. Per favore. »
L'ispettore non avrebbe dovuto sentirsi
così ferito, ma lo fece. Ancora una volta, la delusione, che era riuscita ad accantonare per un po', si impadronì di lui, togliendogli la parola. Perché voleva cacciarlo? Si sforzò di capire, così come si sforzava anche di capire il fratello minore quando serviva, ma non giunse a nessuna conclusione.
« Quelli come me vanno lasciati soli, sono in un certo senso “pericoloso”. »
Oh, che fosse pericoloso lo sapeva benissimo da anni. Corrucciò appena lo sguardo, ma l'espressione era quasi divertita, se fosse stata un'altra circostanza ed il sorriso che aveva stampato sul volto era sarcastico. Incrociò le braccia, mentre Mycroft tirò giù il suo, seguendone poi ogni movimento con lo sguardo.
« No, se devo essere sincero, non capisco. Sono solo convinto che tu stia dicendo un mucchio di stronzate. »
Mycroft era oltraggiato dall'ultima parola dello yarder e non si premurò neppure di nasconderne l'espressione: sorpreso, basito, la bocca fece per dire qualcosa, ma si richiuse quasi subito, schiarendosi poi la voce, cercando una risposta più consona.
« Ma non lo vedi come sono? Non capisco perché tu sia ancora qua, e perché questo mi faccia piacere. »
Non ne coglieva appieno tutte le sfumature, non le capiva e probabilmente mai avrebbe potuto farlo, e neppure gli andavano a genio i suoi modi fare molte volte, ma sì, lo vedeva come era, ed anche chiaramente: un uomo circondato da nient'altro che solitudine.

   
 
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