File 02.
“ Mi disprezzi così tanto? ”
La
luce e gli odori di quella stanza non gli erano familiari, tanto meno
gli arredi e dovette fare mente locale appena sveglio, domandandosi
dove si trovasse. Un forte mal di testa gli diede il buongiorno,
ricordandogli il motivo di tutto quel lusso così estraneo.
Dopo
una veloce sistemata, speranzoso di levarsi non solo il mal di testa,
ma anche il motivo della sua presenza in quel luogo, uscì
dalla
stanza degli ospiti, non prima di essersi premurato di aver
riassettato il letto, come lo aveva trovato la notte appena
trascorsa. Alcuni istanti più tardi, si avvicinò
la domestica con
un bicchiere e una pastiglia antidolorifica su di un piccolo vassoio;
non solo non era abituato al lusso, ma non era nemmeno abituato ad
essere servito e riverito.
Mycroft non tardò a farsi vivo e
d'improvviso Lestrade non sapeva più come comportarsi,
complice il
mal di testa che stava diventando sempre più forte e
sperò con
tutto sé stesso che l'antidolorifico facesse effetto
più in fretta
possibile. L'ispettore non fece comunque in tempo a dire, né
a fare
niente, poiché qualche attimo più tardi si
ritrovarono dentro la
berlina di servizio di Mycroft, in direzione di Scotland Yard.
I
colleghi di Lestrade non fecero domande, poiché sapevano che
a volte
il loro collega sbucasse da una berlina scura, chiaramente non
sua.
*
« Puoi restare nella mia tenuta finché non
troverai un'altra sistemazione. »
Troppe informazioni tutte
insieme per quel mal di testa che stava lentamente abbandonandolo:
punto primo, da dove era uscita quella cordialità? Aveva
paura che
avrebbe potuto ferirsi in qualche modo e non essere più in
grado di
tenere d'occhio il fratello? Sicuramente. Punto secondo,
perché era
di nuovo lì? Era sicurissimo di aver visto e sentito la
macchina
andare via, la stessa mattina.
« Ti ringrazio per l'offerta, ma
direi che dispongo di una casa tutta mia. »
Si lasciò sfuggire
una risatina, prima di voltarsi e allontanarsi di qualche passo
dall'auto scura, la gentilezza di Mycroft stava quasi sfociando nello
stalking, considerando la velata richiesta. Lestrade però
non sapeva
che Mycroft sapeva perfettamente come giocare quella partita,
lanciando in campo la prossima carta.
« Posso procurarti degli
ottimi avvocati, Gregory »
Si fermò di colpo, Greg, sgranando
gli occhi e rimanendo immobile nella sua posizione, con la schiena
rivolta verso Mycroft, comodamente seduto all'interno dell'auto.
Quest'ultimo non lo vedeva, ma poteva benissimo percepirne le
emozioni: fitte allo stomaco, dolore ai palmi delle mani, ree le
unghie, che seppur corte, erano ben strette a pugno ed un misto di
inconfutabile rabbia e disprezzo. Ed aveva ragione, alla parola
“avvocati”, il suo stomaco gli si ritorse,
procurandogli una
terribile nausea, insieme ad una fitta allo stomaco e al cuore, tanto
che per calmarsi strinse molto forte i palmi della mano, prendendo
poi un lungo respiro, ricacciando indietro i pensieri negativi.
Lestrade nel bene e nel male, aveva una minima idea delle conoscenze
di Mycroft e non nascose neppure a sé stesso che quella
proposta fu
veramente allettante, seppur spaventosa. La parola
“fine”, lo
terrorizzava a morte. Ma nonostante la paura, quando alzò lo
sguardo, era nuovamente al fianco di Mycroft, in macchina.
Non
parlano poi più molto durante il viaggio, anzi, non
parlarono
affatto: Mycroft aveva gli occhi puntati sul portatile, mentre
Gregory sul proprio cellulare di lavoro, occupato a rispondere ai
vari SMS dei colleghi.
Lestrade non fece domande, quando Mycroft
fece fermare la macchina e scese, non ne aveva bisogno, sapeva
perfettamente dove si trovavano: il logo del più
rinomato
negozio di
ombrelli di Londra era inconfondibile, la storia del James Smith
&
Sons
la
si poteva leggere perfino nel legno dell'insegna.
Senza che
neppure se ne accorgesse, il maggiore degli Holmes tornò,
con al
polso un ombrello nuovo di zecca.
Questa volta, però, di colore
blu scuro.
« Sta a te decidere adesso, Gregory. D'altronde,
la vita è la tua. »
La via di casa propria era inconfondibile,
così come le luci e addirittura gli odori.
Impiegò un attimo ad
uscire quando l'autista gli aprì la portiera, pensando alle
parole
di Mycroft, pensando a quella, anzi, a quelle
proposte, una più allettante dell'altra, se solo fosse stato
pronto
a chiudere un capitolo.
« Sì, certo. »
Si limitò a
rispondere, una volta fuori. Benché mancasse da una notte,
il
portone di casa propria gli era già estraneo.
Cercò di scacciare i
pensieri negativi, e Mycroft aiutò, chiamando ancora una
volta il
suo nome di battesimo: con la voce di Mycroft non era poi
così
ridicolo, si ritrovò a pensare quando si voltò.
« Questo è per
te, in caso cambiassi idea. »
Gli porse il nuovo ombrello, che
fino a quel momento Greg pensò fosse un pezzo nuovo della
sua
collezione, il suo nuovo compagno di avventure –
poté giurare di
non averlo mai visto una volta senza l'ombrello.
«
Sono piuttosto sicuro che potrebbe piovere a breve e so per certo che
tu ne sia sprovvisto. »
Chiaramente Lestrade non fece in tempo a
ribattere, che l'autista gli porse l'ombrello, chiuse la portiera del
passeggero, ed una volta in macchina, partì.
Le dita di Lestrade
non poterono fare a meno di tastare inconsciamente il prezioso
tessuto di quell'oggetto nuovo di zecca.
*
Mycroft era
un ottimo calcolatore, benché fosse un vero fallimento a
decifrare i
sentimenti, specialmente quelli altrui. Soprattutto quelli altrui.
Seduto di fronte al camino si trovò a ripensare alla
discussione sui
liquori avvenuta soltanto qualche notte prima, e riflettendo se
alzarsi e andare a degustare qualcosa, il campanello suonò.
Fece un
sorriso, anche piuttosto inquietante, perché d'altronde, lui
non
sbagliava e a piazzare le esche, era magistrale.
« Questa sera mi
andrebbe una birra, una di quelle buone, e vorrei sdebitarmi per
questo. Ti va di unirti a me? »
Quei momenti erano surreali, per
Lestrade. Da qualche giorno gli sembrava di camminare letteralmente
su di una nuvola, tanto gli sembrasse difficile mettere un piede di
fronte all'altro, e i suoi pensieri erano spesso annebbiati dalla
rabbia e delusione della sua persona, perché ancora una
volta si era
fatto mettere i piedi in testa da chi credeva lo amasse
incondizionatamente. La cosa più assurda poi, era il fatto
che
Mycroft Holmes gli avesse offerto il suo aiuto. Mycroft
Holmes,
ripeté tra i suoi pensieri. Quanta pena che doveva fare.
« Non
vedo perché dovrei mettere piede in un pub, possiamo parlare
di
avvocati anche senza alcolici davanti, Gregory. »
Si era quasi
dimenticato chi avesse di fronte, l'Ispettore di Scotland Yard, si
sentì ancora una volta un coglione, anche solo per aver
tentato di
invitare un sociopatico – e a tratti anche socio-fobico, ne
era
abbastanza sicuro – in luogo come un pub.
Mycroft dal canto suo,
leggendo un filo di delusione sul volto di Lestrade, sospirò
seccato, prendendo l'orologio da taschino e guardò l'ora,
per poi
rimetterlo al proprio posto; si era stufato di vedere espressioni
deluse, lo infastidiva ed infatti il suo sguardo mutò,
facendo
trasparire la sua nota di completo fastidio.
« Entra, piuttosto,
fuori fa freddo. »
E così Gregory fece, sentendosi ancora una
volta fuori luogo in casa altrui. Il padrone di quella che agli occhi
di Lestrade era una maestosa reggia, sparì per qualche
attimo, per
poi ritornare con in mano un piccolo taccuino, che gli porse
gentilmente una volta fatto accomodare in salone. Quando Gregory lo
aprì, strinse forte le labbra, leggendo uno per uno tutti
quei nomi
altisonanti; lo chiuse e, tastandosi nella giacca alla ricerca
dell'immancabile pacchetto di sigarette si alzò, uscendo
nuovamente
dalla porta d'ingresso.
« Tua moglie non ti risponderà prima di
domani. »
Non ci mise molto Mycroft a raggiungerlo, anch'esso con
un pacchetto di sigarette alla mano, il quale ne estrasse una,
portandola delicatamente alla bocca. Lestrade lo guardò per
un
istante vagamente accigliato, per poi abbassare lo sguardo sulle
proprie scarpe, pensieroso. Si chiese come facesse a saperlo, come
avesse fatto a scoprire tutto, e soprattutto perché lo
avesse
avvisato, avrebbe potuto certamente chiederglielo, ma probabilmente
avrebbe ignorato tutte le domande. Così Lestrade
desisté, sia con
le domande nella propria mente – mai stata così
ingarbugliata come
lo era in quel periodo, sia con la telefonata; non l'aveva ancora
sentita dal fattaccio, nonostante lei avesse provato a telefonargli
almeno un paio di volte invano, quindi lei non sospettava di niente,
né che lo sciocco marito avesse scoperto tutto,
né che una volta
tornata oltre a Greg, avrebbe visto anche gli avvocati.
« Mi
domandavo... »
La voce uscì da sola, poco dopo una delle ultime
sbuffate alla sigaretta; da quando era diventato così
lunatico?
Insomma, fino ad un attimo prima aveva troncato sul nascere ogni
possibile conversazione, ogni domanda che aveva da porgli.
«
...come facessi a sapere che fino a domani sarà impegnata.
»
«
Ciò che voglio sapere lo ottengo e basta, Gregory. Ti basti
sapere
questo. »
Rispose Mycroft, stizzito ed impettito, con un tono
che non ammetteva repliche e lo sguardo dritto di fronte a
sé, ben
oltre l'ingresso della residenza. Lestrade forse aveva appena messo
il piede su di una mina, ed ora non sapeva come fare per evitare che
questa lo facesse saltare per aria. D'altro canto per lavoro lui di
queste situazioni ne vedeva, se non ogni giorno, quasi.
Curvò le
labbra come in un sorriso, prima di sospirare e gettare la sigaretta
spenta nel pacchetto ormai vuoto.
« Questo lo so e talvolta mi
innervosisce. »
A quelle parole, Mycroft inarcò un
sopracciglio, accennando un vago sorriso, naturalmente sarcastico.
Fece lo stesso con la sigaretta, la spense, ma la gettò
nell'apposito spazio del proprio porta pacchetto, senza degnare di
uno sguardo il proprio interlocutore.
« Mi disprezzi così tanto?
»
Per un attimo – anche per più di un attimo, se
vogliamo
tutta la sincerità, Lestrade si era dimenticato di chi fosse
fratello, e se uno era la regina del dramma, l'altro lo era almeno
due o tre volte tanto. Neppure gli diede il tempo di parlare, che con
un passo, Mycroft si ritrovò dentro casa, chiudendo la porta
in
faccia a Lestrade.
In un modo o nell'altro, Mycroft riusciva a
stupirlo nel bene o nel male che fosse semplicemente aprendo la
bocca. Si chiese cosa avesse trovato John in Sherlock in un solo
giorno di convivenza e probabilmente la risposta la stava scoprendo
proprio in quel periodo.
Dopo pochi istanti, rivide riapparire
Mycroft con addosso un cappotto e pochi attimi più tardi era
nuovamente di fronte a sé.
« Non ho detto di no per il pub, ma
alle mie condizioni: poche persone e soprattutto silenzio.
»
Lestrade rimase naturalmente basito e con la bocca appena
aperta, prima di aprirla per parlare... anche se non sapeva bene come
e soprattutto cosa rispondere. Fece una cernita mentale di tutti pub
nella zona, fino a quando non ne trovò uno perfetto per le
esigenze
della la regina del dramma numero due (o uno, a seconda dei casi).
Quando tornò alla realtà, Mycroft lo stava
aspettando di fronte
alla sua solita berlina nera.
« Dai, facciamo una passeggiata,
non dista tanto da qui, te lo assicuro. »
L'occhiataccia
del maggiore degli Holmes gli fece passare ogni qualsivoglia
intenzione di farsi un quarto d'ora di camminata.
« Sai cosa
talvolta innervosisce me, Gregory? Il tuo essere così orso
in questo
periodo. –
Aprì
la portiera dell'automobile ed entrò, richiudendola al suo
fianco,
mascherando ciò che disse dopo – Queste mura sono
già abbastanza
tristi di loro. »
Limitandosi ad entrare in macchina, Lestrade
non rispose, malgrado avesse chiaramente sentito ciò che
disse,
nonostante l'altro fosse sicuro di avere nascosto il sibilo di parole
con il rumore della portiera. Non parlarono molto fino a quando
Mycroft non ruppe il silenzio.
« Presumo sia questa situazione
che ti faccia essere così, ultimamente. Possibile che, dopo
tutto
questo tempo tu non ti sia accorto di nulla? Non ti sei mai neppure
accorto del profumo maschile che portava e, permettimi, tu quel
profumo non lo indossi mai. »
Se fosse stato qualcun altro, una
persona comune a fargli una domanda del genere, Greg Lestrade avrebbe
sicuramente perso l'uso della ragione e avrebbe cominciato ad gridare
contro tutti. Ma siccome di trattava di Mycroft e sapeva benissimo
che lui e le relazioni normali erano l'uno opposto dell'altro,
cercò
di trattenersi, limitandosi a guardarlo, con espressione più
che
esterrefatta. Dedusse però che per una volta, le sue parole
non
contenevano la vena sarcastica che lo contraddistingueva spesso.
Si
passò una mano sul viso, massaggiandosi infine il mento,
prima di
rispondere, insomma, lo schiaffo morale aveva fatto comunque male.
«
Accidenti. Non ti facevo così realista. »
Infine mascherò un
sorriso mesto, sempre dietro al palmo della mano, mentre l'altro
inarcò le sopracciglia, velatamente soddisfatto di non ave
scatenato
una guerra all'interno dell'abitacolo, né di aver ricevuto
insulto
alcuno.
«
Realista, sì. – si schiarì la voce,
poco dopo – Mia moglie mi
diceva che fossi perfido, direi che con te mi è andata anche
bene.
»
Lestrade non era poi così sicuro di aver sentito bene.
Adottò
una posizione più comoda su quei sedili in pelle e poi,
voltandosi
verso Mycroft, lo guardò accigliato per diversi istanti
prima di
parlare, ma prima la sua voce la schiarì.
« ...tua moglie?
»
L'orologio da taschino era tra le mani guantate di Mycroft,
pronto per essere aperto; chiaramente stava evitando lo sguardo di
Lestrade di proposito, neppure aveva voglia di rispondere alle
molteplici domande che poteva benissimo vedere comparire nella mente
dello yarder.
«
Sì, abbiamo divorziato ed è successo talmente
tanto tempo fa che
nemmeno lo ricordo. Non farmi parlare di queste cose, Gregory. Ti
assicuro che non accadrà più. »
Come previsto, l'arrivo a
questo fantomatico pub non tardò ad arrivare ed una volta
dentro,
Lestrade chiese ad un cameriere un tavolo un po' appartato e
tranquillo, lontano da occhi ed orecchie indiscrete.
La situazione
era leggermente surreale, poiché l'uomo di fronte a
sé, fasciato in
un completo grigio scuro che sicuramente costava tanto quanto quattro
affitti del locale, era teso, nonostante lo nascondesse perfettamente
e Greg non riuscì a dedurne il motivo: luogo troppo inusuale
per
lui, o per via delle persone?
« La tua fama da uomo di ghiaccio
ti precede, comunque. Mi sono sorpreso quando hai nominato questa
moglie. Sei conosciuto come uno che non ha la minima compassione per
il prossimo e tante altre dicerie. Potrai anche esserlo, non lo metto
in dubbio, solo... non sempre. »
Mycroft lo guardò, ascoltando
attentamente ogni singola parola, mentre faceva scendere quel sorso
di liquore giù per la gola, facendo poi roteare il liquido
nel
bicchiere. Abbassò lo sguardo su di esso, guardandone il
liquido
ambrato fermarsi.
Lo stava aiutando in qualche modo, Gregory
pensò, tanto merda come lo descrivevano, non doveva esserlo.
«
Solo questo bicchiere, Gregory, poi torniamo a casa. »
E così
fecero, non appena terminati i drink. L'aria si era fatta un po'
più
tesa di quel che era e a Gregory dispiacque, perché
probabilmente
aveva osato un po' troppo e ne ebbe la conferma notando la reazione
di Mycroft, che veloce come una scheggia, raggiunse l'auto nera,
precipitandosi dentro.
Lestrade lo raggiunse, cercando poi
scaldare quell'aria che era ancora più gelida del normale.
«
Questa serata è assurda. »
Sussurrò Mycroft aggiustandosi al
cappotto ed infilandosi nuovamente i guanti. Si domandò
perché
diavolo aveva deciso di accettare quello stupido invito,
poiché
sapeva benissimo come sarebbe finita. Aveva cominciato, molto
lentamente a giocare col fuoco e stava lentamente scoprendone le
sfaccettature.
« Dai, rilassati. Volevo solo contraccambiare il
favore, considerando che stai già facendo troppo. »
L'autista
aprì la portiera una volta di fronte alla residenza e
Mycroft
sguazzò fuori come un'anguilla, rientrando sulla soglia di
casa e
facendosi seguire da un Gregory perplesso, accigliato. Come ne
sarebbe uscito da questa situazione? Si era aperto un po' troppo coi
suoi pensieri e questo gli stava rimbalzando contro in un modo del
tutto inaspettato. Si avvicinò alla casa, ma Mycroft lo
bloccò,
tendendo il palmo della mano.
« Esci da casa mia, Gregory. Per
favore. »
L'ispettore non avrebbe dovuto sentirsi così
ferito, ma lo fece. Ancora una volta, la delusione, che era riuscita
ad accantonare per un po', si impadronì di lui, togliendogli
la
parola. Perché voleva cacciarlo? Si sforzò di
capire, così come si
sforzava anche di capire il fratello minore quando serviva, ma non
giunse a nessuna conclusione.
« Quelli come me vanno lasciati
soli, sono in un certo senso “pericoloso”.
»
Oh, che fosse
pericoloso lo sapeva benissimo da anni. Corrucciò appena lo
sguardo,
ma l'espressione era quasi divertita, se fosse stata un'altra
circostanza ed il sorriso che aveva stampato sul volto era
sarcastico. Incrociò le braccia, mentre Mycroft
tirò giù il suo,
seguendone poi ogni movimento con lo sguardo.
« No, se devo
essere sincero, non capisco. Sono solo convinto che tu stia dicendo
un mucchio di stronzate. »
Mycroft era oltraggiato dall'ultima
parola dello yarder e non si premurò neppure di nasconderne
l'espressione: sorpreso, basito, la bocca fece per dire qualcosa, ma
si richiuse quasi subito, schiarendosi poi la voce, cercando una
risposta più consona.
« Ma non lo vedi come sono? Non capisco
perché tu sia ancora qua, e perché questo mi
faccia piacere. »
Non ne coglieva appieno tutte le sfumature, non le capiva e
probabilmente mai avrebbe potuto farlo, e neppure gli andavano a
genio i suoi modi fare molte volte, ma sì, lo vedeva come
era, ed
anche chiaramente: un uomo circondato da nient'altro che solitudine.