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Autore: kiara_star    04/03/2014    5 recensioni
[Sequel de “La carezza di un'altra illusione”]
[a sort of Thorki; fem!Thor]
~~~
C'erano cose di cui Thor non parlava mai, c'erano storie che forse non avrebbe mai narrato. C'erano domande che Steve porgeva con qualche dubbio.
“Perché continui a vedere del buono in Loki?”
“Perché io so che c'è del buono.”
[...]
Siamo ancora su quel balcone?
Ci sono solo io?
Ci sei solo tu?

“Hai la mia parola, Loki, non cambierà nulla.”
Ma era già cambiato tutto dopo quella prima menzogna e non era stato suo fratello a pronunciarla.
~~~
~~
Ancora oggi Nygis riempie il cielo di stelle continuando a piangere per il suo unico amore, nella speranza che un dì ella possa tornare da lui.
Genere: Angst, Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Steve Rogers/Captain America, Thor, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Gender Bender, Incest
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La leggenda di Nygis'
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cap16
L' ultima lacrima



XVI.





Jane ricordava bene il primo dettaglio di cui si era innamorata. Perché Thor era sempre stato bello da far male, ma c'era qualcosa che era più sorprendente di ogni altro particolare: i suoi occhi.
Azzurri come un cielo che non aveva mai osservato con nessun telescopio, un azzurro che non aveva visto dipinto su nessuna tela di nessun museo, un azzurro di cui neanche in un laboratorio sarebbe stato possibile ricrearne la cromia.
Thor era piombato dal cielo come in una storia ridicola, una leggenda vecchia e polverosa, o una fiaba rosa confetto.
Un principe caduto dal cielo e atterrato davanti ai suoi piedi.
Il sogno di ogni donna.
Fra la polvere e la luce di qualche torcia, Jane aveva visto quegli occhi e non aveva potuto far altro che innamorarsene.
Sigyn aveva gli stessi occhi di Thor; lo stesso identico colore, la stessa forma, la stessa luce colpevole, la stessa dolorosa bellezza.
Eppure Sigyn non era Thor.
«Sono ancora io.»
Scosse il capo con un sorriso che piangeva. «Sei una parte di Thor» sospirò strofinando ancora i palmi delle mani fra di essi.
«Jane...»
«Una parte che non conoscevo» continuò. «Amora... Styrkárr... » Scosse ancora la testa. «Ci sono tante cose che non conosco, c'è un  intero passato che non conosco, però non mi è mai pesato, perché mi dicevo: Jane, come puoi pretendere che qualcuno che ha vissuto tanto a lungo ti racconti per filo e per segno ogni minimo aneddoto?»
Sigyn l'ascoltava con le labbra serrate, con la gola che sussultava di tanto in tanto, con quegli occhi - Dio, i tuoi occhi - che cercavano di restare fissi nei suoi. «Andava bene, perché non mi importa del passato ma nascondermi un pezzo di te... no, questo a me non sta bene.»
«Non avrei voluto farlo.»
«Lo so... ma l'hai fatto e bada bene non voglio colpevolizzarti, però non chiedermi di essere forte stavolta perché non posso esserlo.»
«Oh, Jane.» Le sue piccole mani avevano intrappolato le sue. Erano calde e morbide, eppure Jane non sentiva alcun conforto in quel tocco. «Non ti chiederei qualcosa che non potresti sostenere. Ma tu sei forte... Sei la persona più forte che conosca in questo mondo.» E le aveva sorriso ma Jane non era riuscita a rispondere a quel sorriso.
Aveva fatto scivolare via le sue mani e si era alzata dalla sedia.
Una ciocca a nascondersi dietro a un orecchio e mille parole sulla punta della lingua.
«Io...» Si umettò le labbra e la guardò ancora. «Ho bisogno di Thor per essere forte.»
«Sono qui, Jane.»
Abbassò il capo e stavolta sorrise.
«No, non sei più qui... Non per me.»
Non ebbe risposta eppure la udì comunque.
Quando sollevò gli occhi, scoprì quelli di Sigyn fissi sulle sue stesse mani ferme immobili contro le ginocchia.
Percorse con lo sguardo le linee morbide del suo viso, i capelli in disordine, le spalle che si alzavano e abbassavano a un ritmo tristemente calmo.
«La barriera di Loki non c'è più» asserì recuperando la sua attenzione.
Sigyn annuì e si alzò a sua volta.
«Chiama Asgard e chiedi aiuto.»
Un sospiro abbandonò le sue labbra, ma non una parola fu pronunziata.
Fu Jane a doverne dire ancora.
«Aiutami a riportare qui Thor.»
«Perdonami, Jane.»
No, non c'era nessun perdono da chiedere né da concedere, Jane questo lo sapeva.
Allungò una mano e aspettò che lei la afferrasse.
Sigyn indugiò a lungo con lo sguardo sulle sue dita, poi fece un passo e le sfiorò.
Ne fece ancora uno e la strinse fra le braccia.
Sii forte, Jane.
Nella sua testa era Thor a sospirarglielo dolcemente.
Jane l'abbracciò a sua volta e sentì quanto quell'abbraccio significasse più per Sigyn che per lei.
Respirò a fondo e chiuse gli occhi. Dietro le palpebre trovò il sorriso di Thor.
Sii forte.
...
Lo sarò. Per te.
Sarò forte e ti porterò indietro.
Quando quell'abbraccio si sciolse, c'era un po' di Thor sulle labbra di Sigyn, un po' di quel sorriso che era stato il secondo dettaglio che aveva amato di lui.



*



Bruce stava discutendo con Steve delle condizioni dell'agente Marchel quando aveva scorto con la coda dell'occhio Tony dal fondo del corridoio.
Non era neanche riuscito a sentire la frase con cui Steve lo aveva accolto ché la mano di Tony si era serrata attorno al suo polso e, senza neanche smettere di camminare, se l'era trascinato dietro lasciando visivamente interdetti sia Steve che Linn.
Dopo all'incirca sette passi, Bruce sentì che il conta battiti stava visualizzando delle cifre un po' troppo alte.
«Tony! Ma che ti prende?» chiese sfuggendo dalla sua presa.
Solo allora vide l'espressione sul suo viso e no, non era per niente rassicurante.
Si tastò con le dita il polso mentre giravano un angolo.
«Che sta succedendo adesso?»
Tony non aveva detto mezza parola. Aveva poi aperto una porta e gli aveva fatto cenno di entrare.
A quel punto Bruce non aveva potuto fra altro che seguirlo.
La porta si era chiusa.
Era uno stanzino del reparto di infermeria. C'era una lettiga d'acciaio, qualche scaffale in alluminio, dei camici bianchi gettati su un paio di scatole.
Disinfettanti, tinture di iodio.
Tony aveva fatto un lungo sospiro e aveva tirato fuori il suo smartphone.
Bruce studiò ancora il suo viso ma quando non udì un solo fiato, scosse il capo incrociando le braccia sul petto.
«Ok, adesso mi stai spaventando, Tony.»
Nessuna risposta.
Tony teneva lo sguardo fisso sul palmare mentre digitava qualcosa con i pollici.
Pulsazioni troppo alte. Hulk stava bussando.
«Tony!» Forse urlò, non se ne rese conto, ma Tony non mostrò alcun intento di fare o dire qualcosa.
Stava per uscire da quella stanza quando finalmente qualcuno parlò: non era Tony, era la voce di Loki.
Falle tutte le domande che ti passano per la testa. Chiedile di Amora, di Styrkárr... di noi. Chiedile anche quante volte l'ho posseduta, forse ricorda il numero esatto...
«Ma che cos'è?» chiese anche se aveva intuito bene cosa Tony voleva dimostrare.
«Ascolta.» Finalmente aveva parlato e Bruce aveva seguito il suo comando.
La voce di Loki abbandonò ancora lo smartphone di Stark.
Chiedile di come gemeva il mio nome, di come mi supplicava di prenderla ancora e ancora... Chiedile della facilità con cui ha allargato le gambe alla prima occasione, e di come ha goduto nel farlo.”
«Oh dio...» Si passò una mano sugli occhi e sospirò a lungo.
Vuoi risposte, Stark?... Chiedile al tuo caro Thor.
Poi fu silenzio.
Milleuno... milledue... milletre... millequattro...
Iniziò a contare lentamente mentre un calore insopportabile saliva dalla sua gola. Gli occhi ancora serrati.
Il verde dei prati, le onde del mare, la sabbia dorata del deserto del Sahara.
Le lande gelide del Polo Nord, i ghiacci silenziosi su cui aveva camminato anni addietro.
Milleventisette...
Il centinaio di agenti in quel dannato edificio di cemento.
«Non so tu, Bruce, ma io credo di aver bisogno di un'intera bottiglia di bourbon.»
Scostò le dita e tornò con lo sguardo sul viso di Tony.
Aveva millantato a lungo, aveva scherzato e anche pesantemente ironizzato su una possibile relazione ambigua fra Thor e Loki, eppure in quel momento Bruce non voleva credere che quelle ipotesi discutibili fossero la realtà.
«Sei stato da lui?» chiese cercando di non badare al rumore sordo dei battiti nelle sue orecchie.
«Mi ha mandato Nick, non è stata una mia idea.» Tony continuò a giocherellare con lo smartphone per poi infilarlo nella tasca. «In verità stavo cercando un modo per aggirare la sicurezza e insinuarmi in quella stanza ma Nick mi ha tolto dall'incomodo.»
Non si stupì di quella confidenza. Quando l'aveva visto sparire aveva subito intuito stesse macchinando qualcosa che aveva a che fare con Loki.
«In ogni caso, questa qui, caro dottore, è una confessione in piena regola.»
«Ehi, aspetta, Tony. Qualsiasi cosa ha detto può aver mentito. Chi ci dice che dica la verità? È Loki, dopotutto. Non puoi lasciare che-»
«Mi spiace deluderti ma le parole di Loki sono la verità perché prima di parlare con lui ho accidentalmente ascoltato un discorso fra le nostre due bionde e, credimi, avrei ceduto la mia quota maggioritaria delle Stark Industries per dimenticare quello che ho sentito.»
Aggrottò la fronte e scosse il capo. «Hai origliato Linn e Thor?»
«Linn e Sigyn, Bruce. Chiamala Sigyn perché, fidati, a livello di conati la cosa aiuta parecchio, e comunque te l'ho detto: è stato accidentale.»
Poi fu un lungo silenzio. Bruce cercò di metabolizzare tutto; Tony chissà che diavolo stava combinando con il suo auricolare mentre parlava con Jarvis.
«Thor e Loki...» sospirò a se stesso.
Non pensava davvero che Tony potesse aver ragione. Non pensava davvero che la situazione fra quei due fosse così complicata.
«Bruce, cerca di riprenderti dallo shock dell'incesto perché dobbiamo parlare con gli altri.»
«Cos- Tony, non dire sciocchezze, non possiamo dirlo agli altri!»
Dall'espressione sul suo viso sembrava avesse detto una castroneria come “la Terra è piatta”, ma Tony non poteva essere davvero convinto a raccontare la storia a tutti.
«Dobbiamo farlo. Ormai Loki ha svuotato il sacco, e ci sono intere riprese delle sue parole, anche se al momento le ho inibite. Adesso possiamo affrontare Thor, cioè Sigyn,  senza più filtri, Bruce. Possiamo mettere fine a questa cosa una volta per tutte.»
«Come pensi di poter andare da Nick e dirgli una cosa simile? A che pro? Come può aiutarci a recuperare Mjolnir sapere dei loro trascorsi?» Tony lo ascoltò in silenzio soffiando forte dal naso. «Steve... non hai pensato a Steve? Come pensi che reagirebbe?»
«Le reazioni da cattolico di Cap non sono un mio problema. Le bugie di Thor lo sono, e anche quelle di Linn. Le perversioni di Loki lo sono e io voglio solo usarle contro di lui.»
«E calpesteresti la dignità di un amico per farlo?»
Tony sospirò ancora portando lo sguardo sulla parete.
«Credi davvero che provi piacere a farlo?»
«Non sto dicendo questo, dico solo che se devi parlare con Thor, va bene... ma per favore, Tony, te lo chiedo per favore, non alzare un polverone adesso.»
«Prima o poi va alzato.»
Assentì con il capo umettandosi le labbra.
«Sì, hai ragione, ma non adesso.»
Tony lo guardò a lungo e poi sollevò un angolo della bocca.
«Lo fai per la Foster, vero?»
Sentì il viso accaldarsi.
«Anche,» rispose. «Jane non ha bisogno di sapere anche questo... dio solo sa come stia in questo momento.»
«Perché non ti fai avanti? A quanto pare il suo fidanzato preferisce i martelli... in tutti i sensi.»
Gli lanciò un'occhiataccia di richiamo ma Tony sorrise e lui non poté fare a meno di ricambiare.
«Non è corretto fare battute su questa situazione, Tony.»
«Oh, Bruce, non ho ancora iniziato a fare battute.» Si avviò alla porta e poggiò la mano sul pomello.
«Tony...»
«Lo so, Bruce.» Tony lo guardò e non c'era più alcun sorriso. «Ma terrò la bocca chiusa solo fino a domattina.»
«Domattina?»
Tony annuì. «Domattina.»
Non insistette più. Era già un buon compromesso.



*



Da quando Bruce era stato letteralmente rapito da Stark, Steve e Linn non avevano detto una sola parola.
Steve la guardava e tentava di aprire bocca, poi lei guardava lui e nessuno osava fiatare.
Lo aveva baciato.
Lei.
La piccola e timida Linn aveva baciato lui.
Ed era stato meraviglioso.
Si sentì arrossire al ricordo delle sue labbra e prese un profondo respiro.
Quando si era tirata indietro Steve non aveva saputo rispondere al suo grazie, si era solo alzato in piedi e le aveva detto che dovevano andare, e Linn lo aveva seguito.
Non era stato molto galante ma, accidenti, non aveva la minima idea di come comportarsi.
Gettò uno sguardo all'angolo dietro cui erano spariti Bruce e Tony.
Thor stava ancora parlando con Jane, e Clint e Natasha erano di certo da Fury.
E lui era lì, in compagnia di una ragazza che in meno di 48 ore lo aveva irrimediabilmente travolto, con i suoi silenzi e i suoi sorrisi imbarazzati, con modi che credeva perduti e occhi tanto dolci che non avrebbe mai immaginato ne esistessero.
Non c'era scudo con cui potesse difendersi da quello che stava nascendo nel suo petto.
E il momento non poteva essere meno appropriato.
«Perdonami.»
A quella voce si voltò a guardarla.
«Scusa?»
Forse aveva sentito male perché Linn non poteva avergli chiesto-
«Perdonami per averti baciato. Non avrei dovuto. È stato un gesto inopportuno e me ne rammarico.»
Non credeva davvero alle sue orecchie e sebbene avesse solo voglia di gridarle che non aveva nulla di cui scusarsi e che lui avrebbe voluto baciarla dal primo momento e che l'avrebbe già fatto se non avesse dovuto indossare uno stupido costume a stelle e strisce, Steve riuscì solo a restare in silenzio con lo sguardo sulle sue labbra.
«Ti prego solo di dimenticare la mia insolenza, Steve. Solo questo.»
«Linn...» sospirò e si passò una mano sul viso.
Stupido!
Stark aveva ragione: era un vero idiota!
«Senti, io...» Non trovava parole, non trovava nessuna frase che andasse bene e gli occhi di Linn erano tropo belli per meritarne di sbagliate.
Mando giù nella gola ogni dubbio e si schiarì la voce con un leggero colpo di tosse.
Passò i palmi delle mani sulle cosce perché li sentiva troppo umidi.
Si bagnò le labbra e la guardò ancora.
Linn era in attesa che lui dicesse qualcosa, con la gola che sussultava e le spalle che si alzavano e abbassavano e-
No, non stava aspettando parole.
Sentì il cuore accelerare e si schiarì di nuovo la voce.
Non l'aveva mai fatto. Non aveva mai realmente baciato una donna, assurdamente erano sempre state loro a fare il primo passo e se pensava che era come una bandiera per un'intera nazione, poteva sentire l'imbarazzo di quella verità solcare sotto la sua pelle e farla rabbrividire.
I brividi, ma di ben altra natura, si moltiplicarono quando si avvicinò a lei ancora di qualche passo.
La gola di Linn sussultò nuovamente.
Le sue labbra erano socchiuse e gli occhi fissi nei suoi.
Momento sbagliato, posto sbagliato, situazione sbagliata...
Le sfiorò il viso con il dorso dell'indice e sentì lo stomaco stringersi fino a fare male.
Momento sbagliato, posto sbagliato, situazione sbagliata.
Ma Linn era giusta, le sensazioni che scatenava dentro di lui erano giuste, il desiderio che nasceva a ogni centimetro di distanza che la sua bocca divorava era maledettamente giusto.
«Steve...» Sentì soffiarlo contro le sue labbra prima che le sfiorasse con le proprie.
Ed erano calde e dolci, ed erano tutto ciò che in quel momento importava.
Scivolò con le mani sui suoi fianchi fino a stringere la sua vita sottile fra le braccia. Sentì quelle di Linn legarsi attorno alle sue spalle e le dita nuotare fra i suoi capelli.
La baciò con dolcezza e poi con passione. La baciò dimenticando tutto il resto, sentendo un cuore infuriare contro il petto senza chiedersi a chi appartenesse.
Qualcuno passò loro accanto, poteva udire i passi di qualche agente.
Non si curò di loro né di alcun altro. Non si curò dell'occhio rosso delle telecamere né del sibilo del suo auricolare.
Con un gesto istintivo lo tirò via dall'orecchio lasciandolo cadere a terra.
Il mondo poteva fare anche a meno di lui per i prossimi dieci minuti.
Per le prossime dieci ore.
Per i prossimi dieci anni.



*



Quando qualcuno bussò Sigyn guardò la porta con diffidenza.
Quando da essa si affacciò il viso di Tony, la diffidenza divenne fastidio.
Non poteva farne a meno, sapeva bene che Tony non aveva colpe, eppure non riusciva a sfuggire da quella sensazione.
«Sto tornando alla Tower.» Lo udì affermare. Accanto a lui le parve che Bruce scostasse lo sguardo. Non si chiese neanche il perché.
«Vuoi un passaggio?» A quella domanda si voltò d'istinto verso Jane.
«Io non credo sia il caso di lasciare la struttura» affermò cercando nello sguardo di Jane la richiesta di rimanere.
Quella richiesta non arrivò e Sigyn sapeva bene era giusto così.
Ma non aveva intenzione comunque di seguire Tony nella sua casa.
Non adesso, non dopo ciò che era accaduto quel pomeriggio, non dopo aver udito la verità abbandonare le labbra di Loki.
«Come preferisci.» Tony affondò le mani nelle tasche dei suoi pantaloni. «Allora parleremo qui, anche se avrei preferito farlo davanti a un bicchiere di buon vino.»
«Io torno in laboratorio.» Jane si allontanò e lei non riuscì neanche a fermarla.
«Ti accompagno?»
Alla richiesta di Bruce, pregò che lei accettasse. Lo fece e gli sorrise.
Prima di uscire la guardò e Jane sorrise anche a lei.
Grazie...
Non serviva pronunziarlo. Jane era la donna più forte e bella e intelligente che avesse mai incontrato nella sua lunga vita.
Bruce chiuse la porta e Sigyn rimase sola con Tony.
Sapeva che avrebbe voluto udire altre spiegazioni di Styrkárr e Amora, qualsiasi cosa potesse essere loro d'aiuto.
Aiutare loro affinché loro potessero aiutare lei, aiutare Thor.
«Dimmi.» Incrociò le braccia sul seno e aspettò l'ennesima domanda.
Ma Tony non fece alcuna domanda.
«Ho parlato con Loki.»
Aggrottò la fronte con un groppo asciutto che le scendeva nella gola.
«Quando?»
Gli ordini di Fury erano stati chiari e sebbene Stark fosse sempre stato un uomo poco incline alla subordinazione, non credeva avrebbe davvero calpestato anche quel comando.
«Poco fa e tranquillizzati, dolcezza, mi ha mandato Fury.»
Non badò neanche alle sue ennesime beffe, troppo occupata a preoccuparsi di cosa avesse potuto dir Tony a Loki, cosa soprattutto Loki aveva detto a lui.
Tony la guardò senza dire niente per interi minuti.
«Che ti ha detto?»
Una domanda che non necessitava di risposte.
«Qualcosa che avrei preferito non sapere.»
Sentì il volto bruciare, il petto incrinarsi e il suo stesso orgoglio sbriciolarsi sotto le dita.
Deglutì e non riuscì a tenere il suo sguardo.
«Ho le registrazioni nel caso volessi ascoltare, ma ti avviso che non c'è andato giù leggero, ma questo è scontato visto di chi stiamo parlando.»
Sentiva la bocca secca e le dita stringere con troppa forza i gomiti.
Loki non poteva averle fatto anche questo, non poteva aver distrutto anche il rispetto dei suoi compagni.
«Saltiamo la parte in cui mi dici che è stato tanto tempo fa e in cui io ti rispondo che non importa, perché sarebbero entrambe delle cazzate, e arriviamo dritto al punto in cui tu entri in quella stanza e fai parlare Loki con ogni mezzo.»
Sollevò lo sguardo e la gola sussultò.
Tony non mostrò alcun apparente reazione ma sapeva bene era solo il suo modo di affrontare la cosa. Chiunque sarebbe stato scosso e disgustato da tutta quella storia. Lo era Natasha, lo era Tony e chiunque altro l'avrebbe udita. Lo sarebbe stato Clint e lo sarebbe stato Steve. Ed era giusto che fosse così.
Perché per quanto dolci potessero essere stato le parole di Linn, Sigyn non credeva davvero che tutta quella storia fosse mai stata giusta, fosse mai stata legittima, e non per colpa di un sangue che li univa e che ironicamente non li aveva mai uniti su serio. Perché essere fratelli non era qualcosa che nasceva dal fluido rosso che scorreva nelle vene o dal seno a cui si era stati allattati. Loki era stato suo fratello perché aveva giocato con lui in fasce, aveva ascoltato i suoi pianti, le sue risate. Era suo fratello perché avevano litigato mille volte e mille volte avevano fatto pace. Era suo fratello perché Odino aveva avuto un richiamo per ognuno di essi e Frigga una carezza per entrambi.
Era suo fratello perché era stato il primo a credere in lui e l‘ultimo ad abbandonare il campo di battaglia al suo fianco.
Era suo fratello perché senza di lui Thor non era niente.
Non c'era legittimazione in ciò che avevano fatto in quelle notti e in quei giorni, non c'era nulla di lecito nella passione che avevano consumato con disperazione e con follia, non c'era nulla di perdonabile in tutta quella storia annegata in un passato lontano e colmo di illusioni.
«Con noi non parlerà anche se dovessimo torturarlo per bene, però credo che tu possa essere più persuasiva e prima che ti infuri, non intendo nulla di sessualmente incestuoso.»
Rabbrividì nell'udire a voce alta quella parola.
Era sibilata così tante volte nella sua testa eppure riusciva ancora a farle male, riusciva ancora a farle sentire il peso di un peccato che non era mai andato via, neanche quando quella luce innocente era prima nata per poi spegnersi nel suo stesso ventre.
Tremò nel chiedersi se Loki avesse gettato via l'ultimo riflesso di quel sentimento, ma Tony non disse nulla che lasciava trapelare che fosse in possesso anche di quell'ultima crudele verità.
«Non ho poteri, non ho niente con cui obbligarlo a parlare» sospirò cercando di mitigare l'imbarazzo naturale di quel momento.
«Beh, neanche lui, quindi potete giocare ad armi pari.»
«Non so cosa ti aspetti che possa fare.»
Tony sorrise ma era un sorriso freddo e di facciata.
«Ti inventerai qualcosa.»
Cosa?
Non porse la domanda, si limitò a studiare il suo viso sentendosi scomoda nella sua pelle, quella pelle nuova eppure così familiare da farla impazzire.
«Hai fino a domattina, poi dirò al resto della squadra ciò che Loki mi ha detto. Per adesso solo Bruce ne è a conoscenza.»
Sussultò e scosse il capo impercettibilmente.
«Non è una minaccia, né un ricatto, è solo ciò che farò domattina. Volevo avvisarti per correttezza.»
Una manciata di ore, ecco ciò che la divideva dalla delusione e dal ribrezzo che avrebbe letto negli occhi dei suoi compagni, dalla rabbia e forse dall'odio che avrebbe trovato in quelli di Jane.
Una manciata di ore e Thor sarebbe stato distrutto per sempre.
«Fra qualche minuto gli agenti di guardia alla camera di Loki riceveranno l'ordine di Fury di lasciarti entrare.» Sentì la voce sicura di Tony parlare ancora: «Ovviamente sarà Jarvis a trasmettere quell'ordine; Fury non sa nulla di questa storia... almeno non ancora.»
Assentì con il capo e cercò di raddrizzare le spalle.
«Non badare alle telecamere che vedrai, non riprenderanno nulla. Le riprese della stanza e dell'intero corridoio saranno offuscate. Neanche io vedrò.» Tony sbuffò con la solita espressione noncurante. «Puoi fidarti. A questo punto è inutile giocare a mentirci a vicenda.»
Lo ascoltò senza dire nulla rivivendo il loro breve scontro sul tetto e ogni singola occhiata di sfida che si erano scambiati.
Tony aveva ragione: mentire era ormai una pratica relegata al passato.
«Se Loki mi darà le sue risposte...»
«Spereremo che siano utili.»
Non era ciò che intendeva dire.
Ma Tony aveva preferito far finta di non udire la sua richiesta codarda e umiliante.
Non ci sarebbe stato nessuno scambio, non ci sarebbe stato nessun modo per evitare l'inevitabile.
Stark avrebbe detto a tutti ciò che sapeva a dispetto di qualsiasi cosa lei fosse stata capace di far dire a Loki.
Tony era stato almeno onesto nel pronunciare la sua sentenza senza possibilità di ricorso.
«Va bene.»
Ascoltò le sue direttive: il piano, il corridoio, il numero della stanza in cui giaceva.
Ascoltò tutto e annuì silente ad ogni informazione.
Prima di uscire guardò ancora verso Tony.
«Natasha... lei già sa.»
Tony non sembrò sorpreso dalla sua confidenza; fece un cenno con la testa e non disse altro.
Sigyn uscì.
Tempo, era solo questo che le era concesso: un po' di tempo.
Su Midgard il tempo sembrava essere la cosa più importante, perché le vite dei terrestri erano brevi e fugaci e ogni respiro aveva un valore prezioso.
Benché avesse lottato al loro fianco e avesse lottato per loro, non aveva compreso quanto potesse davvero essere importante lo scorrere del tempo.
Ora lo sapeva.
E la sua clessidra era appena stata capovolta.












Gli occhi di Styrkárr la guardarono a lungo e Amora vide nel fondo nero solo morte.
«Cosa significano le tue parole, Incantatrice?»
Non si lasciò intimorire.
«Significano ciò che ho detto.»
Un suono gutturale e un fulmine che cadeva in lontananza.
Nella landa desolata non c'era nulla che potesse essere dato alle fiamme.
«Non era nei nostri patti, Amora.» La voce era bassa e le parole sibilate con lentezza. Styrkárr avanzò tenendo stretto nel pugno il manico di Mjolnir. «Non era nei patti.» Le soffiò sul viso.
Amora deglutì ma non mostrò incertezze.
«Prima di proseguire devo disfarmi degli inganni di quel cane.»
«Non era nei patti!» L'urlo di Styrkárr fece piovere altre saette.
Nel suo petto il cuore iniziava a battere un po' più forte ma il viso non lasciò trapelare la sua agitazione.
Un profondo respiro e la fermezza nello sguardo.
«Non impiegherò molto. Lasciami solo il tempo per slegare il suo incantesimo e potremmo proseguire.»
Styrkárr sembrò ascoltarla e allo stesso tempo ascoltare altro, qualche voce nella sua testa, il bisbiglio di qualcun altro.
«Quanto tempo?» Si sentì chiedere con tono minaccioso.
«Il tempo necessario.»
Caddero ancora fulmini e poi ogni fulgore cessò.
Eterni sembrarono gli attimi che ne seguirono.
Styrkárr le diede le spalle e Amora temette cosa potesse aver celato al suo sguardo
«Così sia.» A quelle parole non riuscì a trattenere un sospiro grato. «Avrei il tempo di cui hai bisogno, ma bada bene, Incantatrice: la mia pazienza ha un limite.»
«La tua fiducia non sarà tradita, Styrkárr.»
Quando il Vanr si voltò non c'era alcun sorriso sulla sua bocca.











Non mise neanche un piede nel corridoio che gli agenti posti di guardia le impedirono di proseguire.
«Non puoi stare qui.» Affermò un uomo più alto di lei dai capelli neri e il viso liscio.
Sigyn guardò i suoi occhi con fermezza.
«Ho il permesso di Fury di fargli visita.»
Ricordò le parole di Tony.
L'agente la studiò per qualche attimo poi si consultò con un altro agente tramite una sola semplice occhiata.
«Il tuo nome.» Le comandò.
Ancora il ricordo della voce di Tony risuonò nelle sue orecchie.
«Non è un'informazione di cui hai bisogno» sentenziò.
L'agente osservò ancora il suo viso e poi sollevò un angolo delle labbra.
«Prego» sospirò mimando un gesto di finta cortesia con il braccio.
Sigyn andò oltre l'uomo e oltre tutti gli altri agenti finche non giunse davanti ad una porta.
Spinse la maniglia e la penombra della stanza la inghiottì.
«Chi sei?»
A quella domanda fu un altro agente a rispondere, l'agente che le aveva fatto strada.
«Il direttore ha detto di farla entrare. Fuori voi due.»
I due agenti eseguirono l'ordine.
«Divertiti...» Si sentì sospirare contro l'orecchio dal primo uomo, prima di restare in quella stanza da sola.
Tony aveva fatto ricever loro il falso ordine di Fury che comandava di lasciar passare una donna priva di nome che aveva come unico compito quello di interrogare il prigioniero.
Non era neanche una vera menzogna, ma ormai Sigyn non si perdeva più ad analizzare la sottile linea che divideva la verità dal falso.
Non c'era più alcun confine, non c'era più nessuna distinzione in nulla che la riguardasse.
Osservò la stanza buia e la sagoma del letto su cui giaceva Loki. Fece solo un passo prima che una forte luce illuminasse l'ambiente dal soffitto.
Socchiuse gli occhi per quel cambio repentino e poi la sua gola sussultò quando l'immagine nitida le comparve dinanzi.
I lividi, le ferite, le manette, la pelle pallida coperta di fasciature.
Le palpebre serrate, il viso colpito, i capelli neri che cadevano come pece sul cuscino bianco, le lunghe braccia stese sulle lenzuola e il sottile tubo che viaggiava dalla sua vena alla sacca appesa sull'asta di metallo.
Grandi macchinari che sibilavano, linee verdi e sottili che si disegnavano con cadenza regolare.
Solo in quel momento la paura tornò a impossessarsi del suo petto, la sensazione che aveva vissuto nel momento in cui aveva udito il cigolio della barella attraversare i corridoi.
Il terrore di vederlo morire.
Prese un profondo respiro e raggiunse il bordo del letto.
Il suo sguardo seguì il contorno di ogni singolo taglio che si disegnava sul suo corpo.
Scese fino alla punta delle dita. Avvertì l'istinto di sfiorarle, di stringerle fra le proprie, perché qualsiasi errore avesse compiuto, qualsiasi azione anche la più folle e avventata avesse mai realizzato, Loki rimaneva sempre Loki.
Nessun rancore sarebbe mai stato più forte dell'affetto che provava per lui.
Per quanto avesse potuto anche odiarlo, non lo avrebbe mai amato di meno.
Guardò la porta chiusa alle sue spalle.
Poche ore e la verità sarebbe stata versata come una cascata impetuosa nelle vite dei suoi amici.
«Un po' tardi per una visita.»
Si voltò immediatamente scoprendo i suoi occhi aperti e le labbra sorridenti.
«Non sono qui a porgere visite di piacere» affermò sentendo comunque il bisogno di fare un passo indietro da quel letto.
Loki la osservo umettandosi le labbra e facendo un cenno con il capo.
«Perché sei qui, allora?»
Sorrise istericamente. «Sai bene perché sono qui!... Risparmiami la pantomima dell'innocente, ormai non sei più credibile.»
«Potrei dire lo stesso.»
Ispirò a fondo.
Non avrebbe lasciato alle sue parole di inghiottire quel poco tempo che le era concesso.
«Mjolnir. Dimmi dov'è, dimmi dove quel traditore di Styrkárr lo ha portato e indicami la strada per giungere a recuperarlo.»
Una stanca risata abbandonò la gola di Loki prima che si tramutasse in una debole tosse.
La tosse non cessò presto e il suo viso si contorse in una smorfia di dolore.
Sigyn sentì quello stesso dolore tingere anche il suo viso.
«Cos'hai?» chiese con apprensione senza neanche celarla.
Loki non rispose e continuò a tenere lo sguardo serrato e i denti digrignati.
«Loki?» Lo raggiunse e gli poggiò una mano sul petto. «Cos'hai? Rispondimi!»
«La mano...» Era un debole sospiro.
«La mano? Ti fa male?» Non capiva. Saettò con lo sguardo alle sue dita strette in un pugno. Forse l'acciaio che gli cingeva i polsi era troppo stretto.
«La tua mano... mi sta premendo sulla ferita.»
A quel punto capì e ritrasse l'arto guardando la fasciatura bianca che avvolgeva il suo addome.
«Scusa!»
Non si era neanche resa conto di averlo detto finché non aveva visto il suo viso aprirsi in un sorriso stanco.
«I medici della Terra sono molto abili ma i loro metodi risultano alquanto arretrati.»
Stava bene.
Dannato lui!
Sospirò ancora e si scostò i capelli dalla fronte.
«Dovresti solo ringraziare che abbiano deciso di porgerti le loro cure dopo quello che hai fatto al loro pianeta in più di un'occasione.»
Loki alzò un sopracciglio con un piccolo cerotto bianco.
«Non gli ho chiesto io di farlo. Non è colpa mia se sono così stupidi da salvare la vita a un loro nemico.»
«Ancora li insulti?!... Sei incredibile!» sostenne con sdegno.
Come poteva parlare così degli uomini che avevano offerto le loro capacità e i loro rimedi per curarlo?
Ma Loki sorrise ancora, divertito forse dalla sua reazione scontata.
Sigyn non aveva tempo per dilettarlo con la sua poca freddezza.
«Adesso parla alla svelta e dimmi-»
«È inutile.»
Tacque e lo osservò perdere sorriso e ironia.
«Cosa è inutile?»
«Sapere dove si trova Styrkárr. È inutile perché in quelle condizioni non potresti comunque far nulla.»
Si sentì ardere come le avessero gettato lava addosso.
«Non sta a te decidere! E ora parla prima che ti costringa con la forza.»
«Sarò lieto di guardarti tentare.»
«Allora allietati!» ringhiò e fece schiantare con rabbia il palmo contro la fasciatura.
Loki digrignò i denti e la sua gola lasciò andare un suono che non era sofferenza, ma una debole risata.
«Oh, adoro il tuo ardore...» sospirò beffardo con un filo di voce.
«Taci!» Era pronta a ripetere la stessa azione se non avesse visto il sangue tingere le fasciature e il bianco divenire in breve sempre più roseo.
La sua ferita doveva essersi riaperta.
Sapeva quanto era costato suturarla e quante ore avevano impiegato i medici per curare la sua emorragia e ora lei...
«Loki...» La voce si incrinò e la mano quasi tremò.
Loki non sembrò accusare molto il dolore ma Loki era sempre stato un bravo attore.
«Non è nulla.»
«Nulla? Vado a chiamare-»
«No.» Non riuscì neanche a fare un passo.
Lo sguardo di Loki era serio e lucido e la obbligò a restare.
«I punti si sono aperti. Tutto qui.» Lo udì affermare.
«Allora devo chiamare i medici-»
«Ascoltami.» Fu interrotta ancora. Il suo respiro sembrava essere più faticoso, doveva di certo esserlo, e le macchie da rosa divenivano sempre più scarlatte. «Tu puoi curarmi.»
Scosse il capo assottigliando lo sguardo.
«Che stai dicendo? Io non posso fare nulla.»
Loki deglutì e strinse ancora la mascella.
Un altro respiro. «Il seiðr che ho infuso nella tua mano può curarmi.»
Guardò d'istinto il palmo e poi il suo viso.
«Come? Non conosco incantesimi di guarigione né rune.»
«Non serve, basterà che tu ti connetta con il mio seiðr.»
Era ancora più confusa e la macchia di sangue che stava coprendo le bende non l'aiutava di certo.
Doveva solo chiamare qualcuno e smettere di andare dietro ai suoi deliri.
«Ho ancora il mio seiðr, Amora lo ha solo bloccato, come ha bloccato la mia natura.»
Loki sospirò con sofferenza quelle parole e Sigyn sembrò però capire di più anche ciò che aveva detto Bruce circa gli esami fatti a Loki.
Un organismo simile a quello di un terrestre ma con una straordinaria capacità rigenerativa.
Amora aveva potere di fare ciò che aveva detto Loki, Amora aveva un potere spaventosamente smisurato.
Il corpo che stava indossando il suo cuore era nato da quello straordinario potere.
Abbassò lo sguardo ancora una volta sulla sua mano e poi lo sollevò per portarlo in quello di Loki.
«Posso sbloccare i tuoi poteri?» chiese.
Loki scosse il capo. «No, puoi solo guarire le mie ferite, il che sarebbe già una fortuna dato quanto tempo ci impiegherei con la medicina midgardiana.» Si prese una pausa e poi continuò. «Per sciogliere la catena mistica che tiene assopito il mio seiðr c'è bisogno di avere una profonda conoscenza delle arti magiche e-» La frase fu sprezzata da un ringhio di sofferenza.
«Loki?»
Non sapeva cosa fare, riuscì solo a guardare quella macchia allargarsi e la testa urlare di uscire a chiamare aiuto.
Le macchine sibilarono sempre più rumorose ma nessuno entrò nella stanza.
Gli agenti di guardia credevano che lei stesse facendo ciò che le era stato ordinato da Fury, che lo stesse obbligando a parlare con ogni mezzo.
Crudele ironia.
«Stai perdendo troppo sangue!»
«Allora curami.»
Scosse la testa facendo ondeggiare la treccia sempre più disfatta.
«Non posso farlo!»
«Sì... puoi... devi solo fare quello che ti dirò... va bene?»
Sospirò sonoramente e chiuse gli occhi. Quando li riaprì osservò quelli verdi di Loki e la sofferenza che li tingeva.
Non disse nulla e aspettò che lui le sorridesse appena.
«Poggia la tua mano sul mio petto.»
Tentennò mentre il sangue aveva impregnato le bende.
Loki le fece un cenno con il capo e lei eseguì il suo comando.
Poggiò la mano in corrispondenza della ferita e sentì il sangue umido sotto al palmo.
«E adesso?» chiese saettando con lo sguardo dalle sue dita alle macchine rumorose.
«Adesso devi connetterti con il mio seiðr.»
«Come faccio?» La sua voce tradì l'agitazione e la diffidenza.
Loki tossì ancora e bagnò ancora una volta le labbra screpolate e ferite.
«Cercalo... sentilo... e connettiti.»
«Alquanto vago» sospirò cercando di smorzare la tensione.
Loki le sorrise e poi chiuse gli occhi.
«Devi farlo altrimenti morirò dissanguato.» Lo disse con tale tranquillità che Sigyn ebbe l'impulso di tirargli un altro pugno e uscire da quella stanza senza voltarsi.
«Pensi che la pressione psicologica aiuti?»
«Tutti operano meglio sotto pressione.»
Sospirò in disaccordo e cercò di concentrarsi, cercò di riprovare la sensazione che aveva avvertito nel magazzino dello S.H.I.E.L.D.
Cercò di sentirlo.
Prese un profondo respiro e chiuse gli occhi a sua volta.
Le macchine continuarono a sibilare. Cercò di allontanarle dalla sua testa, cercò di pensare solo a ciò che sentiva sotto il palmo della sua mano, ma percepiva solo l'umido del suo sangue.
Respirò ancora.
Lentamente i respiri divennero più regolari, i suoni più ovattati, il sangue più caldo.
Nel buio delle sue palpebre vide una debole luce dal colore inconfondibile.
Una pallida luce verde che aumentava di intensità.
«Ci sei...» La voce di Loki raggiunse i suoi pensieri. «Ora connetterti.»
«Continui a dirlo ma non mi hai detto come fare» brontolò e la luce si allontanò.
«Lo stai perdendo.»
Strinse i denti e ringhiò ancora con svilimento mentre tentava di riacquistare la concentrazione di pocanzi.
Ma la luce sparì e tornarono i suoni delle macchina.
Aprì gli occhi con rabbia.
«Dannazione!»
«Riprova.»
Si allontanò dal letto con furia.
«No, non posso farlo!» Lo guardò con espressione avvilita.
Loki non disse nulla. Respirò solo profondamente chiudendo di nuovo gli occhi.
Doveva andare a chiamare qualcuno.
I medici avevano conoscenze che sebbene rudimentali potevano aiutarlo. Lo avevano già fatto.
Doveva andare a chiamarli.
Doveva.
Non lo fece.
Raggiunse i macchinari e staccò con stizza ogni filo.
«Che sai facendo?» Le chiese quasi annoiato Loki.
Sigyn non rispose, scollegò ancora tutti i cavi finché le macchine non cessarono di far rumore.
«Mi distraggono» affermò poi e tornò accanto a letto.
Staccò anche la flebo dal suo braccio.
«Quella potevi lasciarla, credo serva per non farmi morire disidratato» sospirò lui.
Lo guardò di sottecchi mentre posizionava ancora la mano sul suo petto.
«Se muori dissanguato non puoi morire disidratato» sentenziò.
«È un ottimo spunto di discussione, dottoressa.» Le sue labbra sorrisero ma Sigyn cercò di non farsi distrarre anche da quelle.
Ispirò profondamente e chiuse gli occhi.
«Connettersi vuol dire fondere insieme l'energia di due seiðr.»
Riaprì le palpebre e lo guardò silente.
«Dal momento che entrambi appartengono alla stessa fonte, sarà ancora più semplice.»
Assentì con il capo e aspettò che Loki continuasse:
«Nell'attimo esatto in cui avvertirai l'energia, sarà essa stessa a connettersi con te. Devi solo lasciarla entrare...»
«Devo lasciarla entrare» ripeté con un po' di diffidenza.
«Più complicato a dirsi che a farsi, credimi.»
Il suo viso era più pallido del solito, la sua voce più rauca.
Sigyn sapeva che non aveva più domande da porre né risposte da udire.
Chiuse gli occhi.
Riuscì presto a trovare la luce del suo seiðr e con la stessa velocità la vide allontanarsi.
Strinse le palpebre già serrate cercando di non perderla ma diveniva sempre più piccola.
«Dammi la tua mano.»
«Cosa?»
«Dammi la tua mano, Sigyn.»
E mentre teneva il palmo destro premuto contro quella ferita, lasciò che le dita della mancina trovassero quelle stese sulle lenzuola, le dita fredde di Loki, fredde come non le aveva mai davvero avvertite.
Eppure bastò che le stringesse per sentire il calore aumentare.
Aumentò anche il calore che si irradiava dal suo palmo, e la luce divenne sempre più forte, sempre più luminosa, finché un'esplosione di smeraldo non le coprì la vista.
Era indescrivibile l'energia che sentì pervaderla, l'intensità che le attraversò il corpo e la mente... il cuore.
L'energia dei seiðr di Loki era semplicemente abbagliante.
La sua anima lo era.
Intrecciò forte le dita fra le sue mentre sentiva di essere viva come non lo era mai stata.
Quando la luce iniziò ad affievolirsi e l'energia a sfumare piano dal suo corpo, Sigyn aprì gli occhi e scoprì quelli di Loki che la guardavano.
«Ce l'hai fatta.»
Alle sue parole guardò davanti a sé. La benda era ancora sporca ma Loki non mostrava più la sofferenza di poco prima, anche le ferite sul resto del suo corpo sembravano essere sparite, non c'erano più lividi né tagli.
Guardò ancora il suo viso privo di una qualsiasi abrasione.
Loki le sorrise e lei non riuscì a far altro che ricambiare.
Aveva un leggero fiatone di cui si era resa conto solo in quel momento, come si rese conto solo in quel momento delle loro dita ancora legate saldamente.
«Stai bene?» chiese assurdamente un'ulteriore rassicurazione. Loki fece un cenno con il capo e sciolse l'abbraccio delle loro mani.
«Grazie a te» sospirò poggiando il palmo sul suo dorso.
Eppure non riuscì a tenere lontana la tristezza e l'amarezza, la delusione e la rabbia.
«Dov'è Styrkárr?»
A quella domanda Loki non allontanò la mano, fu lei a farla scivolare via.
«Ti ho già detto che non puoi raggiungerlo.»
«Allora guidami da lui.»
«Oh, Sigyn...» sospirò stancamente. «In queste condizioni sono inutile quanto uno di questi insulsi terrestri.»
Indurì lo sguardo e si morse le labbra.
«Hai voluto tu questo, Loki. Non chiedermi di provare compassione per te adesso» affermò. «Non solo ti sei alleato con Amora ma hai anche creato un'alleanza con quel traditore! E hai visto a cosa ha portato... Mjolnir nelle sue mani. Per Hel, come ti è saltato in mente!?» Era tornata la collera e la frustrazione.
Le labbra di Loki si serrarono in una linea sottile.
«Quello è stato un imprevisto. Non era nei miei piani.»
«Cosa? Che un folle visionario brandisse un'arma destinata solo a chi ne aveva diritto e valore?»
«Valore?» La sua voce si fece più acuta. «Odino aveva già deciso a chi destinare Mjolnir ancor prima che i nani ne terminassero la costruzione! Non parlarmi di valore quando dietro a ogni singolo evento della nostra vita c'è stata la macchinazione di quel vecchio guercio!»
Raggiunse la branda con pochi passi e alzò il pugno per minacciarlo.
«Non ti permetto di parlare così di nostro padre!»
«Sì, difendi pure il suo onore, magari riuscirai a tornare ad Asgard senza doverti nascondere!»
Temette di aver capito ma continuò a tenere il braccio sollevato e le dita strette.
«Il velo è sparito, Sigyn. Sai cosa vuol dire, vero?»
«Posso ridurti in uno stato peggiore di come ti ho trovato in questo letto. Non mettermi alla prova.» Lo minacciò, ma dagli occhi di Loki trapelava solo una determinazione che il suo polso non aveva.
Infatti si abbassò lentamente mentre anche lo sguardo tornava a sostare sul petto macchiato di sangue.
Senza la barriera di Loki Asgard poteva vedere cosa accadeva sulla Terra, Heimdall poteva vedere. Tutti potevano vedere il vero nome che apparteneva alla fanciulla dai capelli d'oro che aveva attraversato secoli dietro le sale del palazzo stretta al braccio di Loki.
Asgard poteva conoscere la sua vergogna.
E all'alba anche la Terra avrebbe saputo quanto lorda era la coscienza del potente Thor.
«Era questo che volevi? Distruggermi?» sospirò scuotendo il capo e sentendo gli occhi pungere. «Volevi distruggere la mia forza, la mia stessa identità... Volevi distruggere la mia dignità. Distruggere il rispetto dei miei compagni e quello del mio regno... Di ogni regno...»
Sorrise con tristezza più che con rabbia.
«Sei riuscito nel tuo intento. Hai vinto: hai completamente distrutto Thor.» Non cancellò neanche la lacrima che lasciò le sue ciglia. «Sei felice adesso, fratello
Loki restò in silenzio e apparentemente privo di reazioni poi la sua gola sussultò.
«Credi davvero che abbia fatto tutto questo per vendetta? Per una stupida vittoria su mio fratello?»
Sollevò le spalle e passò le dita sugli occhi.
«Cosa vuoi che importi più adesso?... L'hai detto tu: è inutile. No?» Aprì le braccia con un sorriso tragico. «Styrkárr ha Mjolnir, il mio corpo è chissà in quale meandro dell'universo e tu non hai più alcun potere per far nulla.» Scosse il capo e sospirò. «È finita, Loki. Per tutti e due.»
Era finita.
Tirò dietro i capelli e sospirò a lungo.
Era finita.
...
Non può esserlo!
Non poteva essere finita. Non poteva permetterlo!
Aiutami a riportare qui Thor.
Risentì la voce di Jane.
Rivide il viso dei suoi compagni.
Se ha sbagliato per voi, rimedierà per voi.
Linn...
Lo guardò in silenzio per lunghi secondi.
Potete ancora chiedere a quel cuore. Il principe non vi negherà risposte.
«Tu...» iniziò avvicinandosi ancora al letto. «Mi porteresti da lui?»
Come previsto le sorrise con beffa.
«Non posso farlo.»
«Sì, ma se potessi, se riavessi i tuoi poteri, mi aiuteresti a recuperare Mjolnir?»
Ancora un sorriso. «Anche se involontariamente, sono stato io a fare in modo che Styrkárr lo avesse e in verità non mi interessa niente di quel pezzo di ferro... Perché dovrei farlo?»
«Perché te lo sto chiedendo io» rispose con fermezza e le labbra di Loki si arcuarono ulteriormente finché non scoprì i denti in un sorriso divertito.
«E con questo?»
Non disse nulla e Loki si umettò le labbra assottigliando lo sguardo. «Mh... sei un po' subdola, Sigyn.»
«Ho avuto un buon maestro.»
Loki rise e poi lasciò andare un lungo sospiro.
«Anche se volessi soddisfare la tua richiesta, cuore mio, non c'è modo che possa aiutarti. I miei poteri sono assopiti, non dimenticarlo, e da solo non sono in grado di riaccenderli.»
Sapeva che era un azzardo, sapeva che era una mossa pericolosa ma era anche l'unica che potesse giocare.
«Hai detto che qualcuno con una forte conoscenza delle arti magiche può farlo» affermò e lui l'ascolto senza interromperla. «Io so dove trovare quella persona.»
Loki capì e scosse il capo sorridendo.
«Non mi faranno neanche varcare i cancelli di Asgard e poi dubito seriamente che i tuoi amici mi permetteranno di andare via adesso che possono divertirsi.» Nel dirlo mosse un polso facendo tintinnare l'acciaio delle manette.
«Parlerò con Fury affinché ti affidi a me e una volta su Asgard proferirò direttamente con nostro padre e-»
«Guardati!» La interruppe. «Pensi davvero che lui si degnerà anche solo di riceverti?»
Non seppe ribattere. Serrò solo la mascella mordendosi un labbro con rabbia. «E se anche accettasse di ascoltarti non farà nulla per farmi riavere i miei poteri. Mi spiace deluderti, ma il tuo piano risulta un chiaro fallimento ancora prima di essere messo in atto.»
«Cosa vuoi che faccia? Che rinunci? Che getti la spugna? Se Styrkárr ha voluto Mjolnir non l'ha fatto per diletto. Ha un piano e questo è un pericolo anche per Asgard, per tutti i regni! Padre non potrà ignorare questa verità.»
«Allora torna su Asgard da sola e chiedi aiuto al Grande Padre, se sei così certa della sua comprensione. Non hai certo bisogno di me.»
«Certo che ho bisogno di te!» Sentì la gola stringersi e mandò giù un sorso di amarezza. «Devi sciogliere l'incantesimo che mi tiene in questo corpo.»
Ma non era quella la vera ragione.
La verità era che Sigyn temeva che Loki avesse ragione, che una volta dinanzi agli occhi di suo padre non avrebbe avuto la forza e la dignità di dire una sola parola.
Temeva che se lui non fosse stato al suo fianco a dividere quel peccato, non avrebbe saputo affrontarlo.
La verità era che era una codarda.
Loki la guardò silente e poi stirò i muscoli del collo con un sospiro.
«Va bene, ma se vuoi il mio aiuto, faremo a modo mio.»
«Il che vuol dire...?» Si mise sulla difensiva e quando Loki le rivolse un ghigno sornione capì che forse il suo piano, sgangherato e rozzo, stava subendo già il primo cambio di programma.
«Vuol dire che adesso mi aiuterai a evadere da qui.»











***












NdA.
Loki e le sue richieste indecenti...
La nostra Sigyn accetterà?
...
La risposta nel prossimo capitolo ^^
Kiss kiss Chiara
  
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