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Autore: Calipso19    04/03/2014    1 recensioni
(SOSPESA) Karai ha una figlia, ma per non sottrarsi dai doveri di Ninja, la fa salpare per il Giappone, abbandonandola a un destino ignoto. Quando, anni dopo, ella ritornerà a New York alla ricerca di risposte, il destino devierà la sua strada su quella di quattro Ninja mutanti, ma anche verso la guerra contro Shredder, che anni di falliti tentativi e distruzioni non consumate hanno reso più spietato che mai.
Genere: Azione, Guerra, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Otherverse | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Leonardo, Donatello, Raffaello fissavano attoniti l’edificio con trepidante attesa. Solo Michelangelo riusciva a distrarsi sufficientemente da ritenersi tranquillo, stuzzicandosi l’interno delle orecchie con le grandi dita. La gravità della loro missione e la sua riuscita si sarebbero rivelate in quei momenti, eppure, non accadeva nulla: la TCRI rimaneva intatta davanti ai loro occhi. Nessuna esplosione, nessun rumore. Niente di niente. Dopo diversi minuti, qualcuno aprì la bocca per parlare. 

  • Donnie, quando tempo impiega la tua bomba a esplodere?
  • A dire la verità Leo, doveva già essere esplosa... da trentacinque minuti. 
  • Che diavolo è successo? - sbottò Raf, calciando un’antenna sul tetto dov’erano nascosti. 
  • Non capisco. Il mio esplosivo è infallibile, escludo che non abbia funzionato... Probabilmente l’hanno trovato e manomesso, è una delle ipotesi più probabili...
  • Già, il punto è che abbiamo fallito! - urlò Raf in preda all’ira. 
  • Calmati. Non abbiamo altro da fare qui. - Il leader si voltò per andarsene. Donnie, in ginocchio con l’orologio in mano, non poteva fare a meno di sentirsi in colpa. 
  • Leo! - Il blu si fermò senza voltarsi. - Mi dispiace. 
  • Va tutto bene. - Rispose con voce atona. - Torniamo al rifugio. 

La notte volgeva ormai al termine, e dovevano raggiungere in fretta il piccolo appartamento abbandonato che utilizzavano come casa temporanea. 

Alla vigilia di quella stessa alba, Miyu uscì sul ponte della nave che stava arrivando in porto. Le ombre della notte si stavano ormai diradando e, proprio quando un magnifico sole solcò l’orizzonte oltre le sagome dei grattacieli, la Statua della Libertà apparve in controluce in tutta la sua divina manifestazione. Miyu ne rimase folgorata e restò a godersi lo spettacolo. Dietro il grandioso monumento l’attendeva una città mastodontica e meravigliosa, ma altrettanto pericolosa ed enigmatica. 

  • E’ tutto meraviglioso - disse Kaoko in inglese, una volta sbarcate. Si erano impegnate così tanto a imparare la lingua durante il viaggio che per abituarsi avevano deciso di usarla anche fra di loro. - Adesso cosa facciamo? 

Miyu si guardò intorno: la folla di gente che gremiva il molo passava loro accanto senza degnarle di uno sguardo. In una città così affollata sembrava impossibile nascondere qualsiasi cosa, tanto meno un rifugio alieno. 

  • Cominciamo a cerca il nostro appartamento ok? Da lì penseremo come muoverci. - Kaoko annuì, poi guardò la sorella con aria speranzosa. 
  • So che siamo qui per cercare di ritrovare Kaito e la mamma ma... Pensi che ci sia tempo di vedere e ammirare la città? E’ un sogno essere qui, e mi piacerebbe visitarla un pò prima di tornare, non sei d’accordo?
  • Ma certo. - Rispose Miyu con entusiasmo. Quella prospettiva le avrebbe distratte dalla loro triste missione. - E poi non sappiamo quanto tempo ci vorrà, e quanto dovremo cercare. Avremo sicuramente tempo per visitare la città. 

Si incamminarono. Miyu era pensierosa: se ci avessero messo troppo tempo nella ricerca come avrebbero fatto a mantenersi? Si erano portate tutti i risparmi che avevano e li avevano cambiati in dollari, ma prima o poi sarebbero finiti. Probabilmente avrebbero dovuto cercarsi lavoro, a un certo punto. 

Dopo una buona camminata arrivarono in una zona residenziale affiancata da un parco alberato. I palazzi erano grandi, ma non quanto i mastodontici grattacieli del centro, e al contrario della folla, per la strada c’era solo qualche passante distratto. Si fermarono davanti a un condominio dal muro a mattoni a tre piani, e Miyu controllò l’indirizzo: a quanto pare, quella era la loro nuova casa. Suonarono il campanello e attesero. Sulla soglia comparve una ragazza dall’aria sbarazzina con una cascata di riccioli rossi che le incorniciavano selvaggiamente la testa. Le guardò con curiosità. 

  • Salve, siete le sorelle Akamuri? - chiese. Annuirono, e la ragazza sorrise porgendo la mano. 
  • Sono Lisa Taylor, la vostra coinquilina. Non vedevo l’ora che arrivasse qualcuno! - esclamò. - Questa zona è così noiosa, non succede mai niente! Ma almeno è sicura, i Dragoni Purpurei non si aggirano mai da questi parti... 

Miyu e Kaoko si scambiarono un’occhiata: era evidente che la ragazza fosse una gran chiacchierona! 

  • Che maleducata, vi ho lasciato qui sulla soglia. Entrate e accomodatevi, vi aiuto con le valigie se volete. Ah! Non mi avete detto come vi chiamate! - Le due giapponesi risero, poi si inchinarono rispettosamente. 
  • Piacere di conoscerti Lisa, io sono Akamuri Kaoko. 
  • Io mi chiamo Akamuri Miyu. 

Lisa si inchinò insieme a loro, e le fece entrare. Il loro appartamento era al terzo piano, e sebbene non fosse molto spazioso, risultava esserci spazio sufficiente per tutte e tre. Mentre Lisa parlava con Kaoko, Miyu si avvicinò alla grande finestra dell’anticamera e la aprì: sotto di lei, una bellissima visuale del parco alberato le ricordò i paesaggi naturali di casa sua, e per un attimo fu sopraffatta dalla malinconia per la sua baia. 

  • Bella vista vero? - la raggiunse Lisa. - Anche a me piace molto, mi ricorda la campagna dove sono cresciuta. 
  • Posso capirti benissimo. - rispose Miyu. La rossa le sorrise cordialmente. 
  • A volte mi chiedo che cosa mi sia passato per la testa quando ho deciso di trasferirmi a New York. E’ bellissima, ma nulla in confronto con casa mia. - Sospirò tristemente, e Miyu la guardò sentendo di potersi fidare di lei. 

- Avete fame? - propose Lisa con rinnovato entusiasmo.

Poco dopo, le tre ragazze erano sedute al tavolo davanti a una tazza di tè e un vassoio di pasticcini. 

  • Allora, come mai siete venute qui a New York, se si può sapere? - Kaoko e Miyu si scambiarono un’occhiata, incerte se rivelarlo oppure no. 
  • Mmh.. Faccende di famiglia. - mormorò Kaoko. 
  • Si, dobbiamo svolgere un compito per i nostri parenti. - aggiunse Miyu. La sua lingua sembrava di sabbia: non aveva mai mentito. Lisa intuì che non era la verità, ma fece finta di nulla. Non voleva essere invadente. Lo era già per natura e cercava di controllarsi. 
  • Bè, vorrete visitare la città intanto che siete qui, no? Perché un giorno di questi, dopo che vi siete un pò ambientate, non ci facciamo un giro in centro? Vi porto a visitare le principali attrazioni, le conosco benissimo! 
  • Perché no? - sorrise Kaoko entusiasta. - Sarà grandioso! 
  • Perfetto! Quando volete. 
  • Io vorrei anche informarmi sulle varie cose che succedono in città.. - disse Miyu. 
  • Che genere di cose? 
  • Qualsiasi cosa. Mi piacciono le notizie, tenermi informata appena succede qualcosa di interessante in città. Sai dirmi come posso fare? - chiese cercando di sembrare disinvolta. Forse Lisa avrebbe potuto consigliarle un modo per trovare la sua famiglia. La rossa la guardò a lungo, prima di rispondere. 
  • Conosci Internet? 
  • Internet?
  • Ti prego! - Lisa allargò le braccia in plateale gesto d’incredulità. - Non mi dirai che non hai mai usato un computer? Siamo nel ventunesimo secolo mia cara, chiunque sa usare un computer!

Kaoko e Miyu si scambiarono un’occhiata imbarazzata.

  • Bè, certe cose non ci sono dalle nostre parti... - Lisa scoppiò in una grossa risata. 
  • Bè non preoccupatevi, vi insegnerò tutto io. E se vuoi informarti su ciò che succede nel mondo o solo nei dintorni, Internet è il modo più semplice e comodo. - Prese un portatile da una scrivania e fece accomodare le due ragazze sul divano, mostrando loro come si usasse. - Vedete, la fortuna ha voluto che io avessi un amico che studia giornalismo che gestisce anche un blog dove vengono pubblicate tutte le notizie e le curiosità dei dintorni. Io mi informo sempre qui se voglio sapere di qualche evento o degli ultimi guai dei Purple Dragons. - Kaoko e Miyu non capirono tutto, ignoravano per esempio chi fossero i Purple Dragons, ma annuirono e guardarono con crescente curiosità la funzionalità di questo ‘Internet’. Se era davvero capace di fare tutto ciò che aveva descritto Lisa, pensò Miyu, era davvero l’arma perfetta per cercare Izary e Keitaro e naturalmente acquisire qualche nozione in più sui Krang. 

 

 

---

 

Gelide mura d’acciaio. Silenti come i robot che le avevano costruite all’interno di un ulteriore edificio per nascondere il loro laboratorio segreto dagli occhi dell’umanità. Gli alieni da tempo avevano invaso il mondo, e nessuno aveva ancora scovato il loro nascondiglio segreto, nonostante esso si trovasse in una delle città più popolose della terra.

Indisturbati, avevano preso possesso di molte risorse, e avevano rapito gli esseri umani per renderli schiavi e cavie da laboratorio. Sebbene il loro potere divenisse sempre più maggiore, la strada per invadere completamente la terra era ancora lunga e tortuosa. Molte cose naturali erano ancora sconosciute per i Krang, e dovevano ancora svolgere molti esperimenti per capire come poter vivere e sopravvivere sul quel ricchissimo e prezioso pianeta. Inoltre, il loro lungo processo era disturbato da quattro fenomeni conosciutissimi che, da oltre vent’anni, rendevano il loro operato sempre più difficile. Le quattro tartarughe Ninja erano più di una semplice minaccia per i Krang: erano una spina nel fianco, così acuminata che a ogni loro movimento, penetrava più in profondità e feriva le sicurezze del loro sofisticatissimo sistema. Se esso crollava, non ci sarebbero state più speranze per loro e la loro intera tribù. I quattro fratelli guerrieri si erano rivelati capaci tanto da fronteggiare da soli un’intera popolazione aliena, e ciò era ben più di una minaccia. Al loro solo pensiero, ogni Krang ringhiava di rabbia fra sè e, passando l’informazione ai suoi consimili in modo spontaneo e telepatico, provocava un dissenso di massa, che ci manifestava nel vibrare rabbioso dei tentacoli e in disgustose smorfie contrariate. Ignari del fallito tentativo d’attacco delle tartarughe, la famosa bomba che inspiegabilmente era rimasta inesplosa, attendevano l’arrivo del loro odioso ma più caro alleato, l’onorevole maestro Shredder, per una riunione. Da anni la loro alleanza aveva sortito vantaggi a entrambi, seppur i loro obbiettivi non fossero ancora stati raggiunti, ed entrambi ne fossero insoddisfatti.   

  • Pensavamo che la nostra alleanza includesse anche un appoggio pratico nelle operazioni - cominciò un rappresentate dei Krang con la sua voce robotica. - Avremmo gradito il vostro aiuto, maestro. Invece i vostri soldati rimangono inattivi finchè l’operazione non riguarda voi direttamente, e fa risultare questa alleanza solamente un vostro vantaggio. 

Shredder guardò gli alieni con sguardo sprezzante di odio, e nonostante la maschera di ferro celasse un poco la furia racchiusa nelle sue pupille, gli interlocutori rabbrividirono. 

  • Siete degli incapaci. - cominciò. - Il mio aiuto è prezioso, non mi sono mai tirato indietro nonostante voi non siate ancora riusciti a scovare la tana delle tartarughe o a portarmi Splinter. Sono io, piuttosto, che dovrei lamentarmi. - Il tono di voce era spaventoso, e qualche Krang ringhiò d’allarme. Shredder si voltò verso il loro portavoce e lo fissò con un’intensità tale che l’alieno si mise a tremare tutto. 
  • Se mi toccherà sentire un’altra lamentela di questo genere, smetterò definitivamente di darvi l’appoggio dei miei soldati Ninja. 

Dietro di lui, la presenza del capo del suo esercito sembrava dare man forte alle sue parole. Era una donna non più giovanissima, di circa 35 anni, dai lunghi capelli corvini legati in una treccia. Gli occhi nocciola esprimevano muta accondiscendenza ma anche dolorosa pazienza. Come molti soldati, Karai era stanca di combattere, di proseguire quella guerra ventennale che il tempo aveva reso più simile a un circolo vizioso senza senso che a una vecchia resa dei conti. Quanto tempo durerà ancora?, si chiese, nauseata da quella stessa discussione. In una vita di servigi e sacrifici, Shredder, suo amato padre, non aveva saputo darle un minimo di riconoscenza. Mai un ringraziamento o una parola gentile. Mai che avesse dimostrato di volerle un pò di bene. Col tempo Karai si era convinta che quell’uomo fosse incapace totalmente di amare, o di essere riconoscente per qualcosa. E sebbene la cosa la facesse soffrire, sapeva di non poterci fare niente. Avrebbe continuato a combattere per lui fino alla fine: aveva già lasciato la sua vita in balia di quell’uomo, e nonostante fosse così ingiusto, avrebbe sopportato per sempre. 

 

---

 

 

I quattro fratelli ninja erano tornati alla base con il morale pari a zero. Raphael si sfogava rompendo ogni oggetto gli capitasse a tiro, Michelangelo ostentava indifferenza nonostante il forte senso d’inadeguatezza gli rivoltasse lo stomaco e Donatello, fermamente convinto di essere il solo responsabile del fallimento della missione, camminava guardando per terra e con la testa pesante. Ultimamente si sentiva un disastro: tutte le sue invenzioni mostravano qualcosa di sbagliato, e confondeva i pezzi di ricambio fra loro. Stava forse invecchiando? 

Leonardo invece, non mostrava alcuna emozione. Anni e anni di guerra avevano temprato il suo spirito di leader in modo così profondo che, davanti al fallimento, aveva imparato a nascondere il lato debole del suo carattere. Ricondusse la squadra al sicuro, percorrendo i tetti di New York con leggerezza e velocità. Atterrarono su un balcone davanti all’appartamento di April. La casa era tutta illuminata, e attraverso le finestre potevano intravedere Penny che giocava beata sul tappeto del soggiorno con minuscoli cubi di plastica colorati, sorvegliata distrattamente da Casey Junior che giocava ai videogiochi seduto sul divano e, in cucina, una soddisfatta Shadow che sfornava un pancake sotto gli occhi compiaciuti di April, che evidentemente le stava dando lezioni di cucina. Una scena di banale quotidianità, ma che per i quattro mutanti aveva un gusto sapientemente amaro. Restarono di guardia per qualche minuto in silenzio, mentre il vento leggero faceva volteggiare le loro bende. 

  • Voi entrate pure, ragazzi. - Esordì a un certo punto Leonardo. - Ci vediamo dopo. 
  • Tu dove vai Leo? - chiese Raph. 
  • Ad allenarmi... e a meditare. - Aggiunge il blu, pensando che il rosso non lo avrebbe seguito sapendo che avrebbe svolto un’attività così noiosa. Infatti Raph perse quel poco d’entusiasmo che lo aveva colto al pronunciare la parola ‘allenamento’ e sospirò. 
  • Non tardare, o il maestro Splinter ci ordinerà di venirti a cercare. - disse prima di voltarsi e atterrare con un balzo sul balcone di casa O’Neil, accompagnato dai fratelli minori. Leonardo li guardò bussare il vetro ed entrare, poi alzò lo sguardo verso il cielo, limpido come poche volte a New York, e una grande malinconia si impossessò di lui storpiando per un attimo la maschera di ghiaccio che si era creato. Quello era il cielo che guardava quando era una tartaruga-bambino e si sentiva solo, o quando falliva qualche esercizio e si sentiva un’incapace. Il medesimo cielo notturno che sovrastava il mondo con la sua onnipotente presenza. Lui stesso era esattamente sotto quello stesso cielo. Eppure, la sua guerra continuava da vent’anni. 
  
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