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Autore: cup of tea    05/03/2014    1 recensioni
Inghilterra, 1848. L’istruito e razionale Blaine Anderson viene assunto nella casa del riservato e di ampie vedute signor Hummel, come gestore della biblioteca della sua tenuta nella brughiera. La casa però, nasconde un segreto: ogni tanto si sentono delle urla di donna. Le signorine Rachel, Santana, Brittany e Mercedes saranno le sue colleghe e il Signor Hummel forse più di un semplice datore di lavoro.
Dal capitolo 4:
“Signor Hummel,” cominciò la ragazza, “lei ha davanti a sé un futuro colorato. Vedo del verde… e un'altra sfumatura, più scura e calma. Ma è lontana al momento. Un impedimento. Vedo un impedimento. Come un’ombra che incombe."
Genere: Dark, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Rachel Berry, Sebastian Smythe, Un po' tutti | Coppie: Blaine/Kurt, Blaine/Sebastian
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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A SHADOW HANGING OVER

Capitolo 11






Erano circa le quattro del pomeriggio, quando Blaine e Rachel raggiunsero il piccolo teatro della cittadina. Una folla di gente aspettava davanti all’entrata e occupava gran parte della strada. Uno spettacolo aveva tutta l’aria di essere messo in scena a breve.

“Mi scusi, buon uomo”, azzardò Blaine, chiedendo a un robusto paesano di quale opera si trattasse.

Romeo e Giulietta, signore. Per l’ennesima volta accompagno mia moglie a vederlo, ne va matta. Se non altro, pare che in questa edizione Giulietta sembri davvero una donna. Voce e tratti delicati, dicono. Speriamo. Ho visto Giuliette perfino con la barba.”

Rachel fece una faccia disgustata, che Blaine ricambiò.

“La ringraziamo, signore. Buon divertimento. Saluti sua moglie da parte nostra.” Si congedò Blaine, alzando un momento il cappello.

I due si diressero poi verso l’ingresso, facendosi strada tra gli abitanti della cittadina. Sul portone del teatro, un grande manifesto dichiarava orario, nomi degli attori, titolo dell’opera e il suo autore. Si trattava davvero di Romeo e Giulietta, e ciò che non poté non saltare agli occhi di Blaine fu il nome di Kurt vicino a quello della protagonista femminile. Gli comparve un sorriso sul volto: Kurt sarebbe stato una splendida Giulietta, e, ancora più importante, lo aveva trovato.

Pagarono al grasso bigliettaio le poche sterline necessarie per vedere lo spettacolo e, finalmente, entrarono.

Rachel era tutta in fermento: si vedeva che quello era il suo habitat naturale, sebbene si trovasse tra il pubblico e non sul palco. I suoi occhi brillavano di meraviglia e a Blaine fece la stessa tenerezza di un bambino con il suo primo cucciolo. Il teatro era piccolo e di epoca elisabettiana. Il pubblico era distribuito nella platea e sull’anello formato dagli spalti. Il palcoscenico era l’unico elemento ad essere riparato da un tetto, mentre spalti e platea erano aperti sul cielo velato di nuvole bianche. Fortunatamente, quel giorno il clima era mite. Blaine invitò Rachel a prendere i loro posti sull’anello, a destra del palco. In meno di mezzora il teatro si riempì completamente.

Lo spettacolo, infine, incominciò.

Costumi di colori brillanti, voci alte e ben gestite, risate da parte del pubblico al momento giusto e fiato sospeso per il resto del tempo.

Quando Giulietta entrò in scena, accanto alla balia e poi ai suoi genitori durante la festa a casa Capuleti, Blaine sentì il cuore fermarsi. Era Kurt, era proprio Kurt! Era magnifico, perfetto. Provò anche la morsa della gelosia, quando le sue mani toccarono quelle di Romeo. Rachel se ne accorse e strinse quelle di Blaine nelle sue. Si calmò, per quanto potesse. Stava già programmando un’incursione dietro le quinte, appena fosse finito il primo atto. Il problema stava nel riuscire ad arrivarci, considerati gli omaccioni della sicurezza.

La scena del balcone fu toccante e poetica come sempre. Le metafore che Romeo usò per Giulietta sarebbero state le stesse che avrebbe usato Blaine per descrivere Kurt.

Poi, il sipario si chiuse. Qualche minuto di intervallo, prima che lo spettacolo ricominciasse.

“E’ il momento.” Dichiarò Blaine, alzandosi.

“Per fare cosa?” Chiese Rachel, quasi timorosa della risposta.

“Devo andare a parlargli.”

“Adesso? Ma non c’è tempo, Blaine! Aspetta che la tragedia sia finita, poi potrai dirgli quello che vuoi. Non ti darà la giusta attenzione, adesso.” Provò a farlo ragionare l’amica.

“No, Rachel, tu non capisci! Se mi vedrà, tornerà tutto a posto! Ho aspettato tanto questo momento!”

“Ed è per questo che potrai aspettare ancora per un’ora. La troppa fretta può portare solo guai!”

“Ti prego, amica mia, devo trovarlo ora! Deve sapere che sono qui, che l’ho trovato, che lo amo e che voglio stare con lui per sempre!”

L’enfasi delle sue parole dovette convincere Rachel dell’urgenza dei suoi sentimenti, perché anche lei si alzò, determinata. “Allora andiamo! Avrai bisogno di me, con quel gigante davanti alle quinte.”

Blaine l’abbracciò, grato.

Scesero le scale e arrivarono davanti all’uomo il cui compito era proteggere gli attori da persone come loro. La cosa era più complicata di quanto Blaine si fosse aspettato.

“Buongiorno, gentil signore!” Attaccò Rachel. “Il mio amico, qui, ha veramente bisogno che ci lasci passare...”

“No.” Rispose seccamente l’omaccione. A confronto con la piccola signorina, era veramente un gigante. E anche in confronto a Blaine, a dirla tutta.

“La prego signore, è questione di vita o di morte.” Riprovò Rachel.

“No.”

“D’accordo, a mali estremi, estremi rimedi! Sono incinta, ha capito? Lì dentro c’è mio marito! Devo dirglielo, lui ancora non lo sa, la prego!” Strillò Rachel, attirando l’attenzione di non poche persone. Blaine provò vergogna per lei. L’omaccione la bloccò per un braccio, quando lei tentò per l’ennesima volta di passare. “Mi lasci andare!”

“Ehi, ma che fa?!” Intervenne un signore, in platea.

“Non vorrà prendersela con una giovane donna che aspetta un bambino, non è vero?!” Si indignò una signora con in braccio suo figlio piccolo.

“Cafone!”, “Che vergogna!”, “Prendersela con una donna indifesa, codardo!” Gridarono in molti.

Il povero gigante li lasciò finalmente passare, anche se Blaine fu molto dispiaciuto per la sorte che gli era toccata.

Seguì Rachel dietro le quinte, dove gli attori erano tutti presi dai cambi di costume, trucco e dal ripasso delle battute; dire che c’era una grande confusione sarebbe stato un eufemismo.

Vestito con un abito semplice da signora, Kurt si aggirava tra i suoi colleghi per assicurarsi che fosse tutto a posto. A quel punto Blaine non resistette oltre.

“Kurt!” Lo chiamò, con Rachel accanto.

“Blaine…? Che ci fate voi qui?”

Il sollievo di Blaine per averlo ritrovato fu ricambiato, da parte di Kurt, con un’incredulità dettata da quello che sembrava puro e semplice disappunto.

“Noi… Io ti ho trovato!” Sorrise intimorito. Perché Kurt non era felice quanto lo era lui?

“Dovresti andartene. Lo spettacolo sta per ricominciare.” Rispose secco Kurt, voltandogli le spalle.

“Kurt…” Lo richiamò Blaine, confuso. Lo afferrò per un braccio, così che Kurt si girasse di nuovo verso di lui, ma ottenne solo uno strattone e uno sguardo pieno di rabbia.

“Ti aspetti che sia contento? Che, solo per il fatto che hai capito dove fossi, dovrei accoglierti a braccia aperte? Te ne sei andato, Blaine! Senza darmi una risposta e senza spiegarmi quale fosse il problema!”

“Ti ho detto che sarei tornato…” La reazione furiosa di Kurt lo aveva messo con le spalle al muro. Perché faceva così? Non sapeva dove guardare e sentiva le lacrime già pungergli agli angoli degli occhi.

“Non mi è bastato! Non quando Rachel mi ha spiegato dove - e soprattutto da chi - stessi andando!”

“Io…”

“Lascia perdere, Blaine. Ora devo tornare sul palco. Non farti rivedere mai più.”

Un grido improvviso li distrasse. Si girarono entrambi nella direzione da cui era partito e scoprirono un attore, Jacob, a terra, che si teneva una caviglia. Doveva essere inciampato nei costumi di scena rimasti abbandonati tra un cambio e l’altro.

“Jacob, o mio Dio! Stai bene?!” Gli corse incontro Kurt. Blaine lo seguì e riconobbe nell’uomo ferito la persona che poco prima faceva da balia a Giulietta.

“No che non sto bene! Credo di essermi rotto qualcosa!”

Rachel intanto raggiunse la calca di attori e membri dello staff che ormai aveva circondato il povero Jacob. Qualcuno toccava il tempo a chi doveva rientrare in scena, altri si disperavano di fronte al fatto che la caviglia offesa avrebbe impedito a Jacob di recitare. Kurt era uno di questi ultimi.

“E il monologo della balia? E’ fondamentale a questo punto della tragedia! Lo spettacolo verrà rovinato!”

Jacob rispose lagnandosi del poco tatto di Kurt.

“Signor Hummel, io…” Cominciò Rachel, ma lui non la stava ascoltando, troppo preso dalla sua incontenibile preoccupazione. “Signor Hummel!” Riprovò, con un tono di voce più alto e squillante. Calò il silenzio. Il signor Hummel, finalmente, parve darle attenzione.

“Io… posso prendere il suo posto.” Dichiarò quindi la ragazza con fermezza.

“Onestamente, Rachel, io non credo sia una buona idea.”

“La prego, signore, posso aiutarvi! Conosco le battute a memoria!”

“Posso confermarlo.” Intervenne Blaine, resosi conto di quale grande opportunità fosse quella, per la sua amica.

Kurt gli lanciò un’occhiataccia. "No, mi dispiace. Non se ne parla, è troppo rischioso."

Gli altri attori vollero dire la loro.

"Non abbiamo scelta, Hummel."

"Là fuori aspettano!"

"Hanno ragione, Kurt." Intervenne allora Blaine. "E poi è molto brava. Si è esercitata molto."

"Cosa vuoi saperne tu?"

Di fronte a una domanda del genere, Blaine dovette fare appello a tutta la sua forza d’animo. "So che se non fossi così arrabbiato, in questo momento, non ci penseresti due volte e le consegneresti al volo il costume di scena. So anche che le stai impedendo di provare per punire me. Ma lei non se lo merita, e non c'è bisogno che te lo dica io. E poi so che ti amo, e che ho sbagliato a lasciarti all’oscuro di quanto stavo per fare. Comprendo il tuo stato d’animo; se ti do tanto fastidio, me ne andrò. Ma falla recitare con voi." Una grande e dolorosa consapevolezza gli aveva afferrato il cuore: Kurt non lo avrebbe perdonato. Non c’era più niente da fare. Tanto valeva che almeno Rachel riuscisse a coronare il suo sogno. Per quanto riguardava quello di vivere felice per il resto della sua vita con Kurt, si era infranto nel momento in cui lui lo aveva guardato con tanto odio.

"No, Blaine...!" Rachel si portò una mano sulla bocca, sconfortata.

"Tranquilla, amica mia." Le prese le mani tra le sue. "Ho fatto il possibile. Ma, purtroppo, a volte le azioni che compiamo cambiano la realtà dei fatti al punto di non poterla più riportare alla situazione iniziale."

Si congedò dall'amica con un abbraccio, poi chinò il capo in segno di educato saluto di fronte a un meno impassibile signor Hummel.

Si allontanò dagli attori appena in tempo, prima che il sipario venisse aperto di nuovo. Avrebbe voluto rimanere nel pubblico ad assistere all’inevitabile trionfo della signorina Berry e dello spettacolo in generale, ma dovette lasciare quel luogo – un po’ per quello che aveva promesso al signor Hummel, un po’ perché le lacrime che già scorrevano sulle sue guance gli avrebbero comunque impedito la vista.

***

Decise di tornare dalle sorelle di Mercedes, in attesa di Rachel. Non era sicuro che sarebbe tornata ad Hummel Place con lui, visto il successo che l’avrebbe certamente investita. Però voleva almeno salutarla, prima di tornare a casa.

Ma sarebbe stata ancora casa sua? Aveva senso tornare ad Hummel Place? Forse avrebbe dovuto scegliersi un altro posto, fare domanda da un’altra parte, sperare di essere assunto presso un'altra famiglia… Ma la dura verità era che si sentiva in famiglia solo con Rachel, Santana, Brittany, Mercedes… e Kurt. Senza di loro si sentiva confuso e perso.

Holly Jones, la minore delle sorelle della gentile cuoca, gli offrì del tè per ingannare l’attesa. Era una donna giovane e sorridente, e ispirava fiducia. La qualità che Blaine apprezzò di più, però, fu la discrezione: sebbene fosse evidente che ci fosse un problema, non gli chiese nulla, e lui ne fu grato. Starsene per conto suo era l’unica cosa di cui aveva veramente bisogno. Un pianto liberatorio, lontano dagli occhi di tutti; una muta disperazione da condividere solo con se stesso; un attimo di umanità che nessuna formalità avrebbe potuto nascondere. Ecco la ragione per la quale si sentiva così affranto – e sì, forse anche un po’ arrabbiato con Kurt: con i suoi modi da “siamo tutti uguali”, “siamo una famiglia”, “sii te stesso”, aveva creato una crepa nello scudo protettivo di Blaine e lo aveva convinto a provare dei sentimenti. Sentimenti veri, di quelli che squarciavano il cuore e per questo ti facevano sentire vivo, ma anche così male, nel momento in cui non erano più ricambiati. Un amore non corrisposto faceva soffrire fino a un certo punto, ma sapere di essere stato corrisposto e poi abbandonato ti faceva sentire sbagliato.

Qualcuno bussò alla porta, e Blaine si ridestò dai suoi pensieri accorgendosi che ormai si era fatto buio.

“Blaine…?” Una voce in confondibile, a cui corrispose un viso indimenticabile.

“Kurt, perdonami, me ne stavo andando. Lo so che mi hai detto di non farmi vedere mai più. Stavo solo aspettando che Rachel tornasse…”

“Io invece speravo fossi rimasto qui per me.”

Una risposta del genere non potè che spiazzare Blaine. Rimase ammutolito.

“Blaine, ho pensato a quello che hai detto… e nonostante sia ancora furioso con te, non riesco a smettere di pensare a una cosa in particolare.”

“Cosa?”

“Tu hai detto che mi ami.”

“E’ così.”

Seguì una pausa che parve infinita. Kurt sembrava volergli leggere l’anima con i suoi occhi investigativi e profondi. “Tu mi ami davvero?”

“Con tutta l’anima. Quando ti vedo, il mio cuore batte come la pioggia contro le finestre di Hummel Place, durante un acquazzone. Ti amo perché mi hai insegnato a vivere, ti amo per il tuo carattere difficile ma sempre dolce e aperto. Ti amo perché sei tu, e non vorrei accanto nessun altro.” Le parole uscirono dalla bocca di Blaine con la stessa facilità con la quale le labbra di Kurt si posarono sulle sue. Gli era corso incontro già a metà della dichiarazione e gli aveva circondato le spalle con le sue braccia morbide, prima di baciarlo con grande intensità. Era un bacio che racchiudeva tutta la gioia di due persone dal passato difficile che finalmente avevano trovato qualcuno con cui avere un futuro migliore. Nei loro sospiri c’era una totale, tanto agognata, meravigliosa, arresa. Non c’era più bisogno di lottare contro nessuno; la vittoria l’avevano appena conquistata.

“Torniamo a casa”, sussurrò Kurt tra un bacio e l’altro.

Gli occhi di entrambi brillavano di felicità.
 
 
 
*******************************
La tavola di cup of tea
Ce l’abbiamo fatta, yay! Ce l’hanno fatta penare, ma finalmente si sono decisi! Evviva, evviva! Spero che la vostra attesa sia stata ben ripagata.
Ma non è mica finita qui, lo sapete, vero? Ci sono ancora un sacco di interrogativi da sciogliere: le urla di casa Hummel, Rachel e la sua carriera di attrice, la biblioteca… uff, ce n’è di roba! Spero abbiate voglia di arrivare fino alla fine con me!
Un abbraccio gigante <3 siete meravigliosi!

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