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Autore: Narsyl    27/06/2008    0 recensioni
E in questa notte di insonni e girovaghe, e zingare e bimbe, tutto è uno sfuggente flash di attimi perduti, di riflessioni surreali, che domani mattina sembreranno, probabilmente, solo il frutto sbiadito di un sogno contorto.
Genere: Romantico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Vagano. Vagano pensieri, sogni, speranze, scivolano e si scontrano nella valle paradisiaca che è l’animo delle donne che ignorano il richiamo della notte.
Una evade dalle gabbie morbide del sonno: si alza in punta di piedi, e il rumore sommesso di passi sul marmo freddo va all’unisono con i battiti del suo cuore impazzito – cerca pace, ma la maledizione delle emozioni lo ha in pugno. Si accomoda, noncurante degli sbuffi capricciosi della brezza notturna, sul cornicione della finestra, e guarda giù. Guarda giù la strada, il cemento, le macchine parcheggiate, il barbone assopito nel gelo, le vetrine dei negozi spente, guarda giù per cinque piani di disperazione. Guarda giù e si gode il silenzio. La città, finalmente, è stata zittita dal sussurro sensuale di Morfeo; tace, pacifica, dolcemente addormentata. Le preoccupazioni di un lunedì uggioso evaporano dai capelli setosi e riccioluti dell’uomo che ha lasciato dormire accanto a se quella notte: sono fili argentei, invisibili, che escono come fumo delicato dalla finestra. E lei li guarda divertita sparire davanti ai suoi occhi, mischiarsi al fumo della sua Wiston Blu, in un giocoso abbraccio immaginario.
Un’altra, dolcemente, sogna una mattina d’estate di tanti anni fa. Aveva quell’infantile abitudine di legare i capelli biondi in due treccine dietro la nuca, e un sorrisetto angelico dipinto sul suo volto di bimba. Si arrampicava come una scimmietta fra gli scogli, ignorando gli strilli paranoici della madre, che passo dopo passo, saltello dopo saltello, diventavano sempre più lontani, coperti dal fragore delle onde sulle rocce. Non si guardava indietro, non si guardava avanti; rideva della sua agilità e continuava a vagare, sempre più in alto, sempre più audace. Il sole le accarezzava i capelli violentemente, e il calore e lo sforzo davano vita a piccole stille salate sulla fronte pallida. Stringendo i denti e prendendo a raccolta tutta la forza che poteva trarre dai suoi braccini gracili, si diede l’ultima spinta, con la stessa espressione decisa e fiera che molti anni dopo avrebbe avuto mentre attraversava la navata della chiesa il giorno del suo matrimonio. Si appollaiò, stremata, su una roccia piuttosto liscia, e sorrise soddisfatta della sua conquista: in quel preciso momento, con i suoi parenti piccoli come formiche, e il mare tempestoso che si fondeva con l’orizzonte davanti al suo sguardo rapito, lei era la padrona del mondo.
Un’altra ancora, come tante altre forse, vaga per le strade deserte, cercando di riconoscere qualcosa di lontanamente familiare in quei vicoli bui tutti uguali. E’ scalza, sporca fuori e dentro, persa, con il cuore vuoto e lo stomaco impregnato di un liquido che ormai, puntualmente, la aiuta a dimenticare le sue disgrazie. Piange lacrime leggere e veloci, senza manco accorgersene, e le lascia scendere e cadere sull’asfalto: ogni stilla perduta, un pezzettino d’anima vola via, così che alla fine della strada, girato l’angolo, ha dimenticato persino il suo nome. Dopo tanti tentativi, dopo tanti sforzi per non ricordare, dopo tanto dimenticare, ecco che, a un tratto, guardandosi indietro, non c’è più nulla. Vuoto e oblio, e un ronzio fastidioso, un gorgoglio spasmodico, la scuote tutta violentemente, senza un perché. Si chiede, con le ultime forze rimastegli, perché deve pagare proprio lei tutti i peccati dell’inferno. Si chiede da cosa dipende questo dolore lancinante. Lei non lo sa, e mai lo saprà; ma tutto questo soffrire è solo la sua anima che lotta contro la morte, per rimanere aggrappata, ancora qualche istante, a quel bel corpo, a quelle stille, a quel dolce mondo crudele.
E in questa notte di insonni e girovaghe, e zingare e bimbe, tutto è uno sfuggente flash di attimi perduti, di riflessioni surreali, che domani mattina sembreranno, probabilmente, solo il frutto sbiadito di un sogno contorto. Eppure, volenti o nolenti, ecco che le creature del cuore si affacciano dalle finestre, dai balconi, dalla tenda, dalla camera d’albergo, e scrutano nel minaccioso vortice di nero e polvere di stelle. E nella notte vedono i profondi pozzi e le irte mura che sono la loro vita. Vedono i mattoni grigi che il destino costruisce loro attorno. Vedono tutti i sorrisi forzati, le lacrime celate, vedono i sacrifici, vedono i “ ti amo “ bruciati e quelli che invece avrebbero così tanto voluto dire, proprio perché costrette a zittirli in un angolo del cuore. Vedono le occasioni sprecate. Vedono le lotte contro il tempo, vedono le ambizioni, vedono le notti passate in bianco, proprio come questa, a ripensare al sentiero percorso. Vedono i giorni più belli, quelli in cui il mondo era rosa e tutto era così dannatamente semplice. Vedono i litigi, vedono i loro cuori diventare pian piano più pesanti, vedono i loro capelli crescere assieme con i macigni sulle spalle. Vedono la rassegnazione scolorire loro gli occhi. Vedono la pena di ogni mattino sprecato a migliorare il guscio di qualcosa che, pian piano, sta morendo dentro. E vedono i soldi spesi in ciprie e correttori, in bagni turchi e massaggi rilassanti, in terapia, in istituti di bellezza, in vacanze relax. E ridono sommessamente di tutto quel guardare indietro, ridono di loro stesse e della loro follia, e si dicono pian piano, per farsi coraggio: “ Domani andrà meglio”.
E osservando gli uomini addormentati, con sorrisi beati docili come bimbi, si sentono invadere da violenta invidia, e si chiedono perché il Fato aveva dovuto punirle così sin dal principio, proprio dal primo respiro, o ancor prima, dalla prima visita ginecologica delle loro madri, quando il dottore sorrise e disse:” E’ una femminuccia!”. Ecco, da lì ha inizio la nostra meravigliosa, dolce, infernale maledizione.
E solo le donne possono capire cosa significa portarsi dietro ogni giorno questa magnifica condanna: se la trascinano con orgoglio, con sguardo di sfida, e ne vanno fiere, e se ne vantano; alcune vogliono nasconderlo, perché hanno assaporato il dolore e ne hanno un’indicibile fobia; altre invece ostentano le loro ferite e le loro vittorie, e scalano con il sorriso e la grinta di leonesse a caccia, la montagna ardua della vita; e altre ancora, oh dolci bambine, si rifugiano nelle ombre di piaceri effimeri per celare le loro paure. Ma quanta incredibile speranza, quanta forza, quanto coraggio brilla negli occhi di una donna! Quanto amore dona ogni giorno alla vita e al mondo! Ognuna con i propri demoni da sconfiggere, con le proprie paure, con i propri ricordi offuscati dal futuro imminente, tutte diverse ma accomunate da un’aura luminosa attorno al viso, un bagliore perfetto, angelico. E gli uomini sparsi nel mondo ci osservano stupiti e sperduti, chiedendosi “ ma cos’è quella luce?”. E scrivono canzoni e poesie, e parlano di miracoli e di angeli, e ci sognano di notte e ci cercano di giorno, e ci fanno serenate e dichiarazioni d’amore, ci promettono quell’amore che noi, dentro, abbiamo già scoperto molto prima. Se qualcuno di loro è fortunato, potrebbe un giorno far breccia nel nostro cuore, e ottenere in dono un po’ della nostra luce, perché siamo umane, siamo romantiche e sognatrici, e sentiamo il bisogno di riporre in qualcuno gioie e dolori, di farci stringere fra braccia possenti, di farci sostenere quando cadiamo, e di far vedere al mondo che forse no, non siamo poi così perfette. Così ci gettiamo a capofitto negli amori, con allegria, con passione, dandoci anima e corpo a questi protettori d’angeli in cambio di un po’ della loro invidiabile leggerezza. Perché la grandezza di una donna è proprio quella di avere la forza di guardarsi indietro, di ripercorrere ogni attimo, ed avere nonostante tutto, il desiderio inguaribile di andare avanti, di riprovare, di ritentare, di crescere, di sbagliare, ancora e ancora, fino allo stremo, fino a quanto ogni granello di amore nel nostro corpo sarà svanito; allora il nostro compito sulla terra sarà concluso, e noi troveremo finalmente la pace dei sensi, la nostra vera casa: le stelle.
  
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