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Autore: Benio Hanamura    07/03/2014    1 recensioni
[Mademoiselle Anne/Haikara-san ga toru]
“Il mio nome è Kichiji Hananoya… o meglio, questo è il mio nome dall’età di 15 anni. Fino ad allora ero Tsukiko, la sesta figlia della famiglia Yamada...”
Nel manga originale della Yamato è detto ben poco del passato della geisha Kichiji, che fa la sua prima comparsa come causa inconsapevole di gelosia della protagonista Benio nei confronti del fidanzato Shinobu, ma che poi si rivelerà essere solo una sua ottima amica e stringerà una sincera amicizia con Benio stessa, per poi segnare anche l’esistenza del padre di lei, vedovo inconsolabile da tanti anni.
Per chiarire l’equivoco e per spiegarle quale rapporto c’è davvero fra lei e Shinobu, Kichiji racconta la sua storia del suo passato a Benio, dei motivi per cui è diventata geisha, abbandonando suo malgrado il suo villaggio quando era ancora una bambina, ma soprattutto del suo unico vero amore, un amore sofferto e tormentato messo a dura prova da uno spietato destino…
Dato che questa storia è solo accennata nel manga, ma mi è piaciuta e mi ha commossa molto, ho deciso di provare ad approfondirla e di proporvela come fanfiction!
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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“Tsuki-chan, rispondimi, ti prego, Tsuki-chan!”
    Stavo ancora sognando o era la realtà? Ormai non riuscivo più a capirlo… Dormivo profondamente quando Koji bussò alla porta, non sentii nulla di ciò che disse ai miei genitori, ormai rassegnati al peggio, e da allora diversi suoni e diverse immagini avevano affollato la mia mente: di nuovo la nostra famiglia riunita e felice nel prato, e poi Aiko e Miyuki che mi salutavano allegramente, entrambe vestite come quella bella signora che le aveva portate via, poi immaginai persino Hanako nel giorno in cui era partita per sempre dal nostro paese… immagini liete alternate ad immagini terrificanti: il signor Yamamoto con i suoi piedi mutilati, Koji che mi soccorreva, il suo sguardo inorridito nel constatare che ero ridotta anch’io in quello stato, i miei genitori in lacrime per la sorte mia e di Yuriko, Chiyo ripescata dal lago ghiacciato, ed il volto di Chiyo che si trasformava man mano in quello di Yuriko… Ora però che avevo risentito la sua voce il volto di Yuriko non accennava a sparire, anzi, diventava sempre più nitido davanti ai miei occhi: forse ero morta anch’io in mezzo alla neve e lei era venuta a prendermi perché raggiungessimo il Nirvana insieme? Doveva essere così, altrimenti perché il suo colorito era sempre più vivo?   
   Mi sforzai di parlare, mi uscì solo un filo di voce: “Yuriko…”
   “Sorellina, finalmente! Finalmente ti sei ripresa, Tsuki-chan!!!”
   L’abbraccio di Yuriko, impetuoso, quasi soffocante come al solito, mi riportò del tutto alla realtà: non era un sogno, non ero morta, ero viva, e lei era viva! 
    Yuriko corse subito di sotto a chiamare gli altri, ancora in ansia perché, mi spiegò, ero stata male per tre giorni in preda ad una febbre altissima. Ero certa che i miei mi avrebbero rimproverata severamente, ma ciò non accadde, nemmeno nei giorni successivi, quando iniziai a stare meglio. Eppure mi sentii ancora più colpevole guardando gli occhi gonfi ed arrossati di mia madre, ed il viso esausto di mio padre, che di certo non aveva quasi chiuso occhio per la preoccupazione che io gli avevo causato, e poi Keita, che nonostante cercasse di nasconderlo, tradiva in qualche modo la sua frustrazione per non aver potuto aiutare più attivamente. 
   Solo Yuriko una settimana dopo tornò sull’argomento, mentre Keita era in camera sua con i gemelli, i nostri genitori erano nei campi ed io, finalmente guarita, la stavo aiutando in cucina: “Tsuki-chan, devi promettermi che non sarai mai più così incosciente. Sei stata molto fortunata, se Koji non fosse tornato a casa non saresti qui, te ne rendi conto?” nemmeno lei voleva infierire, senza che io le avessi detto perché ero così preoccupata per lei quella sera aveva compreso le mie motivazioni, e perciò si sentiva responsabile, perché in fondo non erano nemmeno preoccupazioni così insensate “Promettiamolo entrambe” riprese “di non comportarci più come quella sera e di non dire nulla a mamma e papà!”
   Mi spiegò che non era vero ciò che aveva detto loro, ovvero che io non l’avevo trovata in negozio perché dopo il lavoro lei si era fermata per un po’ a casa di un’amica che abitava in paese e solo più tardi si era affrettata a tornare qui, quando aveva notato che il tempo stava peggiorando. In realtà Yuriko quella sera, in cui effettivamente si era fatto un po’ più tardi rispetto al suo solito orario di lavoro, non solo aveva visto  Hotaru, ma l’aveva addirittura sentita parlare con Yuichi, che in realtà si era da tempo accorto dei suoi sentimenti nei suoi confronti e, convinto che lei non lo sentisse perché avendo terminato il turno doveva essere andata via, ci rideva su insieme alla sua fidanzata per rassicurarla! Un conto era rendersi conto da sola di non essere all’altezza di una rivale così bella e di buona famiglia, un altro era sentirselo rinfacciare in quel modo: il colpo era stato così duro che la povera Yuriko aveva davvero pensato di farla finita! 
   Ma poi, man mano che si addentrava nel bosco, le era tornata in mente la sua famiglia, ed aveva iniziato a pensare come se la saremmo cavata noi altri dopo la sua morte: la mamma era guarita, ma era comunque più cagionevole dopo la nascita dei gemelli, ed io avevo solo 9 anni… 
   Così era tornata in sé ed era riuscita a rincasare, appena prima che la tormenta infuriasse, e trovando i miei in ansia anche per me! Ma nostro padre le aveva impedito nel modo più assoluto di andare a cercarmi: era già un miracolo che si fosse salvata lei, trovare anche me sarebbe stato quasi impossibile, si poteva solo sperare che mi fossi riparata da qualche parte o che accadesse un miracolo. Che infatti era accaduto, grazie a Koji. Già, Koji… lui mi aveva salvato la vita ed io non lo avevo nemmeno ringraziato per ciò che aveva fatto! 
   Profondamente ammirata per la grande forza d’animo che come al solito aveva dimostrato mia sorella, le promisi che mai avrei rivelato il suo doloroso segreto, e nemmeno avrei rinfacciato nulla a Yuichi: sicuramente lui non sapeva che Yuriko lo stava ascoltando, e comunque quei pochi mesi che lei ancora aveva a disposizione prima che Hotaru prendesse definitivamente il suo posto erano troppo preziosi per il nostro sostentamento e le avrebbero consentito di guardarsi intorno con più calma per cercare un altro lavoro.
   Glielo promisi e poi continuammo a lavorare, io con un altro importante proposito: non solo avrei fatto di tutto per farmi perdonare dalla mia famiglia per l’angoscia che avevo loro inutilmente provocato, ma mi sarei anche impegnata al massimo per rendermi utile in casa  e poi, appena avessi avuto l’età adatta, anche a lavorare fuori, seguendo il suo esempio. 
   Quando lo annunciai a cena ero molto seria, ma i miei risero, mio padre commentò che per ora dovevo solo pensare a crescere. “Ed a tenerti fuori dai guai!” puntualizzò mio fratello con l’approvazione di mia madre, ma era evidente che tutti avevano compreso la mia ferma determinazione e ne erano stati piacevolmente colpiti. 
   La mia coscienza trovò finalmente pace e quella notte potei dormire serenamente, tanto che l’indomani mi svegliai di buon’ ora come non mi capitava da tempo. Mi sentivo piena di energie, ma anche se i miei erano ancora addormentati non avevo alcuna voglia di poltrire nel letto, così decisi di fare una breve passeggiata prima di iniziare i miei piccoli lavoretti quotidiani. Faceva un po’ freddo, ma la giornata era splendida… Mi piaceva offrire qualche briciola di pane ai passerotti, e lo feci anche quella mattina, dopo di che vidi qualcuno che arrivava di corsa dal fondo della strada: Koji! In passato mi era capitato di vederlo mentre faceva la sua corsa all’alba, prima che partisse per la città, evidentemente non aveva mai perso questa sua vecchia abitudine. Quando capitava di solito ci limitavamo ad un gesto di saluto, ad un sorriso, ma quella era l’occasione giusta per poterlo finalmente ringraziare, così lo chiamai e gli andai incontro per fermarlo:
“Koji-san!”
“Piccola Tsukiko, finalmente stai bene, meno male!”
   Mi rivolse il suo splendido sorriso, ma io mi intimidii e ciò mi indusse ad abbassare lo sguardo. Esitai a riprendere a parlare: “Sì… grazie a voi. Devo ringraziarvi, Koji-san… non sarei qui se non…” 
   Koji rise: “Cos’è questo tono formale? Mi fai sentire vecchio, ho solo 17 anni e poi siamo compaesani ed amici, no? Sono Koji, solo Koji, così devi chiamarmi!” non si atteggiava nemmeno con una bambina povera come me, era davvero una persona molto semplice e schietta, che diceva ciò che pensava, e del resto era soprattutto questo a renderlo benvoluto da tutti. Sapeva bene come mettere gli altri a proprio agio ed infatti subito mi rilassai e risi con lui.
   “Grazie Koji, sarei stata persa senza di te!”
   Lui approvò con un ulteriore sorriso: “Per fortuna il destino ha voluto che il mio treno tardasse per via del mal tempo! Ero così seccato mentre aspettavo bloccato lì seduto, ma ora ringrazio il cielo che sia andata così… Sono venuto a trovarti a casa qualche giorno fa, ma tua sorella mi ha detto che stavi ancora male… Io le ho raccomandato di non rimproverarti troppo quando ti saresti ripresa, avevi già avuto una tale paura… ha mantenuto il suo impegno?” 
  Annuii, ancora ridendo: “Sì, dunque devo ringraziarti anche di questo!”
  Ero uscita con l’intenzione di stare fuori per pochi minuti, ma finii per intrattenermi con Koji per una buona mezz’ora. Non ci eravamo quasi mai parlati, ma ora sembravamo già come due vecchi amici. Non mi ero resa conto di quanto tempo fosse passato finché non mi sentii chiamare da mia madre dalla finestra. Mi scusai con lui per averlo trattenuto tanto, ma Koji mi disse che faceva sempre lo stesso percorso per tenersi in allenamento nella corsa ogni mattina quando era in paese e si sarebbe trattenuto ancora una settimana prima di partire, perciò se avessi voluto ancora incontrarlo per chiacchierare un po’ gli avrebbe fatto piacere. 
  Tornai a casa felice, mia madre quando entrai mi chiese cosa avessi e se avevo corso, vedendomi le guance esageratamente arrossate. Con quel freddo, e dopo essere stata tanto malata, per giunta! 
   Negai, e lei non mi chiese altro, incoraggiandomi invece ad andare a tavola per la colazione: per fortuna non poteva sentire quanto il cuore mi battesse molto più forte del solito…
  
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