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Autore: Ramiza    27/06/2008    4 recensioni
Siamo a Forgotten Realms, dopo “La strada del patriarca”, in un momento che aspettavo da tanto: Artemis Entreri ha deciso di tornare a Calimport, da Dwahvel «nell'unico luogo che posso definire casa».
Per chi non fosse pratico del mondo di Forgotten sono i pensieri di un assassino che ha appena fatto i conti con il proprio passato e che sta decidendo del proprio futuro.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Siamo a Forgotten Realms, dopo “La strada del patriarca”, in un momento che aspettavo da tanto: la decisione di Artemis Entreri di tornare a Calimport, da Dwahvel «nell'unico luogo che posso definire casa».

Per chi non fosse pratico di quel mondo, la storia si può comunque leggere come i pensieri di un assassino che ha appena fatto i conti con il proprio passato.


Così Artemis Entreri spronò il suo incubo verso Calimport. Non importava quanta strada avrebbe dovuto fare.

Ciò che importava era quello che si lasciava alle spalle e quello che avrebbe trovato.

Alle spalle...una donna di cui si era fidato e che lo aveva tradito, una donna con cui aveva diviso il letto ed un frammento di vita (ma sarebbe stato disposto a dividerne molta, molta di più).

Tutto si era concluso in un attimo, quello in cui lei aveva tentato di accoltellarlo e lui aveva deciso di lasciarsi morire, e poi, salvato ancora una volta dagli elfi scuri, la aveva scaraventata fuori dalla finestra. Infine era corso a cercarla e non la aveva trovata. Ma per dirle cosa, poi? Come avrebbe potuto guardarla di nuovo? Dunque era meglio così, che lei se ne fosse andata, che fosse morta o soltanto scomparsa, per sempre lontana da lui, lei che rappresentava il più grande sbaglio della sua esistenza (il suo più grande errore di valutazione e il suo unico amore tragicamente concluso, come se lui fosse stato uno sciocco, un ragazzino, e non il più terribile e letale assassino del Faerun).

Alle spalle...il compagno delle sue ultime avventure, quello che lo aveva accompagnato nella riscoperta del suo passato e che in certi momenti aveva creduto di poter chiamare amico e che lo aveva tradito, salvato e poi...tradito di nuovo e contemporaneamente salvato in quell'ultima, estrema intrusione nella sua vita e nella sua intimità (era così difficile, per loro, parlare di amicizia).

Per un attimo la sua volontà vacillò.

Jarlaxle di Menzoberranzan era la cosa più vicina ad un amico che avesse mai avuto. In certo momenti aveva persino creduto che l'elfo scuro potesse provare affetto nei suoi confronti (ma lui aveva provato affetto nei confronti dell'elfo scuro?). La verità, tuttavia, era una sola. Artemis Entreri odiava i drow più di quanto non odiasse qualsiasi altro essere vivente e Jarlaxle di Menzoberranzan era pur sempre un drow. Non solo nell'aspetto. Questo non era importante. Anche Drittz Do Urden era fisicamente un drow, ma ben altro nel cuore e nello spirito. Jarlaxle era un drow nei pensieri e nelle azioni, era portato al tradimento, al sotterfugio e, soprattutto, a controllare chi aveva davanti. Questa era la verità. Sì, era probabile che nutrisse una qualche forma di affetto nei suoi confronti, ma questa si manifestava comunque nella necessità di controllarlo. Una cosa che non avrebbe mai potuto sopportare. E, per dirla tutta, era stanco di dover lottare ogni giorno.

Alle spalle...infine, un re, una regina, un monaco, uomini che lo avevano segnato, che lo avevano giudicato, che lo avevano combattuto e forse vinto.

Sì.

Artemis Entreri era stato battuto.

Mastro Kane lo aveva sconfitto.

Il mondo, tuttavia, non era finito come avrebbe immaginato.

No.

Il Faerun era rimasto in piedi, indifferente a quanto era accaduto, proprio come il giorno in cui era stato Drittz Do Urden a sconfiggerlo (per un istante la sua mente tornò all'elfo scuro, alle loro infinite battaglie, all'odio che aveva nutrito nei suoi confronti e che adesso gli sembrava così sciocco e lontano).

Poi pensò a ciò che avrebbe trovato.

Poco.

Quasi nulla.

Calimport.

Una città di miserie e di schiavi. Una città di dolori. Una città di tradimenti e di inganni, dove la sola legge era quella della giungla. La città dove lui, proprio grazie a questa legge, aveva prosperato. Quella dove aveva capito di non voler più servire, di voler essere libero.

Ecco perché quell'odio gli appariva sciocco...per tutta la vita aveva creduto che il perseguimento della forza fosse fine soltanto alla ricerca della perfezione, e dunque al miglioramento di sé, al superamento dei proprio nemici, e la morte dell'elfo scuro era un passo necessario in questa direzione (nei suoi occhi leggeva la condanna di tutto ciò che era), poi qualcosa di banale gli aveva rivelato la verità: essere forti permette di guadagnarsi la libertà.

Sì.

A Calimport lui aveva combattuto contro la schiavitù.

Poteva dire di aver vinto?

Sì.

Aveva scelto, dunque era stato libero.

E da libero sarebbe ritornato a Calimport, un assassino non legato ad alcun pasha, svincolato da ogni corporazione, un assassino che tutti avrebbero temuto e rispettato, Artemis Entreri.

Una leggenda.

Scosse la testa. Ma dopotutto, era quello che voleva? Adesso che aveva vendicato sua madre, adesso che aveva ucciso suo zio (avvertiva ancora il ribrezzo di quel corpo che si strusciava contro di lui bambino) e il suo vero padre, insieme a tutta la sua lurida e fasulla chiesa cosiddetta buona, adesso che Jarlaxle gli aveva impedito di morire là dove avrebbe voluto, nel compimento della sua vendetta, voleva davvero tornare ad essere una leggenda?

Essere una leggenda comporta obblighi e doveri.

Essere una leggenda comporta una battaglia eterna.

Forse, per la prima volta in vita sua, pensò con un sorriso amaro, Artemis Entreri voleva solo un po' di pace.

Voleva un luogo dove potersi sedere senza doversi continuamente guardare le spalle.

Voleva un luogo dove poter parlare e magari bere un bicchiere di birra (non beveva mai alcolici per una questione di prudenza e autocontrollo), voleva un luogo dove potersi rilassare, almeno un'ora, voleva, voleva...

Voleva qualcuno da cui non temere tradimenti. Ecco la verità.

Rise tra sé.

Trovava ridicolo questo desiderio dopo il tradimento di Calihye. Si era fidato della mezzelfa. Non aveva imparato niente? Non aveva capito che gli esseri viventi tradiscono, che producono male come le api producono miele? Non ne era lui la prova più evidente?

Sì certo. Lui era malvagio. Ma come aveva detto una volta, quante delle vittime di Artemis Entreri non avevano meritato davvero di morire? E non era neppure questo.

Era che, a prescindere da come era poi finita, aveva amato. Dunque aveva scoperto di saperlo fare (e questa era stata un'autentica sorpresa).

Qualcosa gli si era risvegliato dentro.

E adesso, sì, desiderava potersi fidare. Magari gli sarebbe occorso del tempo. Magari non ce l'avrebbe mai fatta.

Ma il suo pensiero correva lontano, a una halfling di nome Dwahvel Tiggerwillies, con cui sentiva di dover almeno tentare.

Non fosse altro perché lei era la sola persona che gli aveva dato senza chiedere nulla in cambio. Non fosse altro perché lei era la sola persona che gli era rimasta accanto fino alla fine di quella assurda avventura a Calimport, sebbene lui le avesse procurato soltanto guai.

Non fosse altro...

Non fosse altro perché la Moneta di Rame, dove lei viveva, e quella stanza dove tante volte avevano parlato, era il solo luogo che avesse mai sentito di poter chiamare casa.

  
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