Serie TV > Squadra Speciale Cobra 11
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Autore: Maty66    08/03/2014    3 recensioni
Cosa succede se, all'improvviso, tutta la tua vita diventa un incubo da cui non riesci a svegliarti?
Cosa puoi fare se tutti sembrano credere che tu abbia fatto l'unica cosa per te inconcepibile?
Semir si troverà ad affrontare la prova forse più difficile della sua vita... ha davvero tentato di uccidere il suo migliore amico?
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Scelte irreversibili

Semir guardava distratto ed apatico fuori dal finestrino dell'auto il paesaggio che gli scorreva davanti.
Da quando erano partiti dopo l’interrogatorio non aveva pronunciato neppure una parola.
Kim, che era alla guida, lanciava sguardi preoccupati attraverso lo specchietto retrovisore ad Andrea, che era seduta sul sedile posteriore.
La depressione in cui stava cadendo il poliziotto era ormai evidente a tutti.
“Le bambine ci stanno aspettando a casa” annunciò Andrea nella vana speranza di svegliare il marito dal suo torpore.
Ma Semir si limitò ad un triste sorriso, subito smorzato dal pensiero che probabilmente le bambine avrebbero chiesto dove era lo zio: non passava mai molto tempo prima che Ben si presentasse alla porta di casa con dolci o giocattoli per le  piccole.
Il viaggio continuò nel più assoluto silenzio sino a che Kim non parcheggiò l’auto davanti alla villetta dei Gerkan.
“Allora Semir non faccia sciocchezze, non esca di casa e non contatti nessuno tranne  che i suoi familiari e l’avvocato” intimò seria il commissario  mentre accompagnava la coppia sino all’ingresso
“Commissario farà di tutto perché io possa vedere Ben?” sussurrò Semir
“Certo, proverò ancora. Ora devo andare, ho appuntamento con Heiss” Kim salutò i due e risalì svelta in auto.

Sulla porta di casa  c’erano la madre di Andrea e Lily.
La bambina appena vide il padre fece un gridolino di gioia correndogli incontro felice “Papi, papi” strillò piombando nelle sue braccia.
“La mia piccola…” per la prima volta da giorni Semir sorrise davvero.
“Dov’è Aida?” chiese Andrea alla madre, stupita di non vedere la primogenita ad accogliere il padre.
“In camera sua, c’è stato un piccolo incidente…” rispose la nonna.
“Aida ha picchiato Martin a scuola” informò, tutta soddisfatta, la sorellina.
“Ci penso io” disse Semir salendo le scale verso la camera della bambina.
Arrivato alla porta il padre vinse l’impulso di entrare direttamente e bussò discreto, aspettando il timido “avanti” della bambina.
La stanza era quasi completamente al buio, tranne la piccola lampada sul comodino che disegnava le stelline sul soffitto.
Gliela aveva regalata Ben quella lampada,  Semir ancora ricordava quando la piccina, che all’epoca aveva meno di quattro anni, si era incantata a guardarla in una vetrina, cosa che era bastata perché lo zio Ben si precipitasse dentro a comprare l’oggetto dei desideri. E da allora non c’era notte che, prima di addormentarsi, la bambina non passasse alcuni minuti a contemplare le minuscole stelline  dorate che proiettava sul soffitto della sua stanza.
“Aida…” chiamò il padre
La bambina si tirò a sedere  sul letto dove era stesa, tirando su con il naso.
“Ciao papà, stai bene?” chiese con la vocina ancora rotta dal pianto
“Sì piccola sto bene, ma tu perché stai piangendo?” chiese preoccupato Semir
“Niente, non ti preoccupare” cercò di mentire la bambina, nascondendo il viso in grembo al padre che si era seduto anche lui sul letto.
Anche alla luce fioca della lampada Semir notò il graffio che adornava la guancia della bambina
“Ma Aida cosa hai fatto al viso?” chiese preoccupato
“Niente papà…”
“Come niente, Lily dice che hai litigato a scuola….” disse ancora il padre prendendo il visino della bimba fra le mani per vedere meglio il graffio
“No, non è niente papà” sussurrò la bimba, ma si vedeva che tratteneva a stento le lacrime.
“Non vuoi parlarmene? Tu mi dici sempre tutto…”
“Niente non è successo niente…
“Aida… forza dimmi perché hai litigato con Martin” la rimproverò dolcemente il padre
La bambina trovò finalmente il coraggio
“E’ solo che Martin diceva… diceva… che tu hai tentato di uccidere zio Ben, che la  notizia era su tutti i giornali, che hai tentato di uccidere zio Ben per i suoi soldi…”
Semir impallidì al pensiero di quello che doveva aver provato la bambina. Lo zio Ben era il suo mito, l’uomo ideale, una specie di supereroe con la chitarra.
“E.. e io gli ho detto che non era vero, ma lui continuava  a dire che se era scritto sui giornali era vero, ed io io… così gli ho dato un pugno…”
Semir per un momento sorrise; decisamente la bambina aveva ereditato il carattere sanguigno dalla sua origine turca. Ma subito si rifece serio.
“Aida sai bene che non si deve mai picchiare nessuno…” provò a rimproverarla ancora il padre
“Ma anche lui mi ha graffiato”
“Sì ma le cose non si risolvono mai con la violenza, questo lo sai”
“Ma Martin diceva una bugia grossa, perché ha detto una bugia vero?” chiese esitante la piccina in cerca di rassicurazioni.
“Certo che ha detto una bugia, ma questo non significa che tu potevi picchiarlo…”
Un lampo di gioia passò negli occhi scuri di Aida.
“Lo sapevo… allora zio Ben è giù?” chiese eccitata scendendo dal letto
“No aspetta Aida, zio Ben non è qui…” sussurrò Semir cercando affannosamente di pensare a cosa poteva dire ora alla bambina.
“E dove è?” chiese esitante la piccola
“Aida... zio Ben ha avuto un incidente mentre stavamo lavorando e dovrà stare per un po’ in ospedale” fece calmo il padre  cercando di trovare un accettabile compromesso fra la dura verità e le esigenze di protezione della bambina.
Aida rimase pensierosa a guardare il padre in cerca di rassicurazione.
“Ma non sei stato tu vero?” chiese poi esitante
“Ma no, bambina, certo che no!!” Semir si augurò disperatamente che almeno la piccola credesse alle sue parole, visto che neppure lui ci credeva fino in fondo.
Alla fine la fiducia che Aida provava verso il padre prevalse.
“Ok… e quando andiamo a trovare zio Ben in ospedale?” chiese fiduciosa mentre saliva sulle ginocchia del padre
“Appena possibile, per ora deve riposare un po’…” rispose il padre accarezzando la testa della figlia
Andrea che aveva assistito a tutta la scena dalla porta semiaperta entrò anche lei nella stanza.
“Aida forza vieni con me in bagno, dobbiamo disinfettare quel graffio” disse tendendo la mano alla bambina che la  prese subito.
Una volta in bagno Andrea non si trattenne. “Ma gli hai dato proprio un pugno?” chiese cercando di non far trasparire la soddisfazione.
“Sì… sul naso” fece indecisa la piccola temendo un nuovo rimprovero.
Ma la madre si limitò a baciarla sulla fronte, sorridendo di nascosto orgogliosa.
 

 
Kim Kruger entrò in ufficio e stancamente guardò la pila di cartacce che si erano accumulate sulla scrivania.
Ma non ebbe neppure il tempo di sedersi che, senza bussare entrarono in ufficio Susanne, Jenni e Dieter
“Commissario come sta Ben?” chiese subito Susanne
“Non bene Susanne, purtroppo non bene. E’ in coma e almeno per ora non risponde ad alcun stimolo esterno” disse triste la donna
I tre si guardarono sconvolti
“E Semir?” fece con un filo di voce Dieter
“Semir è a casa, l’ho appena accompagnato, resterà lì agli arresti domiciliari”
“Ma come possono anche solo pensare che…” obiettò Dieter
“Purtroppo non si tratta solo di pensare, loro non conoscono come noi Semir. E come sapete hanno degli elementi oggettivi su cui basare l’accusa”
Dalla porta a vetri Kim scorse il Commissario Heiss che entrava in ufficio.
“Ora scusatemi, ma devo parlare con il Commissario Heiss” disse congedando i suoi uomini per far entrare il collega
“Buonasera Commissario” fece Heiss entrando
I due i sedettero alla scrivania
“Mi spiace molto per quello che è successo a Jager” disse contrito Heiss
“Sì, ma io devo ancora capire cosa in realtà è successo…”
“Ma Bohm mi ha detto..”
“Quello che dice Bohm va sempre preso con le molle. E se c’è una cosa su cui potrei scommettere anche la mia testa è che Semir Gerkan non ha cercato di uccidere Jager e  che non è lui la talpa nella banda di Decker”
Heiss la guardò senza espressione. “Beh lei conosce i suoi uomini”
“Certo che li conosco. Ma ci sono anche un sacco di cose in questa storia che proprio non tornano. Ad esempio chi ha avvisato la SEC che Gerkan e Jager erano in quel magazzino vicino Berlino?”
“Lo sa già, è arrivata una telefonata  anonima di una donna che diceva di aver sentito delle urla…”
“Sì ma la cabina pubblica da cui è partita la chiamata è distante almeno  trenta chilometri dal magazzino. E si può sapere perché Semir sarebbe rimasto lì per tutto quel tempo con i vestiti macchiati di sangue e la sbarra ancora in pugno?”
“Non  lo so Commissario, forse l’effetto della cocaina…”
“La concentrazione non era tale da determinare quegli effetti. Piuttosto che a lei risulti Decker  ha mai avuto rapporti con la mafia olandese?”
Heiss la guardò perplesso
“No non mi risulta… perché mi fa questa domanda?”
“Nulla solo una curiosità”
Kim cercò di non farsi scoprire cogliendo uno sguardo ansioso nel suo interlocutore. Una strana sensazione si era impadronita della donna non appena aveva visto la reazione di Heiss alla domanda
Cercò di concludere in fretta la conversazione e appena Heisss fu uscito Kim si attaccò al telefono per chiamare Hartmut

“Hartmut che le risulti è possibile fingere un arresto cardiaco  e per quanto tempo?” chiese senza convenevoli al giovane scienziato
“Che strana domanda Commissario… comunque sì, esistono delle sostanze chimiche che possono indurre un finto arresto cardiaco e ridurre l’attività cardiaca a livelli tali da far credere che il soggetto sia morto. Ma sono sostanze molto pericolose se non adoperate bene, ci vuole un chimico esperto per dosarle” rispose sorpreso  Harty.
“Ok grazie” fece Kim riagganciando.
Poi subito dopo compose un altro numero.
“Salve procuratore, le devo chiedere un grande favore. Ho bisogno di un ordine di riesumazione di un  cadavere”

 
 
“Ora basta papà, devi andare a riposare un po’, non serve a nulla se ti senti male” la voce preoccupata di Julia raggiunse Konrad da lontano, mentre  si era quasi appisolato sulla sedia accanto al letto.
“Io sto bene” mormorò il vecchio stropicciandosi gli occhi e stiracchiandosi.
“Papà, ti prego, almeno vai a mangiare o bere qualcosa… sto un po’ io con Ben”
Alla fine Konrad cedette e lasciò il posto accanto al letto alla figlia.  
Uscì con passo stanco dalla stanza e appena fuori vide il dottor Weiss.
“Buongiorno Sig. Jager, la stavo cercando, dovrei parlarle un attimo” disse il medico guardandolo  da sopra gli occhiali da vista
“Sediamoci un attimo” disse il medico avviandosi verso le poltroncine della sala antistante.
Konrad obbedì automaticamente, senza poter fare a meno di trattenere il respiro; il medico era stato sempre molto sincero con lui in quei giorni sulle condizioni di Ben e  ad ogni colloquio la sua fiducia  era diminuita.
“Sig. Jager abbiamo i risultati dell’ultima risonanza magnetica che abbiamo fatto a Ben…”
Konrad iniziò involontariamente a tremare.
“Purtroppo l’ematoma celebrale non si sta riassorbendo come speravamo…” proseguì il medico con aria seria.
Konrad annuì guardando nel vuoto.
“Sig. Jager lei per caso sa se Ben ha lasciato un testamento biologico? Delle  indicazioni sui suoi desideri in questi casi…”
“Cosa vuole dire?” sussurrò Konrad
Il medico prese un sospiro cercando di spiegare con più calma possibile la situazione. Questa era la parte del suo lavoro che detestava.
“Sig. Jager il fatto che l’ematoma non accenni a ridursi non è purtroppo un buon segno… più la situazione rimane così, più diminuiscono le possibilità che Ben si risvegli. Attualmente le sue funzioni vitali non sono autonome e non risponde a nessuno stimolo esterno. Più resta in queste condizioni più diminuiscono le possibilità che si svegli e se anche dovesse succedere  che non riporti dei serissimi danni celebrali…”
Konrad guardò del tutto spaesato il medico.
“No… non lo so… ma che vuol dire dottore?” chiese in un soffio
“Mi spiace Sig Jager ma dobbiamo iniziare a considerare l’idea che probabilmente Ben non si sveglierà più. Ed in questo caso spetta a lei, se suo figlio non ha lasciato delle indicazioni specifiche, decidere cosa fare”
“Vuole dire che devo decidere se spegnere le macchine?” la voce di Konrad era disperata. Mai avrebbe creduto che nella sua vita poteva dover prendere una decisione del genere.
“Deve decidere cosa vorrebbe Ben, lei è suo padre…”
Konrad si mise la mano sulla bocca cercando di reprimere i singhiozzi.
“Non deve decidere subito Sig. Jager, abbiamo ancora qualche speranza” disse comprensivo il medico mettendogli una mano sulla spalla ed alzandosi.
 

Semir si svegliò per l’ennesima volta urlando e sudato fradicio.
Nella settimana che era passata da quando era tornato a casa aveva fatto lo stesso sogno ogni notte, ed ogni notte la sensazione provata era più spaventosa.
“Di nuovo l’incubo?” chiese Andrea cingendo le spalle del marito da dietro.
“Ho bisogno di un bicchiere d’acqua…” Semir si alzò senza neppure guardare la moglie.
Andrea sospirò triste. Giorno per giorno vedeva il marito scivolare nella depressione e non riusciva a fare nulla per alleviare il suo dolore. Ormai non si curava più neppure della sua persona e girava per la casa con la barba incolta e i vestiti in disordine.

La donna sobbalzò nel sentire  lo squillo del telefono sul comodino.
“Sì certo ho capito… allora ci vediamo oggi pomeriggio alle due. Cercherò di prepararlo, ma non sarà facile. Grazie Commissario” Andrea riattaccò il telefono e rimase per diversi attimi a guardare nel vuoto mentre cercava di regolarizzare il respiro.
“Chi era?” chiese Semir dall’uscio
“Il Commissario Kruger. Ha ottenuto il permesso per farti vedere Ben. Viene a prenderci oggi pomeriggio alle due con Dieter per accompagnarci a Berlino”
“Bene, finalmente” per la prima volta Andrea vide un lampo di vivacità negli occhi del marito
“Sarà meglio che mi faccia una doccia e mi metta in ordine” disse Semir  cercando con energia nei cassetti la biancheria pulita.
“Semir… io dovrei dirti una cosa…” sussurrò Andrea, ma le parole le morirono sulla bocca trasformandosi in un singhiozzo.
 
 “Prendo la giacca e  possiamo andare” disse Semir quasi allegro, accogliendo Kim e Dieter in casa.
I due entrarono in casa guardando Andrea, stupiti dal vedere la reazione di Semir.
“Non glielo hai detto?” sussurrò Dieter mentre Semir saliva le scale per andare in camera da letto
Andrea lo guardò sconsolata, asciugandosi una lacrima “Non ne ho avuto il coraggio… non lo accetterà mai, del resto non riesco ad accettarlo neppure io…”
“Ma…” obiettò la Kruger
“Quando saremo lì forse sarà più facile, se vede come sta male, forse riuscirà a capire meglio…” sussurrò Andrea mentre Semir scendeva le scale.
“Allora andiamo?” chiese ansioso l’ispettore
Kim lo trattenne per un braccio. “Semir le volevo dire che ho appena ottenuto il permesso per riesumare la salma di Sander Kalvus”
“Bene, ma ne parliamo dopo. Ora voglio solo vedere Ben” rispose Semir avviandosi verso l’auto della Kruger.


Per il prossimo capitolo fazzoletti pronti... ambientazione a metà fra ER e Beautiful
Grazie ancora a tutti i lettori e ai recensori
  
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