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Autore: Love Bites    08/03/2014    11 recensioni
«Che ne dici di farlo ingelosire un altro po’?», chiese.
Subito dopo si piegò su di me e iniziò a mordicchiarmi leggermente il collo, provocandomi dei brividi lungo la schiena.
Ma tutto ciò a cui riuscivo a pensare, oltre agli occhi azzurri di Louis puntati proprio su di noi, erano le grandi mani di Harry sul mio corpo.
Ne sentivo il calore attraverso il leggero tessuto in cotone che mi avvolgeva come una seconda pelle.
«Harry – sospirai, con il viso affondato nella sua spalla destra – sei osceno».
Rise. Una risata profonda, roca. Altri brividi si aggiunsero a quelli provocati dai suoi morsi.
«Osceno? Sei tu quella che sta mugolando», ribatté.
«Io non...». 
Mugolo, avrei voluto dire, ma all'ennesimo attacco dei suoi denti mi resi conto che sarebbe stata una bugia.
Serrai le labbra con forza, evitando che un altro gemito le abbandonasse.
«E' colpa tua...», sibilai.
«Vero - confermò soddisfatto - E qualcosa mi dice che Louis non apprezza».
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
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15
. "Yes, I've kissed her"
 

Non ricordo esattamente cosa sia successo nel lungo istante in cui le labbra di Louis rimasero incollate alle mie, ma le sensazioni che ne derivarono rimasero impresse nel mio stomaco per lungo tempo.
Non appena lo sentii staccarsi da me, infatti, la mia mente annebbiata ripiombò nella realtà, immediatamente sopraffatta da una violenta ondata di emozioni di verse.
Incredulità, felicità, commozione e sgomento tormentavano il mio povero cuore, e tra esse, troppo intensa per non essere notata, la voglia di piangere iniziava a farsi soffocante.
Riaprii gli occhi dopo quella che mi sembrò un’eternità e da subito dovetti lottare contro me stessa per non cedere a quel ridicolo bisogno.
Le iridi azzurre di Lou fissavano il mio volto con un’intensità strana. Solo dopo qualche secondo mi resi conto che anche lui doveva essere nella mia stessa situazione.
Feci un paio di passi indietro, appoggiando di nuovo la schiena alla ringhiera grigia surriscaldata dal sole.
«Stai bene?», lo sentii chiedere poco dopo.
Scossi la testa d’istinto, ancora troppo frastornata per parlare.
Una parte di me stava iniziando a negare che quel bacio fosse mai esistito.
Forse mi stavo immaginando tutto. Forse era colpa di quella roba che mi aveva dato la dottoressa Reynolds.
«Dì qualcosa per favore», mi supplicò Lou, con un tono preoccupato.
Ma il silenzio mentale che mi ero autoimposta non mi permise di dargli retta.
Fu allora che, allarmato più del dovuto, Louis agì d’istinto. Con un passo accorciò la distanza tra noi e mi strinse forte contro il suo petto, facendo scorrere le mani sulla mia schiena.
Non riuscii a resistere all’impulso di nascondere il viso nell’incavo del suo collo.
«Perché lo hai fatto?», domandai di getto con le labbra premute contro la sua pelle.
Attraverso di essa sentivo il suo sangue pulsare ritmicamente nelle vene.
«Perché ne avevo bisogno», rispose.
Respirai piano, cercando di calmarmi.
«Non credo che…», iniziai, non appena ebbi recuperato un po’ di lucidità; ma subito la presa su di me si fece più forte.
«Non dirlo – mi ammonì – non dirmi che non può funzionare solo perché sai che ci saranno delle conseguenze».
«Troppe conseguenze, Louis. Ora come ora non sono in grado di affrontarle».
Cercai di spostarmi, ma lui non me lo permise.
«Harry capirà, infondo ha fatto di tutto per spingerti verso di me, no? E per la storia del tetto riusciremo a trovare una soluzione…».
«E con Eleanor? Hai detto che la ami, no? Non puoi…».
«Sì invece. Posso», ribatté lui, con un tono così secco che mi fece sussultare.
«Smettila – dissi, scacciando ogni traccia di fragilità dalla voce - Non devi comportarti così solo perché mi vedi in difficoltà. Me la caverò…».
Questa volta fu Louis a scostarmi da sé.
«Ci siamo allontanati un po’ e guarda cos’è successo. Non puoi farcela senza di me…non sei in grado di badare a te stessa».
Provai un moto di fastidio a quelle parole, tanto che tentai di scrollarmi le sue mani di dosso.
«Non sono una bambina indifesa, Louis. Sono una donna. Ora più che mai. Perché non riesci ad accettarlo?».
Lou rimase interdetto. Lo capii dal modo in cui contrasse la mascella.
Ma se speravo di zittirlo o per lo meno farlo ragionare, mi sbagliavo di grosso.
Passarono circa dieci secondi prima che tornasse all’attacco.
«Senti – esordì, con quel tono esasperato e allo stesso tempo autoritario che ogni tanto gli sentivo usare con le sue sorelle – non ti ho baciata perché mi fai pena o chissà che altro…».
«Ah no?», lo provocai.
Lui mi lanciò un’occhiataccia. «No. E sai una cosa? Lo rifarei ancora, perché mi è piaciuto cazzo. Mi è piaciuto più di quanto sia lecito».
Le mie labbra si schiusero appena. Stavolta ero io quella ad essere stata zittita.
Louis capì di aver fatto centro e, sfruttando la mia momentanea vulnerabilità, fece scivolare le mani sui miei fianchi, proprio come quando mi aveva baciata la prima volta.
Sentii il calore dei suoi palmi bruciare attraverso la stoffa della mia canottiera.
«So che fino a poco tempo fa non lo avrei mai ritenuto possibile, ma… - e mi sorrise dolcemente – mi sono reso conto di tenere a te in un  modo completamente diverso da prima. Voglio provarci, Samantha. Voglio stare con te. Voglio che tu sia felice solo grazie a me».
All’improvviso sentii le lacrime tornare ad offuscarmi la vista.
Era vero? Quello che Luois mi stava dicendo era reale?
«Non prendermi in giro…», biascicai.
«Non lo sto facendo».
«Provi davvero qualcosa per me?».
Louis mi guardò a lungo, sfiorandomi l’anima con il suo sguardo color del mare.
«Sì – disse, con un tono che non ammetteva repliche – provo qualcosa per te. Non so dirti se amore, questo no, ma…».
Lo interruppi prima che potesse completare la frase.
In quel momento, con il cuore che batteva a mille e lo stomaco pieno di farfalle, me ne fregai qualsiasi altra cosa al di fuori di noi due.
Nient’altro aveva importanza ora.
«Non importa – sussurrai, dal momento che avevo la voce troppo incrinata per parlare – Solo…sei sicuro di quello che stai facendo?».
Anche questa volta nessuna esitazione.
«Sicurissimo».
«Bene, perché ho davvero bisogno di baciarti di nuovo».
Louis mi sorrise ancora, se possibile con ancora più dolcezza. Poi si chinò leggermente su di me e per la seconda volta nel giro di pochi minuti mi ritrovai a baciare il mio principe azzurro.
Un principe che avevo aspettato per troppo tempo.
 
Tornammo in albergo a pomeriggio inoltrato, stanchi, ma soprattutto esasperati dalle decine di chiamate di Rebekah.
La cosa peggiore, mentre attraversavamo la hall fianco a fianco, fu affrontare il senso di panico che, all’improvviso, si stava risvegliando dentro di me: cos’avremmo risposto alle domande dei nostri amici? Sarei stata in grado di mantenere il controllo davanti a Zayn e Rebekah? Ma soprattutto, come avrei sostenuto lo sguardo inquisitore di Harry?
Louis parve capire il mio disagio e, come già faceva da buona parte della giornata, cercò di rassicurarmi.
Con molta delicatezza lasciò andare la mia mano, fino a pochi secondi prima stretta alla sua, e la posò alla base della mia schiena, accarezzandomi dolcemente.
«Davvero pensi che andrà tutto bene?», mormorai, dopo aver premuto il pulsante dell’ascensore.
«Lo spero Samantha», rispose, sospirando.
Lo guardai solo per un istante, poi il mio
iPhone strillò nella tasca posteriore dei miei pantaloncini, comunicando l’arrivo di un messaggio.
Mentre scorrevo i miei contatti di whatsapp sentii Louis spingermi dentro l’ascensore che, nel frattempo, era arrivato.
 
Da:
Harry
Hey, vi ho visti dal balcone.
15:26, 28 maggio.

Digitai velocemente una risposta.

A: Harry
Stiamo arrivando, apri.
15:27, 28 maggio.
 
Poi rimisi il telefono al suo posto e alzai la testa verso Louis, che mi stava guardando.
«Ti prego, non fare quella faccia», disse infatti, corrugando le sopracciglia.
«Quale faccia?».
«Come se stessi andando al patibolo».
Deglutii a malapena, giusto in tempo per avvertire l’arresto dell’ascensore e vedere le porte scorrevoli aprirsi. Uscii dall’abitacolo prima di Louis e iniziai a percorrere il tratto di corridoio che ci divideva da Harry.
In quel momento era difficile dire come mi sentissi, ogni passo che facevo mi rimbombava nelle orecchie come in un thriller di quarta categoria.
Una parte di me si chiedeva se non avessi sbagliato tutto. Se non fosse stato meglio mettere una pietra sopra alla mia cotta per Lou e ricominciare da capo con Harry.
Quando la presenza di Tommo a mio fianco tornò a farsi sentire, però, inspirai appena e mi dissi che no, era giusto così.
Louis era ciò che volevo e la gioia che avevo provato nel sentire le sue labbra premere contro le mie non poteva essere un errore.
Avevo solo paura, perché da quel momento in poi avrei avuto molto da perdere.
Scrollai le spalle.
Mancava meno di mezzo metro alla soglia della camera, quando, all’improvviso, la porta si aprì e da essa apparve Harry, che guardò immediatamente nella nostra direzione.
Ci fissammo solo per un istante e bastò.
Qualcosa, nel modo in cui esaminò la mano di Louis ancora appoggiata alla mia schiena, mi suggerì che aveva intuito tutto.
 


Le braccia di Harry mi cullavano dolcemente, come a voler calmare il battito disordinato del mio cuore.
Sapevamo entrambi che Louis si era di proposito chiuso in bagno per lasciarci soli, quindi non era stato necessario farne parola: c’eravamo semplicemente guardati e, subito dopo, lui mi aveva stretta a sé.
«Sono contento per te, Sam. Dico davvero», mormorò contro i miei capelli.
Non volli perdere tempo a decidere se credergli o no.
«Ti ringrazio…per aver parlato con lui, ieri sera», risposi.
«Te lo avevo detto che ti avrei aiutata, no? Non hai idea di quanta soddisfazione mi dia esserci riuscito».
Sorrisi a malapena, per poi allontanarmi leggermente da lui.
Harry abbassò lo sguardo su di me.
«So che in realtà avresti voluto altro per noi due…», iniziai, ma lui scosse la testa.
«Te l’ho già detto, non importa quello che voglio io…non più. Sei tu la priorità adesso. Quello che rende felice te, rende felice anche me».
«Harry…».
Lo vidi sorridermi, sfoderando quelle meravigliose fossette che aveva fin da bambino.
«Stasera festeggiamo con una bella coppa di gelato da mezzo kg!», esclamò.
Rimasi sorpresa dalla sincerità del suo tono, dei suoi gesti.
Sembrava davvero felice.
«Sì, non sarebbe male – acconsentii, ricambiando il sorriso – ma ci voglio tanto cioccolato».
«Tutto il cioccolato del mondo per te, tesoro. Ora però vai di là e prepara la borsa, che appena Lou esce dal bagno raggiungiamo Zayn e Rebekah in piscina».
Ah già, la piscina. Mi ero completamente dimenticata della sua esistenza.
Mi affrettai ad annuire e sciolto il nostro abbraccio mi diressi verso la porta, con in mano la chiave magnetica che Harry mi aveva consegnato precedentemente.
Aveva detto che Zayn gliel’aveva lasciata nel caso io e Lou fossimo tornati prima di loro.
Già, Zayn.
Ripensai alla sua espressione, al modo in  cui, quella mattina, mi aveva fissata senza riuscire a dire niente. Potevo solo immaginare il disagio nell’aver dovuto passare quasi un’intera giornata al fianco di Rebekah e per giunta con il terrore di avermi messa incinta.
Dovevo assolutamente trovare un modo per parlargli in privato e spiegargli che sarebbe andato tutto bene, che non c’era pericolo.
Che poi, alla fine dei conti, non era nemmeno questo il nostro problema principale. Il problema era capire quale fosse la decisione migliore da prendere: confessare tutto a Bekah e di conseguenza anche a Harry, o far finta di niente e continuare a nascondere la cosa?
Avevo una mezza idea su cosa avrebbe scelto Zayn, ma vista la gravità della situazione non potevo esserne certa. Io per prima sapevo assolutamente cosa fare.
Mentre rimuginavo sui pro e i contro, infilai la chiave magnetica nell’apposita fessura ed entrai nella mia stanza.
La prima cosa che feci fu prendere la borsa che avevo già utilizzato per andare al mare: ci infilai dentro un asciugamano e il portafoglio ed entrai in bagno per darmi un’occhiata allo specchio.
Le mie labbra non erano più tanto gonfie e gli occhi, grazie al collirio che quella mattina avevo più volte utilizzato, erano più o meno liberi dal rossore dovuto al pianto e alla stanchezza.
Non ero certamente in forma, ma neppure conciata male quanto pensassi.
Preso un respiro profondo, mi ravvivai i capelli con le mani e tornai in corridoio a prendere la borsa.
Poco dopo, stretta in ascensore tra Harry e Louis, stavo tornando al piano terra.
Chissà se si erano parlati mentre io ero nella mia stanza.
Cercai conferma nei loro sguardi, che, tuttavia, trovai entrambi concentrati su punti indistinti nel vuoto.
Sospirai impercettibilmente, per poi cercare di nascosto la mano di Lou.
Un secondo dopo le sue dita erano intrecciate alle mie.
 
«Ma buongiorno!», gridò Bex dalla piscina.
La vidi agitare una mano per farsi notare tra le altre persone e io d’istinto ricambiai il saluto, rendendomi conto solo dopo che, dietro di lei, seduto sul bordo della vasca, c’era Zayn.
Uno Zayn che mi stava fissando con uno sguardo indecifrabile.
Il mio stomaco fu colto da fastidioso crampo.
«Si può sapere dove siete stati?», domandò Rebekah, costringendomi a riportare l’attenzione su di lei.
Alzai le spalle, mentre lei usciva dall’acqua.
«Noi…».
«L’ho portata a fare un giro sul lungomare e ci siamo bevuti un frappè», intervenne Louis, comparendo alle mie spalle.
L’avevo lasciato poco più indietro, ad aiutare Harry a prendere una sdraio.
La bionda gli sorrise in modo malizioso, poi, strizzandosi i capelli, si rivolse nuovamente a me.
«Non hai niente da dirmi?», chiese, risoluta.
Mi sarei presa un colpo, se me ne avesse dato il tempo: «E’ inutile che mi guardi così, tanto lo so che vi siete baciati!». E in men che non si dica era tornata a guardare Louis.
Lui, dopo qualche secondo di esitazione, mi lanciò un’occhiata e decise di dargliela vinta.
«Sì, l’ho baciata. Ora puoi fanghirlare in santa pace, Bex», rispose, con il suo solito tono ironico.
Era assurdo come riuscisse a comportarsi in modo completamente normale con lei, nonostante fosse a conoscenza di tutto il casino successo con Zayn. Lou era un grande attore, su questo non c’erano dubbi.
Un attore molto più bravo di me, dato il velo di sudore che mi imperlava la fronte.
«Ah! Te lo avevo detto, te lo avevo detto! Alla fine questo coglione ha ceduto al tuo fascino!», esclamò la mia amica, sporgendosi verso di me per abbracciarmi.
Riuscii a respingerla giusto in tempo per evitare che i miei vestiti venissero inzuppati.
«Sta buona, per piacere», mormorai, facendo un passo indietro.
Lei mi fece la linguaccia, poi si girò e fece segno a Zayn di raggiungerci.
Con la coda dell’occhio vidi la testa di Lou scattare nella sua direzione e seppi, in qualche modo, che lo aveva appena fulminato con lo sguardo.
Zayn scrollò le spalle e stirò le labbra in un sorriso che solo io, comprendendo il suo stato d’animo, riconobbi come forzato.
«Preferisco stare qui», mimò con le labbra e i gesti.
Non ero sicura se avesse capito ciò che era successo tra me e Louis, ma di certo non era questo il motivo per cui non aveva voluto  avvicinarsi: si sarebbe sentito troppo disagio nel stare al mio fianco in presenza di Rebekah.
Non potevo biasimarlo.
«Che sfaticato, Dio mio! Stamattina è insopportabile», borbottò lei, sospirando.
«Sarà in crisi d’astinenza. Non gliela stai dando abbastanza ultimamente?».
Io e Louis ci voltammo contemporaneamente.
Harry se ne stava in piedi a pochi passi da noi, con un lettino sotto braccio e la maglietta nera appoggiata su una spalla.
Lo squadrai velocemente, notando che la pelle del torace era già lievemente abbronzata.
Probabilmente quella mattina aveva preso il sole.
«Ma sta zitto», mormorò Louis tra sé.
«Parla quello che non scopa da capodanno», ribatté subito dopo Rebekah, strappando un sorriso al riccio.
«Touché!», esclamò infatti Harry.
Poi fu un attimo: il tempo di mollare la sdraio per terra, e i due piombarono insieme nella piscina affollata.
 

Pov Louis
 

Avevo guardato Sam dormire sul suo lettino per diversi minuti.
Le avevo sistemato l’ombrellone in modo che il sole non potesse scottarla, poi mi ero seduto accanto a lei, ad ascoltare un po’ di musica con il telefono.
Ancora non riuscivo bene a metabolizzare quello che era accaduto quella mattina in riva al mare, ma non me ne pentivo affatto.
Baciarla era stato strano, ma allo stesso tempo terribilmente piacevole: nel momento in cui le sue labbra avevano toccato le mie, con quell’imbarazzo che era tipico di Samantha, qualcosa in me era finalmente andato al suo posto.
Mentre la baciavo non avevo pensato a Eleanor, a come la stessi tradendo senza alcun minimo di rimorso, ma anzi, mi ero completamente lasciato andare, dimenticando qualsiasi tipo di preoccupazione.
E il benessere che avevo provato dopo, quando mi aveva guardato con gli occhi lucidi per l’emozione, era stato indescrivibile.
Con quel gesto l’avevo resa felice, l’avevo fatta stare bene nonostante i mille problemi che le gravavano addosso.
Harry questo l’aveva capito semplicemente con un’occhiata.
Non aveva chiesto nulla, non mi aveva detto nulla. Solo un “Stai facendo la cosa giusta, Lou” accompagnato da un sorriso sincero con tanto di fossette.
Ero consapevole che in realtà una parte di lui non fosse per niente d’accordo con quell’affermazione, ma proprio per questo avevo apprezzato ancor di più il suo gesto.
Harry era cresciuto e maturato tanto dalla prima volta che lo avevo incontrato e lo aveva fatto nel modo migliore.
Non  avrei mai saputo come ringraziarlo per essere rimasto vicino a Sam quando io non ne ero stato in grado. Era anche merito suo e, in un certo senso, anche di tutta la questione con Zayn, se finalmente mi ero deciso a prendere una decisione.
Una decisione che se ne stava lì, a dormire tranquillamente a pochi centimetri da me.
Le lanciai l’ennesima occhiata, sorridendo dentro di me.
Non vedevo l’ora di baciarla di nuovo.
«Louis?».
Mi voltai, trovando Malik in piedi vicino a me.
«Hey…», risposi, cercando di mantenere un tono normale.
Lui esitò un attimo, poi, chinatosi leggermente verso di me, mormorò un: «Come sta?».
«Sta bene, Zayn. Se voi sapere altro poi parlarne direttamente con lei quando si sveglierà».
«Mi dispiace per quello che è successo, sono stato un coglione e…».
«Non voglio parlarne, adesso. Solo…vedete di risolvere le cose tra di voi, okay? E cercate di trovare un modo per…sai, la tua ragazza», dissi, indicando con un cenno Rebekah, che stava seduta sul bordo della piscina a schizzare Harry con i piedi.
«Mi ha detto che hai baciato Sam», rispose lui, senza dare conto alle mie parole.
«Sì, l’ho fatto. Ne aveva bisogno e io avevo bisogno di lei».
«Quindi adesso state insieme?».
Finsi di pensarci un attimo, per poi annuire. «Sì, ma adesso basta, Zayn».
«Lo stai facendo perché tieni davvero a lei o solo per alleviare le sue pene?».
La conversazione prese all’improvviso una piega diversa. Inclinai la testa di lato, indeciso se alzarmi o no.
«Che problemi hai?».
«Nessuno – si affrettò a rispondere lui – sono solo confuso. Credevo che tu stessi con Eleanor e che non volessi lasciarla…».
Ah, ora capivo. Zayn mi stava rinfacciando le occhiatacce di quella mattina. Sapeva che ce l’avevo con lui per quello che, con la sua stupidità, aveva fatto sia a Sam che ha Rebekah e voleva farmi notare che, se lui aveva tradito la sua ragazza, io non ero da meno.
«Lascerò El stasera – risposi con stizza – ora torna dagli altri, per favore».
«Me lo auguro», lo sentii rispondere, una volta che si fu voltato.
«Cosa stai insinuando?».
«Sei sempre stato un codardo, Louis. Non dimenticarlo».
Poi se ne andò, senza darmi il tempo di chiedergli cosa intendeva.



*Spazio autrice*

Okay, non so cosa dire, se non che mi dispiace.
Il capitolo fa pena, me ne rendo conto, e so che molte di voi non lo leggeranno neanche,
ma ci tenevo a ringraziare tutte coloro che mi sono rimaste vicine quando ho postato l'avviso e che, nonostante tutto, continueranno a farlo anche ora.
Non so dirvi quando pubblicherò il prossimo aggiornamento perché francamente devo ancora iniziare a scriverlo, ma spero presto.
Se ci siete, se vi ricordate ancora di questa storia, vi prego, fatevi sentire. Ho bisogno delle vostre recensioni, ho bisogno di consigli e critiche, perché francamente mi sembra di non essere più capace a scrivere.
Un abbraccio,
Alice.
   
 
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