Era stato un caso. Un puro,
semplice, stupido caso…
«… shall
I say, would it be a sin?...»
« …if I
can’t help falling in love with you…»
Era stata di Terry l’idea
di fare “l’ultimo campeggio
notturno della stagione! Dai, che poi per un pezzo col freddo che
verrà non se
ne parla!”.
«like a
river flows surely to the sea, darling so it goes, some things are
meant to
be…»
E
così avevano fatto.
Tutti I ragazzi della combriccola più Meat, Trixie e Chichi
erano partiti alla
volta del bosco vicino alla città, con tende, sacchi a pelo,
provviste…per un
bel pezzo l’unica cosa andata “storta”
era stato il fatto che Kid si fosse
rifiutato di mettere su tutto il baraccamento vicino al lago, col
terrore che a
qualcuno prendesse l’idea di costringerlo a farsi un bagno
bello freddo, ma
quanto al resto era andato tutto bene. Avevano mangiato, bevuto, messo
su
qualche rissa, fatto cavolate varie fino a che verso le una di notte -e
solo
perché costretti da Meat- avevano deciso di infilarsi in
tende e sacchi a pelo
e dormire.
«… take
my hand…»
« take
my whole life too…»
« For I
can’t help falling in love with you…»
E poi, verso le una e mezza, avevano
sentito la chitarra e
le voci.
«like a
river flows surely to the sea, darling so it goes, some things are
meant to
be…»
Il lago non era troppo distante da
dove stavano loro, e
nessuno aveva sonno. La decisione di andare a curiosare “si
era presa da sola”,
diciamo così.
«… take
my hand…»
Con vari bisbigli
nell’andare si erano tutti chiesti “chi
sarà,
chi non sarà”…la voce femminile in
verità era parsa loro familiare, non aveva
certo chissà quale estensione vocale ma non era affatto un
brutto timbro, e le
note fino a quel momento le aveva azzeccate tutte.
« take
my whole life too…»
Stesso dicasi per la voce maschile,
che non era Elvis ma non
era nemmeno poi così male.
E così, nascosti meglio
che potevano, erano arrivati sul
posto.
Solo che quel che avevano visto li
aveva lasciati di stucco.
« For I
can’t help… falling…in
love…with…»
Breve pausa di totale e completo
silenzio.
«you».
E poi era scattata la tragedia
perché, agli occhi dei
ragazzi della Lega, quello tra Emerald e Connors
non era stato un
bacio esattamente casto.
Era stato Checkmate, che pur essendo
allibito come tutti gli
altri era riuscito a mantenere un minimo di controllo, a convincerli a
gesti ad
andare via e tornare al campo.
Meat era stato il secondo a
riscuotersi, e gli aveva dato
una mano a portare via tutti i ragazzi.
Il viaggio era stato fatto in totale
silenzio, ma arrivati a
destinazione…
«ma…allora.
Prima cosa, Hammy dovrebbe essere sul pianeta
Ercole» aveva detto molto piano Jeager
«…ma siamo sicuri che fosse lei e non
una che le somigliava?»
«no, no…lei era
lei, ma più di
tutto…cioè…» anche Dik Dik
era ancora esterrefatto «lei sta con Kevin Mask. Quindi…che
ci fa qui in
piena notte con quel tizio e, soprattutto, perché diavolo si
stanno baciando?!»
Giusta domanda, Dik Dik.
Come si era arrivati a quel
punto…?
:: tre giorni prima
::
Erano passati dodici giorni da quando
Kevin Mask aveva
ricevuto dal padre sia l’offerta di riavere
l’eredità che la notizia della
profanazione della tomba di sua madre Alisa.
Ma lui non aveva smesso di pensare un
solo secondo a questa
due cose, aggiunte al fatto che Emerald non lo aveva ancora richiamato.
Dodici giorni, dannazione.
E lui di cose da dirle ne aveva
diverse, poi. Prima di
tutto, doveva assolutamente sapere se era vero che Howard
c’entrava qualcosa
con quella sporca faccenda al cimitero e, se si, perché
diavolo l’aveva fatto.
Poi, tra le altre cose da fare
assolutamente, doveva dirle
che doveva far ritirare le truppe immediatamente. E
non avrebbe
ascoltato scuse. La pressione si stava facendo sentire troppo, sia su
di lui
che su Warsman. Già, non era tanto una questione di forza
-nonostante i soldati
fossero molto ben addestrati e molto ben
armati- quei soldati
rappresentavano, piuttosto, la brutale crudeltà psicologica
per la quale Howard
si era sempre distinto. Evidentemente sapeva, o quantomeno immaginava,
che con
tutto quel che era successo mesi prima i due chojiin non avrebbero
avuto altra
reazione se non quella di sentirsi costantemente sotto tiro.
Warsman da quegli uomini era stato
preso, torturato,
cacciato. Kevin Mask, quando aveva avuto a che fare con loro, si era
visto
portare via tutto.
E nessuno dei due voleva che tali
cose si ripetessero.
Dire che avrebbero dovuto tirare
fuori le palle era facile,
ma tra il dire e il fare in questo caso c’era di mezzo un
oceano.
E per finire lui ed Hammy dovevano
chiarire una volta per
tutte, possibilmente senza litigare, che i loro genitori
dovevano rimanere
FUORI dalla loro relazione, in ogni senso. Kevin
l’offerta di Robin l’aveva
rifiutata. Anche Emerald, allora, avrebbe dovuto dire a papy
di smetterla di mettersi in mezzo.
Erano cose di cui andava discusso e
che andavano sistemate,
perché lì c’era in gioco la loro
relazione, alla quale Kevin -si sa- teneva
moltissimo. Vederla tornare mesi prima e poterla stringere finalmente
tra le
braccia, le primissime settimane insieme, quello era stato un periodo
assolutamente da sogno. Era lui, era lei, erano loro,
ed erano
bellissimi insieme. E lui rivoleva quel periodo lì, quei
“loro”.
Qualcuno forse avrebbe dovuto
spiegare al ragazzo che una
relazione amorosa non poteva essere sempre rose e fiori, e che
soprattutto
iniziando una convivenza era normale che le prime settimane insieme
fossero
“uh, ah, wow” e poi, man mano che anche i difetti
più nascosti venivano a
galla, qualcosina iniziasse a scricchiolare. Nulla di irrisolvibile se
c’era la
volontà di farlo da entrambe le parti, ma non poteva
pretendere un amore
fiabesco modello “vissero per sempre felici e
contenti”; soprattutto in un
contesto come quello in cui si trovavano.
«stanotte a dormire qualche
ora ci sei riuscito».
Lui e Flash ormai andavano avanti
più che altro a tazze
immense di caffè.
«è
perché riflettendoci su ho capito che non posso
permettere che la presenza di quella gente mi condizioni troppo. Hanno
tanta
voglia di stare qui a vigilare? Che stiano pure!...non mi piace, ma una
sorveglianza
armata non è la cosa peggiore che mi sia successa. E fino ad
ora non è successo
assolutamente niente di strano» disse secco il russo bevendo
il suo caffè «quindi
si, ci ho dormito su».
Era lui quello psicologicamente
più colpito, ed era sempre
lui il primo che stava cercando di assimilare la cosa. Una faccenda che
aveva
un che di incredibile.
«quindi ti sta bene che
quelli stiano qui, adesso?!»
«ovvio che no! Ma se tanto
l’idea di rompere loro il collo
uno per uno è fuori discussione visto che se anche dovessimo
riuscirci il
simpatico Howie» istintivamente sollevarono entrambi la testa
e si guardarono
attorno come accadeva ogni volta che lo chiamavano in quel modo o ne
parlavano
male «ne manderebbe qui il triplo, a questo punto
l’unico modo in cui possiamo
reagire è restare indifferenti. Come se
non ci fossero. Come se non ci
importasse. Per quanto se nel frattempo riuscissimo a far capire ad
Emerald
quel che deve capire sarebbe una cosa buona ed elimineremmo il problema
per
davvero».
«se, se, se!
A me non piacciono i “se”! Io voglio fatti!»
«senti lo so che
è dura, ma devi portare pazienza, perché
adesso come adesso non possiamo fare altro!»
guardò il telefono «specialmente
se lei non richiama».
«beh non me ne frega
più niente delle regole, se lei entro
oggi non mi chiama io prendo vado lassù alla Scuola di
Ercole e faccio un
macello assurdo finché non mi ci fanno parlare!»
sbottò Kevin, arrivato al
punto di rottura «venti giorni con quello di
là dalla strada, e che per
di più ascolta Eminem a palla, sono già
troppi!»
E ciò che Kevin non
subodorava neppure era che l’americano
non metteva a palla “Without Me” almeno una volta
al giorno solo perché gli
piaceva. No. Lo faceva anche perché “tante volte
la bestia pur avendola sentita
per due settimane di fila se la fosse
dimenticata”…che dire, Connors qualche cosa
dal suo capo l’aveva imparata.
«lascia perdere la
musica!» ribatté Warsman, in tono ancor
più secco di prima «quella è il
meno».
«o in alternativa invece
che andare alla Scuola di Ercole da
Emerald vado direttamente dalla fonte di tutti i guai a Londra!!! Gli
entro
nella tenuta di soppiatto, lo cerco e-»
«pessima idea.
Sia il solo volerlo incontrare che
andare a cercarlo per la tenuta visto che c’è quel
maledetto cavallo pazzo
che-»
«…che
c’è lì?»
«… un cavallo
che al garrese è alto trenta centimetri più di
te. E che quando si trova davanti qualcuno che non conosce lo
assalta e
lo insegue per tutta la tenuta con l’intento di farlo fuori
arrivando a cercare
di buttare giù gli alberi se un povero cristo tenta di
rifugiarsi lassù!...»
Kevin gli diede una lunga occhiata.
Lunghissima.
Decisamente troppo lunga.
«ora che mi ricordo Emerald
aveva accennato qualcosa a
riguardo, quando siamo andati a casa sua. In particolare che questo
cavallo ce
l’hanno da nemmeno dieci anni, quando tu non
frequentavi più casa
Lancaster».
Ops. Aveva parlato troppo.
«infatti te lo dico
perché lei me ne ha parlato così».
«ah si?...eppure da come ne
parlavi sembrava quasi che tu
avessi vissuto direttamente l’esperienza».
Oh no, decisamente quello non era il
momento adatto per
entrare in quel discorso…non che di momenti adatti ce ne
fosse uno!
«sono un oratore non
c’è male, che vuoi farci…»
Kevin però continuava a
guardarlo fisso.
«sei stato a casa sua,
vero?» disse piano l’inglese «altro
che racconti».
«Kevin, ma
perché avrei-»
«io lì per
lì quando siete tornati, e caso strano tutti e
due lo stesso giorno, non mi sono messo a
riflettere. Ma appena ho
cominciato a farlo non c’è voluto molto per
rendermi conto che qualcosa non
andava» disse «avete sempre avuto un rapporto
estremamente strano, voi due, e
questo lo so già da quando c’era il Torneo.
Ammettilo» mise giù la tazza di
caffè «in quei cinque mesi e mezzo tu ed Emerald
vi siete visti eccome, e
dev’essere stato nel brevissimo periodo in cui lei aveva
fatto ritorno a
Londra!»
“io l’avevo detto
che è meglio che Kevin non sforzi troppo
il suo bel cervellino perché altrimenti sarebbero stati
guai! E adesso devo
trovare qualcosa per…non posso dirgli che gli ultimi due
mesi e mezzo non siamo
tornati perché eravamo in giro per il mondo!”
pensò.
«…si.
Vero».
A quella conferma il ragazzo non
parlò, come aspettando che
continuasse.
«ma non
c’è sotto chissà cosa. E che lei era
tornata sono
venuto a saperlo per puro caso, visto che ero andato da tuo padre. Ero
lì, mi è
giunta voce del suo ritorno e sono andato. Dovevo parlarle. Cerca di
capire,
lei…insomma, c’eri quando ha preso quel proiettile
che avrebbe dovuto toccare a
me. Volevo almeno vedere in che condizioni era, e così ho
fatto» ammise «poi
però lei come sai è ripartita, perché
ci sono state quelle complicazioni di cui
ci ha parlato. Ed anche io dopo quel giorno ho avuto diversi problemi.
Che
siamo tornati da te insieme però è stata una
semplice coincidenza».
«tanti periodi complicati,
va bene. Solo un paio di cose:
perché sei andato da mio padre invece che tornare
qui?» la voce del ragazzo era
fredda come il ghiaccio «e poi, perché diavolo non
mi hai fatto almeno uno
straccio di telefonata dicendomi che stavi bene?! almeno in quel breve
periodo
“meno complicato” avresti potuto farlo!»
sbottò «e lei idem!...ma questo ad
Emerald l’avevo già detto, quando mi ha confermato
che era tornata a Londra».
«non so cosa dirti se non
che ho sbagliato e che mi
dispiace. Come ho sbagliato a nasconderti di averla vista» lo
guardò «ho
creduto che non avresti capito perché ero andato a cercarla,
pensando che ci
fosse sotto chissà cosa».
«guarda che non sono
così imbecille da non capire se mi si
dice “sono andato a cercarla perché lei mi ha
salvato la vita e volevo vedere
se stava meglio”! Un motivo più valido di quello
non esiste!...e invece
nascondendomelo dei dubbi me l’hai fatti venire eccome, e
decisamente non è il
momento!» si prese la testa tra le mani «proprio
no».
E dunque quello era decisamente anche
il momento peggiore
perché il telefono, con Emerald all’altro capo del
filo, squillasse.
«si, chi
è?» sbuffò Kevin seccato.
–
…ultimamente ogni
volta che chiamo ti trovo con le palle girate…
Breve attimo di sollievo per Kevin
Mask, nel sentire la voce
della sua ragazza dopo tredici giorni. Gli era mancata tantissimo, gli
era
mancato sentire la sua voce…
«ne ho tutti i
motivi!»
Peccato che invece che dirle quello,
tutta quella pressione
psicologica lo stesse portando a protestare, polemizzare, sbottare e
criticare
fin da subito senza lasciarle dire praticamente niente.
– hai
tutto il diritto
di incavolarti quanto ti pare per quel che ti pare e me ne puoi parlare
tranquillamente, ma se quel che speri è che io ti lasci
sfogare le tue
frustrazioni su di me in uno dei pochi momenti in cui possiamo sentirci
TE LO
PUOI SCORDARE. Chiaro?
E quello decisamente non aiutava, in
un rapporto. Perché per
quanto Kevin avesse parecchi motivi per essere arrabbiato,
c’era modo e modo di
affrontare l’argomento. E argomenti come quelli poi dovevano
essere discussi
con calma.
Solo che…non era cosa!
«Emerald io te
l’ho già detto e lo ripeto: questa storia dei
genitori che si mettono in mezzo deve finire. Io voglio vivere la mia
storia
con te in santa pace senza che nessuno mi stia col fiato sul collo, e
mi sembra
il minimo».
– col
fiato sul collo
non ti ci sta nessuno!
«oh si invece, sia tuo
padre che il mio! Solo che tu non
riesci a capirlo. Emerald, dodici giorni fa ha chiamato mio padre, e lo
sai cos’è
che ha detto?! Ha detto che tuo padre
ha profanato la tomba di mia madre!!!»
Brevissimo attimo di silenzio
dall’altra parte, imputabile
-per quanto ne sapeva Kevin- anche solo alla sorpresa.
– …ma
che cavolo si
era fumato?
…ok, bisogna ammettere che
anche Hammy in quel caso avrebbe
potuto essere più delicata. Specialmente sapendo che era
vero.
«non parlarne in quel modo,
va bene?! il fatto è che
effettivamente la tomba è stata profanata, e mio padre
secondo te che doveva
pensare? Parlando francamente, a poter fare una cosa del genere
è chiaro che
secondo lui può essere stata una persona sola!...e
io…sono convinto….che ci
abbia azzeccato» disse, abbassando pian piano il tono
«ma io non capisco
perché».
– …io…di
questa
faccenda non so nulla. Ma non credo che c’entri. Anche se
comunque…Kevin…quando
tornerò dovremo parlare parecchio.
«questo è
sicuro» fece un sospiro «io a te tengo moltissimo,
ma anche solo avere qui quelle truppe mi sta mandando fuori di testa,
come
tutto il resto, e adesso ci si è messo in mezzo pure mio
padre…»
– che
ha fatto adesso?
Ha tirato fuori un altro patto da sotto il cuscino?
«fai poco la spiritosa! Io
non so se riesco ad andare avanti
in queste condizioni, guardaci anche adesso, ogni volta che ci sentiamo
finiamo
a litigar, e se penso alla tomba, e al fatto che mio padre mi ha detto
che se
ti lasciassi mi restituirebbe l’eredità io davvero
non so come potrò riuscire a
continuare. E oltretutto c’è il fatto che tu non
riesci ad uscire davvero dal
nido, con papy che pensa sempre a
tutto!»
– non
riesci ad andare
avanti tu? Beh nemmeno per me è esattamente facile avere a
che fare con un
immaturo iperpossessivo che come vede un ragazzo avvicinarsi a me fa
scenate da
psicopatico!!!
« un che
cosa?!! Mi
hai appena dato dell’immaturo iperpossessivo?! Beh se
permetti ho tutte le
ragioni di fare scenate coi tuoi “Mikey qui e Mikey
là e Jeager qui e Jeager là
e Terry qui e Terry lì”, e se io sono un immaturo
iperpossessivo allora tu sei
una…una sciocca ragazzina viziata!»
Ed era inutile che Warsman cercasse
di fargli intendere a
gesti che stava facendo una gran cazzata, perché se voleva
che tra loro due
tornasse ad andare tutto bene e tutto il resto decisamente non era
quello il
modo.
– sarò
una ragazzina
sciocca e viziata ma perlomeno non sono più ignorante di una
capra come sei
tu!!!
E quanto ad Hammy
com’è fatta si sa: restituisce il doppio
di quel che riceve. Sei gentile, lei è molto gentile. Non
sei gentile…e lei è
doppiamente non-gentile.
«ooh, scusami tanto se non
sono in grado di fare commenti in
latino! In compenso io posso vivere tranquillamente senza dover rendere
conto a
mio padre di tutto quello che faccio e dipendere dai soldi che mi mette
in
saccoccia!»
– NON
gli rendo conto
di TUTTO quello che faccio o mi succede, credimi, perché se
lo facessi
probabilmente tu adesso non avresti più un padre da cui
poter dipendere se mai
lo volessi.
Ohi.
«già, giusto,
visto che tuo padre è un pazzo criminale lo
farebbe ammazzare!»
– criminale
il mio?!
Il tuo tra poco mi stupra!
Ecco, era riuscita a farlo allibire
il giusto.
«come…? No,
impossibile!»
– chiedilo
a Ramenman,
quando lo rivedi.
«…non
è che a farlo ce l’hai portato tu?»
“ehm si, questo
è molto probabile conoscendola, ma nella
situazione in cui ci troviamo ora non era bene che le dicessi una cosa
del
genere razza di sciocco!” pensò Flash.
– fammi
capire, ti
dico che tuo padre ha fatto una cosa del genere e tu te ne esci un
questo?!...le ragazze non si violentano in nessunissimo caso! E poi
quella che
difende sempre papy sarei io?!
Per l’appunto.
«anche ponendo che quel che
dici di mio padre sia vero il tuo
resta sempre un pazzo criminale mezzo terrorista che ha quasi fatto
un’esecuzione pubblica!!!»
Ma no, veramente?
– MIO
padre però al
contrario del TUO non mi ha detto per vent’anni che mia m-
– la sentirono
interrompersi – ….seh,
non è che
semplicemente stai facendo tutte queste scene perché vuoi
piantarmi in un
patetico tentativo di riallacciare le relazioni con quel bel tomo di
tuo padre
e riottenere l’eredità?
Classico esempio di complete
imbecillate dette nei momenti
di rabbia. Imbecillate che però, in quel caso, portavano ad
immensi casini.
«l’ho
mandato al
diavolo quando mi ha fatto quell’offerta!!! Ma che
razza di persona credi
che io sia?!! Tu non hai capito assolutamente niente di me, se te ne
esci con
una cosa del genere!»
– io
non lo so più che
persona sei, mi ero messa con un ragazzo con cui stavo a meraviglia e
adesso mi
ritrovo uno che ne dice di tutti i colori sia di mio padre che di me,
con cui
non faccio altro che litigare ogni volta che ci sentiamo e con cui non
riesco
più a parlare perché ogni volta che ci provo
vengo attaccata e tartassata su
tutti i fronti. Io tra tre giorni volevo fuggire ancora e venire da te,
proprio
per vederti, per parlare viso a viso e cercare di fare qualcosa, ma a
questo
punto non so nemmeno se ne vale la pena perché non sei il
solo che si è rotto i
coglioni. Ciao.
«Emerald!
Non-…ha…riattaccato».
Rimase lì per almeno un
minuto a fissare il telefono come un
cretino.
Ma che cavolo aveva fatto?!
Si era lasciato prendere dalla
rabbia, il nervosismo, e
tutto quel che aveva accumulato l’aveva buttato fuori in una
volta. Con le
stesse conseguenze di un’esplosione devastante, almeno per il
loro rapporto.
«sinceramente tra te e lei
non so chi è peggio» commentò
Warsman «e di immaturi con padri che compiono azioni
discutibili -con tutto il
rispetto per il mio vecchio maestro- per come la penso io, ce ne sono
due»
sollevò due dita «tanto lei…quanto
te».
«si, e a te chi diavolo ha
chiesto niente?! sempre a sputare
sentenze, come se fossi l’oracolo in Terra quando invece sei
solo…»
«solo cosa?
Un
mostro? Una bestia, magari?»
Va bene, in quelle occasioni Kevin
Mask si ricordava che per
quanto riguardava l’utilizzo di un tono di voce completamente
gelido e
sarcastico aveva ancora molto da imparare.
«no. No, assolutamente.
Non…» fece un sospiro nervoso
«scusa».
Stavolta fu il russo a guardarlo a
lungo.
«te la faccio passare solo
perché al momento non riesci a
ragionare come si deve a causa di tutto lo stress a cui sei
sottoposto».
Per fortuna. Perdere anche Warsman
avrebbe significato
rimanere solo.
Si beh…è vero
che Miss Mary era sempre lì, anche se da
quando Hammy e Flash erano tornati non la vedeva quasi mai. Magari
avrebbe
dovuto farci un salto, prima o poi. Ad ogni modo…
«secondo te che voleva dire
quello che ha detto Emerald?»
«riguardo a cosa?»
«l’ultima tirata
prima di riattaccare. Nel senso…pensi che
io e lei stiamo ancora insieme o secondo te mi ha piantato?»
Ecco, prima diceva e faceva le cose,
e poi rifletteva. Kevin, razza di
testa calda.
E lei idem, eh.
«beh…io non sono
l’oracolo in Terra, no?»
«ah, ma andiamo! Voglio
solo un’opinione!...e non perché se
mi avesse piantato potrei riavere l’eredità, di
quella non mi importa un
accidenti, io è lei che
voglio!»
Warsman avrebbe voluto che Kevin
avesse un padre più “padre”
invece che una specie di “padre padrone”,
così almeno avrebbe potuto chiedere a
lui cosa fare e cosa non fare. E
invece era suo il compito di sostenere Kevin in qualcosa
che…no, normalmente
non gli sarebbe pesato nemmeno un po’, ma sentiva nella testa
una vocina
piccola piccola che gli bisbigliava che forse -e dico forse- se Kevin
ed Hammy
si fossero lasciati lei magari sarebbe ripartita un’altra
volta ed anche lui a
quel punto avrebbe potuto trovare una scusa per…
“silenzio, tu, se anche si
lasciassero non potrei mai
abbandonare a sé stesso questo povero ragazzo”.
Eppure la vocina portava con
sé anche delle immagini
lontane, ed un eco di parole più vicine nel tempo, quegli
auguri di compleanno
fatti nel bel mezzo di quella che somigliava quasi ad una
coccola…
«…tu sei quello
che era con Lancaster! che ci fai qui? Sei
venuto a portare altri problemi?!»
Una voce ben conosciuta distolse
Flash dai propri pensieri,
e spinse Kevin ad alzarsi e guardare dalla finestra.
«qui ci vivo, ma qualunque
cosa faccia comunque non ti
riguarda…tsk…vaccaro beota di un
texano».
«come
mi hai chiamato,
razza di yankee?!»
Kevin vide che là fuori
c’era la combriccola al completo,
venuta su quella strada a fare chissà che cosa -ma
presumibilmente a rompere le
scatole a lui- e che adesso se la stava vedendo con
l’americano che guardava
tutti quanti con un’aria tra il seccato e
l’annoiato.
«vac-ca-ro. Lo so, una
parola di tre sillabe è già
complicata da assorbire per un rifiuto bianco del Sud, ma spero che
almeno
“beota” sarai in grado di comprenderlo. Adesso
sparite, sto aspettando una
telefonata importante».
Statunitensi del nord e del sud
“non si stimavano poi così
tanto”, era cosa risaputa.
Ed era cosa risaputa anche che Terry
Kenyon aveva un
temperamento facile all’infiammarsi.
«adesso ti faccio vedere io
chi è il beota qui!» sentenziò
Terry scagliandosi da solo contro l’altro americano, che come
aspettandoselo si
abbassò finendo quasi schiena a terra, e dandosi una bella
spinta con la forza
delle braccia, riuscì a picchiare il texano appena sotto il
mento con un colpo
di tallone degli stivali rinforzati.
Non essendo completamente scemo
Connors sapeva che con quel
tipo di gente o si mirava direttamente a punti deboli come quello o li
si
gambizzava subito con dei colpi di fucile, pistola e
quant’altro.
«Terry…!!!»
Peccato che quella volta avesse fatto
un piccolissimo errore di
valutazione, in
quanto
a) oltre al texano c’erano
anche gli amichetti pronti a
vendicarlo
b) la pistola l’aveva
lasciata in casa!
Si, gli sarebbe bastato fare un
fischio per far arrivare gli
uomini che si era portato dietro, ma percepiva quella faccenda un
po’come una
questione personale…
E fu così che Kevin Mask,
al sicuro in casa propria ad
osservare la battaglia insieme a Warsman, dopo parecchi giorni
riuscì a
sentirsi quasi soddisfatto.
«andrei lì fuori
anche io se non fosse che non ci tengo a
mescolarmi con quel branco di scimmie…»
«ci tengo a farti notare
una cosa…» Flash vide Dik Dik
finire temporaneamente al tappeto «loro sono in gruppo, lui
è uno solo, eppure
gli sta tenendo testa dignitosamente. Con mia immensa soddisfazione
però posso
anche dire che è chiaro che finirà a
perdere!»
Ed in fatti poco dopo fu Michael a
finire al tappeto con un
paio di costole incrinate, com’era prevedibile dato che si
erano messi in
cinque -escludendo Checkmate, Meat e le due ragazze- contro uno.
«adesso non fai
più tanto lo spavaldo, eh yankee?!»
L’altro ebbe la
sfacciataggine di sorridergli nonostante
tutto. «in cinque contro uno è facile, e sei e
sempre resterai un vaccaro beota
che la prima donna che si è scopato è stata la
mucca vicino a casa».
«io
ti-»
Probabilmente fu solo lo squillo del
cellulare a salvarlo
dal finire all’ospedale o dal mettere da parte
l’orgoglio e fare un fischio
agli altri soldati.
«ah, Emerald,
eccoti. Mi stavo preoccupando!»
«cosa,
Hammy…»
Infatti per i ragazzi della Lega,
ancora pronti alla rissa,
sentire il nome della ragazza aveva rappresentato una sorta di calmante
istantaneo. Infatti era proprio per lei che erano venuti su quella
strada, con
l’intento di chiedere notizie a Kevin visto che da ormai
dodici giorni Hammy
non si stava facendo sentire nemmeno con loro.
– come
mai?
«di solito quando dici
“chiamo alla tal ora” sei
precisa…»
le fece notare Connors mentre si rialzava velocemente nonostante un
po’di
dolore al costato e rientrava in casa indietreggiando e facendo ai
ragazzi un
saluto sfrontato.
Chiuse la porta.
«beh…mi sa che
ho capito perché Emerald non chiama più. Nel
senso, se i minuti sono limitati e per parlare con suo padre e Kevin ne
usa già
più della metà, usando il resto per parlare con
questo tizio non ne restano
anche per noi» osservò Jeager,
piuttosto…deluso.
«”vaccaro
beota”…la prossima volta gli faccio ingoiare i
denti» brontolò Terry mentre andavano tutti quanti
via.
«si, la prossima volta
però dovrai cercare di essere di
nuovo insieme a noi considerando come ti ha atterrato» gli
fece notare Dik Dik.
«ehi!
Non so, ne
vuoi un po’anche tu?!»
«MA VOLETE CALMARVI,
MALEDIZIONE?!» urlò Meat «invece di
stare a mettere su risse dovremmo cercare di capire che diavolo ci fa
qui,
perché di sicuro la sua presenza -e proprio nella stessa
strada dove vive Kevin
Mask- non può essere un caso!!!»
«Meat ha ragione. Dovremmo
cercare di scoprire di più, ma a
chi chiedere? Kevin e Warsman con noi non parlano volentieri, Emerald
non
telefona…» disse Chichi.
«magari potremmo cercare di
scoprire qualcosa in un altro
modo. Vi ricordate di quando Roxanne ci raccontava che Kevin era sempre
a
mangiare a casa sua? Tant’è vero che aveva perfino
creduto che stesse dietro a
sua madre?» ricordò loro Trixie, giudicando che
ormai erano abbastanza lontani
da non essere sentiti «magari Miss Mary potrebbe riuscire ad
avvicinarlo e
farsi dire che succede, e da lì verremmo a saperlo anche
noi».
«buona idea!»
«giusto, è
geniale» concordò Wally.
«forse questa è
la via giusta, ottima idea sul serio!»
esclamò Meat.
«…ma quindi
Kevin stava dietro a Miss Mary?» se ne uscì Kid
-che di tutto il discorso non aveva capito un cavolo- con aria
estremamente stupida.
«NOOOOOOO-O!!!»
gli urlarono tutti dandogli una potta in
testa in simultanea.
«…e va bene, ho
capito, non c’è bisogno di essere così
cattivi con me!!!» piagnucolò il kinniku.
«a beh, giustamente appena
litighiamo lei che fa? Chiama
“Mikey”!» da soddisfatto Kevin era
rapidamente passato ad essere schiumante di
rabbia «e a questo punto ho anche capito chi
ha chiamato in questi giorni al posto mio!!! Adesso
è troppo, io vado lì e
quel telefono glielo faccio mangiare!!!»
«bravo, così
darai ad Emerald la conferma che sei proprio un
iperpossessivo che fa scenate da psicopatico».
In preda alla rabbia
l’inglese afferrò la prima cosa che gli
finì tra le mani -un vasetto di coccio- e lo
lanciò contro il muro rompendolo
in mille pezzi, decidendo poi di fuggire di sopra nella propria stanza.
“sempre meglio che
rischiare di finire impallinato” pensò il
russo “e pur essendo vero che è troppo
possessivo
stavolta posso riuscire a capirlo un po’. Litigano
ferocemente al punto che non
si capisce più se stiano insieme o meno e lei nemmeno un
minuto dopo che fa?
Chiama proprio l’americano!”
Ad essere sincero anche lui provava
una specie di
irritazione al pensiero. Più che altro perché, di
tutti, proprio a Michael
Connors doveva chiamare?! Come se non avesse saputo benissimo
cos’era
quell’uomo!
Gli davano del mostro, ma pur essendo
tutt’altro che santo lui non
si sarebbe messo a torturare
qualcuno per puro e semplice divertimento, con tanto di
“Without Me” come
sottofondo.
Eppure ad Emerald, pur sapendo questo
e probabilmente anche
altro, non sembrava importare. Aveva preso anche Connors
così com’era, proprio
come aveva fatto con lui stesso e con suo padre. A volte Flash non
sapeva cosa
pensare a riguardo, se considerarla mentalmente aperta o solo cieca di
fronte
al male. Forse era entrambe le cose, perché dire che fosse
solo cieca di fronte
al male avrebbe significato darle della stupida, e nonostante la
chiamasse
spesso in quel modo lui sapeva che
Emerald non era proprio stupida.
Pure
se a volte ci si comportava. Ma a quale persona non capitava mai?
«più che il
caffè oggi ci voleva la camomilla»
mormorò.
«quindi avete litigato,
eh?»
– lascia
perdere, ho
un diavolo per capello e nemmeno tanta voglia di parlarne. Pensare che
volevo
fuggire di nuovo di qui tra tre giorni…
«perché?»
– per
cercare di
parlare faccia a faccia con lui, ma a questo punto mi ha fatto passare
tutta la
voglia di vederlo. E anche per prendermi una pausa dal suo caro
papà che
ultimamente durante gli addestramenti sembra cercare di ammazzarmi.
Come ieri,
con quel bastone del cavolo. Certo, quando mi sono stufata ho staccato
la base
dal resto con un calcio e il “resto” in questione
l’ho usato per fargli sputare
le p-
«eddai miz,
certe
espressioni lasciale a me…»
– “l’
ho abbattuto
violentemente sui suoi testicoli” adducendo la scusa che
-come prevedeva la
sessione di addestramento- avrei voluto difendermi colpendolo in posti
tipo
l’addome, ma è che a volte sono
ancora
così imbranata…
«tuo padre
l’aveva avvertito che ne avresti fatto carne
trita se ci avesse provato, ma il padre dello stupid
brat è stupido quanto il brat
in questione!...comunque se hai proprio tanta voglia di
staccare un po’
potremmo organizzarci ed andare da qualche parte io e te».
– eh,
giusto, why not? …magari
per l’ultimo campeggio
sotto le stelle della stagione. Tanto se parto a mezzanotte, per
mezzanotte e
mezzo sono lì.
Si accordarono così non
pensando minimamente -nessuno dei
due- che avrebbe potuto succedere qualsiasi cosa di diverso rispetto
all’ultima
volta che si erano visti. Solo che invece di guardare un horror
avrebbero
guardato le stelle.
Immemori -o meglio, anche qui, senza pensare- che era proprio in
un’occasione simile a quella che
a quindici anni Emerald aveva
rivelato all’americano che era persa dietro a lui da quando
di anni ne aveva
sette, nonostante avesse avuto qualche altra storiellina di poco conto.
Non ci pensarono perché
entrambi la ritenevano una faccenda
ormai archiviata, lei ora era fidanzata e Michael continuava a pensare
che un
tipo come lui tutt’altro che pentito del sangue che aveva
sulle mani non fosse
l’ideale, per una ragazza come lei. Al di là dei
tredici anni di differenza tra
loro, dei quali non sarebbe importato a nessuno dei due.
«va bene allora, via, ci
vediamo tra tre giorni a mezzanotte
e mezzo e ce ne andiamo…mh…da quel che so
dovrebbe esserci un bosco ad una
mezz’ora da qui. Quello con lo stagno».
– eh! Ok, che come
posto non è male per niente.
«bene…»
– solo una cosa:
porta le cicche perché col nervoso che
ho addosso io necessito di
una
sigaretta ed ho avuto la brillante idea di non portarmene dietro
nemmeno mezza.
E io che pensavo di essere riuscita a smettere del tutto…
«ma come, Robin Mask non ha
nemmeno un sigaro?»
Breve silenzio dall’altra
parte.
– porco mondo,
hai ragione! …di tutte le volte che sono
stata nella sue stanza non ho mai guardato se aveva uno straccio di
sigaro! E
ma che tonta…
«non farti
beccare…»
– ma lascia
perdere, che ormai è proprio guerra quassù,
da dopo la sua conversazione con papà e soprattutto da
quando ho scritto “spedisca
su Nettuno pure questa adesso” sopra la sua bambola, dopo
averla messa a
cavalcioni su un vecchio manichino da allenamento.
«mffahahahahah a volta
lasciatelo dire sei proprio una gran
bastarda, miz».
E chiacchierarono finché i
minuti che Hammy aveva a
disposizione non finirono.
:: Londra ::
Per quanto Howard fosse un uomo che
aveva sempre un milione
di cose per la testa, non significava che in certi momenti di vita
coniugale
non riuscisse a metterle tutte quante da parte a favore della moglie.
Soprattutto
da dopo quei tre mesi di assenza più o meno ingiustificata
per i quali si
sentiva ancora in colpa esattamente come per quel colpo di pistola alla
persona
sbagliata.
Quello poi, l’avrebbe
perseguitato vita natural durante
anche se adesso era tornato tutto a posto.
Dunque questo lo portava, prima,
durante e anche dopo, a
dedicarsi mente corpo ed anima alla moglie ancor più di
quanto facesse in
precedenza, cosa che Janice aveva sempre ritenuto impossibile e che
invece…
Da venticinque anni Janice,
soprattutto in quelle occasioni,
si era sempre sentita desiderata, amata, protetta, viziata e coccolata.
Era
stato così da quando lui l’aveva presa la sua
prima volta in assoluto durante
la prima notte di nozze, e niente era cambiato. Nemmeno quando era
rimasta
sterile a causa di una pericolosa infezione alle ovaie avuta dopo aver
partorito Hammy. Infezione che lei aveva scioccamente sottovalutato,
non
curandosi come avrebbe dovuto.
Era vero che Howard da quando non
sapevano ancora di che
sesso sarebbe stato il nascituro non aveva fatto che dire -in barba al
tramandare il cognome- “speriamo che sia femmina!”,
venendo tra l’altro
accontentato. Però le era dispiaciuto non potergli dare
altri figli per colpa
della propria imprudenza.
«sei pensierosa?»
«un
po’» ammise lei, passando delicatamente il dito sul
tatuaggio del simbolo cinese della forza che lui aveva sul fianco
destro,
appena sotto l’addome.
«probabilmente non
riuscirò mai a farmi perdonare
completamente da te per quel che è capitato»
sospirò lui accarezzandole i
morbidi capelli biondi «e come darti torto?»
«non ce l’ho con
te» disse piano lei «è soltanto che
io…vorrei sapere dove siete stati per quei tre mesi. Penso
di averne il
diritto. Howie» lo guardò «dovresti
saperlo che non sono completamente idiota».
Lui la strinse di più a
sé. «e infatti lo so. Non sei una
sciocca. Solo che quando sei con le tue amiche perdi un po’
il controllo della
lingua».
«però non mi
metto a parlare di quel che mi racconti dei
tuoi affari in giro per il mondo e la galassia».
Janice era pettegola. Molto
pettegola. Inarrestabile ed imbattibile quando si trattava di
sapere tutto
di tutti in tutti i club e salotti dell’Inghilterra -cosa che
spesso a dir la
verità ad Howard aveva fatto anche comodo- e, si, quando era
con le amiche spesso
e volentieri tendeva a parlare un po'troppo.
Ma doveva anche riconoscerle che quel
poco che le diceva dei
propri affari solitamente non veniva riferito a nessuno.
Se non a sua madre e sua suocera.
Ecco, si, più che altro
erano loro a non essere in grado di
tenere la bocca chiusa nemmeno se gliel’avessero incollata
col mastice.
«…o di questioni
come quel patto».
Emerald tendeva a sottovalutare un
po’sua madre, tanto da
pensare che non fosse a conoscenza nemmeno di quella storia. Ma le cose
non
stavano esattamente così.
«Janice…»
«vorrei che ti fidassi di
me come io di te».
Lungo momento di silenzio, senza
però che le coccole si
interrompessero insieme alle parole.
«come per quel patto. Non
una parola a tua madre o alla mia».
Lei annuì.
«dimmi tutto però. Oltre a quel che è
successo in
quel periodo voglio anche sapere perché Robin Mask
è venuto qui giorni fa; l’ho
sentito dire a Jordan giusto oggi pomeriggio».
«stesso discorso di
sopra».
«giuro su quanto ho di
più caro che non dirò una parola a
nessuno. Ne sono in grado. Faticando, ma ne sono in grado».
Altro breve momento di silenzio.
«eravamo in una delle mie
cliniche negli States. I medici
sono riusciti a
riparare i suoi tessuti danneggiati, ma avevano specificato che non
sarebbero
stati più forti come prima. E poi hanno proposto
l’innesto di…naniti…che invece
avrebbero potenziato tali tessuti. E lei ha scelto di sottoporsi
all’intervento. A suo piacimento Emerald adesso
può rendere la pelle del suo
braccio destro molto più coriacea, e -ti faccio un esempio-
potrebbe sfondare
il muro con due o tre pugni» disse
«l’unica pecca è che avere nei tessuti
quei
naniti la rende più sensibile alle scosse elettriche, ma
tutto sommato non è un
gran problema».
«e c’era bisogno
di tutta questa segretezza?» Janice era un
po’seccata «non è roba da poco ma non
è neppure chissà cosa».
«è tecnologia
considerata illegale, pur essendo
perfettamente sicura».
«ma perché? Se
ha questi effetti ed è davvero sicura
come dici non vedo il problema».
Howard, sapendo che alla moglie non
avrebbe dato fastidio,
si accese un sigaro.
«il problema è
che quei naniti semiorganici potrebbero
mandare in rovina molte case farmaceutiche affiliate alla mia, visto
che oltre
a rinforzare i tessuti “mangiano” le cellule
cancerogene».
«…sono una cura
per il cancro?!...»
«una delle tante. Non
credere che, anche qualche anno fa, i
ricercatori di altre case farmaceutiche non abbiano trovato altre cure.
È solo
che non conviene loro metterle in commercio, tanto che se qualche
notizia
trapela smentiscono subito col dire “si, hanno
detto che il farmaco X fa questo, ma in realtà la
sua assunzione oltre a
non risolvere il problema comporta conseguenze che bla, bla
bla…”. Non sarà
etico e non dico che mi piaccia, ma è così che
funziona» finì in breve il
sigaro «è un mondo spietato. Per questo evito di
parlartene, preferendo
dedicarmi a cose più piacevoli».
Già. Era un giro
d’affari da miliardi di dollari, sterline e
quant’altro. Incredibilmente redditizio, ma inadatto a chi
non riusciva a
capire che in quel giro non era contemplata alcuna morale.
«credo di capire»
disse piano la donna «quindi adesso Hammy
ha un braccio super potenziato».
«si».
«e riguardo
a…Robin?»
«…ma devo
proprio parlare anche di lui?» le chiese Mr.
Lancaster col tono da “e dai, risparmiami!”.
«dato che siamo in tema di
discorsi poco piacevoli…»
…e sui quali dopo quel che
aveva sentito avrebbe decisamente
tenuto la bocca chiusa con chiunque…
«te la faccio breve,
Janice: pare che la compianta Alisa non
sia poi così morta come Robin voleva far credere a tutti. Ma
che sia su Nettuno
insieme a nientemeno che Quarrelman, della serie “oltre al
danno anche la
beffa”…Janice,
il discorso di prima
vale anche per questo!» le ricordò vedendola
sgranare gli occhi neri nella sua
classica espressione da “o-mio-Dio devo subito dirlo a
Helena, Katherine,
Camilla, Nora e anche a Jasmine, ad Ernesta, Ermenegilda e
famiglia…!”
«…oh, ma
dai…anche di questo nemmeno una parolina?»
Howard sospirò.
«non adesso, almeno. Anche se credo che
tutta la faccenda verrà fuori a breve, visto che anche Hammy
lo sa e al suo
ritorno presumibilmente lo dirà a Kevin Mask».
«mh».
Di nuovo quell’espressione
seccata sul viso di Janice.
«che hai, ora?»
le chiese con dolcezza il marito.
«ho che se Emerald lo sa e
tu lo sapevi probabilmente allora
lo sa anche quel bifolco di Connors».
Questo fece alzare ad Howard gli
occhi al cielo. «chiaro,
visto che è lui che si trova a gestire diverse situazioni
per conto mio e
adesso nello specifico come sai si trova a Tokyo».
Anche Janice alzò gli
occhi al cielo.
«io non capisco come possa
piacerti al punto che…»
«ne abbiamo già
parlato, non-»
«…se i suoi
genitori non fossero stati ancora vivi, se non
avessi voluto lasciare tutto ad Emerald ed io non fossi stata contraria
l’avresti adottato tre anni dopo
averlo
preso nella security» lo guardò
«e al punto che, non potendo fare questo,
sono praticamente certa che tu speri che
riesca ad entrare in famiglia per “vie traverse”.
Ma perché? Eppure lo sai
benissimo cos’è quell’uomo e cosa ha
fatto».
“a dire il vero che cosa fa”
la corresse mentalmente Howard.
«non sono vie poi
così traverse. Ad Emerald lui è sempre
piaciuto molto. E nell’antica Roma a volte si usava dare in
spose le proprie
figlie all’uomo migliore del proprio esercito…con
la differenza che l’unica cosa
che potrei “dare” io a qualcuno, qui, è
la mia benedizione. Non spingerei Hammy
a stare con lui, o lui a stare con lei, se non fosse quel che vogliono.
Mi
limiterei solo a dire “va bene”» disse
«e se Emerald non fosse stata minorenne,
allora, quel “va bene” l’avrei
già detto cinque anni fa. Pur avendo fatto
intuire al ragazzo che se tra qualche anno lei avesse manifestato
ancora
interesse…»
Non avrebbe saputo dire
perché si fosse in un certo senso
“affezionato” all’americano la prima
volta che l’aveva visto in viso, quando il
ragazzo aveva appena vent’anni e lui trentadue. Sapeva solo
che era scattato
qualcosa in lui che l’aveva portato vicino a
considerarlo…una specie di figlio
maschio che non aveva avuto? Mh, forse, o anche se non proprio
quello comunque qualcuno che avrebbe gradito far entrare in
famiglia. Quando poi aveva iniziato a piacere alla sua principessa,
beh, era
stato il colpo finale.
Non che fosse quello il motivo per il
quale Connors era
diventato suo uomo di fiducia, assolutamente no. Se era andata a finire
così
era stato per puro e semplice merito. Si era distinto per dedizione,
lealtà,
intelligenza, ed anche per la forza che non guastava mai.
«Howie, è un ex
mercenario».
«chi è senza
peccato scagli la prima pietra».
«è un arrogante
senza scrupoli».
«errore. Se non
è in missione non è completamente spietato,
e inoltre di scrupoli se ne è fatto uno che è
riuscito a colpirmi in modo
particolare. Parlando di Emerald e di quel che lei gli disse cinque
anni fa, se
ne uscì col dire “se anche fosse stata maggiorenne
non avrei mai potuto
accontentare vostra figlia, signore. Merita di meglio. Un uomo come me,
col mio
passato, finirebbe solo a…sporcarla”. Disse
così. Ed io ho pensato che se un
cosiddetto “uomo senza scrupoli” dice qualcosa del
genere di una persona,
significa che a tale persona tiene molto.
Il che è positivo, visto che la persona in questione
è Hammy».
«ho capito. Ciò
non toglie che adesso però lei sia impegnata
con il figlio di Robin, il che significa che quell’interesse
verso Connors è
finito».
«con certe cose non si sa
mai, Janice».
La donna si strinse nelle coperte.
«con Kevin Mask però lei
sembra fare sul serio».
«lo so, ma magari se Dio
vuole…»
«…hai veramente
chiesto l’aiuto della divina provvidenza?»
allibì Janice «quel ragazzo allora proprio non ti
piace».
«spero solo che Dio faccia
quel che non posso né voglio fare
io. Non mi metterò in mezzo ma non vuol dire che debba farmi
piacere per forza
Kevin Mask, da che mondo è mondo ognuno può avere
tutte le simpatie e le
antipatie che vuole».
«a me per esempio quel
ragazzo non dispiace. Sarà che è
della mia stessa opinione sui tedeschi. E poi, dopo quel che mi hai
detto, mi
ispira anche compassione poverino. Il padre gli ha mentito per tutta la
vita
dicendogli che sua madre è morta quando invece non lo
è».
«questa però
è colpa di Robin, non mia. In quella faccenda
non c’entro assolutamente nient-agh!
…perché
l’hai fatto?» borbottò, dopo che sua
moglie gli ebbe dato un debole pugno sul
braccio.
«perché sei
stato a letto con Alisa, tu».
«prima di conoscerti,
però!» le ricordò lui «dopo
averti
vista tutte le altre hanno cessato di esistere, dovresti
saperlo».
Janice incrociò le braccia
con uno sguardo di rimprovero, un
po’reale e molto no.
«però
più di tre anni fa l’hai guardata, quella
donna a Buenos Aires…»
«tu l’hai fissata
ben più di quanto abbia fatto io: le hai
tenuto gli occhi addosso tutto il tempo!».
«ero curiosa!»
ribatté Janice «e poi è saltato fuori
che era
una motociclista, no?»
«appunto».
“a dire il vero pareva
tutt’altro”.
Una sera, andati a cena in uno dei
locali più “in” e costosi
di Buenos Aires, ad un certo punto era entrata nella sala una bella
donna
insieme ad una sua -bella- amica. Niente di particolare, al mondo ce
n’erano di
donne molto belle ed eleganti, se non fosse stato per
l’autentica aura di
potere che emanava. E per lo sguardo in quegli occhi color ghiaccio,
che lui
conosceva bene perché era molto simile al proprio.
L’aveva guardata come tutti
in quella stanza, distogliendo
però definitivamente lo sguardo appena si era accorto che
lei stava per
ricambiare, ed era finita lì.
«però…resta
il fatto che l’hai guardata».
Non riusciva a nascondere bene il
sorrisetto invitante,
Janice.
«se me lo permetti ti
dimostrerò che sei l’unica donna che
io desideri» disse dunque l’uomo
«…di nuovo».
«dovrai metterci moltissimo
impegno…»
:: tre
giorni dopo
-veramente quasi quattro- una del mattino ::
«che spettacolo
però, eh?» disse Hammy, gli occhi rivolti
verso il cielo.
A lei e Connors era andata bene. Non
c’era una nuvola che fosse
una, e in quel buio totale le stelle si vedevano una meraviglia,
così come la
sottile falce di luna crescente che si rifletteva nell’acqua
dello stagno. Era
un ambiente che sembrava quasi irreale, col silenzio che
c’era; era l’ultima
settimana di ottobre, e per quanto non fosse ancora troppo freddo da
non poter
campeggiare -uno dei pochi casi in cui il riscaldamento globale poteva
tornare
utile- lo era già abbastanza dal dissuadere i grilli dal
mettersi a cantare.
«già…»
Avevano portato giusto un paio di
coperte, considerando che
Emerald per al massimo le quattro e mezza avrebbe dovuto essere di
nuovo sul
pianeta Ercole. Coperte, qualcosa da mangiare, la chitarra, le
sigarette, una
piccola lanterna di vetro di quelle con la candela dentro, un paio di
torce…le
pistole…e poi basta.
«che hai?» chiese
Hammy al soldato vedendolo un
po’pensieroso.
«è che in altre
zone quando c’era un silenzio del genere era
un segnaccio».
«a beh, giusto»
Emerald si distese su una delle due coperte,
accendendo la lanternina di vetro con l’accendino. Anche
l’americano le si
distese accanto.
«quella»
indicò la stella polare «una volta mi ha guidato
fino al campo base. Dopo un assalto ero stato lasciato indietro, e non
avevo
niente con me se non un paio di coltelli ed una pistola silenziata.
Niente
bussola, niente radar. Non avevo nemmeno l’acqua, pensa un
po’. Seguendo quella
però, alla fine, ce l’ho fatta. Anche se ho dovuto
far fuori un po’di gente
lungo la via».
«o loro o tu».
Breve pausa di silenzio durante la
quale l’americano si
voltò verso di lei.
«ogni volta che ci penso mi
sembra incredibile».
«che cosa?»
«che pur sapendo quel che
ho fatto, e che faccio, tu…insomma
guardaci. Siamo qui soli, al buio, e credo che nessuno sappia dove sei
e con
chi. Io sono un ex mercenario. Eppure tu ti fidi».
«ci conosciamo da tredici
anni Mikey, se non mi fidassi di
te non potrei fidarmi di nessuno» replicò lei
tranquillamente, guardandolo
seria «ti conosco da molto più tempo di quanto
conosca Kevin».
«eh, a proposito,
novità con il little brat?»
Hammy scosse la testa. «no.
Non l’ho nemmeno richiamato, non
avevo voglia di litigarci un’altra volta. Porco mondo
però, prima andava tutto
bene…a parte la sua iperpossessività…e
adesso come ci sentiamo per più di dieci
secondi finiamo a mangiarci la faccia a vicenda»
sospirò «ha perfino detto che
non sa se riesce a portare avanti la nostra storia. E suo padre gli ha
pure
offerto di ridargli l’eredità, se mi
mollasse».
«aah, ecco spiegato il
motivo allora. Damn’ stupid brat».
«non è per
quello, è che dice che io sono troppo attaccata a
mio padre, che non vuole intorno te e gli altri, che sto troppo con gli altri
ragazzi…bla, bla, bla…»
alzò gli occhi al cielo «capisci adesso?»
«ma che ci stai a fare?
Meriti di meglio. Già…anche meglio
di quel brat. Per nobile e
sant’uomo
che sia…»
«sant’uomo! Ma
dove? Stava con i D.m.P., il cielo solo sa
che cos’ha combinato in quel periodo!»
«ah
davvero…»
Pareva proprio che ad Hammy
piacessero i cattivi ragazzi,
allora, se anche il moccioso aveva un pessimo passato alle spalle.
Solo che per Kevin il passato era
passato.
Per lui, il passato in un certo senso
era ancora il
presente.
Si accesero entrambi una sigaretta.
«tu invece che mi
racconti?»
«riguardo a cosa?»
«alle signore».
La domanda fece sorridere
sfacciatamente l’americano. «come
vuoi che vada, alla grande» disse, accarezzando i petali del
fiore che le aveva
messo tra i capelli prima «anche se nessuna è come
la mia miz preferita».
Lei era arrossita, ma al buio non si
vedeva. «quel “miz” tu
proprio non riesci a levartelo eh?»
«scherzi? È uno
dei miei tratti distintivi» il sorrisetto si
allargò «miz».
Lei sbuffò e scosse la
testa alzando gli occhi al cielo. «mi
sa che dopo tredici anni non c’è speranza,
è una di quelle cose che non
cambieranno mai. Come il tuo repertorio di canzoni da suonare alla
chitarra,
più o meno».
«stavolta non posso darti
ragione perché si da il caso che
stia lavorando alla numero quattro» la corresse
l’americano prendendo la
chitarra «e con questa prevedo tante acchiappate».
«come se fossero
già poche, seh…comunque…» si
mise a gambe
incrociate «di che si tratta? “Besame
Mucho”, similia?»
«a dire il vero
no».
Qualche secondo di silenzio e poi
iniziò a suonare le prime
note.
«ah…è
Can’t help
falling in love» disse piano Hammy.
«eh
si…è proprio quella».
L’unico suono a parte
quello della chitarra era quello della
brezza tra i fili d’erba.
« wise
men say only fools rush in…»
No, non era Il Re, però se
la cavava. Fece per continuare,
quando…
« …but
I can’t
help falling in love with you…»
Emerald
l’aveva preceduto, rivelando che anche lei “se la
cavava”.
Il
soldato le diede una breve occhiata, fece un sorrisetto, e
continuò.
« shall
I say
would it be a sin…?»
Eh.
Parole
che stavano iniziando a farlo riflettere, mentre la guardava.
Che
gli piacesse non era un mistero. Avrebbe dovuto davvero dire che era
peccato,
questo?...si, si, lo era, per tutti i motivi a cui aveva pensato spesso.
« if
I can’t help
falling in love with you…»
Emerald
si diceva che due amici di vecchia data potevano cantare insieme. Che
c’era di
male? non era chissà quale peccato, tutt’altro.
Evidentemente
però il suo viso era di opinione diversa, visto di che
colore erano diventate
le guance -e ringraziò che fosse buio-.
« Like
a river
flows surely to the sea, darling so it goes, some things…
are meant to be…»
Come
un fiume scorre sicuramente nel mare, anche altre cose Dovevano
Essere.
C’erano
cose contro le quali non si poteva combattere.
Contro
le quali forse nessuno scrupolo poteva niente.
Però
non erano giuste.
«take my hand…»
Forse
era solo perché influenzata dalle parole della canzone
Emerald che avrebbe
voluto…seguirle, appunto. Che in un brutto momento come
quello ci fosse
qualcuno a tenerla per mano e che, di certo, non poteva essere Kevin
visto che
era lui stesso causa del “brutto momento” in
questione.
«take my whole life too…»
Non
era forse quel che faceva quella ragazza?
Prendere
lui e la sua intera vita esattamente così
com’erano?
Non
le aveva mai nascosto cos’era, lei sapeva cosa faceva e
cos’aveva fatto, e lui
non aveva mai mentito parlando di pentimenti che non c’erano
stati.
Eppure
Emerald era lì.
« for
I can’t help
falling in love with you…»
Era
successa una cosa analoga in passato, pur ricordandola in ogni
dettaglio non
l’aveva richiamata alla mente. Era successo verso le otto di
sera, nella
tenuta, accanto alla sorgente. Lui le aveva mostrato la sua
“strategia
acchiappa signore”…ed era stato allora che lei gli
aveva rivelato la sua cotta
per lui.
“cotta”…dai
sette ai quindici anni! Era una cotta bella grossa.
E
lui le aveva detto che non era il caso. Non con lei a
quell’età, non lei che
era la figlia del capo, non lui che “era quello
sbagliato”.
E
lei aveva capito. Ma le era sembrato come se a lui fosse dispiaciuto un
po’
doverle dire di no.
« Like
a river
flows surely to the sea, darling so it goes, some things are meant to
be…»
Si…si,
era vero, non c’erano parole più vere di quelle in
quel momento. Alcune cose
semplicemente andavano così come dovevano andare, al di
là del giusto, dello
sbagliato, degli scrupoli, del meritarsele o meno. Non potevano essere
evitate,
succedevano e basta, come se fossero state scritte nel DNA, o fosse
semplicemente destino.
«take my hand…»
E
l’americano l’aveva presa, la sua mano.
«take my whole
life too…»
“e…la
prenderò…” pensò Emerald. Un
pensiero che andava al di là del raziocinio, della
giustizia, degli impegni, di Kevin!
Si
stavano guardando adesso, occhi neri persi in occhi smeraldini e
viceversa.
« For I
can’t help… falling…» le dita di
Connors avevano smesso
di muoversi sulle corde, ma lei continuò a cantare.
Esitante, ma continuò
«…in love…with…»
Si interruppe. Ma quanto accidenti
erano arrivati vicini?...
«you»
concluse
piano lui.
E nessuno dei due avrebbe saputo dire
chi avesse iniziato,
chi fosse stato ad avvicinarsi per primo, sapevano sono che i loro
visi, le
loro labbra, avevano finito per incontrarsi, le loro lingue ad
intrecciarsi, i
loro corpi ad abbracciarsi e…
E com’era iniziato poi era
improvvisamente finito, con quel
bacio.
Entrambi, staccatisi, si guardarono
come a dire “ma che
diavolo ho fatto?!”
“non posso.
Non…posso. Lei merita di
più. La cosa non
è…fattibile”.
“…cazzo…
ma teoricamente sarei fidanzata, io”.
Continuarono a guardarsi per un
po’.
«ah…beh…a
quanto pare la canzone funziona, Mikey» commentò
la ragazza massaggiandosi la nuca.
«…pare proprio
di si. Ma d’altra parte l’avevo detto che
acchiappava. E non dico mica stupidaggini, io».
Breve pausa di silenzio.
«tu non hai fame?»
«non molta. Sei tu la
mangiona qui, miz Lancaster, ma
per fortuna ho abbondato con le scorte…»
Sembravano aver stipulato il tacito
accordo di ignorare
quanto era appena accaduto.
Però…era
accaduto.
Se era accaduto, un motivo
c’era.
E c’era anche chi aveva
visto.
«ma secondo voi che
dovremmo fare?» disse piano Trixie.
«non so voi ma io l’ambasciator
che porta pena non lo faccio» disse subito Kid
«a Kevin non dico una
parola, non ci tengo a farmi picchiare!!!»
«però quel che
abbiamo visto…l’abbiamo visto!» disse
Wally.
«Hammy con quello yankee!
Assurdo!» Terry scosse la testa
«credevo che lo amasse, a Kevin, e il fatto che non
è la persona più simpatica
del mondo in questo caso non c’entra…»
«si, ma non possiamo
nemmeno arrivare ed aprire bocca senza
sapere bene come stanno le cose. Emerald non mi è mai
sembrata tipo da tradire,
se è qui con l’americano ed è successo
quel che è successo ci dev’essere sotto
dell’altro. Già solo il fatto che sia
qui
mentre dovrebbe essere alla Scuola
di
Ercole non è normale» disse Jeager
«no, su: prima cerchiamo di sapere
qualcosa di più, poi se
mai…vedremo
se è il caso di…» sbuffò
«io comunque a Mask non lo dico sicuro. Non per paura,
ma perché non mi riguarda. E mi viene da dire che se lei ha
fatto così un
motivo ci sarà».
Meat era il più sconvolto
di tutti. Ma quella ragazza non
riusciva a stare fuori dai casini nemmeno per una volta?!
Le cose su cui far luce aumentavano
sempre di più, e fino a
quel momento non gli era riuscito di ottenere una risposta che fosse
una.
“oh,
ragazzi…”