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Autore: Quinny El FW    08/03/2014    1 recensioni
Quinn è rimasta vittima di un incidente che l'ha costretta sulla sedia a rotelle, non sa quanto ci rimarrà se per poco o se per tutta la vita quello che sa è che oggi è un grande giorno per lei e deve tornare al McKinley dai suoi amici del Glee che ricorda uno ad uno ed in particolar modo Santana.
Sola in camera Quinn passa il tempo a pensare a com'era e a come potrebbe essere, ma il tempo trascorre e sembra che nessuno si vada ad interessare di lei per darle aiuto e deve provvedere da se od almeno così sembra...
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Quinn Fabray | Coppie: Quinn/Santana
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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Capitolo III
Parole sincere, parole e ritorno.

- “Non posso farti toccare il mio seno senza sentirmi così dannatamente inutile, così giù, Santana ”- dissi
semplicemente abbassando lo sguardo e guardandomi le immobili gambe avvolte nel pantalone rosso del pigiama, vidi Santana svuotare le mani dall’acqua insaponata ed asciugarsele con un’asciugamani rosa e sentì le sue mani, Santana mi si avvicino e mi scansò una ciocca di capelli dal viso portandogliela dietro l’orecchio sinistro, sorrisi.

Io, Santana Lopez non l’avrei mai lasciata in quello stato di questo posso essere più che certa, mi sedetti sulle sue gambe mettendo lo stesso poco peso non volevo rischiare di essere di impiccio. Da quell’altezza sentivo di esserle più vicino e le accarezzai la guancia sinistra: - “ Non devi preoccuparti ne porti tutti questi problemi Q. noi siamo amiche, molto amiche ed io non ci vedo assolutamente nulla di male in questo… “- dissi e mi bloccai solo un attimo per sospirare, prendere fiato e ridacchiare per poi aggiungere a completare la mia frase :-“ … e credimi non c’è nulla che non vada nelle tue tette. Certo le mie sono più grandi e tonde, ma le tue non sono male…”- dissi scoppiando a ridere guardandola e vidi sul suo viso stamparsi un timido sorriso e le sue guance diventare rosse e quello mi riempì il cuore di gioia, non perché l’avessi messa in imbarazzo, ma perché ero riuscita a strapparle un piccolo sorriso chissà cosa stava pensando  :- “ Sei un’idiota Santana, insomma sono solo delle tette e poi insomma potrebbero chiederti di descriverle… gli uomini sono maiali.” – disse lei ed io risi guardandola e le guardai il seno, non credo lo stessi facendo apposta ma in una situazione del genere era quasi impossibile che lo sguardo non andasse a finire lì. Aveva i capezzoli duri come quando si sente freddo e le sorrisi nuovamente per poi risponderle: - “Sarò pure un’idiota, si può darsi, ma almeno io non ti lascerò mai sola.”- dissi sincera come mai riportando alla mente il suo “Aiutami Santana” e poi sospirai per dirle ancora: - “ Ascolta non sono brava con le parole ma fa si che provi ad esserci per te. E se mi chiederanno di descriverle io desisterò alla tentazione non voglio che altri abbiano la mia stessa fortuna” – dissi ridendo anche se forse davvero non volevo che altri la vedessero così, non so cosa mi fosse preso, ma ora che ero certa della mia sessualità ed ero single vedevo Quinn con occhi diversi, ma per il momento scacciai quei pensieri. Eravamo solo buone amiche.  
-“ Ora lasciati aiutare su da brava che dopo ti vado a prendere i vestiti e ci vestiamo, le mutande le hai già messe?” – domandai ricaricando le mani di acqua leggermente insaponata al ciliegio e le sciacquai il viso e poi le passai delicatamente una spugna ben impregnata di acqua e sapone profumatissimo posandola con la dolcezza di una carezza sul suo busto ed anche sui seni  così piccoli, ma belli, non li guardai troppo per non rischiare di invadere ulteriormente la sua privacy rimanendole seduta sulle gambe.

:-“Santana non riusciresti nemmeno ad immaginare lontanamente che sensazione piacevole mi stai dando solamente passando questa spugna su…su…su…”- dissi guardando Santana ed arrossendo di botto, era così imbarazzante per me parlare di quelle cose…di seni, insomma era la prima volta che stavo con le tette da fuori davanti a qualcuno.
:-“ …sulle tue tette.”- disse infine lei ridendo e mi guardò continuando leggera per poi asciugarmi con la calda asciugamano di spugna verde.


Quando ebbi finito guardai Quinn e le sorrisi, mi alzai e le aprì uno specchio su un mobiletto perfettamente alla sua altezza e le posai sulle gambe il suo contenitore di trucci: -“ fatti bella mentre io vado a prenderti i vestiti ed a togliere un po’ di disordine”- dissi tornando di là ed iniziando a posare.


Santana mi lasciò da sola con la trousse sulle gambe dicendomi di truccarmi, non sapevo perché lei fosse venuta qui, non ne avevo la minima idea, eppure in lei vedevo ora la mia salvatrice, la mia unica salvezza e speranza ed in maniera più semplice il mio tutto era racchiuso in un nome: Santana Lopez.
Mi guardai ancora le gambe non sapendo cosa dire o cosa fare, volevo parlarle, volevo davvero dirle qualcosa eppure ero lì a fissarmi allo specchio rettangolare che aveva riposto sul mobiletto e non sapevo davvero cosa dire, insomma era quasi come se le parole mi si fossero gelate in gola o più semplicemente come se ritenessi inutile dire qualsiasi cosa, superfluo.
Mi continuai a fissare impassibile non riuscendo nemmeno a mettermi il fondotinta, ero immobile costretta seduta su quella sedia a rotelle eppure nello specchio il riflesso non era molto diverso da quello di qualche settimana fa, ero più stanca e triste. Mi feci coraggio ed iniziai a truccarmi come facevo sempre sentendo dei rumori provenire dalla camera: - “ Tutto bene lì?” – domandai rimanendo ferma aspettando l’urlo di risposta di Santana che o urlava o parlava normale non ci sono vie di mezzo: -“ E’ tutto ok qui, quando hai finito chiama che vengo con i vestiti.” – mi rispose ed io accennai appena un piccolo sorriso finendo di truccarmi e mettendo le mani sulle ruote girandole:- “ Ho finito. Arrivo” – dissi cercando stavolta almeno di non fare macelli, ma ecco che dopo pochissimo arrivò lei: - “LASCIAMIIII! LASCIAMI FARE QUALCOSA! Mi sento una paralitica se non mi fai fare nulla!”- esclamai gesticolando molto cercando di allontanarla,non volevo trattarla male, ma mi sentivo davvero inutile e non era facile per me accettare che lei mi avesse lavato e che avessi sempre bisogno di aiuto. Non volevo se ne andasse davvero, però quella frase mi era uscita così naturale vedendola avvicinarsi e sentendo la sua mano sulla mia spalla, quella mano mi ricordò quando mia madre mi aveva rincuorato che sarebbe andato tutto bene e che sarebbe tornata per aiutarmi oggi ed invece non era così.
-“ Scusa Santana, non volevo urlare…mi dispiace…”- dissi semplice e sperando che mi avrebbe compresa, ma non mi sarei stupita se avesse fatto l’inverso.



Non ero mai stata brava a tenere in ordine, non era per nulla il mio forte, ma sentivo che per lei avrei davvero fatto di tutto e non mi scoraggiai riordinandole la camera. In un ambiente ordinato con un pavimento privo di ostacoli sarebbe stato più semplice per lei muoversi. Tornai da lei di corsa non appena mi disse che aveva finito e  la vidi, si era truccata in modo davvero carino, ma a lasciarmi senza parole ed a farmi quasi sentire un peso, una sciocca fu quello che Quinn mi disse. Aveva ragione, la stavo trattando come una paralitica e so che lei non lo poteva accettare però lei è una paralitica ed io lo stavo facendo solo per lei. Sentì le sue scuse e sorrisi appena per poi dirle : - “Non ti preoccupare, sono abituata a gente che urla. Ecco, metti la maglia io ti metto questi jeans.”-  ed iniziai a vestirla canticchiando le parole di una canzone della quale ignoro io stessa il titolo bloccandomi poi alla sua interruzione :- “ Non voglio essere una paralitica, San”- disse ed io le accarezzai il viso guardandola di nuovo nei suoi bellissimi occhi lucidi : - “ Non piangere che ti si rovina il trucco”- dissi e lei ripetette la stessa frase di prima io mi sedetti delicatamente sulle sue gambe finalmente avvolte nel jeans e le dissi accarezzandola :-“ Quinn, non puoi decidere cosa essere ora, mi conosci sai che dico sempre quello che penso: tu sei paralitica Q. Sei su una sedia a rotelle, speriamo non ci rimarrai a lungo, ma fino a che ci sei devi accettare di lasciarti aiutare e poi chissà magari non sono così male come dicono.” – dissi guardandola e vidi che abbassò la testa e non disse nulla mentre io le pettinavo i capelli facendole una piccola treccina da un lato che cadeva morbida sulla sua chioma bionda. Rispettai il suo silenzio, del resto non potevo far altro.
Sorrisi poi quando vidi che finalmente era pronta, le spruzzai un po’ di profumo e le dissi : -“ Fa freddo fuori, ma per lo meno ha smesso di piovere, ti metterai la giacca pesante ed il cappello, non voglio mi arrivi a scuola congelata anche perché rovineresti il trucco.”- tornando in camera spingendo la sedia, andammo verso la porta e le misi il cappotto, mi caricai il suo zaino sulle spalle ed aprì la porta uscendo con lei.
- “Andiamo a fare colazione dai, se vuoi andiamo in caffetteria stesso a scuola o in giro.”- dissi e la vidi sistemarsi il cappellino di lana sulla testa e risi : -“sei davvero buffa”- dissi e vidi di nuovo stamparsi sul suo viso un sorriso e sorrisi a mia volta dirigendomi lenta verso la scuola, certo più che una conversazione la mia era sembrato un monologo, ma in realtà pensandoci bene era una cosa ben prevedibile.

Santana mi aveva aiutata, davvero, e dentro di me sentivo come la certezza che sarebbe rimasta anche se io non avessi voluto lei sarebbe rimasta e mi avrebbe aiutata, eppure c’era una cosa che non riuscivo a capire. Continuavo a pensarci senza però riuscire a darmi una risposta e decisi che l’unico modo era fare almeno un tentativo e chiederglielo, tirai un profondo respiro per poi chiedere quasi in un sussurro: - “Santana perché mi sei venuta a prendere, a salvare e perché mi aiuti?”-  mentre percorrevamo le strade in silenzio ed lei non rispose non sapendo del resto cosa pensasse ed aggiunsi:-“ Non sei come pensano tutti Santana…”- anche stavolta Santana non mi rispose se non con un timido sorriso che potetti vedere alzando il mento e di conseguenza il viso.
Vidi il panorama susseguirsi  ed anche se le pozzanghere e le zolle di fango la facevano da padrona San era attentissima a non far finire le mie ruote in nessuna di essa, continuai a pensare a tutto quello che era successo prima a casa e specialmente a quando le avevo urlato contro sentendomi ancora in colpa,non avrei dovuto e forse lei non mi aveva risposto alle domande non perché ci stesse pensando, almeno non solo, ma perché si sentiva ancora aggredita in una delle poche volte credo che avesse fatto qualcosa di così dolce senza che le venisse chiesto nulla. Mi sentì molto triste all’idea di averla sgridata eppure non riuscivo a pensare a che se l’avevo detto ci doveva essere un motivo, tutta colpa di quell’idiota di mia madre. Eppure non si era arresa, mi aveva aiutata ed era stata sincera dicendomi che ero paralitica e sapevo che aveva ragione eppure non riuscivo a togliermi dalla mente quelle sue parole e quelle mie, tutta quella scena.


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Avevo sentito le sue domande e non avevo risposto non sapendo ancora quale fosse la verità, quali fossero i miei sentimenti e mentre la spingevo con attenzione continuai a ripensare a tutto quello che era successo questa mattina e pensai che forse ero davvero stata troppo sincera e diretta questa volta dicendole che lei non aveva scelta e che era paralitica anche se era vero. Sospirai e presi coraggio per dire poi una cosa che non avrei mai pensato di dire in vita mia: -“ Scusa per prima Quinn. Non volevo ferirti lo giuro, solo volevo farti capire che non c’è nulla di male a farti aiutare io lo farò con piacere.”- dissi ed abbassai il viso per vedere la sua reazione e le vidi un sorriso illuminarle il volto e sorrisi a mia volta poi continuando a spingere la sua sedia a rotelle fino a pochi metri dall’ingresso della scuola quando mi abbassai e le tolsi il cappellino da testa:- “ ecco il tuo grande ritorno Quinn Fabray”- dissi semplice guardandola prima di portarla dentro.


Santana mi portò fino a dentro la scuola dopo essersi scusata per la frase di prima, ma non ce n’era bisogno e le sorrisi per tranquillizzarla, salimmo la rampa laterale insieme e  lei mi smise di spingere appena varcata la soglia del corridoio. San si accovacciò a terra e mi guardò negli occhi per molti minuti, come se mi dovesse dire qualcosa di importante. Sospirai e misi le mani sulle ruote pronta a girarmele da sola il percorso era facile non avrei dovuto far macelli, ma prima di muovermi aspettai di sentire quello che voleva dirmi Santana.
  
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