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Autore: Ichizomi    11/03/2014    0 recensioni
Semplicemente una fanfiction in omaggio ai doppiatori del gruppo di ODS che operano su Youtube, condita con piccoli riferimenti a varie cose di tanto in tanto e scritta con quel tono classicheggiante che non guasta mai. Non sarà la miglior introduzione del mondo, ma non mi riescono molto bene. Spero che vi incuriosiate e che proverete a leggere.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Attesero per così tanto tempo che persero il conto dei giorni e dopo un paio di settimane perfino Andrea, che suggerì l'idea di attendere, cercò di convincere l'amico a cambiar approccio e di andare a cercar la Piaga, ma Gianandrea era irremovibile ed ogni volta rammentava al suo scudier le sue stesse parole così che egli restasse in silenzio e vegliasse con lui. Oramai Gianandrea dormiva di rado, dato che ogni suo sonno era caratterizzato da incubi, il più frequente era quello che lo facea star più male: era da solo, nel pien centro di una radura, fisso, immobile, eretto; sul terreno attorno alla sua figura si creava un ombra che lo circuiva ed a quel punto egli alzava lo sguardo e vedea nel punto più alto del cielo una figura nera che volteggiava e disegnava un cerchio intorno alla sua persona; ed in quella figura riconosceva la Grande Piaga da lui tanto cercata e che ora gli era vicina ma irraggiungibile; e all'orizzonte scorgeva poi una piccola figura che si incamminava con passo incerto verso di lui, e ad ogni passo la figura diventava sempre più nitida e ben presto si potea riconoscere il volto della giovane Chiara che regnava nei pensieri di Gianandrea in equal misura della Piaga; e quanto più la fanciulla gli era vicina tanto più appariva inconsistente, e quando oramai si trovava innanzi ad egli, era diventata solo un immateriale spettro di eterea presenza e consistenza. Questo sogno lasciava gran turbamento nell'animo del giovine ma si decise di non raccontarlo neppure al fido Andrea e intanto attendeva il momento in cui la trappola sarebbe stata utile ai suoi iscopi. Ed attendea e attendea, sempre più stanco, sempre più debole. Con il morale distrutto dalla lunga attesa un giorno si svegliò urlando con gli occhi pieni di lagrime. Era infin giunto al limite di sua sopportazion e di sua pazienza e si decise che se in quel die la Piaga non si fosse mostrata non avrebbe certo più avuto senso appostarsi lì ad attenderla. E già formulava ipotesi sul perché non si fosse più palesata: era forse stanca di quel territorio ed avea deciso di passar ad altro regno? O forse un altro cavalier, più forte e più ingegnoso d'egli era riuscito nell'impresa di uccider la bestia? E se così fosse stato come avrebbe fatto egli a conquistar la fanciulla che avea conquistato lui? E se, peggior di tutte le ipotesi, il misterioso cavalier avesse ucciso la bestia e avesse visto la sua fanciulla e le si fosse dichiarato e le avesse accettato colta da un improvviso amor? E con questi pensieri arrovellati in capo venne il vespro e con esso una sagoma nerastra in ciel. Il cuor di Gianandrea sussultò alla vista dell'enorme ombra e appena realizzò che l'essere che i ciel solcava era la Grande Piaga non indugiò nel far scattare sua trappola. Questa consisteva in una semplice ma potente catapulta che lanciava robuste reti, atte ad intrappolar lo mostro e, dopo averlo fatto cader prigionier, costringerlo ad una caduta in sullo suolo; la furbizia dell'astuto Grandenaso non si limitò solo a questo espediente, infatti ogni rete era dotata lungo il perimetro di lunghe lame il cui utilizzo era ferir la bestia e le sue possenti ali in modo da privarla del volo come via di fuga. Fiducioso di sé e della sua buona sorte Gianandrea fece scattar lo pesante marchingegno di sua creazione che, per miracol d'Iddio nostro creator, centrò la laida bestia che con grande schianto cadde al suolo tra le urla. Come previsto dal giovin cavalier le ali del mostro eran danneggiate sì da render la fuga inattuabile. Con rapido movimento e con forte spada e braccio mozzò ciò che rimaneva dell'ali lasciando muscoli ed ossa alla vista del vento. Eran finalmente l'un di fronte all'altro, gli occhi scuri di lui si specchiaron negli occhi di bragia della bestia, che dapprima l'osservò curioso per poi alzarsi in tutta sua magnitudine per sovrastar il pover Grandenaso che quasi perse l'uso del movimento innanzi a quello sfoggio di possanza. La Piaga scoprì i denti in un ghigno, luccicaron; neppure uno istante dopo la mascella del mostro cercava la gola di Gianandrea che si abbassò facendo inghiottire solo aria allo suo assalitor. Egli non gradì lo gesto del cavalier ed infatti, sfoderati i felinici artigli, prese a graffiar innanzi a sé nella speranza di prender il suo agile oppositor. Vibrò otto poderose artigliate di cui solo l'ultima andò a colpir sulla corazza di Grandenaso che si squarciò lungo il petto costringendolo ad una breve ritirata. Corse fino all'accampamento per prendere la sua poderosa balestra con cui scoccò con gran precisione quattro frecce nel ventre della Piaga prima ch'essa con inaspettata fiammata scaturita dal lungo crine nero non la incenerisse lasciando il coraggioso cavalier solo con la sua spada. La battaglia infuriò per ore al che i due contendenti sembravan esser sul punto di collassar, ed in effetti così era. Devi saper, mio caro lettor, che la forza della bestia era enorme ma l'era anche l'astuzia del cavalier e tanto più uno colpiva con veemenza tanto più l'altro trovava punti deboli e segni di cedimento; l'unica cosa a differenziarli era la resistenza: il pover umano Grandenaso non avrebbe mai potuto competer con la resistenza propria della bestie di origine infernal (come lo era probabilmente la Grande Piaga) se non fosse stato agevolato dalla forza con cui essa percuoteva, cosa che le permise di stancarsi non poco in breve tempo. E dunque bestia e cavalier procedevan di pari passo nella loro guerra; sarebbero certamente svenuti entrambi, privati di forze, se ad un certo punto Gianandrea non fosse riuscito a trafigger il petto del mostro all'altezza del cuore. Come ciò avvenne non fui mai chiaro: alcuni sostengono che nella fretta di concluder il duello la bestia abbia dimenticato dei rischi che correva esponendosi e fosse stata colta in fallo dal pronto cavalier; altri affermano che la Piaga si fosse accorta che la lotta non avrebbe avuto che due sconfitti e avesse offerto al suo avversario una minuscola apertura nella guardia, quel tanto che bastò per esser colpita nel cuore.
  
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