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Autore: Peggotty    29/06/2008    5 recensioni
[Riveduto il capitolo 7] Inghilterra 1755, dieci anni dopo la Sommossa giacobita. Il Signore di Allenton è un uomo ricco, potente, oroglioso e crudele; un'orribile ferita riportata a Culloden gli deturpa gran parte del viso, adesso nascosto da una maschera. Nessuno sa come sia quella ferita, ma c'è chi sostiene ricopra gran parte del suo viso adesso deforme. Alcuni sostengono persino che Lord Cumbrae sia impazzito dal dolore causato da quelle cicatrici e dall'orrore che i suoi occhi hanno visto a Culloden. E' una figura avvolta nel mistero, ma nessuna persona normale vorrebbe incrociare il suo stesso cammino.
La giovane Madelaine è appena divenuta la sua sposa, e il solo pensiero che quell'uomo sia suo marito basta a spaventarla a morte...
Genere: Avventura, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Epoca moderna (1492/1789)
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Note dell’autrice: finalmente sono tornata

Note dell’autrice: finalmente sono tornata! :D

Chiedo umilmente perdono per averci messo così tanto, ma non è per niente facile aggiornare questa fanfiction, soprattutto perché non voglio scrivere capitoli inutili dove non succede niente di interessante… be’, forse dovrei starmene zitta, dato che nei primi due non è successo praticamente niente… e come al solito mi sotterro da sola-_-‘

 Ringrazio come al solito la mia cara Padme,sai che apprezzo tantissimo i commenti che lasci^^, barbarizia,sono contenta che stessi aspettando il seguito, anche se mi dispiace di averti fatto attendere così tanto^^’, Owarinai yume,eheh… credo che non ci vorrà molto, per sapere chi è ‘l’uomo mascherato’:D, shandril, yay, una new entry!x3 Grazie per i complimenti, sono contenta che Maddy ti piaccia… piace anche a me, ma del resto sono sua ‘Madre’, come potrei non amarla?^^

Will… eh, Will penso che a lungo andare si beccherà un sacco di nomi… e finirà sulla lista nera di molti… -­_-‘

  Al solito, chiedo scusa per averci messo così tanto ad aggiornare, ma non è facile essere puntuali con gli aggiornamenti, quando si è all’ultimo anno delle superiori, perciò vi prego, non mettetemi in croce, d’accordo?^^’

   Spero che anche questo capitolo possa piacervi e… alla prossima!

 

 

Redarcher  

     

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

III

 

 

Confusione

 

 

 

Quella notte non chiusi occhio. Senza sosta, continuai a girarmi e rigirarmi sotto le coperte completamente accaldata e confusa. Le parole di Will erano marcate a fuoco dentro di me, e ogni secondo di più bruciavano nel mio cuore come se avessero voluto incenerirlo.

  ‘Diventa mia moglie’.

Scossi brutalmente la testa, cercando di togliermi dalla mente le sue parole, tirandomi il lenzuolo fresco sopra la testa. Ero riuscita a fuggire da lui dicendogli che dovevo fare ritorno a casa, e così avevo fatto… ma avevo il presentimento – anzi la convinzione! – che in futuro non avrei più potuto lasciare in sospeso la faccenda. Will era molto più grande di me, ed era un uomo forte e orgoglioso… non avrebbe accettato un no come risposta, o meglio, non mi avrebbe lasciata fuggire senza chiarire la situazione.

   Il mese successivo avrei compiuto diciassette anni, ed ero in età da marito già a quattordici… Papà non mi avrebbe lasciata senza marito a lungo, ne ero certa, a causa anche delle nostre scarse possibilità economiche, senza contare che Elisa era incinta, e Fletcher sembrava voler ritardare il più a lungo possibile, il momento di scegliere una moglie… io non avevo scelta. Prima o poi sarebbe successo, che io lo volessi o meno, perciò forse avrei fatto bene ad accettare la proposta di Will…

    << Madelaine! Madelaine, svegliati! >> La voce di Elisa mi raggiunse da dietro la porta malandata della mia stanza, strappandomi un sussulto.

    << Arrivo! >> le risposi, balzando fuori dal materasso sfondato del letto.

Mi vestii nel buio della stanza, sistemandomi la camiciola di mussola e aggiungendovi sopra il corpetto e le gonne; aprii la finestra e una luce pallida entrò nella stanza, facendo danzare il pulviscolo sul pavimento, mi legai i capelli con lo stesso nastro giallo della sera prima e uscii dalla stanza.

   Elisa era già sveglia e pronta a iniziare la sua giornata, il grembiule bianco annodato e i capelli raccolti in una crocchia improvvisata. Si voltò lentamente, sentendo i miei passi.

   << Oh, buongiorno >>, disse tranquilla, riconcentrandosi sulla colazione.

    << Buongiorno >>, risposi, mentre mi annodavo anch’io il mio grembiule bianco.

Nella stanza permeava l’odore pungente del porridge e di zuppa di erbe, se eravamo fortunati ci sarebbero stati alcuni pezzetti di pane raffermo da inumidire nella zuppa calda.

    << Manca l’acqua, ti dispiace andare a prenderla? >>

Non risposi, limitandomi ad uscire dalla porta della cucina, ritrovandomi così nel retro del piccolo cottage. Con il secchio in una mano andai nella piccola stella – che in realtà era solo una tettoia – dove lì accanto c’era la botte dove raccoglievamo l’acqua, a volte era acqua piovana, altra andavo fino al fiume con due secchi e poi andavo avanti e indietro finché la botte non era piena.

   Una volta recuperata l’acqua tornai in casa, trovando Papà, Fletcher ed Erial svegli e seduti a tavola con la loro colazione fumante davanti al naso, lasciai il secchio al piano di cottura e mi sedetti al mio posto, congiunsi le mani, aspettando che Papà iniziasse la funzione.

Si alzò da tavola, di modo che la sua voce chiara e ben udibile, abbassammo il capo, pronti a recitare la preghiera.

La sua voce, nonostante l’età, era profonda e ben udibile, senza alcuna incertezza.

   <<  Signore, il pane non manca sulla nostra tavola. I nostri zaini contengono cibo a sufficienza, anzi qualche volta ne portiamo fin troppo. >> Fece una pausa, << Siamo affamati per il cammino e la fatica della strada, e ora ci dai la gioia di nutrirci. >>

Fletcher emise un lungo sospiro, pensando al fatto che noi, in realtà, fossimo sempre affamati, e poche volte avevamo la gioia di nutrirci. Per me non era un problema, non più di tanto, almeno; mangiavamo poco, ma

Non sembravo risentire granché della mancanza di cibo… Fletcher invece era sempre affamato, e poche possibilità di nutrirsi a dovere.

Intanto Papà continuava a recitare la preghiera.

    << Fa’ che non perdiamo mai il gusto delle cose semplici, che non diventiamo schiavi delle cose superflue o inutili. Insegnaci a dividere il nostro pane con chi ne è privo e a non sprecare mai le risorse e le vivande che abbiamo. >>

   No, non avremmo mai perso il gusto delle cose semplici, perché era l’unica cosa di cui disponevamo.

Alla fine intonò le ultime parole. << Donaci sempre la fame di Te. >> (1)

   << Amen. >>

Riaprii finalmente gli occhi e afferrai il mio cucchiaio di legno, posto accanto alla scodella calda.

Sorbimmo il nostro magro pasto in religioso silenzio, scambiandoci qualche parola di tanto in tanto, ma nessuna di esse era di fondamentale importanza.

Una volta terminato di mangiare, Erial, Fletcher e Papà si recarono assieme nei campi, pronti per una nuova giornata di lavoro. Aiutai Elisa a raccogliere le stoviglie, versai un po’ d’acqua in un catino e diedi una sciacquata alle scodelle e una volta terminata l’operazione, portai l’acqua nella stalla, versandola nel secchio di Joshua, il piccolo bramantino che usavamo per arare i campi e, saltuariamente, per raggiungere la contea di Babergh (2), ma la maggior parte del tempo la trascorreva dentro alla piccola tettoia che fungeva da stalla, con il suo fieno e il foraggio fragrante.

   << Ehi, Joshua >>, gli dissi amichevole, battendo lievemente il palmo sulla sua testa piccola e raffinata, sentendo sotto le dita l’accumulo di polvere e fango e altre lordure, sul pelo sporco e pieno di sudiciume.

Joshua in tutta risposta esalò un nitrito gutturale di saluto, piantando il grosso muso sulla mia mano, e tirando una lunga annusata, avvertendo molto probabilmente la zaffata di avena e erbe assieme.

    << Bravo ragazzo >>dissi conciliante, mentre versavo l’acqua nel suo catino.

 

 

*

  

      << Qualcosa non va? >>

 Alzai gli occhi dal mio lavoro di cucito, soffermandomi sul viso dai tratti regolari di Elisa, intenta a scrutarmi con attenzione.

     << Perché? >> chiesi, senza capire cosa volesse dire.

Si passò un ciuffo di capelli dietro le orecchie, tirando una lunga boccata d’aria, quasi stesse cercando le parole giuste.

     << Ieri sei tornata a casa da sola, come mai? >>

<< Oh. >> Mi riconcentrai prontamente sui calzini che stavo rammendando, un odore forte e pungente di maschio fuoriusciva da essi, pizzicandomi leggermente il naso; Fletcher per avere solo diciannove anni sudava peggio di un uomo di trenta.

    Scossi lentamente la testa e alcuni riccioli mi caddero davanti al viso, impedendomi di vedere cosa stessi facendo; con un gesto rapido me li tolsi di torno.

   << Ero stanca, perciò sono tornata a casa? >>

      << Da sola? >>

Annuii di nuovo. Sapevo bene il perché di quella domanda. Se le vecchie comari di Ipswich mi avessero vista tornare a casa con un uomo, di sicuro avrebbero potuto fare ipotesi azzardate sulla mia persona: sarei potuta ritrovarmi fidanzata con un uomo nel giro di poche ore – ovviamente senza saperlo – oppure essere una ragazza dal deplorevole… che meraviglia.

    << Hai incontrato il figlio del locandiere? >> Non riuscii a trattenere un fremito, sentendo menzionare Will. Intuendo che sarei potuta andare avanti a lungo, poggiai sul grembo la calza di Fletcher, guardando sconsolata la pila di altri indumenti da rammendare.

   << Chi te l’ha detto? >> Riuscii a simulare un tono tranquillo, nonostante fossi tutt’altro che tranquilla, in quel momento.

   Elisa scrollò le spalle, riprendendo le sue faccende. << Oh, è stato lui a chiedermi di te. stavo ballando assieme ad Erial, quando me lo sono visto davanti agli occhi. Mi ha chiesto dove fossi, così gli ho detto che molto probabilmente eri con Charlot e il figlio del pastore. >>

   << Infatti >>, dissi, più rivolta a me stessa che a mia sorella.

<< L’hai visto? >>

Stavolta non dissi la verità. << No, sono tornata a casa prima. >>

   << Ah. >> Elisa concluse così la sua sequela di domande, riprendendo a preparare il pranzo.

Non avrei mai potuto dire a Elisa della proposta di matrimonio da parte di Will; sapevo che anche solo a menzionare una cosa simile, lei si sarebbe prodigata con tutta sé stessa affinché io e lui convolassimo a nozze prima del compimento dei miei diciassette anni… e per adesso non avevo simili intenzioni, non subito, almeno.

   << Sarebbe il caso che tu andassi al fiume, oggi. >>

<< Ah, sì? >> chiesi, sollevando nuovamente il naso dal rammendo, stavolta di una camicia di Erial.

Elisa annuì brevemente. << Ti darei volentieri una mano, ma come vedi… >> Girò su sé stessa, esibendo al meglio il suo ventre rigonfio.

   Scossi leggermente la testa. << Non importa, me la caverò anche da sola. >>

Chinai nuovamente il capo sul lavoro di rammendo, e stavolta non fui interrotta.

 

*

 

Dopo un pranzo frugale raccattai tutti i panni sporchi, presi un’assa di legno e un frammento di liscivia e un catino in cui infilare il tutto, mi annodai un fazzoletto sulla testa e andai al fiume, sotto un battente sole estivo.

  Il piccolo ruscello scorreva placidamente in mezzo ad una generosa distesa di massi verdi di muschio più o meno grandi; solitamente la maggior parte delle donne di Ipswich si raccoglieva al ruscello per lavare i panni e, ovviamente, per spettegolare tra loro… ma oggi non sembrava così.

Troppo accaldate per starsene a lavare i panni sotto al sole cocente, le donne evidentemente avevano preferito starsene tappate in casa a sbrigare le faccende di casa, piuttosto che svenire per il caldo. Io non ero della stessa opinione.

Mi ero munita di un fazzoletto, accuratamente annodato sopra la mia testa, perciò non temevo né il caldo né nessun svenimento in particolare.

Appoggiai il catino su di una roccia dalla forma smussata e piatta sulla sommità, raccolsi al meglio le maniche della camicia e mi tirai su le gonne fino alle ginocchia, lasciando il polpaccio pallido esposto alla luce del sole. C’era una differenza spaventosa tra la pelle delle mie gambe e quella delle braccia, molto più abbronzate e di un colore più salutare rispetto alle mie gambe.

  Una volta tolte anche le logore scarpe, mi immersi poco a poco in acqua, rabbrividendo fino alla radice dei capelli per l’acqua fredda, i sassi scivolosi pungevano e pizzicavano sotto i miei piedi, ma non si feci granché caso: ero abituata a lavare i panni nel fiume.

Presi una manciata di vestiti e me li posai accanto, la logora assa di legno e la liscivia; iniziai a lavare i panni, stando ben attenta a non sprecare inutilmente troppa liscivia.

Nonostante il caldo, era una giornata perfetta per lavare i panni, di sicuro sarebbero anche asciugati in fretta con tutto quel caldo. I panni si inumidivano in acqua e si lasciavano impastare dolcemente dalle mie mani esperte, ruvide per i lavori manuali cui erano state ‘costrette’ fin quando ero bambina.

   Con un così bel tempo, il sole che scaldava piacevolmente la mia schiena sudata e il resto del mio corpo, mi riusciva impossibile pensare a quello che era accaduto solo la note precedente; ora come ora, Will non era altro che un pallido riflesso nella mia mente, che tendeva a svanire poco a poco ad ogni strizzata che davo ai vestiti. Dovevo trovare una soluzione, sapevo di non poter ritardare a lungo, ma adesso sembrava una cosa così lontana, quasi impossibile… ci avrei pensato più tardi, ma non adesso. Ero troppo impegnata.

   Il nitrito acuto di un cavallo non troppo lontano, mi distolse dal lavoro, facendomi perdere la concentrazione. Sollevando la testa dai panni, i miei occhi cercarono il cavallo, venuto molto probabilmente ad abbeverarsi. Di sicuro con lui c’era anche il suo cavaliere, ma non sarebbe stato difficile nemmeno trovare l’equino completamente solo, magari sfuggito dal recinto e adesso intento a farsi una bella passeggiata in solitaria.

Lo trovai non troppo lontano da dove ero appostata io. Chinato sulle lunghe zampe muscolose, un grosso roano con dei rapidi colpi della grossa lingua rosa raccoglieva generose quantità d’acqua, dissetandosi completamente. Non troppo lontano dal grosso roano trovai il suo cavaliere… e il mio cuore perse un colpo.

   Will bucò improvvisamente da una macchia di cespugli li accanto, le mani poggiate sulla patta dei pantaloni e un’espressione sollevata in viso. Raggiunse il cavallo e si inginocchiò lì accanto, chiuse la mani a coppa e raccolse una generosa quantità d’acqua, versandosela poi sulle labbra generose.

Deglutii profondamente, vedendolo sorbirsi quel liquido ghiacciato quasi fosse stato il più buono dei nettari. Non era difficile capire perché la maggior parte delle ragazze del villaggio sperasse di andare in sposa al figlio del locandiere. Will era bello e gentile, quasi quanto era imprevedibile e ‘pericoloso’, guardarlo in quei profondi occhi verdi voleva dire scegliere deliberatamente di perdersi in quelle profondità del colore dello smeraldo.

   Forse era proprio per questo che ero così restia ad accettare la sua proposta di matrimonio. Non ero sicura di conservare la mia integrità, la mia anima, se avessi scelto lui… e la mia anima era una delle poche cose che erano mie, e mie soltanto.

Una volta che anche il cavallo ebbe finito di abbeverarsi, William gli afferrò le redini e gli diede un leggero colpetto sul muso, sussurrandoli delle paroline incomprensibili all’orecchio.

   << Murtagh, mo mhùirnìn bàn (3), sei pronto a ripartire? >> chiese allo stallone con dolcezza.

Con uno scatto agile e molleggiato, risalì in groppa alla propria cavalcatura, il cavallo sollevò la grossa testa in risposta allo sprono delle briglie, Will poi lo incitò a partire con uno schiocco secco della lingua; il cavallo ubbidì, e nel giro di poco mi ritrovai nuovamente sola.

   Forse sposare William era soluzione migliore. Era un bravo ragazzo, aveva i soldi ed un nome rispettabile, nonché una casa sua propria, ma allo stesso tempo, una parte di me gridava con tutto il fiato che aveva in corpo di non accettare l’offerta. Non ero vanitosa, non potevo sperare – né volevo – di avere un uomo migliore di lui, il prestigio e il denaro erano l’ultima cosa che mi interessasse… ma allora cosa volevo?

   Con quella domanda ancora stampata a fuoco dentro di me, ritornai ai panni.

 

*

 

Tornai a casa giusto per l’ora di cena, i panni lavati e umidi nel catino, e un’espressione soddisfatta dipinta in viso. Andai sul retro del cottage dove, piantati nel terreno secco, c’erano due grossi pali di legno e un filo dove stendere la biancheria bagnata. Vedendomi, Joshua si lanciò in una sequela di nitriti gutturali in segno di saluto.

   << Ciao Joshua >>, gli risposi, senza guardarlo, troppo impegnata a terminare il lavoro per prestargli attenzione.

Ai nitriti allegri di Joshua, si aggiunse un altro, molto più potente.

   Era strano; Joshua era l’unico cavallo che possedevamo, ed era un evento raro ricevere visite, almeno per noi, tuttavia non poteva essere altrimenti.

Girandomi verso la piccola stalla, temetti che il cuore mi scoppiasse da un momento all’altro.

Murtagh, il grosso roano che avevo visto quel pomeriggio, adesso era impastoiato nella piccola stalla assieme a Joshua, occupando tutto lo spazio disponibile al piccolo bramantino, relegandolo in un angolo.

   Che ci faceva a casa nostra il cavallo di Will?

Appena mi posi quella domanda, un campanello d’allarme attirò la mia attenzione, gelandomi il sangue.

   << Non può essere…! >> Lasciai gli abiti lavati nel catino, raccolsi le gonne affinché non mi impedissero i movimenti, e mi precipitai in casa.

   << Elisa! >> esclamai a gran voce, una volta entrata dalla porta.

Il cuore mi batteva violento nel petto, stringendomi sempre più le stecche del corpetto contro e lasciandomi senza fiato.

   << Elisa…! >> Senza fiato, la voce mi uscì come un rantolo allarmato.

<< Cosa c’è? >> Non riesco a descrivere il sollievo che provai, vedendo il volto di mia sorella, rilassato e sorpreso.

   << Dov’è Papà? >> chiesi, guardandomi attorno, furtiva.

   << È di là, assieme ad un ospite >>, disse lei senza una particolare emozione nella voce.

   << Ospite? >> La voce mi tremò come se avessi freddo, togliendomi anche gli ultimi residui d’aria rimasti.

Lei annuì, nonostante la mia domanda fosse retorica.

    << Il figlio del locandiere è venuto a casa nostra. Voleva parlare con Papà. >>

Oh, no. no, non poteva essere, non stava accadendo veramente, non stava…

    << Maddy? Figliola, sei tu? >> Dall’altra stanza mi giunse la voce di Papà.

Non gli risposi, limitandomi a camminare a testa bassa, raggiungendolo.

    La vista di Will, comodamente seduto sulla poltrona sgangherata della piccola stanza che fungeva da soggiorno, mi fece male al cuore… ma non fu piacevole.

Non era difficile immaginare il motivo per cui fosse qui, era fin troppo ovvio.

Will, vedendo la mia indecisione, aveva deciso di prendere il toro per le corna, decidendo di parlare personalmente con Papà. Non aveva minimamente tenuto in considerazione le mie opinioni, mi aveva deliberatamente messa da parte.

   << Maddy, non essere scortese! >> esclamarono Papà ed Elisa all’unisono. << Saluta il nostro ospite >>, mi intimò mia sorella, spingendomi verso William.

   << Eh… ah… io, io… >>, mi morsi leggermente la lingua, imponendomi di non balbettare, << … buonasera. >> La mia voce non era più che un sussurro strozzato.

    Lui mi sorrise cordialmente, chinando lievemente il capo, in segno di cortesia. << Buonasera. >>

<< Papà io… >>

    << Credo che sia il momento che me ne vada. >> Will interruppe qualsiasi mia parola, alzandosi dalla sedia. Elisa cortesemente gli porse il cappello a tesa larga, lui la ringraziò, calcandoselo poi sopra la testa.

    << Ve ne andate di già, MacLeod? >> chiese Papà, quasi con una punta di rammarico nella voce.

Lui annuì, quasi distrattamente. << Si è fatto tardi, è il caso che faccia ritorno a casa. >>

    << Capisco >>, Papà si alzò dalla propria poltrona, tendendo la mano al giovane. << Vi ringrazio MacLeod. Rifletterò sulla vostra proposta molto attentamente. >>

Will strinse la mano callosa e piena di rughe di Papà, una stretta giovane ed energica. << Sono io a dover ringraziare voi, signore. >>

   << Mrs. Pacy >>, disse, rivolto a mia sorella. Le afferrò cortesemente la mano, e vi poggiò appena le labbra. << Servo vostro, madam. >>

    << Onorata, Mr. MacLeod >>, disse mia sorella, con la pari cortesia.

<< Maddy. >> Il fatto che usasse il mio nome in tono così confidenziale mi lasciò senza parole, ma in fondo, era anche vero che ci conoscevamo da una vita, io e lui. Eppure, allo stesso tempo, sentivo di non conoscerlo affatto.

   Prese la mia mano nella sua, posandovi completamente le lebbra, un fremito mi scosse da capo a piedi, provocandomi un fremito in tutto il corpo, i suoi occhi verdi sembrarono accendersi di una luce che non conoscevo, mentre si soffermavano sul mio viso. << Mia cara, ti auguro la buonanotte. >>

Fece per lasciare la mia mano, ma per un istante, strinse la presa, quasi fosse stato un monito, e io annuii, senza sapere cosa dire.

Uscendo dalla porta Will fu costretto ad abbassare la testa, dato che era molto più alto; prima di uscire completamente, però, lanciò un’ultima occhiata in tralice nella mia direzione.

   Capivo il motivo di quello sguardo… non avrei fatto come mi pareva. Aveva anticipato qualsiasi mia mossa, intrappolandomi completamente.

 

*

 

    << Papà, che cosa vi siete detti? >>

    << Non lo immagini? >> Elisa aveva un tono di voce serio, sembrava arrabbiata, e non ne capii il motivo.

   << Io… >> Abbassai lo sguardo, senza sapere cosa dire.

Papà tirò un lungo respiro, quasi stesse cercando le parole giuste da usare. << Il giovane MacLeod ha chiesto la tua mano, figliola >>, si batteva le dita rigide sulla coscia, soppesando le parole una ad una, << … e io gli ho dato il permesso. >>

    << Cosa…? >> la voce mi uscì di bocca come un tremolio incredulo. << Perché Papà? Perché l’hai fatto? >> esclamai, sentendomi tradita. Papà sapeva cosa ne pensassi del matrimonio in così giovane età… e io sapevo che ero alle dirette dipendenze di mio padre. Lo sapevo, eppure…

   Papà si accarezzò lievemente i baffi grigi con la mano, senza rispondere subito alla mia domanda. << Abbiamo bisogno che ti sposi, Maddy. >>

   << Perché non ci sono soldi? >> chiesi, completamente basita e incredula. << È solo per questo? Io conto così poco, per te? >>

   Non avrei dovuto dirlo. Gli occhi grigi di Papà si fissarono su di me come gli occhi di un predatore; una scossa di rabbia lo fece fremere, spaventandomi.

   << Non ti azzardare, ragazzina >>, disse rabbioso. << Se non mi importasse niente di te, ti avrei data in sposa appena compiuti quattordici anni. Hai idea di quanti uomini abbiano chiesto la tua mano, in questi tre anni? >> i suoi occhi sembravano brillare di una luce animalesca, cancellando ogni parvenza di civiltà.

Si alzò dalla poltrona e in poche falcate mi fu addosso. Mi afferrò per le braccia e mi scosse talmente forte, fino a farmi battere i denti. << Ho rifiutato più di dieci uomini, perché sapevo quanto fossi restia a sposarti! Tutti quegli uomini avevano almeno quindici anni in più di te, credi che avrei mai potuta lasciare ad uno di loro? >> Sputava addosso a me tutto il veleno che aveva in corpo, urlando come un ossesso e spaventandomi.

    << Papà, mi sai facendo male! >>

<< Avrei potuto lasciarti ad uno di loro, ma ho preferito aspettare… adesso che quel ragazzo mi offre la possibilità di dar mia figlia ad una brava persona… buon Dio, sei davvero così ottusa, Madelaine!? >>

   Non sapevo cosa rispondere. Le parole erano intrappolate in fondo alla gola, mentre dei singhiozzi mi scuotevano tutta, togliendomi il fiato.

   << Papà… ti prego… >>

Alla fine riuscì a calmarsi. Lasciò andare le mie braccia, e io mi allontanai il più possibile da lui, sfregandomi le braccia tra loro, cercando di farmi forza. Papà perdeva la pazienza facilmente, ma non ci aveva mai picchiati se non per un giusto motivo; la reazione di quella sera, invece, era peggio di venti cinghiate senza sosta.

    << William MacLeod è un bravo ragazzo, Madelaine >>, disse, dopo che la rabbia si fu, attenuata; la voce era ancora tremula, ma Papà sembrava calmo. << Nonostante sia uno scozzese, è un buon partito, è l’unico erede e suo padre possiede una locanda, hai i soldi, una casa tutta per sé… Maddy, non possiamo rifiutare una simile opportunità, capisci? >>

   No, avrei voluto dire. Non capisco il vostro egoismo e non voglio nemmeno stare sotto le vostre regole… ma non dissi nulla. Mi limitai ad annuire leggermente con il capo.

Papà si avvicinò nuovamente, e mi cinse la testa con un braccio, calmando appena i tremori che ancora mi scuotevano.

   << Capisco, Papà >>, tirai su con il naso, << e accetto la proposta. >>

Annuii appena con la testa. << Sposerò William MacLeod. >>

 

*

 

Riuscii a convincere Papà ad uscire fuori casa per qualche minuto. Avevo bisogno di starmene un po’ da sola, senza che lui o Elisa mi stessero vicini.

Il sole era ancora alto in cielo, che aveva iniziato a stemperarsi nei colori più cupi della notte, assumendo sfumature arancio, rosse e qualche screziatura violacea qua e là; una leggera brezza soffiava nei campi, facendo danzare l’erba selvatica e i fiori di campo, un brivido mi scosse leggermene, allorché mi avvolsi stretta nello scialle leggero che avevo preso con me.

   Una ragazza del villaggio, di fronte ad una simile opportunità avrebbe implorato il padre affinché potesse sposare il ragazzo, nonostante fosse scozzese e, per questo, un traditore della Corona inglese… ma a Papà questo non sembrava importare, era più interessato al fatto che Will fosse affidabile e che si comportasse come un buon marito. Normalmente avrei dovuto essere felice di una simile opportunità, ma io…

Strinsi i denti e raccolsi alcune delle lacrime che mi erano sfuggite dalle palpebre, asciugando poi la mano umida contro la gonna.

Il sole stava calando in fretta, forse era il caso di far ritorno a casa…

Tuttavia non lo feci. Con passi rapidi e decisi, camminai fino al villaggio, salutando frettolosamente gli uomini che incontravo, intenti a tornarsene a casa dalle proprie famiglie, a gustare una deliziosa cena.

    Alla fine raggiunsi la locanda gestita dalla famiglia MacLeod; entrai dentro, decisa più che mai a trovarlo.  

  << Maddy! >>

William era distante pochi metri da me. Indossava un grembiule sopra la rozza camicia di lino e stava servendo un uomo tarchiato e barbuto, che reclamava a gran voce una pinta di birra.

Mi fece cenno di aspettare un istante, disse qualcosa nella sua strana lingua a suo padre, che lo lasciò andare.

Si tolse il grembiule e mi raggiunse, il viso forte e robusto piacevolmente rubicondo, forse per la felicità.

   << Che ci fai qui? >> mi chiese, senza smettere di sorridermi ammiccante.

Distolsi lo sguardo, puntandolo sul pavimento sporco di birra e liquori vari, ormai asciutti.

    << Vorrei parlarti, se non ti dispiace >>, dissi con un mormorio cupo.

<< Oh, certo. Non c’è problema. >> Con un gesto puramente cavalleresco, mi prese a braccetto. << Ti riaccompagno a casa, d’accordo? >>

Annuii, lasciando che mi conducesse fuori.

 

*

 

 I capelli sciolti ondeggiavano piacevolmente nella brezza serotina, e avvertii il sentore di maschio non lavato, mentre Will era vicino a me; un odore forte e muschiato, non particolarmente sgradevole.

Non avevamo ancora instaurato una parvenza di conversazione, io mi limitavo a starmene sulle mie, e lui cortesemente attendeva. Ma non lo fece a lungo.

   << Maddy, io… >> I suoi occhi sembravano affranti, quasi dispiaciuti. Non credevo che fosse dispiaciuto per me, per il fatto che mi avesse praticamente costretta a diventare sua moglie, tuttavia i suoi occhi…

   << … mi dispiace, non intendevo ferirti >>, disse alla fine, con voce dimessa.

Scossi lievemente la testa, e alcune ciocche di capelli mi caddero davanti al viso.

   << Non ti preoccupare, in fondo hai ottenuto quello che volevi, no? >> Fui più sgarbata di quanto intendessi essere, e me ne dispiacqui.

Lui non disse nulla, limitandosi a distogliere lo sguardo. << Will, io non… >>

   Mi diede le spalle, distaccandosi da me il più possibile. << Will, non volevo offenderti! >>

Mi sentii il cuore congelarsi una gelida morsa, lasciandomi stordita e piena di dolore. Non mi piaceva l’idea di essere sua moglie, o meglio, non mi piaceva l’idea di sposarmi così presto, ma non volevo che a causa della mia testardaggine lui soffrisse, dopo tutto io…

    << Will! >> lo chiamai ancora, sperando che non se ne tornasse a casa, lasciandomi sola.  

Non avevo paura a tornare a casa da sola, ma la sua presenza vicino era una specie di amuleto, qualcosa che sembrava tenermi al sicuro, senza contare che la sua presenza era più che rassicurante, viste la sua stazza.

   Contrariamente alle mie aspettative, lo vidi inginocchiarsi sul ciglio della strada sterrata, armeggiò con le mani in quella posizione per qualche secondo, poi si rimise in piedi, voltandosi nuovamente verso di me.

   << Will… >> Non riuscivo a dire nient’altro al di fuori del suo nome, gli occhi mi pungevano con insistenza, e le lacrime ormai erano giunte al punto di non ritorno.

   << Mi dispiace, Maddy. >> La sua voce era sincera, così come lo erano i suoi occhi.

Quando fu abbastanza vicino, riuscii a vedere le corolle di alcuni fiorellini di campo, che crescevano su ciglio della strada. Forse era un gesto per scusarsi, un modo per fare ammenda, e ottenere il mio perdono.

   Me li porse, ma non li accettai subito, rimasi a guardarlo, in silenzio.

<< Non volevo essere avventato, davvero. >> Si mordicchiò il labbro inferiore, un’ovvia dimostrazione di disagio.

   << Non ti prometto niente, ma vedrai che farò del mio meglio >>, disse alla fine, imbarazzato e a disagio.

<< Cosa…? >>

    << Farò di tutto per essere un bravo marito, Maddy. Non ti farò mancare niente, te l’assicuro. >>

Rimasi in silenzio, osservando quel semplice dono floreale, e il volto imbarazzato e forte del mio promesso sposo.

   Come potevo rifiutarlo?

Nonostante le mie reticenze, dovevo ammettere che Papà aveva ragione. Era un bravo ragazzo, serio, votato al lavoro e di sani principi. Con lui sarei stata felice, molto di più che con altri uomini.

  Senza dire nulla, tesi la mano verso il piccolo mazzo di fiori, mentre un dolce sorriso si faceva strada sulle mie labbra, rivolto al mio futuro marito.

     

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note:   

1)      Signore, il pane non manca mai… si tratta della preghiera della cena; so che non è molto azzeccata, dato che si tratta della colazione, ma non ne ho trovate di preghiere che parlassero della colazione, scusate^^’

2)      Babergh è il distretto confinante con quello di Ipswich, ed entrambi fanno parte della contea del Suffolk.

3)      Mo mhùirnìn bàn: frase di origine gaelica, significa ‘Mio caro/mia cara’. Per intenderci, il gaelico è la lingua parlata nelle Highlands, la parte più settentrionale della Scozia^^            

 

  
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