Note dell’autrice: finalmente
sono tornata! :D
Chiedo umilmente
perdono per averci messo così tanto, ma non è per niente facile
aggiornare questa fanfiction, soprattutto perché non voglio scrivere
capitoli inutili dove non succede niente di interessante… be’,
forse dovrei starmene zitta, dato che nei primi due non è successo
praticamente niente… e come al
solito mi sotterro da sola-_-‘
Ringrazio come al solito la mia cara Padme,sai che apprezzo tantissimo i
commenti che lasci^^, barbarizia,sono
contenta che stessi aspettando il seguito, anche se mi dispiace di averti fatto
attendere così tanto^^’, Owarinai
yume,eheh… credo che non ci vorrà
molto, per sapere chi è ‘l’uomo mascherato’:D, shandril, yay, una new entry!x3 Grazie per i complimenti, sono
contenta che Maddy ti piaccia… piace anche a me, ma del resto sono sua
‘Madre’, come potrei non amarla?^^
Will… eh, Will
penso che a lungo andare si beccherà un sacco di nomi… e
finirà sulla lista nera di molti… -_-‘
Al solito, chiedo scusa per averci messo
così tanto ad aggiornare, ma non è facile essere puntuali con gli
aggiornamenti, quando si è all’ultimo anno delle superiori,
perciò vi prego, non mettetemi in croce, d’accordo?^^’
Spero che anche questo capitolo
possa piacervi e… alla prossima!
Redarcher
III
Confusione
Quella notte non chiusi
occhio. Senza sosta, continuai a girarmi e rigirarmi sotto le coperte
completamente accaldata e confusa. Le parole di Will erano marcate a fuoco
dentro di me, e ogni secondo di più bruciavano nel mio cuore come se
avessero voluto incenerirlo.
‘Diventa mia moglie’.
Scossi brutalmente la testa,
cercando di togliermi dalla mente le sue parole, tirandomi il lenzuolo fresco
sopra la testa. Ero riuscita a fuggire da lui dicendogli che dovevo fare
ritorno a casa, e così avevo fatto… ma avevo il presentimento
– anzi la convinzione! – che in futuro non avrei più potuto
lasciare in sospeso la faccenda. Will era molto più grande di me, ed era
un uomo forte e orgoglioso… non avrebbe accettato un no come risposta, o
meglio, non mi avrebbe lasciata fuggire senza chiarire la situazione.
Il mese successivo avrei compiuto
diciassette anni, ed ero in età da marito già a
quattordici… Papà non mi avrebbe lasciata senza marito a lungo, ne
ero certa, a causa anche delle nostre scarse possibilità economiche,
senza contare che Elisa era incinta, e Fletcher sembrava voler ritardare il
più a lungo possibile, il momento di scegliere una moglie… io non
avevo scelta. Prima o poi sarebbe successo, che io lo volessi o meno,
perciò forse avrei fatto bene ad accettare la proposta di Will…
<< Madelaine!
Madelaine, svegliati! >> La voce di Elisa mi raggiunse da dietro la porta
malandata della mia stanza, strappandomi un sussulto.
<< Arrivo! >> le
risposi, balzando fuori dal materasso sfondato del letto.
Mi vestii nel buio della
stanza, sistemandomi la camiciola di mussola e aggiungendovi sopra il corpetto
e le gonne; aprii la finestra e una luce pallida entrò nella stanza,
facendo danzare il pulviscolo sul pavimento, mi legai i capelli con lo stesso
nastro giallo della sera prima e uscii dalla stanza.
Elisa era già sveglia e
pronta a iniziare la sua giornata, il grembiule bianco annodato e i capelli
raccolti in una crocchia improvvisata. Si voltò lentamente, sentendo i
miei passi.
<< Oh, buongiorno >>,
disse tranquilla, riconcentrandosi sulla colazione.
<< Buongiorno
>>, risposi, mentre mi annodavo anch’io il mio grembiule bianco.
Nella stanza permeava
l’odore pungente del porridge e di zuppa di erbe, se eravamo fortunati ci
sarebbero stati alcuni pezzetti di pane raffermo da inumidire nella zuppa
calda.
<< Manca
l’acqua, ti dispiace andare a prenderla? >>
Non risposi, limitandomi ad
uscire dalla porta della cucina, ritrovandomi così nel retro del piccolo
cottage. Con il secchio in una mano andai nella piccola stella – che in
realtà era solo una tettoia – dove lì accanto c’era
la botte dove raccoglievamo l’acqua, a volte era acqua piovana, altra
andavo fino al fiume con due secchi e poi andavo avanti e indietro
finché la botte non era piena.
Una volta recuperata l’acqua
tornai in casa, trovando Papà, Fletcher ed Erial svegli e seduti a
tavola con la loro colazione fumante davanti al naso, lasciai il secchio al
piano di cottura e mi sedetti al mio posto, congiunsi le mani, aspettando che
Papà iniziasse la funzione.
Si alzò da tavola, di
modo che la sua voce chiara e ben udibile, abbassammo il capo, pronti a
recitare la preghiera.
La sua voce, nonostante
l’età, era profonda e ben udibile, senza alcuna incertezza.
<< Signore, il pane non manca sulla nostra tavola. I nostri zaini contengono cibo a
sufficienza, anzi qualche volta
ne portiamo fin troppo. >> Fece una pausa, << Siamo affamati per il cammino e la
fatica della strada, e ora ci dai la gioia di nutrirci. >>
Fletcher
emise un lungo sospiro, pensando al fatto che noi, in realtà, fossimo
sempre affamati, e poche volte avevamo la gioia di nutrirci. Per me non era un
problema, non più di tanto, almeno; mangiavamo poco, ma
Non
sembravo risentire granché della mancanza di cibo… Fletcher invece
era sempre affamato, e poche possibilità di nutrirsi a dovere.
Intanto
Papà continuava a recitare la preghiera.
<< Fa’ che non perdiamo mai il gusto delle cose semplici,
che non diventiamo schiavi delle cose superflue o inutili. Insegnaci a dividere
il nostro pane con chi ne è privo e a non sprecare mai le risorse e le
vivande che abbiamo. >>
No, non avremmo mai perso il gusto
delle cose semplici, perché era l’unica cosa di cui disponevamo.
Alla fine
intonò le ultime parole. <<
Donaci sempre la fame di Te. >> (1)
<< Amen. >>
Riaprii
finalmente gli occhi e afferrai il mio cucchiaio di legno, posto accanto alla
scodella calda.
Sorbimmo
il nostro magro pasto in religioso silenzio, scambiandoci qualche parola di
tanto in tanto, ma nessuna di esse era di fondamentale importanza.
Una volta
terminato di mangiare, Erial, Fletcher e Papà si recarono assieme nei
campi, pronti per una nuova giornata di lavoro. Aiutai Elisa a raccogliere le
stoviglie, versai un po’ d’acqua in un catino e diedi una
sciacquata alle scodelle e una volta terminata l’operazione, portai
l’acqua nella stalla, versandola nel secchio di Joshua, il piccolo bramantino
che usavamo per arare i campi e, saltuariamente, per raggiungere la contea di
Babergh (2), ma la maggior parte del tempo la trascorreva dentro alla piccola
tettoia che fungeva da stalla, con il suo fieno e il foraggio fragrante.
<< Ehi, Joshua >>, gli
dissi amichevole, battendo lievemente il palmo sulla sua testa piccola e
raffinata, sentendo sotto le dita l’accumulo di polvere e fango e altre
lordure, sul pelo sporco e pieno di sudiciume.
Joshua in
tutta risposta esalò un nitrito gutturale di saluto, piantando il grosso
muso sulla mia mano, e tirando una lunga annusata, avvertendo molto
probabilmente la zaffata di avena e erbe assieme.
<< Bravo ragazzo
>>dissi conciliante, mentre versavo l’acqua nel suo catino.
*
<<
Qualcosa non va? >>
Alzai gli occhi dal mio lavoro di cucito,
soffermandomi sul viso dai tratti regolari di Elisa, intenta a scrutarmi con
attenzione.
<<
Perché? >> chiesi, senza capire cosa volesse dire.
Si
passò un ciuffo di capelli dietro le orecchie, tirando una lunga boccata
d’aria, quasi stesse cercando le parole giuste.
<< Ieri sei
tornata a casa da sola, come mai? >>
<<
Oh. >> Mi riconcentrai prontamente sui calzini che stavo rammendando, un
odore forte e pungente di maschio fuoriusciva da essi, pizzicandomi leggermente
il naso; Fletcher per avere solo diciannove anni sudava peggio di un uomo di
trenta.
Scossi lentamente la testa e
alcuni riccioli mi caddero davanti al viso, impedendomi di vedere cosa stessi
facendo; con un gesto rapido me li tolsi di torno.
<< Ero stanca, perciò
sono tornata a casa? >>
<< Da
sola? >>
Annuii di
nuovo. Sapevo bene il perché di quella domanda. Se le vecchie comari di
Ipswich mi avessero vista tornare a casa con un uomo, di sicuro avrebbero
potuto fare ipotesi azzardate sulla mia persona: sarei potuta ritrovarmi
fidanzata con un uomo nel giro di poche ore – ovviamente senza saperlo
– oppure essere una ragazza dal deplorevole… che meraviglia.
<< Hai incontrato il
figlio del locandiere? >> Non riuscii a trattenere un fremito, sentendo
menzionare Will. Intuendo che sarei potuta andare avanti a lungo, poggiai sul
grembo la calza di Fletcher, guardando sconsolata la pila di altri indumenti da
rammendare.
<< Chi te l’ha detto?
>> Riuscii a simulare un tono tranquillo, nonostante fossi tutt’altro
che tranquilla, in quel momento.
Elisa scrollò le spalle,
riprendendo le sue faccende. << Oh, è stato lui a chiedermi di te.
stavo ballando assieme ad Erial, quando me lo sono visto davanti agli occhi. Mi
ha chiesto dove fossi, così gli ho detto che molto probabilmente eri con
Charlot e il figlio del pastore. >>
<< Infatti >>, dissi,
più rivolta a me stessa che a mia sorella.
<<
L’hai visto? >>
Stavolta
non dissi la verità. << No, sono tornata a casa prima. >>
<< Ah. >> Elisa
concluse così la sua sequela di domande, riprendendo a preparare il
pranzo.
Non avrei
mai potuto dire a Elisa della proposta di matrimonio da parte di Will; sapevo
che anche solo a menzionare una cosa simile, lei si sarebbe prodigata con tutta
sé stessa affinché io e lui convolassimo a nozze prima del
compimento dei miei diciassette anni… e per adesso non avevo simili
intenzioni, non subito, almeno.
<< Sarebbe il caso che tu
andassi al fiume, oggi. >>
<<
Ah, sì? >> chiesi, sollevando nuovamente il naso dal rammendo,
stavolta di una camicia di Erial.
Elisa
annuì brevemente. << Ti darei volentieri una mano, ma come
vedi… >> Girò su sé stessa, esibendo al meglio il suo
ventre rigonfio.
Scossi leggermente la testa.
<< Non importa, me la caverò anche da sola. >>
Chinai
nuovamente il capo sul lavoro di rammendo, e stavolta non fui interrotta.
*
Dopo un
pranzo frugale raccattai tutti i panni sporchi, presi un’assa di legno e
un frammento di liscivia e un catino in cui infilare il tutto, mi annodai un
fazzoletto sulla testa e andai al fiume, sotto un battente sole estivo.
Il piccolo ruscello scorreva
placidamente in mezzo ad una generosa distesa di massi verdi di muschio
più o meno grandi; solitamente la maggior parte delle donne di Ipswich
si raccoglieva al ruscello per lavare i panni e, ovviamente, per spettegolare
tra loro… ma oggi non sembrava così.
Troppo
accaldate per starsene a lavare i panni sotto al sole cocente, le donne
evidentemente avevano preferito starsene tappate in casa a sbrigare le faccende
di casa, piuttosto che svenire per il caldo. Io non ero della stessa opinione.
Mi ero
munita di un fazzoletto, accuratamente annodato sopra la mia testa,
perciò non temevo né il caldo né nessun svenimento in
particolare.
Appoggiai
il catino su di una roccia dalla forma smussata e piatta sulla sommità,
raccolsi al meglio le maniche della camicia e mi tirai su le gonne fino alle
ginocchia, lasciando il polpaccio pallido esposto alla luce del sole.
C’era una differenza spaventosa tra la pelle delle mie gambe e quella
delle braccia, molto più abbronzate e di un colore più salutare
rispetto alle mie gambe.
Una volta tolte anche le logore scarpe,
mi immersi poco a poco in acqua, rabbrividendo fino alla radice dei capelli per
l’acqua fredda, i sassi scivolosi pungevano e pizzicavano sotto i miei
piedi, ma non si feci granché caso: ero abituata a lavare i panni nel
fiume.
Presi una
manciata di vestiti e me li posai accanto, la logora assa di legno e la
liscivia; iniziai a lavare i panni, stando ben attenta a non sprecare
inutilmente troppa liscivia.
Nonostante
il caldo, era una giornata perfetta per lavare i panni, di sicuro sarebbero
anche asciugati in fretta con tutto quel caldo. I panni si inumidivano in acqua
e si lasciavano impastare dolcemente dalle mie mani esperte, ruvide per i
lavori manuali cui erano state ‘costrette’ fin quando ero bambina.
Con un così bel tempo, il
sole che scaldava piacevolmente la mia schiena sudata e il resto del mio corpo,
mi riusciva impossibile pensare a quello che era accaduto solo la note
precedente; ora come ora, Will non era altro che un pallido riflesso nella mia
mente, che tendeva a svanire poco a poco ad ogni strizzata che davo ai vestiti.
Dovevo trovare una soluzione, sapevo di non poter ritardare a lungo, ma adesso
sembrava una cosa così lontana, quasi impossibile… ci avrei
pensato più tardi, ma non adesso. Ero troppo impegnata.
Il nitrito acuto di un cavallo non
troppo lontano, mi distolse dal lavoro, facendomi perdere la concentrazione.
Sollevando la testa dai panni, i miei occhi cercarono il cavallo, venuto molto
probabilmente ad abbeverarsi. Di sicuro con lui c’era anche il suo
cavaliere, ma non sarebbe stato difficile nemmeno trovare l’equino
completamente solo, magari sfuggito dal recinto e adesso intento a farsi una
bella passeggiata in solitaria.
Lo trovai
non troppo lontano da dove ero appostata io. Chinato sulle lunghe zampe
muscolose, un grosso roano con dei rapidi colpi della grossa lingua rosa
raccoglieva generose quantità d’acqua, dissetandosi completamente.
Non troppo lontano dal grosso roano trovai il suo cavaliere… e il mio
cuore perse un colpo.
Will bucò improvvisamente
da una macchia di cespugli li accanto, le mani poggiate sulla patta dei
pantaloni e un’espressione sollevata in viso. Raggiunse il cavallo e si
inginocchiò lì accanto, chiuse la mani a coppa e raccolse una
generosa quantità d’acqua, versandosela poi sulle labbra generose.
Deglutii
profondamente, vedendolo sorbirsi quel liquido ghiacciato quasi fosse stato il
più buono dei nettari. Non era difficile capire perché la maggior
parte delle ragazze del villaggio sperasse di andare in sposa al figlio del
locandiere. Will era bello e gentile, quasi quanto era imprevedibile e
‘pericoloso’, guardarlo in quei profondi occhi verdi voleva dire scegliere
deliberatamente di perdersi in quelle profondità del colore dello
smeraldo.
Forse era proprio per questo che
ero così restia ad accettare la sua proposta di matrimonio. Non ero
sicura di conservare la mia integrità, la mia anima, se avessi scelto
lui… e la mia anima era una delle poche cose che erano mie, e mie
soltanto.
Una volta
che anche il cavallo ebbe finito di abbeverarsi, William gli afferrò le
redini e gli diede un leggero colpetto sul muso, sussurrandoli delle paroline
incomprensibili all’orecchio.
<< Murtagh, mo mhùirnìn bàn
(3), sei pronto a ripartire? >> chiese allo stallone con dolcezza.
Con uno
scatto agile e molleggiato, risalì in groppa alla propria cavalcatura,
il cavallo sollevò la grossa testa in risposta allo sprono delle
briglie, Will poi lo incitò a partire con uno schiocco secco della
lingua; il cavallo ubbidì, e nel giro di poco mi ritrovai nuovamente
sola.
Forse sposare William era
soluzione migliore. Era un bravo ragazzo, aveva i soldi ed un nome
rispettabile, nonché una casa sua propria, ma allo stesso tempo, una
parte di me gridava con tutto il fiato che aveva in corpo di non accettare
l’offerta. Non ero vanitosa, non potevo sperare – né volevo
– di avere un uomo migliore di lui, il prestigio e il denaro erano
l’ultima cosa che mi interessasse… ma allora cosa volevo?
Con quella domanda ancora stampata
a fuoco dentro di me, ritornai ai panni.
*
Tornai a
casa giusto per l’ora di cena, i panni lavati e umidi nel catino, e
un’espressione soddisfatta dipinta in viso. Andai sul retro del cottage
dove, piantati nel terreno secco, c’erano due grossi pali di legno e un
filo dove stendere la biancheria bagnata. Vedendomi, Joshua si lanciò in
una sequela di nitriti gutturali in segno di saluto.
<< Ciao Joshua >>, gli
risposi, senza guardarlo, troppo impegnata a terminare il lavoro per prestargli
attenzione.
Ai nitriti
allegri di Joshua, si aggiunse un altro, molto più potente.
Era strano; Joshua era
l’unico cavallo che possedevamo, ed era un evento raro ricevere visite,
almeno per noi, tuttavia non poteva essere altrimenti.
Girandomi
verso la piccola stalla, temetti che il cuore mi scoppiasse da un momento
all’altro.
Murtagh,
il grosso roano che avevo visto quel pomeriggio, adesso era impastoiato nella
piccola stalla assieme a Joshua, occupando tutto lo spazio disponibile al
piccolo bramantino, relegandolo in un angolo.
Che ci faceva a casa nostra il
cavallo di Will?
Appena mi
posi quella domanda, un campanello d’allarme attirò la mia
attenzione, gelandomi il sangue.
<< Non può
essere…! >> Lasciai gli abiti lavati nel catino, raccolsi le gonne
affinché non mi impedissero i movimenti, e mi precipitai in casa.
<< Elisa! >> esclamai
a gran voce, una volta entrata dalla porta.
Il cuore
mi batteva violento nel petto, stringendomi sempre più le stecche del
corpetto contro e lasciandomi senza fiato.
<< Elisa…! >>
Senza fiato, la voce mi uscì come un rantolo allarmato.
<<
Cosa c’è? >> Non riesco a descrivere il sollievo che provai,
vedendo il volto di mia sorella, rilassato e sorpreso.
<< Dov’è
Papà? >> chiesi, guardandomi attorno, furtiva.
<< È di là,
assieme ad un ospite >>, disse lei senza una particolare emozione nella
voce.
<< Ospite? >> La voce
mi tremò come se avessi freddo, togliendomi anche gli ultimi residui
d’aria rimasti.
Lei
annuì, nonostante la mia domanda fosse retorica.
<< Il figlio del
locandiere è venuto a casa nostra. Voleva parlare con Papà.
>>
Oh, no.
no, non poteva essere, non stava accadendo veramente, non stava…
<< Maddy? Figliola,
sei tu? >> Dall’altra stanza mi giunse la voce di Papà.
Non gli
risposi, limitandomi a camminare a testa bassa, raggiungendolo.
La vista di Will,
comodamente seduto sulla poltrona sgangherata della piccola stanza che fungeva
da soggiorno, mi fece male al cuore… ma non fu piacevole.
Non era
difficile immaginare il motivo per cui fosse qui, era fin troppo ovvio.
Will,
vedendo la mia indecisione, aveva deciso di prendere il toro per le corna,
decidendo di parlare personalmente con Papà. Non aveva minimamente
tenuto in considerazione le mie opinioni, mi aveva deliberatamente messa da
parte.
<< Maddy, non essere
scortese! >> esclamarono Papà ed Elisa all’unisono. <<
Saluta il nostro ospite >>, mi intimò mia sorella, spingendomi
verso William.
<< Eh… ah… io,
io… >>, mi morsi leggermente la lingua, imponendomi di non
balbettare, << … buonasera. >> La mia voce non era più
che un sussurro strozzato.
Lui mi sorrise cordialmente,
chinando lievemente il capo, in segno di cortesia. << Buonasera. >>
<<
Papà io… >>
<< Credo che sia il
momento che me ne vada. >> Will interruppe qualsiasi mia parola,
alzandosi dalla sedia. Elisa cortesemente gli porse il cappello a tesa larga,
lui la ringraziò, calcandoselo poi sopra la testa.
<< Ve ne andate di
già, MacLeod? >> chiese Papà, quasi con una punta di
rammarico nella voce.
Lui
annuì, quasi distrattamente. << Si è fatto tardi, è
il caso che faccia ritorno a casa. >>
<< Capisco >>,
Papà si alzò dalla propria poltrona, tendendo la mano al giovane.
<< Vi ringrazio MacLeod. Rifletterò sulla vostra proposta molto
attentamente. >>
Will
strinse la mano callosa e piena di rughe di Papà, una stretta giovane ed
energica. << Sono io a dover ringraziare voi, signore. >>
<< Mrs. Pacy >>,
disse, rivolto a mia sorella. Le afferrò cortesemente la mano, e vi
poggiò appena le labbra. << Servo vostro, madam. >>
<< Onorata, Mr.
MacLeod >>, disse mia sorella, con la pari cortesia.
<<
Maddy. >> Il fatto che usasse il mio nome in tono così
confidenziale mi lasciò senza parole, ma in fondo, era anche vero che ci
conoscevamo da una vita, io e lui. Eppure, allo stesso tempo, sentivo di non
conoscerlo affatto.
Prese la mia mano nella sua,
posandovi completamente le lebbra, un fremito mi scosse da capo a piedi,
provocandomi un fremito in tutto il corpo, i suoi occhi verdi sembrarono
accendersi di una luce che non conoscevo, mentre si soffermavano sul mio viso.
<< Mia cara, ti auguro la buonanotte. >>
Fece per
lasciare la mia mano, ma per un istante, strinse la presa, quasi fosse stato un
monito, e io annuii, senza sapere cosa dire.
Uscendo
dalla porta Will fu costretto ad abbassare la testa, dato che era molto
più alto; prima di uscire completamente, però, lanciò
un’ultima occhiata in tralice nella mia direzione.
Capivo il motivo di quello
sguardo… non avrei fatto come mi pareva. Aveva anticipato qualsiasi mia
mossa, intrappolandomi completamente.
*
<< Papà, che
cosa vi siete detti? >>
<< Non lo immagini?
>> Elisa aveva un tono di voce serio, sembrava arrabbiata, e non ne capii
il motivo.
<< Io… >>
Abbassai lo sguardo, senza sapere cosa dire.
Papà
tirò un lungo respiro, quasi stesse cercando le parole giuste da usare.
<< Il giovane MacLeod ha chiesto la tua mano, figliola >>, si
batteva le dita rigide sulla coscia, soppesando le parole una ad una, <<
… e io gli ho dato il permesso. >>
<< Cosa…?
>> la voce mi uscì di bocca come un tremolio incredulo. <<
Perché Papà? Perché l’hai fatto? >> esclamai,
sentendomi tradita. Papà sapeva cosa ne pensassi del matrimonio in
così giovane età… e io sapevo che ero alle dirette
dipendenze di mio padre. Lo sapevo, eppure…
Papà si accarezzò
lievemente i baffi grigi con la mano, senza rispondere subito alla mia domanda.
<< Abbiamo bisogno che ti sposi, Maddy. >>
<< Perché non ci sono
soldi? >> chiesi, completamente basita e incredula. << È
solo per questo? Io conto così poco, per te? >>
Non avrei dovuto dirlo. Gli occhi
grigi di Papà si fissarono su di me come gli occhi di un predatore; una
scossa di rabbia lo fece fremere, spaventandomi.
<< Non ti azzardare,
ragazzina >>, disse rabbioso. << Se non mi importasse niente di te,
ti avrei data in sposa appena compiuti quattordici anni. Hai idea di quanti
uomini abbiano chiesto la tua mano, in questi tre anni? >> i suoi occhi
sembravano brillare di una luce animalesca, cancellando ogni parvenza di
civiltà.
Si
alzò dalla poltrona e in poche falcate mi fu addosso. Mi afferrò
per le braccia e mi scosse talmente forte, fino a farmi battere i denti.
<< Ho rifiutato più di dieci uomini, perché sapevo quanto
fossi restia a sposarti! Tutti quegli uomini avevano almeno quindici anni in
più di te, credi che avrei mai potuta lasciare ad uno di loro? >>
Sputava addosso a me tutto il veleno che aveva in corpo, urlando come un
ossesso e spaventandomi.
<< Papà, mi sai
facendo male! >>
<<
Avrei potuto lasciarti ad uno di loro, ma ho preferito aspettare… adesso
che quel ragazzo mi offre la possibilità di dar mia figlia ad una brava
persona… buon Dio, sei davvero così ottusa, Madelaine!? >>
Non sapevo cosa rispondere. Le
parole erano intrappolate in fondo alla gola, mentre dei singhiozzi mi
scuotevano tutta, togliendomi il fiato.
<< Papà… ti
prego… >>
Alla fine
riuscì a calmarsi. Lasciò andare le mie braccia, e io mi
allontanai il più possibile da lui, sfregandomi le braccia tra loro,
cercando di farmi forza. Papà perdeva la pazienza facilmente, ma non ci
aveva mai picchiati se non per un giusto motivo; la reazione di quella sera, invece,
era peggio di venti cinghiate senza sosta.
<< William MacLeod
è un bravo ragazzo, Madelaine >>, disse, dopo che la rabbia si fu,
attenuata; la voce era ancora tremula, ma Papà sembrava calmo. <<
Nonostante sia uno scozzese, è un buon partito, è l’unico
erede e suo padre possiede una locanda, hai i soldi, una casa tutta per
sé… Maddy, non possiamo rifiutare una simile opportunità,
capisci? >>
No, avrei voluto dire. Non capisco
il vostro egoismo e non voglio nemmeno stare sotto le vostre regole… ma
non dissi nulla. Mi limitai ad annuire leggermente con il capo.
Papà
si avvicinò nuovamente, e mi cinse la testa con un braccio, calmando
appena i tremori che ancora mi scuotevano.
<< Capisco, Papà
>>, tirai su con il naso, << e accetto la proposta. >>
Annuii
appena con la testa. << Sposerò William MacLeod. >>
*
Riuscii a
convincere Papà ad uscire fuori casa per qualche minuto. Avevo bisogno
di starmene un po’ da sola, senza che lui o Elisa mi stessero vicini.
Il sole
era ancora alto in cielo, che aveva iniziato a stemperarsi nei colori
più cupi della notte, assumendo sfumature arancio, rosse e qualche
screziatura violacea qua e là; una leggera brezza soffiava nei campi,
facendo danzare l’erba selvatica e i fiori di campo, un brivido mi scosse
leggermene, allorché mi avvolsi stretta nello scialle leggero che avevo
preso con me.
Una ragazza del villaggio, di
fronte ad una simile opportunità avrebbe implorato il padre
affinché potesse sposare il ragazzo, nonostante fosse scozzese e, per
questo, un traditore della Corona
inglese… ma a Papà questo non sembrava importare, era più
interessato al fatto che Will fosse affidabile e che si comportasse come un
buon marito. Normalmente avrei dovuto essere felice di una simile
opportunità, ma io…
Strinsi i
denti e raccolsi alcune delle lacrime che mi erano sfuggite dalle palpebre,
asciugando poi la mano umida contro la gonna.
Il sole
stava calando in fretta, forse era il caso di far ritorno a casa…
Tuttavia
non lo feci. Con passi rapidi e decisi, camminai fino al villaggio, salutando
frettolosamente gli uomini che incontravo, intenti a tornarsene a casa dalle
proprie famiglie, a gustare una deliziosa cena.
Alla fine raggiunsi la
locanda gestita dalla famiglia MacLeod; entrai dentro, decisa più che
mai a trovarlo.
<< Maddy! >>
William
era distante pochi metri da me. Indossava un grembiule sopra la rozza camicia
di lino e stava servendo un uomo tarchiato e barbuto, che reclamava a gran voce
una pinta di birra.
Mi fece
cenno di aspettare un istante, disse qualcosa nella sua strana lingua a suo
padre, che lo lasciò andare.
Si tolse
il grembiule e mi raggiunse, il viso forte e robusto piacevolmente rubicondo,
forse per la felicità.
<< Che ci fai qui? >>
mi chiese, senza smettere di sorridermi ammiccante.
Distolsi
lo sguardo, puntandolo sul pavimento sporco di birra e liquori vari, ormai
asciutti.
<< Vorrei parlarti, se
non ti dispiace >>, dissi con un mormorio cupo.
<<
Oh, certo. Non c’è problema. >> Con un gesto puramente
cavalleresco, mi prese a braccetto. << Ti riaccompagno a casa,
d’accordo? >>
Annuii,
lasciando che mi conducesse fuori.
*
I capelli sciolti ondeggiavano
piacevolmente nella brezza serotina, e avvertii il sentore di maschio non
lavato, mentre Will era vicino a me; un odore forte e muschiato, non
particolarmente sgradevole.
Non
avevamo ancora instaurato una parvenza di conversazione, io mi limitavo a
starmene sulle mie, e lui cortesemente attendeva. Ma non lo fece a lungo.
<< Maddy, io… >>
I suoi occhi sembravano affranti, quasi dispiaciuti. Non credevo che fosse
dispiaciuto per me, per il fatto che mi avesse praticamente costretta a diventare sua moglie,
tuttavia i suoi occhi…
<< … mi dispiace, non
intendevo ferirti >>, disse alla fine, con voce dimessa.
Scossi
lievemente la testa, e alcune ciocche di capelli mi caddero davanti al viso.
<< Non ti preoccupare, in
fondo hai ottenuto quello che volevi, no? >> Fui più sgarbata di
quanto intendessi essere, e me ne dispiacqui.
Lui non
disse nulla, limitandosi a distogliere lo sguardo. << Will, io non…
>>
Mi diede le spalle, distaccandosi
da me il più possibile. << Will, non volevo offenderti! >>
Mi sentii
il cuore congelarsi una gelida morsa, lasciandomi stordita e piena di dolore. Non
mi piaceva l’idea di essere sua moglie, o meglio, non mi piaceva
l’idea di sposarmi così presto, ma non volevo che a causa della
mia testardaggine lui soffrisse, dopo tutto io…
<< Will! >> lo
chiamai ancora, sperando che non se ne tornasse a casa, lasciandomi sola.
Non avevo
paura a tornare a casa da sola, ma la sua presenza vicino era una specie di
amuleto, qualcosa che sembrava tenermi al sicuro, senza contare che la sua
presenza era più che rassicurante, viste la sua stazza.
Contrariamente alle mie
aspettative, lo vidi inginocchiarsi sul ciglio della strada sterrata,
armeggiò con le mani in quella posizione per qualche secondo, poi si
rimise in piedi, voltandosi nuovamente verso di me.
<< Will… >> Non
riuscivo a dire nient’altro al di fuori del suo nome, gli occhi mi
pungevano con insistenza, e le lacrime ormai erano giunte al punto di non
ritorno.
<< Mi dispiace, Maddy.
>> La sua voce era sincera, così come lo erano i suoi occhi.
Quando fu
abbastanza vicino, riuscii a vedere le corolle di alcuni fiorellini di campo,
che crescevano su ciglio della strada. Forse era un gesto per scusarsi, un modo
per fare ammenda, e ottenere il mio perdono.
Me li porse, ma non li accettai
subito, rimasi a guardarlo, in silenzio.
<<
Non volevo essere avventato, davvero. >> Si mordicchiò il labbro
inferiore, un’ovvia dimostrazione di disagio.
<< Non ti prometto niente,
ma vedrai che farò del mio meglio >>, disse alla fine, imbarazzato
e a disagio.
<<
Cosa…? >>
<< Farò di
tutto per essere un bravo marito, Maddy. Non ti farò mancare niente, te
l’assicuro. >>
Rimasi in
silenzio, osservando quel semplice dono floreale, e il volto imbarazzato e
forte del mio promesso sposo.
Come potevo rifiutarlo?
Nonostante
le mie reticenze, dovevo ammettere che Papà aveva ragione. Era un bravo
ragazzo, serio, votato al lavoro e di sani principi. Con lui sarei stata
felice, molto di più che con altri uomini.
Senza dire nulla, tesi la mano verso il
piccolo mazzo di fiori, mentre un dolce sorriso si faceva strada sulle mie
labbra, rivolto al mio futuro marito.
Note:
1)
Signore, il pane non manca mai… si tratta della preghiera della cena; so
che non è molto azzeccata, dato che si tratta della colazione, ma non ne
ho trovate di preghiere che parlassero della colazione, scusate^^’
2)
Babergh è il distretto confinante con
quello di Ipswich, ed entrambi fanno parte della contea del Suffolk.
3)
Mo mhùirnìn bàn: frase di origine gaelica, significa
‘Mio caro/mia cara’. Per intenderci, il gaelico è la lingua
parlata nelle Highlands, la parte più settentrionale della Scozia^^