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Autore: Clary F    12/03/2014    6 recensioni
Per colpa di un inconveniente nel rituale di Lilith, Jace si trasforma in Jonathan e Jonathan in Jace. A causa dell'ennesimo piano diabolico organizzato da Valentine, Clary intraprende un viaggio alla ricerca di Jace, insieme a Jonathan, mentre i suoi sentimenti diventano sempre più confusi e sbagliati. A New York, Alec, Magnus, Isabelle e Simon cercano di capirci qualcosa, prima di lanciarsi in una missione di salvataggio suicida.
Genere: Dark, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Clarissa, Jace Lightwood, Jonathan, Sebastian / Jonathan Christopher Morgenstern, Simon Lewis, Un po' tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Violenza
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Titolo: City of Expiation
Contesto: Dopo Città degli Angeli Caduti.
Personaggi: Clary, Jace, Jonathan, Simon, Isabelle, Magnus, Alec, Tessa, Jordan, Maia, Valentine, Sammael, Lilith.
Coppie: Clary/Jace, Clary/Jonathan, Isabelle/Simon, Magnus/Alec, Jordan/Maia.
Disclaimer: Nel testo sono presenti alcune citazioni da Buffy, Supernatural, Le Cronache di Magnus Bane. Le prime righe in corsivo provengono da Città degli Angeli Caduti.
Note: La storia è ambientata in universo in cui Valentine è ancora vivo. Il padre di Magnus è da considerarsi non-canon, visto che la storia è stata scritta prima dell'uscita di Città del Fuoco Celeste.

 

PROLOGUE
 

«Torno subito» gli disse stringendogli la mano. «Cinque minuti.»
«Vai» le disse lui in tono ruvido, lasciandole andare la mano, mentre lei si girava per percorrere il sentiero verso l'entrata del giardino. Nell'istante in cui Clary si allontanò da Jace, sentì di nuovo freddo e, quando raggiunse le porte dell'edificio, stava gelando. Aprendo i battenti si fermò per voltarsi a guardare Jace ancora una volta, ma lui era solo un'ombra, illuminata da dietro dal bagliore dello skyline di New York. L'amor che move il sole e l'altre stelle
.
 
 
Jace era rimasto solo. Il vento autunnale sferzava i suoi capelli d'oro, sul giardino pensile nell'Upper East Side, facendolo rabbrividire. Indossava ancora la camicia e i pantaloni del completo nero per la festa agli Ironworks; solamente che ora erano a brandelli e macchiati di sangue. Torno subito. Gli aveva detto Clary, un attimo prima. Ma il calore provocato dai suoi baci stava già svanendo, sostituito dalla piena consapevolezza che, da lì a poco, un'orda di Shadowhunters si sarebbe riversata sul tetto e allora, lui, avrebbe dovuto raccontare la verità. Aveva compiuto gesti orribili e il fatto di essere stato posseduto da un Demone Superiore potente come Lilith, non era una scusante, ai suoi occhi. Vide un bagliore argenteo a terra e si piegò a raccogliere il pugnale di suo padre, del suo vero padre, tra le mani. Ripensò a Jocelyn e Luke, e ai loro sguardi quando gli avrebbe raccontato di essere stato lui a portare lì Clary, con la forza, per di più. Su quel giardino pensile, ornato di rose e cespugli meticolosamente potati, un luogo incantevole se non fosse stato scenario di sangue e distruzione. Lilith, Jonathan e il suo folle piano di resuscitarlo. Jace abbassò lo sguardo sul marchio che imbrattava il suo petto. Era ancora lì, rosso come il sangue, brillante, pericoloso e … intatto? La runa era di nuovo intatta, il taglio provocatogli da Clary era guarito, nonostante lui non si fosse servito di alcun iratze. Con un senso di disagio crescente, Jace mosse alcuni passi verso il blocco di cemento su cui si ergeva la bara di vetro contenente il corpo di Jonathan. Non avrebbe voluto avvicinarsi, ma c'era una forza ad attrarlo che non riusciva a contrastare. Adesso era all'interno del cerchio nero adorno di rune, tracciato con una sostanza scura e viscosa, probabilmente icore. Le rune iniziarono a brillare, così come il liquido lattescente in cui era immerso Jonathan. Jace osservò con distacco e orrore la sua mano sinistra, quella con cui impugnava il coltello, alzarsi e calare dritta sul palmo della sua mano destra, aprendovi un taglio. Opponiti. Devi opporti. Ma non c'era nulla che potesse fare. Il suo corpo non obbediva più alla sua volontà. Il sangue iniziò a gocciolare sul viso pallido di Jonathan. Per alcuni attimi non successe nulla; poi lui aprì gli occhi neri. Prese il pugnale dalla mano di Jace e imitò il suo gesto. Le loro mani si intrecciarono, così come il loro sangue, che sgorgava dai tagli sui palmi. Jace era in preda all'orrore. Lilith era stata rispedita da Simon nella sua dimensione originaria, ma nonostante quello, il suo volere si era compiuto lo stesso. Jonathan Morgenstern era resuscitato.
Proprio così, fratellino.
Sentì la voce del ragazzo nella sua stessa testa, come se potesse leggergli nella mente. Vide un lampo di luce bianca. Le labbra di Jonathan incurvarsi in un sorriso perfido, che durò solo un attimo, però, lasciando spazio ad un'espressione stupita. La mano di Jonathan, serrata sopra la sua, sembrò andare a fuoco. Una sensazione di bruciore si estese lungo tutto il braccio di Jace, riscaldandolo, bruciandolo, come se la sua stessa pelle si stesse sciogliendo al calore di una fiamma. Soffocò nel suo respiro, cadendo a terra e sbucciandosi le ginocchia. Il suo corpo era un dolore unico; ma, notò, non senza una certa soddisfazione, che anche Jonathan sembrava essere rimasto senza ossigeno, con una mano alla gola, cadde anche lui al suolo. Poi Jace perse conoscenza, e non vide più nulla.
 
 
Il battito del suo cuore martellava impazzito contro il suo sterno. Era strano, riavere un cuore. Fece alcuni respiri profondi, cercando di placare quella sgradevole sensazione che aveva investito il suo corpo. Era vagamente conscio di trovarsi steso a terra, sentiva il corpo schiacciato contro il pavimento piastrellato, freddo e umido del giardino sul tetto. Aprì gli occhi e si ritrovò a fissare il cielo stellato di New York. Rabbrividì nei suoi vestiti fradici e si accorse solo allora di essere nudo dalla vita in su e a piedi scalzi. Si tirò su a fatica, prima sui gomiti, poi con l'intero corpo. E, fu in quel momento che indietreggiò in preda allo stupore, andando a sbattere contro l'altare di pietra che sorreggeva la bara di cristallo. Questa traballò pericolosamente, acqua lattiginosa fuoriuscì dai bordi, ma non cadde. Si portò le mani al petto, sentiva il sudore freddo scorrergli lungo la spina dorsale, nonostante fosse fradicio d'acqua dalla testa ai piedi. I capelli gli si erano incollati al cranio. Fece due passi avanti, più vicino al corpo che giaceva disteso a terra. Era un corpo lungo e affusolato, le spalle larghe e le braccia muscolose. Sul torace si intravedeva il Marchio di Lilith, splendente del colore rosso sangue. I capelli erano di un biondo argenteo, alla luce della luna, quasi bianchi. Gli zigomi alti e appuntiti. La pelle pallida e, nonostante avesse gli occhi chiusi, avrebbe scommesso che dietro quelle palpebre si nascondessero occhi neri come il carbone. Certo, perché conosceva benissimo quel corpo. Sapeva che se lo avesse rivoltato sulla schiena e gli avesse alzato la camicia, avrebbe trovato le cicatrici delle frustate infertegli da suo padre. Conosceva tutto quello, perché il corpo che stava fissando, disteso e immobile in mezzo al giardino pensile, era il suo. Sgomento, si guardò le mani, non erano le sue solite pallide mani affusolate, erano più robuste e abbronzate. Guardò a terra, dove l'acqua colata dall'interno della bara aveva creato una specie di pozzanghera. Jonathan vi si specchiò alla luce della luna e delle stelle, e il volto che vide non era il suo. I suoi capelli erano più lunghi, più mossi e del colore dell'oro. I suoi occhi, da neri, si erano trasformati in un giallo ambrato. La sua pelle era più scura e dorata. Il suo fisico era rimasto quasi invariato, ma d'altronde, lui e Jace erano sempre stati simili. Il suo corpo si era trasformato in quello di Jace e, viceversa, quello di Jace si era trasformato nel suo. Non si fermò a pensare, ma corse fino al bordo del tetto e guardò in basso. Giù di sotto, una moltitudine di macchine nere era parcheggiata in fila sulla strada e una folla in divisa nera da Cacciatori sembrava affollare l'ingresso. Li vide dirigersi, come uno sciame d'api infuriate, all'interno dell'edificio. Aveva poco tempo, ma se lo sarebbe fatto bastare. Spogliò Jace dei suoi abiti e lì indossò. Raccolse le sue armi e vestì Jace con i suoi pantaloni fradici. Lo afferrò per le braccia e con un piccolo sforzo lo depose all'interno della teca di vetro. Il ragazzo mandò un lamento, ma rimase incosciente. A quel punto era troppo tardi per fare altro, sentì il rumore dell'ascensore, una marea di passi. Impugnò il coltello che aveva sottratto a Jace e rimase in attesa. Non aveva bisogno di altre armi. Lui era Jonathan Christopher Morgenstern, lui era più forte, più veloce, più scaltro di chiunque altro Cacciatore. La porta a vetri si spalancò e il primo viso che vide fu quello di Clarissa, sua sorella. Strinse il pugnale con maggior forza. Vide la ragazza corrergli incontro, con il vestito di seta d'oro, quasi completamente a brandelli, il corpo contuso e i capelli mossi al vento le avvolgevano le spalle come viticci rossi. Era a pochi centimetri da lui, adesso, e lo guardava con grandi occhi verdi spalancati, pieni di un qualcosa che Jonathan non riusciva a comprendere. Clary gli si gettò tra le braccia, affondando il suo viso nell'incavo della sua spalla e stringendolo a sé.
«Jace» la sentì sussurrare, sulla sua stessa pelle. «Sei qui.»
Jonathan, che era rimasto immobile come un pezzo di legno fino a quel momento, mosse le braccia attorno a Clary, accarezzandole la schiena lentamente e affondando il viso tra i suoi capelli profumati. Quanto aveva desiderato farlo.
Se solo sapessi chi sono realmente, sorella.
«Dove altro avrei dovuto essere, se non qui?» Jonathan sentì la voce di Jace fuoriuscire dalle sue labbra.
«Lo so, è assurdo ma … mentre ero di sotto ho avuto una bruttissima sensazione. Ho avuto paura che tornando qui sopra, tu non ci saresti più stato.» Clary alzò lo sguardo su di lui, luminoso e velato di lacrime. Nessuno lo aveva mai guardato così. Nessuno, lo aveva mai guardato con amore.
«Invece sono ancora qui. E ho intenzione di rimanerci.» Lui le sorrise.
Nel frattempo, una grande folla di Cacciatori si era riunita attorno alla bara di vetro, dove il corpo incosciente di Jace giaceva, sotto le sembianze di Jonathan. Jonathan colse stralci di conversazioni tra gli Shadowhunters adulti.
«Che ne facciamo?»
«Sento le pulsazioni. È vivo.»
«… mostro. Lo farei a pezzi con le mie stesse mani.»
Strinse i pugni, conficcandosi le unghie nei palmi. Stupidi Nephilim, li avrebbe uccisi uno ad uno, a mani nude.
«Non possiamo. Hai sentito cosa ha detto la giovane Lightwood, forse è legato all'altro ragazzo.»
«Portatelo all'Istituto, se ne occuperanno i Fratelli Silenti.»
   
 
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