Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: La sposa di Ade    12/03/2014    3 recensioni
Con un'esplosione dei muscoli cercò l'aria. Un unico, enorme movimento, dopo pochi improvvisi e interminabili istanti di silenzio e sgomento vivo.
E la sua innata voglia di vivere sembrò essere l'unica vincitrice.
Un urlo smorzato, interrotto, soffocato. Tossì violentemente cercando di riadattare i suoi occhi alla luce.
Pulsava.
Tutto pulsava.
Ogni singolo muscolo bruciava, come sciolto nell'acido. Piegata a metà, cercava solo di capire.
Dove.
Perchè.
Quando.
Cosa.
E i polmoni erano due baratri incendiati ad ogni affannatissimo respiro. Tremava.
Era come essere rinati. Come aver ripreso la prima boccata d'aria della propria vita.
E faceva MALE. Male da morire.
Sul corpo sentì un peso innaturale: calò lo sguardo, osservando le sue mani.
Lerce di sangue, anch'esse brucianti come il resto del corpo. Pallide e gelide.
E poi un battito.
Sussultò.
Un altro.
Aritmico. Accelerato.
E poi normale: il battito di un cuore. Che pompava sangue. Che scorreva nel suo corpo. Che sembrava ridare colore alle sue braccia, alle sue dita.
Genere: Angst, Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

1. Giochi d’anime e d’ombre

Con la bocca come chiesa, ché ci entri dentro, in ginocchio, sul sagrato, con i calci allo stomaco del desiderio nascente -occhi negli occhi-. Ungimi di oli interni, sciolti, fluidificami durante la nenia delle nostre conversioni. Pelle su carne, carne su ossa, ossa su desideri. Miscele di amari martiri di frenesia animale.

 
La carrozza sobbalzava sulla strada dissestata, mentre il costante rumore della pioggia non dava segno di voler smettere. In quello spazio angusto e buio circondato da robuste assi di legno stavano due uomini, in silenzio ad ascoltare chi la pioggia, chi il suono del proprio cuore, troppo veloce da un paio d’ore a quella parte.
L’aria lì dentro si era fatta umida e l’acqua che correva sul legno e sul vetro dava ancor più la sensazione di essere bagnati fino alle ossa. L’uomo più grasso e agitato non riuscì a trattenere un brivido mentre l’altro spostava il suo sguardo d’oro sul suo viso, senza dare l’impressione che quell’ uomo potesse essere più interessante della pioggia che fino a quel momento aveva guardato.
“Siamo quasi arrivati.” Disse lui, non tanto per rassicurare l’altro che aveva iniziato a torcersi nervosamente le mani grasse e sudate, quanto per preparare anche se stesso a una situazione che avrebbe richiesto parecchia pazienza; cosa di cui lui era praticamente del tutto sprovvisto.
Accavallò le gambe si sistemò più comodamente sui sedili di rosso velluto della carrozza proprio mentre un ultimo sobbalzo la scuoteva, seguito dallo sbuffo dei cavalli che la trainavano, ora fermi. Guardò il mercante che si costrinse a fare profondi respiri e a non alzare lo sguardo.
“Non abbiate paura, ho solo bisogno che lei risponda ad alcune mie domande.” La sua voce era melodiosa e come tirato da fili invisibili il grasso uomo si ritrovò a osservare la sua figura; stava seduto sullo stesso mantello che avvolgeva i suoi fianchi, i muscoli del torso coperti da uno strato di sottilissima stoffa nera, le sue braccia –ed erano quelle che terrorizzavano il povero mercante- non sembravano appartenere ad un essere umano; lisce, prive di ogni movimento che potesse far intuire che fossero composte da muscoli, sembravano componenti essenziali e perfetti di una macchina, e le sue mani non erano da meno, rigide come quelle di un’ armatura dagli artigli eccessivamente lunghi che sembravano fusi con le dita stesse. I suoi capelli biondi  scivolarono sulla spalla quando inclinò la testa per studiare l’espressione dell’ uomo.
“Signore, ho bisogno di sapere cosa sa della pietra filosofale.” Detto questo si chinò in avanti pronto ad ascoltare ciò che aveva da dire. L’uomo sembrò dover raggruppare le informazioni in suo possesso per fare un discorso lineare.
“Beh, ci sono molte informazioni riguardanti la pietra, non tutto ciò che si dice su di essa può essere considerato oro colato.”
“Mi dica quello di cui è a conoscenza, sono qui per ascoltarla.” Un angolo della sua bocca si sollevò lasciando però intuire che quello che era apparso sul suo volto non era un sorriso, quanto un segno di impazienza.
“Bene; la pietra filosofale è conosciuta come l’elemento perfetto, in grado di risanare la materia dalla corruzione; può curare qualsiasi tipo di malattia, ma non è vero che dona l’immortalità, perché l’immortalità non esiste, nessun…”
“Mi risparmi questa parte, so bene che per quanto una creatura possa essere longeva e resistente non può sopravvivere a tutto. Non sono le nozioni basilari a interessarmi.” Il mercante fece un’altra pausa prima di riprendere, perché i suoi occhi dorati lo avevano catturato per un istante nel quale un’orribile sensazione di vuoto si impadronì di lui.
“Non è vero che doni l’onniscienza, ma può tramutare metalli, e non solo, in qualcosa di differente. C’è chi dice che sia una pietra lucente e più rossa del rubino più puro, c’è chi dice invece che sia polvere, chi liquida, o stolti che sono convinti del fatto che la pietra filosofale sia in ognuno di noi. Ma la verità è che è una pietra delle dimensioni di un occhio, più scura della tormalina ma dai riflessi sanguigni, inalterabile nel tempo come l’oro.”
“Queste sono cose che so anche io, ciò che voglio sapere è se ha potere sulle anime.”
“Anime?”
“Anime perse, anime dannate, rubate e immonde. Controllate.” Inclinò di nuovo la testa in un gesto animale; come un lupo che osserva la sua preda divorata dalla disperazione agitarsi, in cerca di una via d’ uscita, mentre i suoi occhi luccicavano di una luce che di umano aveva ormai poco.
“Io non so niente di anime.” Finalmente ebbe tregua e riuscì ad abbassare lo sguardo, ma solo perché l’altro si alzò, facendo un piccolo passo verso il lato della carrozza come se volesse uscire, invece scostò appena le tendine semitrasparenti per guardare la pioggia che continuava a scendere, trattenne la rabbia, il nervoso e la frustrazione per aver perso altro tempo. “Sono solo un misero mercante, se volete sapere come purificare un’anima sul confine della città c’è il Tempio Nero, c’è chi dice che lì vi sia custodita.” Ancora, inclinò la testa, prima da una parte poi dall’ altra, per scacciare la tensione che si era impadronita dei tendini del suo collo, alzò la mano e con un movimento lento fa scorrere il lungo artiglio contro il vetro, producendo un suono orribile che fece contorcere il mercante, che lentamente stava raggruppando il poco coraggio di cui era dotato.
“Ho sbagliato di nuovo.” Sussurrò appena distogliendo l’attenzione dalla pioggia e bloccando con il chiavistello la porta, sentì il frusciare degli abiti costosi del grasso mercante e di una lama corta che veniva snudata.
Sentì la lama tagliare l’aria con un sibilo sinistro, prima di sentirla penetrare nella sua schiena tra le sue vertebre. Non sentì alcun dolore, solo un gelido fastidio in mezzo alla schiena.
“Un essere come te non dovrebbe esistere, cosa sei? Quale Dio ha permesso la tua lurida esistenza?” Dalla ferita sgorgò sangue scuro che schizzò sul volto del mercante, questo arretrò quando l’ altro si voltò con un’ espressione indecifrabile dipinta in volto, provava pena per quell’ uomo che era così legato alla sua misera vita.
I suoi occhi tremavano, il terrore di un cadavere nel vedere il proprio corpo mangiato inesorabilmente da vermi e corvi.
“Saresti sorpreso nel sapere che è lo stesso che veneri tu, misero essere.” Alzò appena l’avambraccio distendendo le dita lunghe e artigliate mentre sui polsi del mercante di avvolgevano stretti dei fili invisibili di metallo, un sorriso sofferente si allungò sul suo volto, tirato dal dolore che iniziava, seppur lentamente, a invadergli la schiena.
Si avvicinò al mercante con passo lento mentre i suoi polsi si facevano sempre più vicini, intrappolati da manette invisibili.
“È un peccato.” Allungò l’altra mano dietro la schiena per sfilare il pugnale, inutilmente perché troppo lontano dalle sue dita, con una smorfia tornò a osservare il mercante. “Un vero peccato.” Si avvicinò ancora, ora erano a pochi centimetri di distanza e poteva benissimo sentire il tanfo del terrore che il suo corpo emanava in quel momento. Tentò di liberarsi da quei fili affilati che si stringevano sempre di più. “Ma almeno avrò da divertirmi un po’.” Sul suo volto si distese una maschera di terrore quando l’altro gli sorrise.
 

Aveva visto la carrozza fermarsi nel bel mezzo della strada che portava al Tempio Nero, era rimasto fermo sotto la pioggia per vari minuti mentre i cavalli battevano di tanto in tanto gli zoccoli sul lastricato bagnato scuotendo i crini ora fradici. Ed era ancora lì, nascosta alla pioggia sotto un albero una ragazza osservava rapita quella carrozza da ricconi, aspettando che ne uscisse magari un bel giovane. Ma quando la porticina cigolò e dall’interno sgocciolò fuori una grande quantità di sangue riuscì a malapena a trattenere un urlo; la porticina permetteva a malapena il passaggio di un uomo alto e dal petto coperto su cui ricadevano alcune ciocche di capelli biondi, dietro le sue gambe era riuscita ad intravedere un altro volto orrendamente sfigurato, ma prima di distogliere lo sguardo era riuscita a carpire troppi dettagli; l’ uomo era riverso a terra e a decorare la sua espressione terrorizzata c’erano delle profonde incisioni sui suoi zigomi, che partivano da sotto l’ occhio privato ora di palpebre e arrivavano fino alle guancie, lasciando intravedere oltre al rosso puro del sangue le gengive e la dentatura al di sotto di quei solchi, sulla sua fronte vi si trovava invece una mezza luna tratteggiata con noncuranza. Il suo volto era una maschera di terrore e sangue e solo quando aveva distolto lo sguardo in mente si fece strada anche l’ immagine delle labbra strappate via, lasciando a quel volto un sorriso grottesco. A quel punto, senza ulteriori indugi, si voltò e corse verso il tempio, terrorizzata da ciò che sarebbe potuto accadere se si fosse premessa di indugiare.
Si dovette però fermare dopo poco, quel rosso ora le impregnava la mente, la riempiva di angoscia e la faceva stare male. Cadde in ginocchio sotto la pioggia boccheggiando tra un conato e l’altro, vomitava a vuoto e ringraziò il cielo per il fatto di non aver ancora pranzato mentre lacrime di dolore le annebbiavano la vista.
Combattendo contro le gambe molli si mise in piedi scacciando l’immagine di quel viso straziato e del sangue che denso colava fuori dalla carrozza, mescolandosi con la pioggia.
Guardò dritta davanti a sé e stringendosi tra le braccia si diresse a passo svelto e malfermo verso il tempio.
 

 “Ebbene? La pietra?” Scese sul lastricato bagnato per rivolgersi al cocchiere, che ovviamente aveva sentito tutto, ormai non cercava neanche più di nascondergli le cose, vista la sua innata capacità di immischiarsi negli affari altrui, oltre a quella di percepire la pietra.
“Sì, è vicina, la sento chiaramente. È molto probabile che sia davvero al Tempio.” Sorrise tra sé. “Infondo a qualcosa serviva quel vecchio.”  Storse la bocca, gli scocciava parecchio aver bisogno di qualcuno, ma era stato parecchio fortunato a trovare una persona con capacità del genere, anche se in quell’ ultimo periodo non avrebbe saputo dire chi si stava servendo di chi.
“Non dubitare mai.” Si ripromise di sbarazzarsi di lui il prima possibile. “Muoviamoci.”

Il sapere non è sempre una buona cosa, Ayn.
Una ragazza, poco distante, ascoltò quelle ultime parole, tremando.
 

Vuoto.
La messa che si svolgeva tutte le mattine in tutti i templi di tutte le città era ormai finita da tempo e i suoi passi pesanti rimbombavano nel piccolo spazio vuoto dove il silenzio poco prima inghiottiva tutto, ora anche le gocce che cadevano dalle punte dei suoi capelli biondi e dai suoi abiti fradici sembravamo assordanti. Aveva il cuore che correva più di quanto avesse fatto lei fino a poco prima. Si fermò solo un attimo, per appoggiare le mani alle ginocchia e riprendere fiato, prima di riprendere a camminare e scendere nella cella di sotto.
Raggiunse l’altare e scovò la piccola botola di cui solo fedeli adepte come lei e i sacerdoti conoscevano l’ esistenza; le sue mani tremavano mentre maldestre tentavano di aprire la serratura. Nella sua testa ancora il rumore di passi e la sensazione di essere seguita, osservata, braccata. Dalle sue labbra uscivano respiri nervosi, perchè ormai era una corsa contro il tempo.
Finalmente si sbloccò e poté sollevare la piccola anta nascosta nel pavimento, vi si infilò senza esitazione, tornando a sentirsi al sicuro.
Fiaccole dal fuoco azzurro illuminavano quello spazio ampio e circolare, l’ umidità impregnava l’ aria e una vibrazione di energia e vita percorreva le sue spesse mura. E al centro quella pietra rossa a cui tutti ambivano, era l’ unico sprazzo di colore rosso in quell’ ambiente che possedeva i colori di un incubo.
Vi si avvicinò sentendosi subito più tranquilla quando il lieve bagliore che emetteva riscaldò il suo viso freddo e bagnato, ma questa piacevole sensazione svanì all’ istante quando forse solo nella sua testa rimbombò il suono i passi pesanti su una superficie non troppo resistente. Tutti i suoi muscoli si irrigidirono mentre il cuore prendeva a pulsare con forza, quasi impedendole di prestare l’ attenzione che avrebbe voluto a ciò che accadeva al di fuori di quel buco più o meno sicuro.
Di nuovo, questa volta però ne era certa, era certa che qualcuno si trovasse più vicino di quando lei stessa avrebbe mai voluto, era certa che non sarebbe passato molto perché scoprissero lei e il suo rifugio, era del tutto certa che avrebbe dovuto prestare più attenzione; delle orme bagnate che terminano appena prima del velluto scuro del tappeto sopra la botola non danno troppi sospetti, certo che no.
Più forte, qualcuno stava battendo con molta più forza su quella piccola porta di legno, e lei tremava, come il legno e le camole dentro di esso.
Uno schianto e una nuvola di polvere venne illuminata dalla luce che ora penetrava in quell’ ambiente, le fiamme sulle fiaccole attaccate ai muri tremarono sollevandosi rabbiose, allungando le ombre in modo spettrale.
Vide le sue gambe fasciate da abiti neri scendere lentamente le scale appena sotto la botola, tremò di nuovo quando si fermarono e vide il suo busto piegarsi; prima delle ciocche di capelli che dovevano essere biondi, poi un volto affilato dalle labbra sottili, e un paio di occhi dorati che la fissavano. Quando si rimise in posizione eretta per finire di scendere le scale la sua paura diventò qualcos’ altro, i tremiti che correvano su per la sua schiena erano comunque spiacevoli, ma erano diversi da prima, si intensificarono sempre di più mentre lui si avvicinava, fino a che non ci fu più abbastanza spazio dentro il suo corpo.
“A quanto pare sono in ritardo per la messa.” Qualcosa dentro di lei decise di fare ciò che un qualsiasi umano temerebbe più della morte; come in trance infilò la mano in quel piccolo spazio dedicato alla pietra mentre, voltando le spalle all’ uomo che aveva ripreso a scendere le scale e, ripetendosi che quello era il suo dovere, avvicinò quel calore che ora si ritrovava tra le mani al viso, socchiuse la bocca, sempre più sicura di sé e sentendola prima sulla lingua la spinse giù; raschiò contro le pareti della gola e trattenne le lacrime di dolore sforzandosi di mandarla giù. Un sapore salato simile a quello del sangue le invase la bocca mentre un forte dolore iniziava a bruciarla dall’ interno. Si piegò su se stessa tossendo, mentre brividi di altro dolore le correvano su tutto il corpo. La sua coscienza sembrò isolarsi da tutto, l’ unica cosa a cui riusciva a pensare era quello che sentiva dentro di sé  l’ unica cosa che vedeva era il terreno lucente di quella strana cripta, sentì a malapena che qualcuno la prendeva malamente per i capelli e le tirava indietro la testa.

Image and video hosting by TinyPic

Stava rannicchiata per terra, con la schiena contro una di quelle fredde colonne del tempio, tremava nel silenzio assordante che si era creato dopo lo sparo. 
Di nuovo, non riusciva a muoversi, aveva paura come anni prima, il silenzio immobile sembrava avvolgersi su di lei rendendo anche il suo corpo parte di quel quadro fisso e stabile. Si chiese come lo fosse venuto in mente di tornare dentro dopo aver sentito lo sparo, neanche avesse voluto apposta buttarsi di testa nei guai.
Aprì gli occhi che non si era accorta di chiudere e davanti a lei, con la testa lievemente piegata da un lato, c’era un corvo nero come la notte che la fissava, immobile. I suoi occhi erano tunnel d’ ombra e il becco appuntito e lucido era come una lama puntata verso di lei. Rimase immobile, sperando che il volatile la lasciasse perdere, ma questo sembrò innervosirsi e si agitò sistemandosi nelle ali, poco prima di spalancarle e gracchiare due volte verso di lei, come se stesse ridendo.
Poi dei passi. Vicini.
Una scarica di paura e adrenalina la fecero scattare in piedi, fuori da quel nascondiglio per niente sicuro che si era trovata, si mise a correre, con le suole degli stivali ancora bagnati che scivolavano sul pavimento liscio; sentiva lo sbattere frenetico delle ali dietro di lei, quando senza alcun preavviso un braccio forte e freddo le avvolse la vita facendola strillare appena.

______________________________________________________________________________________________________________

Appunto: il tribale là sopra è per separare le due 'situazioni' visto che questa storia tendenzialmente proseguirà su due strade più o meno parallele per quanto riguarda il tempo e i gruppi dei personaggi
Grazie a recensisce, aggiunge a preferite/seguite e a tutti i lettori silenziosi 

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: La sposa di Ade