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Autore: rebus_mistery    13/03/2014    1 recensioni
Questa è la prima fanfict che scriviamo a quattro mani.
Sarà sorprendente e imprevedibile, dato che abbiamo deciso di non accordarci sulla trama, e scriveremo un capitolo ciascuna per vedere cosa inventerà l’altra. Può succedere di tutto, anche perché la coppia in questione è una scottante Draco/Ginny . Questo è quanto, non potendo raccontare una trama inesistente, buona lettura a tutti
rebus_mistery e violadelpensiero
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Draco/Ginny
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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CAPITOLO S-T-R-E-P-I-T-O-S-O IN ARRIVO!


POV DRACO

Prima la luce, poi il buio.

Non un buio qualunque; questo era la tipica oscurità di quando ti svegli nel cuore della notte dopo aver fatto un incubo, urlando, e anche l'ultima candela che avevi lasciata accesa si è spenta. Il gelo penetrava attraverso il maglione, la camicia, la pelle, fin dentro alle ossa e fin dentro al cuore. Attorno a lui tutto era immobile, non un rumore, non un respiro. Era paralizzato dal terrore.

All'improvviso un forte fischio, come un sibilo, gli squarciò i timpani; urlò di dolore tappandosi le orecchie con le mani, ma il fischio era dentro alla sua testa e non accennava a smettere. Cadde in ginocchio respirando a fatica. Poco dopo sentì una fitta di dolore percorrergli la schiena e risalire fino alla punta delle dita, poi una voce si insinuò nella sua mente e sillabò parole dal suono raccapricciante -Mi rincresce doverti incontrare così, Draco-

Il ragazzo calmò il respiro e cercò a tastoni accanto a sé una via d'uscita, ma subito il fischio ricominciò assordante e un nuovo strato di ghiaccio si posò sulla sua carne. Urlò.

-Smetti di frignare- ricominciò a parlare la voce -ecco perché sei qui; non posso ancora fidarmi di te-. Gli occhi gli bruciavano ma non si bagnarono di lacrime. Ingoiò a stento la saliva e parlò -cosa vuoi?-

-Voglio che mi giuri lealtà. Ti voglio dalla mia parte, pronto per quando sarà il momento... Voglio che non disonori il nome della tua famiglia. Voglio che tu serva me, il Signore Oscuro-

Draco esitò. In quel mare di tenebre si sentiva più abbandonato che mai, ma sapeva che da qualche parte c'era qualcuno che lo aspettava.

-Ginevra Weasley?- Ricominciò la voce, stridente come il graffiare sulla lavagna -Sei caduto proprio in basso, caro ragazzo... se non ti unisci a me la torturerò e la ucciderò lentamente-

Un terrore ancora più cupo e orrendo si impadronì del cuore di Draco. Come poteva lasciare che la vita della creatura che più amava sulla faccia della terra venisse stroncata, come la corolla di un bel fiore che viene reciso dall'aratro di uno stolto contadino? Non poteva.

Sentì un forte bruciore all'avambraccio sinistro, come se lo marchiassero a fuoco, come se gli strappassero via della pelle, come se versassero dell'acido che corrodeva e penetrava i tessuti e si mischiava al sangue, e iniziava a bruciare in tutto il corpo. Urlò più volte di dolore, cadde per terra, si raggomitolò su sé stesso, avrebbe preferito strapparsi il braccio piuttosto che patire quella pena, e mentre la sua mente era annebbiata dal dolore, la voce lacerante parlò un ultima volta: -Da ora, e per sempre, tu mi appartieni-.

Poi sparì, portandosi via con se il gelo che ghiacciava l'aria.

Draco rimase raggomitolato, aspettando che il dolore si affievolisse almeno un poco. Sentì il sapore del sangue in bocca, si era morso il labbro più volte. Dopo molto tempo il dolore lasciò il corpo di Draco, concentrandosi unicamente sul braccio sinistro, e diffondendo uno sgradevole torpore sia nelle membra che nella mente. Rimase steso a terra; pensò a Ginevra. Quella piccola nana rossa che odiava essere protetta dai fratelli ora le sembrava fragile e in pericolo, ignara della scure che pendeva sul suo capo. L'amava, forse troppo. Non avrebbe permesso che le venisse fatto alcun male, l'avrebbe allontanata. Con quel pensiero si abbracciò forte il petto, dimenticando il dolore al braccio, per concentrarsi sul suo cuore che si frantumava in mille pezzi.

Le lacrime gli rigarono il viso per la prima volta dopo tanto tempo.

Poi più niente.

 

POV DEMELZA

Demelza sapeva che non poteva uscire dal dormitorio e dire, nel caso in cui un professore l’avesse vista: -Ops, mi scusi! Stavo solo andando a prendere un bicchiere d’acqua! Sa, questa raucedine mi distrugge…-

Si rendeva conto che far finta di svenire forse non era l’idea migliore perché sgattaiolare fuori dall’Infermeria era rischioso al quell’ora di sera e se non altro Madama Chips l’avrebbe imbottita di calmanti.

Capiva che prendere, ehm, in prestito la spilla di prefetto di Hermione Granger e fingere di perlustrare il castello non era possibile perché non era Hermione Granger e perché proprio in quel momento lei stessa stava perlustrando il castello.

Demelza voleva sbattere la testa contro il muro: -Non posso prendere la scopa, non ho pozione Polisucco! Come faccio?-

Vide un biscotto smangiucchiato da Arnold sul comodino e improvvisamente ricordò una vecchia conversazione avuta con Ginny tempo prima, rimandendo stordita dal flashback che si ripresentava sotto i suoi occhi…

“Le due ragazze erano sedute nell’incavo della finestra, accostate con il viso dell’una vicino a quello dell’altra, trecce di capelli rosso carota tra riccioli scuri. Parlottavano tra loro, ridevano e sgranocchiavano i biscotti. Sembrava un quadretto di una scena familiare. Ad un certo punto Ginny si alzò e scuotendo i vestiti per far cadere le briciole raccontò entusiasta: -Sai che Harry ha un mantello che lo rende invisibile?-

Harry era sempre presente nelle loro conversazioni: all’epoca Ginevra aveva ancora quella cotta stratosferica per lui ed ogni volta che ne parlava le brillavano gli occhi e le tremavano le mani dall’emozione. L’affermazione aveva suscitato la curiosità di Demi, me nemmeno tanto. Mentre frugava nel sacchetto sulle sue gambe in cerca di un ultimo biscotto con le gocce di cioccolato, rispose: -Lo so! Basta cospargere un mantello qualsiasi con una pozione o in un incantesimo di Disillusione! Sai che difficoltà-

-Ti sbagli- sentenziò la rossa addentando un dolcetto al pistacchio, –Quello del mio Harry- pronunciò l’aggettivo possessivo con una melensaggine da gareggiare con quella del dolce –è invisibilmente permanente!-

-Pfui!- Demi l’aveva trovato, quel biscotto con le gocce di cioccolato, l’ultimo del sacchetto. Stava proprio per portarlo alla bocca quando Ginny glielo sottrasse, esclamando: -Oh, io a-d-o-r-o le gocce di cioccolato!-“

Il mantello, certo! Harry condivideva la camera con Ronald e forse poteva sperare che non fossero presenti ancora, ma che scusa poteva trovare per intrufolarsi nei dormitori maschili?

-Per fortuna che le scale non si appiattiscono come quelle dei gradini femminili!- pensò sollevata, raggiungendo la Sala Comune. Molti ragazzi, nonostante fosse tardi, erano sparpagliati nella Sala  del Dormitorio Grifondoro, sulle poltroncine, nei divani consunti davanti al fuoco crepitante. I più piccoli si facevano rassicurare dai Prefetti, che controllavano la situazione. Demelza si guardò intorno, cercando una testa mora ricciuta e una massa di capelli color tramonto: non ce n’era traccia da nessuna parte. Sbuffò abbastanza contrariata: sarebbe stato più difficile impadronirsi del manto invisibile. Guardandosi le spalle di sottecchi seppur con molta nonchalance costeggiò i muri, salendo le scale dei dormitori dei ragazzi. Arrivata in cima, espirò rumorosamente. Le stanze e il corridoio erano speculari a quelli femminili, disposti per età e quindi familiari. Demelza percorse i passi che la separavano dalle ultime porte, maledicendo a denti stretti le assi scricchiolanti e gli scarponcini pesanti. Un rumore di chiacchiericcio di diverse voci proveniva da una stanza: la ragazza si accostò e percepì un discorso smozzicato.

-Non ho idea di dove possa essere!-

-Perché non fa niente e si fa sostituire da quella vecchia megera?!-

-Oggi ho intravisto le giarrettiere di Zoe Warwick sotto la gonna…-

-Neville, Oscar sta scappando di nuovo- riconobbe in questa la voce profonda di Dean Thomas e capì che cosa doveva fare. Era uscita con Dean diverse volte e con lui era pure andata al ballo di Natale, però non c’era mai stato nulla di fisico tra loro.

Senza pensarci oltre, perché probabilmente sarebbe scappata, Demelza aprì la porta e molto teatralmente si buttò tra le braccia di Dean con un urletto, gridando: -Oh Dean, Didino mio! Ho avuto così tanta paura, non puoi nemmeno immaginare!-

Alzando leggermente il viso dalla spalla del ragazzo registrò le presenze nella stanza: c’erano ovviamente Harry e Ronald, quindi Neville, Dean e Seamus.

I ragazzi erano sbalorditi e avevano gli occhi spalancati dalla sorpresa. Nessuno spiccicava parola perciò Demelza dovette riempire tutto il vuoto con dei pigolii spaventati o delle effusioni melense. Dean, che probabilmente non era mai stato così vicino ad una ragazza in vita sua, la strinse titubante tra le braccia, lanciando occhiate di richieste di aiuto agli altri.

-Dai, Demi, non fare così… Probabilmente è un falso allarme; non si sa la verità…. E poi ci sono, ehm, tutti i professori nei corridoi- cercò di consolarla in modo goffo.

Ma Demelza aveva già adocchiato che cosa voleva: un pezzo di stoffa iridescente spuntava da un baule disordinato tra cartacce di Cioccorane e pergamene scarabocchiate. Era sicuramente quello! Doveva tagliare la messinscena o sarebbero iniziate le domande inopportune, perciò tirò su rumorosamente con il naso ed esclamò: -Mi serve un fazzoletto! Mi sembrava di averne visto uno lì!-

Si gettò sul baule e infilò il mantello nella tasca della felpa che indossava, mentre frugava per estrarre un fazzoletto: -Ti spiace, Harry?- domandò poi con gli occhioni grandi come quelli di un cerbiatto; senza sentire la risposta continuò:-Adesso ragazzi, vado, ehm, a farmi la ceretta! A domani! Ciao Didino!- Anticipò le parole interrogative di Dean con un bacio sonoro sulla bocca, zittendolo immediatamente, quindi uscì. Si coprì subito con il mantello, maledicendosi per l’altezza considerevole che ogni tanto faceva sì che un pezzo di caviglia o di mano s’intravedesse dal nulla. Che cosa inquietante.

Sfruttando l’entrata di un prefetto davanti alla porta, riuscì a uscire senza dover dire alla Signora Grassa la parola d’ordine e quindi senza farsi irrimediabilmente scoprire. E iniziò a camminare per il castello.

Più volte fu quasi scoperta da un caposcuola, molte altre aggirò un professore per un pelo; riuscì perfino ad inciampare sopra Mrs Purr, ma arrivò comunque all’ufficio del Professor Silente. I gargouille che facevano la guardia alla porta erano addormentati profondamente.

Demelza provò un moto di stizza: aveva fatto tutta quella strada e non riusciva nemmeno a parlare con Silente? Quasi come se il Castello percepisse l’urgenza dei suoi pensieri, la porta si scostò di qualche centimetro senza un suono. La ragazza attribuì il segno ad un invito, così non si fece scrupoli ad entrare. Regnava un clima di calma e pace; sembrava che lo studio fosse in un’altra dimensione: lontano dalla realtà, dalla paura, dalle preoccupazioni. Strumenti d’argento vibravano dolcemente sui tavolini di legno scuro, tutti i muri erano ricoperti di scaffali di libri magici e una grossa scrivania di ciliegio dava un’aria di maestosità al tutto. Seduto dietro ad essa come se l’aspettasse, mentre accarezzava una fenice appoggiata al suo braccio, vi era il Professor Silente. Demelza si perse nel rimirare le sfumature rosseggianti e bluastre della coda dell’animale, che toccava terra. Quindi alzò gli occhi sulla veste viola scuro frusciante del preside, sulle mani vetuste, sulla lunga barba bianca e infine osservò le iridi color fiordaliso cerchiate da occhialetti dorati a mezzaluna.

-Benvenuta, Demelza. Siediti, sarai stanca- pronunciò con voce gentile. Era riuscita ad arrivare da Silente ed era effettivamente stanchissima, però solo adesso iniziava il difficile.

-Professore, le devo parlare di una cosa molto urgente- Era sorpresa di non essere stata rimproverata per essersi allontanata dal suo Dormitorio.

Prendendo un grosso respiro, disse solenne ma con tono d’urgenza dettato dalla situazione:

 -Draco Malfoy è scomparso. Penso che sia stato rapito-

Silente la osservò con espressione curiosa da dietro gli occhialini, accarezzò la fenice e la appoggiò sul suo trespolo davanti alla finestra. Dopo un silenzio infinito, nel quale la mora si domandò preoccupata se per caso non avesse inteso la domanda, chiese candidamente: -Gradisci un thè caldo?-

Demelza era allibita, sconvolta, annichilita, arrabbiata. Gli aveva appena detto che uno studente della sua scuola era scomparso e lui le chiedeva se gradiva un thè caldo?

Fu allora che l’ansia della responsabilità, le preoccupazioni per Ginny, la paura per le peripezie che aveva dovuto affrontare, la stanchezza le ribollirono nel sangue e la fecero esasperare: -Le ho detto che Draco Malfoy è scomparso, o peggio, è stato rapito e lei mi offre un thè?! Non so se mi ha capita bene…-

-L’ho capita benissimo, mi creda, signorina Robins- nella sua voce non traspariva rabbia o irritazione; era sempre così gentile –Solamente è che sono perfettamente consapevole della scomparsa, come dice lei, anche se propenderei più sull’utilizzo di un’altra terminologia… Vediamo, che ne pensa di “mancanza”? O meglio “non presenza”?-

-Si, si, quello che vuole. Quindi…?!- Demi si rendeva conto di sembrare brusca ma dove ricevere notizie da riferire a Ginny per rassicurarla. Le si strinse il cuore al pensiero di averla addormentata con la pozione Soporifera.

-Ergo, stavo dicendo, l’assenza del signor Malfoy non è stata notata solo da lei e, se non sbaglio, dalla sua compagna di stanza, la signorina Weasley- a sentir nominare Ginny Demelza arrossì, ma il preside continuò imperturbabile -Il Professor Piton mi ha informato tempestivamente quando si è accorto che il signor Malfoy non rispondeva all’appello degli alunni.-

-E che cosa facciamo adesso?- la sua voce tradiva un’ansia inaspettata.

-Ah, signorina Robins, dobbiamo sempre fare qualcosa in questa vita, nevvero? Per fortuna non sono competenze che la potrebbero opprimere-

-Qualcuno lo sta cercando vero?-

-Non abbandonerei mai un mio studente- la scrutò profondamente con quegli occhi da bambino e da anziano insieme, così sinceri e benevoli –Ma adesso Ginevra Weasley ha bisogno di lei e del suo supporto. Potrebbe essere un brutto colpo per lei ritrovarsi sola quando si sveglia, non trova? Le auguro la buona notte-

Demelza capì di essere stata congedata, così salutò con un rispettoso cenno del capo ed uscì.

Una cosa la fece sorridere: con la coda dell’occhio intravide per l’ultima volta il preside che sorseggiava una tazza di thè, seguendola con lo sguardo.

 

  
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