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Autore: Rejected    14/03/2014    1 recensioni
Quasi dimenticavo, tra poche ore avremmo dovuto lasciare casa, a San Diego: ci saremmo definitivmente trasferite a casa del nuovo fidanzato di mia madre, ad Huntington Beach.
Lei non era di qui, di San Diego. Era nata ad Huntington Beach, appunto, e si era trasferita una volta sposata con mio padre, per motivi di lavoro. [...] Lì aveva incontrato un suo vecchio compagno, con il quale andava molto d'accordo quando stava al liceo, e che aveva divorziato qualche anno prima. Ricominciarono a parlare e a frequentarsi, finché lui non si dichiarò, un anno fa, e chiese a mia madre di sposarlo. [...] Aveva anche un figlio della mia età, ma non sapevo nulla di più, mamma disse che sarebbe stata una sorpresa.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, The Rev, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo sei

Rimasi in quella posizione per non so quanto tempo, cercando di capire cosa fosse successo.
Quel bacio, però, mi fece smettere di piangere. Avevo bisogno di schiarirmi le idee, così presi una felpa, mi misi le scarpe e uscii, cercando un posto tranquillo per pensare. Abitavo in una delle vie principali della città, era molto trafficata e per metà la conoscevo a memoria, poiché facevo quella strada tutti i giorni per raggiungere la scuola. Da quella parte non c'era nessun angolo tranquillo, così la percorsi dall'altra parte, finché non mi trovai davanti ad un grande parco: lessi un cartello che diceva "Central Park", proprio sopra ad un enorme cancello, così decisi di entrarvici.
Era un parco molto frequentato, ma era talmente grande che si riusciva comunque a respirare un aria di tranquillità assoluta. Passai anche vicino ad un laghetto, il "Lake Huntington", dove vidi tante piccole imbarcazioni solcare quelle acque, padre e figlio che pescavano dalla riva, altra gente che semplicemente prendeva il sole. Potevo quasi dire di essermi innamorata di quel parco.
Presi un sentierino che si allontanava da quello principale, addentrandomi ancora di più nel parco, fino ad arrivare ad un altro laghetto, chiamato "Lake Talbert".
Vidi una piccola passerella in legno, che dava proprio sopra il lago, ci salii e mi appoggiai con le braccia sulla recinzione, sporgendomi un poco.
Iniziai a fissare l'acqua, notando dei pesciolini nuotare proprio sotto di me.
"Phoebe?" udii una voce e subito dopo una mano, poggiarsi sulla mia spalla, così mi girai.
"Ciao Effie" dissi, abbracciandola.
"Che ci fai da queste parti?" mi chiese un po' sorpresa.
"Avevo...avevo bisogno di pensare" confessai, continuando a fissare l'acqua.
"Jimmy?"
"Già..." sospirai.
"Che ha combinato questa volta?"
"Ricordi quando ti parlai del disco che mi regalò mio padre?"
"Sì, l'ultimo regalo che ti fece prima di...ecco..." annuì.
"L'ha spezzato, proprio davanti ai miei occhi" feci.
"Ma che pezzo di-"
"Non è tutto, Effie" la interruppi.
"Che altro c'è?" chiese, con tono quasi minaccioso.
"Dopo che me ne sono andata piangendo e dopo che i ragazzi lo hanno rimproverato, è venuto in camera mia e, mentre parlavo, mi ha baciata" dissi, sospirando nuovamente.
"Cosa?!" urlò incredula.
"Hai sentito bene. Mi ha preso il viso tra le mani e mi ha baciata, semplicemente. Poi è uscito, scusandosi"
Mi voltai verso di lei, vedendo la sua faccia sbalordita. MI uscì una risatina isterica, prima di iniziare di nuovo a piangere. Lei mi abbracciò, cercando di asciugarmi le lacrime.
"Cos'ho che non va, Effie? Perché deve trattarmi così?" 
"E' lui un coglione, Phoebe, non darti colpe che non hai" cercò di rassicurarmi lei.
"Voglio soltanto capire che gli ho fatto di male" continuai, piangendo.
"Ci parlo io con Jim" affermò seria.
"Non voglio metterti in mezzo Effie, ma grazie comunque del pensiero" dissi, asciugandomi gli occhi.
"E invece mi metto in mezzo eccome. Non può comportarsi così. Se non da una spiegazione a te, dovrà sicuramente darla a me, che lui lo voglia o no" era irremovibile, nulla l'avrebbe convinta a cambiare idea.
L'abbracciai, era l'unica cosa di cui avevo bisogno, al momento.
"Che ne dici di andarci a prendere qualcosa? C'è un bar carino al di là del lago" mi propose, sorridendo. Accettai, avevo proprio bisogno di mettere qualcosa nello stomaco.
Raggiungemmo il locale, prendendo posto in uno dei tavoli fuori, nella veranda.
Ordinammo due coppe gelato, che arrivarono poco dopo.
"Come ti senti adesso?" chiese la mia migliore amica.
"Molto meglio" dissi, mangiando un cucchiaio di gelato.
"Non ci pensare più, lascialo perdere" continuò, mentre io annuii, sorridendo.
"Tu, a proposito, che hai deciso di fare con Syn?" 
"Non lo so ancora, sinceramente. più che altro, non saprei che dirgli..." abbassò lo sguardo.
"Facciamo così: visto che ti sei offerta di aiutarmi con Jimmy, io ti aiuterò con Gates" 
"Davvero lo faresti?" disse, sorridendo.
"Certamente!" le sorrisi anche io.
Passammo un gran bel pomeriggio insieme, era l'unica che riusciva a non farmi pensare a niente quando stavo con lei, era uno dei motivi per cui le volevo così tanto bene.
Uscimmo dal chioschetto e, incamminandoci ancora nel parco, incontrammo Zacky e Matt, intenti a fare qualche tiro a baseball.
"Tanto sei una schiappa, Vee!" gli urlai, facendolo spaventare e facendogli mancare la palla con la mazza, provocando una forte risata della mia amica.
I ragazzi si voltarono e ci raggiunsero per salutarci.
"Mi hai distratto tu!" disse, per poi darmi una leggera spinta sul braccio.
"Non dare la colpa a Phoebe, l'avresti mancata comunque!" affermò Matt.
"Oh, non ti ci mettere anche tu" affermò il chitarrista, facendo finta di essersi offeso.
"Dove ve ne andate di bello?" chiese il più alto.
"A casa, eravamo qui al bar" spiegai.
"Ti va se ti riaccompagno a casa? Dovrei parlarti di una cosa..." continuò Zacky.
"Sì, certo. Mi devo preoccupare, per caso?" chiesi, facendo uscire dalla mia bocca una risatina quasi isterica.
"No, figurati!"
Così salutammo gli altri due ragazzi e ci avviamo verso casa mia. Il mio amico voleva parlarmi di James, del fatto che fosse realmente dispiaciuto per quello che aveva combinato quel pomeriggio e che non immaginava che quel CD valesse così tanto per me. Zacky era riuscito a farlo ragionare, era finalmente riuscito a convincere mio "fratello" a non darmi più fastidio, così, a detta del chitarrista, decise di non calcolarmi più.
Era sempre meglio che nulla, dopo quello che aveva fatto, sarebbe stato più facile anche per me non dargli corda.
Arrivammo a casa e ci salutammo.
"Allora, ci vediamo domani a scuola!" disse il ragazzo.
"Certamente! A domani Zacky, e grazie" risposi, per poi lasciargli un delicato bacio sulla guancia.


Jimmy's POV.
Ero sdraiato nel letto e, non riuscendo a dormire, mi trovai a far roteare in aria una bacchetta della mia batteria, fissando il soffitto. Era uno dei pochi movimenti che riusciva a rilassarmi.
Continuavo a pensare a quello che avevo fatto a Phoebe, a come non avevo fatto altro che trattarla male da quando era entrata in casa, al matrimonio, al disco di suo padre. 
Zacky aveva ragione, era ora di smetterla di comportarmi da bambino e prendere una decisione, o tutto o niente: o avrei smesso di prenderla in giro e trattarla male, o l'avrei lasciata perdere del tutto. Optai per la seconda.
Non perché non mi piacesse lei come persona, anzi, quando al matrimonio confessai che mi piaceva, dicevo seriamente. Era proprio per quello che non potevo permettere che quella "cotta" diventasse qualcosa di più.
Mentre ero assorto nei miei pensieri, qualcosa attirò la mia attenzione: delle urla, provenire dalla stanza accanto alla mia. Mi alzai dal letto e aprii la porta della camera di Phoebe.

"Papà? PAPA'! Ti prego torna da me, non mi lasciare! Papà non morire, cerca di resistere!"

Mi avvicinai di più al suo letto, la vedevo agitarsi tra le coperte, sudava freddo.
"Phoebe?" la chiamai, sfiorandole appena il braccio e facendola sobbalzare.
Vedevo il terrore nei suoi occhi e una tristezza infinita, di quelle che non se ne andranno mai.
Non dissi nulla, la feci spostare di poco e mi sdraiai accanto a lei, facendo aderire la sua testa al mio petto e accarezzandole dolcemente i lunghi capelli scuri. Riuscivo a sentire il suo respiro affannato e il suo corpo tremare. Nemmeno lei si azzardò a dire qualcosa, evidentemente era sconvolta dal brutto sogno che aveva appena fatto.
Rimasi con lei finché non si riaddormentò, le diedi un lieve bacio sulla fronte e, dopo averle dato un ultimo sguardo, tornai in camera mia.
Riuscii a dormire pochissimo, il minimo indispensabile ad affrontare la giornata successiva. Mi vestii e andai in cucina per fare colazione; quando varcai la porta, vidi Phoebe seduta al tavolo, sola, che fissava la tazza del latte e girava il contenuto con cucchiaio. Aveva lo sguardo perso e non potevo biasimarla. Mi avvicinai al frigorifero e presi il cartone del latte, poi un bicchiere dalla credenza e ce lo versai.
"Come ti senti?" chiesi, senza però voltarmi verso di lei.
"Un po' meglio" rispose.
Sentii a mala pena la sua voce come interrotta da un singhiozzo, così guardai il suo riflesso nella credenza e vidi che si asciugò una lacrima con la manica della sua maglietta rossa. Avrei voluto dirle qualcosa che potesse consolarla, avrei voluto stringerla forte a me, ma non potevo. Sentivo qualcosa per lei, inutile provare a negarlo, e vederla così mi faceva soltanto stare peggio. Posai il bicchiere nel lavandino e mi incamminai verso la porta.
"Grazie per essere stato con me, stanotte" mi disse, con voce flebile prima che io uscissi definitivamente dalla stanza.
"Non devi ringraziarmi. Ci vediamo in classe" risposi, per poi allontanarmi.
Non che non volessi fare la strada con lei fino a scuola, ma dovevo incontrarmi con Leana, avevamo finalmente chiarito e le avevo promesso che ci saremmo visti per andare a scuola insieme. Se mi avesse visto arrivare con Phoebe, avrebbe scatenato l'inferno.
La raggiunsi a casa sua, mi stava già aspettando fuori dal cancello e, appena mi vide, mi saltò al collo, provando a baciarmi, ma mi spostai.
"Che ti prende?" mi chiese, insospettita.
"Niente, problemi a casa" risposi, prendendola poi per mano.
"Quella?" sputò acida.
"Sì, ho saputo ieri che suo padre è morto. Insomma, un po' mi dispiace"
"Sì beh, a me non interessa"
Se c'era una cosa che non sopportavo di Leana, era questo suo fare da snob; ma per una scopata assicurata, avrei anche fatto finta di nulla.

  
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