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Autore: Giulia23    14/03/2014    9 recensioni
SEGUITO DELLA FANFICTION "TIMELESS" DA ME SCRITTA e senza la quale non capirete poi molto =)! Non posso scrivere molto della trama senza spoilerare la prima parte, ma spero che questo vi piaccia e vi invogli a leggere la storia : < Devi smetterla, devi smetterla di metterti in mezzo.> le ringhiò contro Klaus, afferrandola rudemente per un braccio e portandola contro di sé. Era furioso con lei, ma il desiderio di stringerla tra le braccia era sempre stato più forte di qualsiasi turbamento, qualsiasi furibonda discussione.
< Volevo aiutarti, non volevo mettermi in mezzo ma se è questo che pensi, puoi stare tranquillo! Non entrerò più nella tua vita!> urlò per tutta risposta Caroline mentre si dimenava furiosamente tra le braccia di Klaus, ma una fitta alla schiena la fece tremare sulle sue stesse gambe. Klaus accorse a sorreggerla prontamente e la cullò contro di sé e chiuse gli occhi nel tentativo di cancellare la visione della sua Caroline così sofferente.
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Caroline\Klaus
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Salve ragazze. Imploro il vostro perdono per il super ritardo e prometto che tornerò da subito a postare con regolarità! Ho avuto un calo di ispirazione che spero i vostri stupendi commenti riusciranno a farmi passare. E vi avviso, non ho avuto tempo di rileggerlo quindi perdono per gli "o"rrori grammaticali. Ancora, scusatemi per il ritardo e buona lettura! ;)



Klaus spalancò gli occhi e corse al pian terreno della sua dimora ancora a petto nudo e piedi scalzi. Dopo aver percorso di corsa le scale ed attraversato l’ampio salotto, gli occhi allarmati di Elijah e Rebekah lo accolsero.
No, non poteva essere vero. La popolazione non poteva essere arrivata a tanto.
Si affacciò ad una delle grandi porte finestre della veranda, scostando le tende che erano state chiuse per la notte e la sua più profonda paura diventò realtà.
Vide un corteo di gente portare in mano fucili dell’armata reale, pire accese, edifici in fiamme. Nobili uccisi e sgozzati sul ciglio delle strade.
Parigi era irriconoscibile in quella scia di terrore e sangue, una parte di lui si sentiva inebriata e poteva scorgere lo stesso desiderio negli occhi arrossati di Elijah e Rebekah. Era difficile resistere di fronte a tutta quella inebriante paura, al brivido della caccia seppure per traslato, il desiderio di tuffarsi in quel lago di sangue era dirompente, ma un pensiero riuscì a riscuoterlo dall’oblio e dalla bestia che sentiva risalire in lui.
Caroline.
Abitava alla periferia di Parigi, potevano ancora esserci ottime possibilità di trovarla in salvo, barricata nella sua stessa dimora. Lei era furba.
Klaus si voltò di scatto e uscì alla velocità della luce dalla casa senza nemmeno degnare di uno sguardo i suoi fratelli. Loro se la sarebbero cavata in quell’inferno, Caroline no.
Corse come un fulmine, non gli importava di essere visto da quella folla brulicante e fuori di sé, doveva raggiungere Caroline, doveva metterla in salvo.
Una creatura familiare comparve al suo fianco, correndo insieme a lui mentre la sua lunga chioma bionda veniva scossa dal vento.
Klaus sorrise a sua sorella che ricambiò quel gesto con un cenno del capo. I fratelli Mikaelson non erano persone dalle molte parole, soprattutto quando si trattava di dire “ Grazie” e “Prego. Ti voglio bene”.
Un forte odore di bruciato e di polvere da sparo li fece immobilizzare nello stesso istante, al centro stesso di quel putiferio.
Klaus afferrò per mano la sorella e svoltò l’angolo.
Rebekah ebbe un sussulto di puro stupore misto a spavento e Klaus strinse ancora di più la presa contro la sua mano.
 < La Bastiglia.> riuscì solo a mormorare sotto shock.
 
 
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Caroline salì le scale di casa come una furia, rischiando di inciampare nel maestoso vestito regalatole da Klaus per l’incontro con i Thompson.
Era infantile, lo sapeva. Soprattutto dopo il meraviglioso viaggio in carrozza con Klaus, si erano calmati ed avevano iniziato a parlare di … beh di tutto. Dei sogni di Caroline, dei luoghi che l’ibrido aveva visitato.
Ed ora si ritrovava a sbattere la porta della camera da letto di sua madre dietro di sé senza averlo nemmeno salutato. Si era catapultata fuori dalla carrozza nel preciso istante in cui Klaus le aveva afferrato la mano per baciarla lascivamente.
Avrebbe tollerato insulti, prese in giro e frecciatine per il resto della sua vita, ma quello… no. Non poteva stare vicino a lui in quel modo se a meno di tre giorni doveva sposare un altro uomo. Non era giusto. Non lo era per lei, per Robert.
 < Caroline? Si può sapere cosa vi è preso?> sentì la voce alterata di Klaus provenire da dietro la porta, chiusa a chiave. Battè i pugni contro il legno facendo quasi svegliare Susanne dal suo sonnellino pomeridiano e Caroline corse a sedersi sulla sedia posta davanti allo specchio rotondo del mobile dove sua madre era in uso truccarsi, una volta. Quando non era confinata a letto.
Portò le mani sulle cosce e le strofinò con forza nel tentativo di ritrovare il controllo. Sospirò pesantemente e chiuse gli occhi. Si sentiva così infuriata con lui.
 < State bene? Vi prego non fatemi preoccupare. Aprite la porta.> il tono di voce di Klaus si era tranquillizzato. Anzi, era più calmo ma una nota d’urgenza ne modulava il tono altrimenti perfetto, seducente. Dannatamente inglese.
Per quale maledetto motivo doveva comportarsi così con lei? Ora? Perché?
 < Sto bene. Devo assistere mia madre, scusatemi. Vi vedrò il giorno del matrimonio, potete andare.> disse ad alta voce, ben sapendo che non ce ne fosse bisogno. Klaus era un super ibrido, o giù di lì.
Sentì un forte colpo scardinare quasi la porta dalle assi e si voltò di scatto, allarmata.
Non era riuscito a contenersi. Aveva sferrato un pugno a quella stupida porta in legno, l’unico oggetto che lo separava da Caroline. Ma non era così, non c’era solo un po’ di mogano a dividerli. Lo aveva capito.
Caroline non era semplicemente una preda difficile. Era una ragazza colma di principi, d’onore e di un orgoglio smisurato. Aveva percepito così bene il cuore di lei accelerare il battito al suo tocco e questo gli aveva dato speranza.
Arrossiva in sua presenza ed aveva potuto notare una scintilla di passione mista a rabbia nei suoi occhi.
Ma Caroline non era come le altre. Lo stava imparando a sue spese.
 < Domani invierò un sarto per il vostro abito da sposa e Caroline… ceneremo insieme. Ho intenzione di trascorrere del tempo con voi, prima del vostro trasferimento a casa Thompson. Non è bene che una donna viva da sola, con la madre malata. Eviteremo voci spiacevoli.> ordinò Klaus prima di voltarsi, pronto ad uscire da quella casa e sfogare la sua rabbia su chiunque avesse incontrato.
Ma la porta alle sue spalle si spalancò ed ancora prima che riuscisse a voltarsi, Caroline si era gettata contro di lui, spintonandolo verso le scale.
 < Potreste inventare una scusa migliore! Vi facevo più intelligente! Ma sapete una cosa? Avete potuto comprare il mio futuro, ma non comprerete me! Non mi avrete mai! > urlò Caroline con tutta la voce che aveva in corpo, mentre le sue mani venivano immobilizzate contro il petto di Klaus che la stava guardando con aria allarmata e sconvolta.
Fu questione di un secondo. Le labbra carnose ed avide di Klaus si schiantarono contro quelle di Caroline mentre l’ibrido la conduceva contro la parete, per permettere ai loro corpi di sfiorarsi, fondersi l’uno con l’altro.
Sentì le mani di Caroline chiudersi a pugni e combattere contro il suo petto, ma pian piano la sua resistenza divenne più flebile. La sua bocca si schiuse permettendo a Klaus di baciarla come sognava di fare da quando l’aveva vista e le afferrò la testa tra le mani, intrecciando le dita ai suoi boccoli dorati per baciarla con più forza, come se quello fosse stato il loro primo ed ultimo bacio.
 < Caroline.> la voce tremula di sua madre risuonò per l’angusto corridoio, facendola tremare.
Klaus potè avvertire il disagio della ragazza risalire lungo la sua spiana dorsale, irrigidendola come un pezzo di ghiaccio.
La ragazza posò un casto bacio contro le labbra dischiuse dell’ibrido che stava cercando invano gli occhi di lei.
Caroline aveva la testa bassa, china e afferrando le mani calde di Klaus le allontanò dal suo viso per indirizzarsi in silenzio ed ancora con il fiatone verso la camera di sua madre.
Chiuse la porta dietro di sé, obbligandosi a non guardare l’uomo che la stava condannando alla dannazione eterna, all’eterno tormento eppure… all’eden terreno.
Klaus osservò Caroline chiudere a chiave quella maledetta porta, senza dire una parola. Scioccato egli stesso da quello che era appena accaduto.
 < A domani.> sussurrò con le labbra ancora gonfie e fin troppo rosee. Caroline provava davvero qualcosa per lui.
Era tutto quello che gli bastava sapere. Lottare era suo compito adesso.
 
 
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La testa del capo delle milizie del re era stata appesa ad una picca che un corteo di gente inferocita stava portando in giro come se fosse stata una macabra bandiera. Era tutto a dir poco scioccante.
La Bastiglia era in fiamme, le guardie venivano portare fuori e trucidate dalla folla, i pochi prigionieri fatti evadere. Non si poteva più tornare indietro, era evidente. La rivoluzione alla fine era scoppiata.
 < Elijah sta prendendo le cose più importanti, i documenti, i nostri passaporti ed il resto. Ci aspetta sulla Senna tra un’ora. Ci sarà un battello ad aspettarci.> disse Rebekah con un filo di voce.
Klaus si voltò a guardarla scioccato e piegò la testa, frastornato. < Perché non sei rimasta tu a risolvere quelle faccende? È troppo pericoloso qui fuori.> osservò in un misto tra rabbia e preoccupazione.
 < Perché ho tirato un bel cazzottone ad Elijah e ti ho seguita. Caroline è mia amica e se proprio qualcuno deve salvarla e beccarsi la sua riconoscenza infinita, beh allora quella sono io, non Elijah. Potrei tenerla sotto scacco per anni così, farle fare da mia schiavetta riconoscente fino alla fine dei giorni. Non mi perdo questa opportunità.> disse sollevando un poco il mento, in un moto di stizza. Era una cosa sciocca, infantile… una cosa da Rebekah mascherare l’affetto sotto quella strana aria da superba stronza. Klaus le sorrise e ricominciò a correre.
L’avrebbe salvata e sarebbero fuggiti insieme. E se proprio Caroline voleva quell’insulso verme con lei, allora lo avrebbe portato con loro e poi lo avrebbe fatto affogare nella Senna.
Mm… forse non era una buona idea.
Avrebbe architettato un piano migliore quando l’avrebbe vista.
Schizzarono tra la folla, schivando proiettili e cortei inferociti. Ebbero non poche difficoltà ad uscire dal centro di Parigi. Tutte le porte, tutti gli ingressi erano sotto assedio o in preda alle fiamme. Scavalcare il muro era stata la soluzione più adatta alla fine.
Più si avvicinavano alla dimora di Caroline e più Klaus e Rebekah sentivano il loro cuore raggelare.
Le previsioni di Klaus erano state ottimistiche. La battaglia era dilagata sino a lì.
Superarono in un battibaleno l’abitazione dei Laurent, la porta era divelta, le finestre in frantumi e Klaus potè udire il cuore della signora Laurent battere per l’ultima volta.
Accelerò il passo lasciando indietro Rebekah, ma alla vista della casa di Caroline si immobilizzò, divenendo di pietra.
Tutto sembrava esageratamente calmo, ma la porta principale era aperta.
Non si lasciò il tempo di pensare, di percepire il sangue raggelarsi nelle sue vene. Entrò di fretta nella casa e dal pian terreno deserto udì dei rumori e delle voci provenire dal piano superiore. Fu lì in un istante.
Due uomini vestiti di stracci e armati di fucile stavano cercando di buttare giù la porta della camera da letto di Caroline.  La sua Caroline. Si era barricata dentro.
Un sorriso di soddisfazione sfuggì al suo controllo mentre in poco meno di dieci secondi affondava i suoi canini nel collo di quelle bestie, parandosi dai proiettili con i loro rispettivi corpi. Idioti, in definitiva si erano uccisi da soli.
Lasciò cadere il cadavere dell’uomo che aveva usato come scudo, ma ancora prima che potesse allungare una mano sulla maniglia, Rebekah ruppe la porta portando con sé parti delle travi in legno che Caroline doveva aver inchiodato allo stipite e alla parete dall’interno.
La sua ragazza era un tipo sveglio.
Rebekah e Klaus entrarono contemporaneamente nella stanza, prendendosi quasi a spallate ed il sorriso di soddisfazione e sollievo che illuminava il viso dell’ibrido svanì in poco meno di un minuto.
La stanza era intatta. Nessuno sembrava esservi entrato.
Il verme giaceva sul letto, ancora privo di conoscenza. L’armadio di Caroline era spalancato e la finestra … la finestra era aperta.
Notò con la coda dell’occhio che Rebekah era corsa nel bagno privato, in cerca di lei. Ma lei non c’era. Non ne percepiva il battito, il respiro.
Si avvicinò con lentezza sovrannaturale alla finestra. Non voleva vedere, non poteva dare conferma ai suoi dubbi, alle sue paure.
Sfiorò con l’indice la spessa corda fatta di candide lenzuola che pendeva dal davanzale della finestra per ricadere lungo il retro della casa.
Lei era furba.
Lei aveva messo al sicuro Robert, trascinandolo dal divano ( dove lui stesso ricordava di averlo depositato poche ore prima ) in quella stanza che aveva reso inespugnabile, prima di fuggire. Fuggire, ma diretta dove?
 < Non c’è. In bagno non c’è …> sussurrò sotto shock Rebekah prima di avvicinarsi al fratello che sembrava non averla nemmeno sentita. Alla vista della fune improvvisata anche lei capì.
 < Lei è furba.> sussurrò Klaus.
 < Cosa?> domandò Rebekah senza capire il significato delle sue parole.
 < Lei è furba è vero, ma è anche altruista, è buona.> osservò Klaus voltandosi per camminare nervosamente nella stanza e passarsi le mani tra i capelli.
Stava ragionando. Dove poteva essere andata, dove?
 < Ok.> sussurrò Rebekah facendo un passo indietro. O suo fratello era sull’orlo di una crisi di nervi oppure stava per avere un’illuminazione che era davvero il caso di non farsi sfuggire.
 < Avrà pensato di venirci incontro. Avrà pensato che restare qui era troppo rischioso quando ha visto tutti questi ribelli. Ma non può essere stata così stupida da pensare di poter attraversare Parigi senza rischiare la vita!> ringhiò furente prima di afferrare la lampada posta sul comodino e scaraventarla contro il muro.
Rebekah rimase in silenzio, mordendosi le labbra. Avrebbe voluto dire a Nik di tranquillizzarsi, ma era normale che non potesse ed era stupido da parte sua chiederglielo.
 < Meredith.> sussurrò Klaus prima di afferrare Rebekah per le spalle.
 < È andata a salvare Meredith e suo marito, abitano di fronte alla Bastiglia e noi a meno di un chilometro da lì. Avrà pensato di poterci incontrare lungo il tragitto o di portare Meredith con lei, da noi. È una stupida altruista ecco cos’è!> urlò mentre i suoi occhi divenivano gialli.
 < Hai ragione Nik, ma ora dobbiamo trovarla. Dobbiamo separarci, non sappiamo che strada possa aver percorso o stia ancora percorrendo e dubito che sia riuscita a superare le cinta murarie della città, le porte sono prese d’assedio. Abbiamo avuto problemi noi ad uscire!> disse con voce autoritaria Rebekah prima di liberarsi della presa del fratello.
Klaus si voltò di scatto ed un basso ringhiò fuoriuscì dalle sue labbra contratte.
 < Sta attenta e non appena la trovi, portala da Elijah, sul battello. Ci vediamo lì tra un’ora.> ordinò Klaus prima di gettarsi dalla finestra e correre. L’avrebbe trovata, ci sarebbe riuscito.
 Rebekah si voltò per osservare Robert, ignaro di ogni cosa e sospirò.
 < E certo… e di te chi si occuperà? Maledizione.> bofonchiò prima di prenderlo in braccio ed uscire dalla finestra. Un forte rumore la costrinse a fermarsi, aveva fatto sbattere la testa di Robert contro lo stipite della finestra.
  < Ops. Colpa mia.> osservò con un sorrisino divertito prima di lanciarsi. Lo avrebbe appioppato ad Elijah e sarebbe tornata a cercare quella testarda di Caroline.
 
 
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 < Sei bellissima piccola mia. Ma dimmi … Robert come si è proposto? Stavate facendo una passeggiata? Te lo aspettavi?> domandò Susanne, ravvivandosi i lunghi capelli di un biondo più scuro di quello di Caroline.
La ragazza guardò il suo riflesso nello specchio e provò ogni tipo di sensazione contrastante, ma nulla che fosse vicino alla gioia.
 < No mamma, non me lo aspettavo affatto. È stato dolce e gentile e … mi ama. Questo è tutto ciò che conta. Ed io sarò una brava moglie, come lo eri tu con papà.> rispose con voce atona mentre il sarto le gironzolava attorno apportando le ultime modifiche. Le stava mentendo per una buona ragione, non farla soffrire.
 < So che Robert ti ama … ma tu ami lui?> domandò allora Susanne, con fare guardingo mentre cercava di scendere dal letto.
 < Mamma che fai? Resta giù.> la ammonì Caroline mentre si lanciava verso Susanne nel tentativo di tenerla a bada.
Ma il movimento improvviso aveva fatto sì che il sarto le ferisse il palmo della mano con uno spillo, aprendo una ferita dritta e lineare sino all’indice.
 < Signorina!> protesto il basso uomo pelato e vestito di tutto punto. Caroline non badò al dolore ed aiutò sua madre a sistemare i cuscini.
 < Domani dovrò venire, devo abituarmi a stare in piedi di nuovo.> protestò Susanne prima di afferrare la mano ferita della figlia. < Oh Caroline, sai essere così sbadata a volte. Va a medicarti, corri!>
Caroline sbuffò, facendo roteare gli occhi al cielo e si voltò verso il sarto.
 < Il vestito è pronto? Posso liberarmi della vostra piacevolissima presenza?> domandò tra il sarcastico ed il divertito.
 < Avete tolto da sola l’ultimo spillo! Posso fuggire di qui, il più in fretta possibile.> scherzò di rimando l’omino, genuinamente attratto dalla bellezza di quella fanciulla.
 < E Caroline… non appena sarai di ritorno, dovrai rispondere alla mia domanda.> puntualizzò Susanne, rivolgendole un sorriso malizioso.
Caroline uscì in fretta da quella gabbia di matt…emh stanza e si diresse al piano di sotto con un sospiro di sollievo.
 “Si mamma, lo amo. Io amo Robert.” Quanto poteva essere difficile dirlo, sembrando vagamente credibile? In fondo voleva un gran bene a Robert.
Si indirizzò in salotto. Nel mobiletto vicino al sofà dovevano trovarsi garze e quant’altro. La ferita pizzicava un po’, non faceva tutto questo male ma sempre meglio assecondare Susanne Forbes. Sempre.
Si chinò per prendere il necessario lasciando che il sole, che trapelava dalle grandi finestre rettangolari, le riscaldasse la pelle. Si alzò di scatto ma qualcosa le impedì di fare il passo successivo.
Sulla soglia della porta c’era Klaus. Splendido nel suo abito blu scuro che metteva in risalto il colore dei suoi magnetici occhi.
La stava osservando con attenzione e persino con uno strano cipiglio mentre portava le mani dietro la schiena e faceva un passo verso di lei.
Caroline fece scivolare le mani lungo i suoi fianchi, attenta a non far cadere i vari medicinali ed attese. Non sapeva bene cosa, ma sapeva che non avrebbe mai trovato la forza di parlare dopo quello che era successo il giorno prima.
Quel vestito. Quel maledetto vestito sembrava essere stato creato dagli angeli apposta per lei.
Estremamente semplice per la moda dell’epoca eppure…così perfetto per esaltare la bellezza disarmante di quella fanciulla.
Poteva ben dirlo, mai nessuna donna era apparsa ai suoi occhi così perfetta.
Lo scollo a barca che lasciava le spalle scoperte, il pizzo ricamato che scivolava come acqua sulle sue curve, sulla sottoveste bianco perla. La gonna ampia ma non rigonfia metteva in risalto la sua vita sottile, arrivando fino ai piedi e prolungandosi in un piccolo strascico.
Le maniche lunghe terminavano a forma di “v” lungo il dorso della sua mano, lasciando al pizzo il compito di creare incantevoli giochi con il candore della sua pelle, così come accadeva lungo il decolleté e la schiena. Era un vero splendore. Una sposa incantevole… che non sarebbe stata sua.
 < Non vi ho mai visto più bella.> disse Klaus con sincerità mentre i suoi occhi divenivano tristi.
Caroline deglutì rumorosamente ed aprì la bocca ma nessun suono sembrò volerne fuoriuscire.
“ Dì qualcosa maledizione! Parla…parla, cretina!” lo sguardo di disperazione mista a terrore di Caroline lo fece sorridere, lasciando che l’atmosfera tesa si alleggerisse almeno un po’.
 < Ho in mente di portarvi a cena fuori, spero vi cambierete d’abito o dovremmo dare un po’ troppe spiegazioni che risulterebbero poco convincenti.> osservò Klaus avvicinandosi a lei che non era riuscita a non sorridere di quella battuta.
 < Il grande Monsieur Mikaelson sposato. Saremmo sulla bocca di tutti e fin troppe donne tenterebbero di uccidermi a suon di occhiatacce malevole.> ironizzò Caroline prima di tornare a guardare le sue scarpe ed indirizzarsi verso l’altra porta, quella non ostacolata dalla figura di Klaus.
 < Vi proteggerei da tutto. Non di meno dagli uomini che cercherebbero di portarvi via da me.> la voce roca e suadente di Klaus la fece immobilizzare sui suoi stessi passi. Non erano solo le sue scarpe che stava contemplando in quel momento ma anche quelle di Klaus che si era parato davanti a lei, troppo vicino per il suo già danneggiato sistema nervoso.
Sentì le dita dell’ibrido scivolare lungo la sua mascella fino a sollevarle il viso.
 < Odio non potervi guardare negli occhi. > sussurrò Klaus, avvicinando la sua bocca a quella di Caroline. Quando quelle due pozze di acqua cristallina tornarono a guardarlo fu come bere una sorsata d’acqua fresca in piena estate.
 < Non potrete prendervi tutte queste libertà a partire da domani. Verrò a cena con voi, per dirvi addio come devo. Dimentichiamo tutto, dimentichiamoci l’una dell’altro ed andiamo avanti con le nostre vite. Vi imploro. Lasciatemi libera di non tradire me stessa.> al suono di quelle parole Klaus fece vagare i suoi occhi frenetici, allarmati lungo quel viso contratto ma pur sempre bellissimo.
Afferrò con gentilezza la mano di Caroline e la portò vicino al suo viso. Le sfilò le garze dal palmo contratto e le posò sul mobile vicino alla parete. Tornò a guardarla e posò la mano della ragazza contro le sue labbra.
Ne leccò la lunga ferita, giungendo sino all’indice per depositarvi infine un lungo bacio. Il blu magnetico dei suoi occhi non si era mai allontanato da quello sconvolto ed eccitato di quelli di Caroline.
Srotolò la garza e le fasciò con diligenza la mano, approfittando di ogni occasione per far sfiorare la loro pelle, le loro dita in un gioco di seduzione e desiderio.
 < Siete libera di non tradire voi stessa, come io sono libero di amarvi.> osservò Klaus con voce calma prima di fare un passo avanti e depositarle un bacio dolce, lento sulle labbra. Le accarezzò la guancia e ne saggiò il profumo prima di tornare a debita distanza da lei e sorriderle.
 Caroline barcollò fino alle scale, aggrappandosi alla vita di Klaus che la sorresse prontamente. Potevano le parole di quell’ibrido, un suo semplice bacio scombussolarla a tal punto?
Eppure baciare Robert non l’aveva fatta sentire così.
 < Voi non mi amate. Smettetela di ingannare voi stesso e mentire a me. Sono solo un capriccio.> sibilò tra i denti Caroline prima di salire al piano di sopra per cambiarsi e dare il via ad una cena che sapeva, sarebbe stata interminabile.
 
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Stava correndo, un piede dietro l’altro, la tensione alle stelle, la paura che gli martellava il cuore.
Paura. Un sentimento che non provava da tempo.
E per la prima volta non aveva paura per se stesso, ma per un qualcun altro. Qualcun altro che contava più di lui, della sua salvezza, della sua vita.
In preda alla disperazione più ceca aveva fatto il giro delle cinta murarie di Parigi per ben tre volte. Nulla.
Quella stessa disperazione lo aveva spinto a recarsi sulla Senna, nel luogo stabilito, dove sapeva avrebbe trovato il battello. Magari Caroline era riuscita a trovarlo da sola, ad imbattersi in Elijah.
Accelerò il passo, cosa che credeva impossibile potesse fare. Sentiva i polmoni sul punto di collassare e se la cosa non avrebbe gravato alla sua vita, di certo lo avrebbe fatto capitolare dal dolore.
Ma nessun dolore poteva essere paragonabile al dolore di perderla. Avrebbe superato qualsiasi limite, proprio o umano, i limiti posti da quel maledetto mondo che sembrava ostacolarli in ogni modo. Avrebbe sempre continuato a combattere per Caroline, fino a che avrebbe avuto fiato in corpo.
Lei era la ragione di ogni sua azione, di ogni suo pensiero. Era la sua vita. Non avrebbe mai potuto andare avanti senza di lei. Molte persone lo fanno. Tutte lo fanno a dire il vero.
Chiunque ha perso nel corso della sua vita qualcuno di caro, di amato. Fa male, ma alla fine si sopravvive.
Se c’era una cosa della quale Klaus era sicuro era che dopo di lei non ci sarebbe stato modo per ricominciare a vivere. Senza una parte di lui, senza il suo cuore, il suo braccio, la sua gamba, la sua stessa testa come si fa ad andare avanti?
Quando notò la barca di medie dimensioni e dal colore chiaro che aveva comprato tempo addietro con Elijah per un occasione del genere, ma che avrebbe dovuto involvere Mikael, si precipitò sulla riva erbosa.
Entrò di corsa sull’imbarcazione, ma …era vuota. Neppure Elijah era lì eppure i loro bagagli erano perfettamente stipati nella stiva.
Anche lui doveva essersi messo in cerca di Caroline e mancava meno di mezz’ora al loro appuntamento in quel punto preciso.
Dove diavolo era finita?
Richiuse con così tanta forza la stiva da scardinarla prima di tornare a correre. L’erba sotto i suoi piedi nudi riuscì per un attimo ad alleviare il dolore dovuto allo sfregamento della pelle ormai bruciata sulla ghiaia ed i sassi.
Doveva trovarla.
Poteva essere arrivata veramente fino da Meredith?
Ancor prima di riuscire a formulare quel pensiero, Klaus si indirizzò verso il centro di quella Apocalisse appena scoppiata. Non riusciva a capire come avesse fatto ad entrare in città, pensare che si trovasse vicino alla Bastiglia… se fosse stato così, le possibilità di rivederla viva erano … No!
Arrivò davanti la dimora di Meredith, era stata presa. Le porte erano divelte, le finestre rotte. Dalla Bastiglia alle sue spalle fuoriuscivano uomini armati di tutto punto, che avevano appena saccheggiato l’armeria reale.
Doveva entrare, ma non appena arrivato alla porta qualcosa venne scaraventato contro di lui, tanto da farlo traballare all’indietro prima di capire che quello che aveva tra le braccia era un uomo.
Alzò lo sguardo ed il viso iroso e sporco di sangue di Caroline riuscì a farlo sentire terribilmente sollevato e timoroso allo stesso tempo.
Aveva in mano un lungo fucile che sembrava star usando più come una spada ( grazie alla lunga baionetta posta sulla sommità ) o un bastone, il vestito oro chiaro era imbrattato di sangue e con l’altra mano stava sollevando qualcosa. No, lo stava più trascinando. Aveva le spalle curve e lo sguardo iniettato di sangue, era a malapena riconoscibile eppure … apparve ad i suoi occhi come una visione. Il suo angelo caduto, la sua dea della vendetta, la sua Nemesi.
Klaus gettò a terra l’uomo ormai privo di vita e corse verso Caroline.
La ragazza lo guardò con aria dubbiosa, ancora sull’attenti e al suo tentativo di stringerla tra le braccia, sobbalzò allontanandosi.
Non poteva essere vero. Era una visione. Uno stupido sogno.
Klaus a petto nudo, sporco di fuliggine, coi capelli scarmigliati e a piedi scalzi era apparso davanti a lei. Bello persino in quell’infermo di fiamme e orrore. Il suo cavaliere non proprio in armatura scintillante, ma mezzo nudo e dagli addominali scolpiti. Non sapeva bene perché, ma la cosa le andava ancora meglio.
Aveva dovuto uccidere, fuggire, lottare per non essere catturata, per salvare il bambino che portava in grembo e per arrivare da Meredith. Avevano ucciso suo marito ed aveva dovuto trascinarla fuori da quel salotto imbrattato di sangue per portarla in salvo verso casa Mikaelson. Riuscire nella sua impresa con una Meredith evidentemente non in grado di reagire era impossibile. Ed ora … Klaus era lì.
Caroline adagiò con gentilezza Meredith a terra e si gettò contro Klaus, lasciando che le sue grandi braccia l’avvolgessero completamente e la sollevassero da terra. Salva. Al sicuro, protetta, completa.
Persino il dolore sembrava essere svanito in quell’abbraccio.
Klaus le baciò la fronte ed i capelli più volte fino a sollevarle il viso e baciarla sulle labbra, saggiandone il delizioso aroma, il sapore dolce e la consistenza calda e morbida della sua lingua.
Fece scivolare le sue mani lungo la schiena contratta di Caroline, nel tentativo di tranquillizzarla, di farle capire che poteva rilassarti. Ora lui era lì con lei, pronto a tutto pur di difenderla.
 < Klaus.> la sentì gemere il suo nome, contro le sue labbra. In un sussurro così sensuale da farlo eccitare come mai prima.
 < Sono qui. Te l’ho promesso.> rispose l’ibrido a quel gemito di stupore e lussuria.
 < Non ne avevo dubbi.> scherzò Caroline prima di passare la lingua sul labbro inferiore di Klaus, saggiandone il sapore inebriante.
L’ibrido si lasciò sfuggire un sorriso malizioso prima di allontanare la bocca da quella di Caroline. La strinse con foga alla sua vita e lasciò che i loro occhi si incontrassero.
Forse era la felicità d’averla trovata sana e salva, forse la sorpresa nel vederla così… forte, una guerriera o forse era l’odore del sangue, le urla in sottofondo ma sentiva di volerla. Voleva farla sua lì, in quel momento, contro le pareti di quella dimora insanguinata, circondati dalla tragedia e dalla guerra che sembrava scalfire e distruggere tutto, tranne il loro amore.
 < Andiamo.> gemette controvoglia Caroline. Klaus sorrise, poteva leggere in quelle pozze color cielo una scintilla di desiderio oscuro che anche lui aveva provato.
Caroline … la sua salvezza e la sua dannazione.
Prese tra le braccia Meredith ancor prima che Caroline potesse dirglielo e fu pronto ad uscire dalla casa.
 < Sta dietro di me. Imbraccia il fucile e se serve …>
 < Sparo. Lo so. Come credi che sia arrivata fino a qui?> domandò Caroline con fare quasi altezzoso. Non si sentiva fiera delle vite che aveva preso, ma nemmeno colpevole. Lo aveva fatto per proteggere se stessa e … l’esseruncolo.
Il blu degli occhi di Klaus sembrò scurirsi mentre le rivolgeva un sorriso fiero e si voltava, pronto ad affrontare anche il Diavolo in persona pur di portarla al sicuro.
 < Se tu avessi indossato una camicia mi sarei attaccata a quella… ma devo dire che mi è andata meglio così.>
Klaus voltò il viso sulla propria spalla per guardare l’occhiolino che Caroline, acquattata dietro di lui, gli stava rivolgendo.
 < Smettila di scherzare e concentrati.> disse con tono serio, da papà. Scappò ad entrambi un risolino, troppo felici per essersi ritrovati sani e salvi per lasciare che la tensione prendesse il sopravvento così presto.
Klaus uscì dalla porta principale acuendo tutti i suoi sensi. C’erano un gruppo di popolani troppo impegnati a fare a pezzi una guardia per dare loro peso e dall’altra parte della strada ormai sabbiosa e rossiccia un gruppo di cinque donne dai vestiti malandati sembrava infondersi coraggio a vicenda, blaterando qualcosa di incomprensibile.
 
∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞
 
 
 < No. Voi non potete farmi questo!> urlò Caroline, facendo un passo indietro per allontanarsi dal tocco caldo della mano di Klaus. L’ibrido non desistette e colmò immediatamente la distanza che la ragazza aveva interposto tra loro. 
Era bellissima nel suo abito da sposa, con i capelli sciolti che le ricadevano sulle spalle e le guance arrossate per l’ira.
 < Vi voglio Caroline e vi avrò anche se dovessi uccidere vostro marito per farlo!> rispose Klaus lasciando che i suoi occhi divenissero gialli.  Non voleva di certo spaventarla, ma voleva farle capire che non avrebbe accettato un altro no. Non questa volta.
Ma la paura fu l’ultimo sentimento che pervase Caroline. La rabbia, la frustrazione stavano straziando il suo cuore.
Il giorno del suo matrimonio! Doveva rovinare anche quello!
Aveva detto sì a Robert, si erano appena sposati nonostante il tentativo di Klaus di rapirla la notte precedente, dopo quella dannata cena.
L’aveva appena trasportata via di peso dal suo ricevimento di nozze e pretendeva cosa da lei? Cosa?
Un sonoro schiaffo riecheggiò per l’immenso salone di casa Mikaelson, nella quale Caroline era stata appena materializzata.
Caroline spalancò gli occhi, sbalordita dello stesso gesto che proprio lei aveva appena compiuto. Fece un altro passo indietro con fare tremante, ma sostenne lo sguardo iracondo di Klaus. Non poteva davvero farle questo! Non poteva capire ora che voleva lei!
 < Che razza di sentimento egoistico è poi, il vostro? Avete deciso di volermi solo quando mi avete data in sposa a Robert come fossi una pedina del vostro gioco? Cos’è questo sentimento che vi ostinate a chiamare amore? Siete un bambino che si è visto portare via un giocattolo ed ora lo vuole tutto per sé! Potevate capire prima, prima di farmi legare anima e corpo ad un altro uomo! Ed io non sono una delle donne senza morale che siete abituato a frequentare! Io non sarò un’adultera, non ripudierò tutti i valori in cui credo per voi! Per voi che non avete saputo amarmi quando eravamo ancora in tempo!> urlò Caroline con così tanta forza da farle male la gola. Le guance si erano arrossate e le vene del collo gonfiate. Aveva una voglia tale di continuare a prenderlo a schiaffi che dovette voltarsi per non guardarlo negli occhi.
 < Non voltarmi le spalle!> gridò Klaus, apparendo a super velocità davanti a lei. Erano così vicini da sentire scorrere l’elettricità dal proprio corpo a quello dell’altra come fossero due magneti, irreparabilmente attratti l’uno all’altra.
 < Avrei dovuto voltarti le spalle, secoli fa!> gridò Caroline, portandosi le mani alle tempie nel tentativo di non esplodere dal nervosismo. Ed in quell’istante, quel preciso istante il tempo sembrò fermarsi.
I loro respiri eccitati, frenetici andavano a mescolarsi in una danza suadente, sfiorando i loro colli mentre le loro iridi di due differenti tonalità di blu andavano ad intrecciarsi, a studiarsi per poi correre alle labbra dischiuse dell’altro.
E come la notte prima non fu possibile opporsi al desiderio che li stava consumando.
 
∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞
 
 < Corri e qualsiasi cosa accada, non guardarti indietro.> ordinò Klaus prima di disporre sulle proprie spalle Meredith, ormai priva di sensi ed afferrare la mano di Caroline. Non era galante portare una signora in spalla come fosse stata un sacco di patate, ma al solo pensiero di gettarsi in quel putiferio senza avere Caroline vicina, a contatto, lo terrorizzava. E gli faceva venire una malsana voglia di sbarazzarsi della migliore amica di Caroline … cosa che la sua ragazza non avrebbe di certo apprezzato.
Se solo fossero riusciti ad incontrare Elijah o Rebekah nel tragitto, avrebbero potuto fuggire da lì a velocità sovrannaturale, ma a nessuno di loro sarebbe mai venuto in mente di andare a cercarli al centro stesso della Rivoluzione, la Bastiglia.
 < Ora.> urlò Klaus, per sovrastare il rumore dei fucili e le urla. Corse, focalizzando tutta la sua attenzione sul respiro di Caroline, quello che la circondava.
Uscirono in un battibaleno dal piccolo viale della casa di Meredith e svoltarono a destra, diretti all’imbarcazione che li avrebbe salvati.
Un boato e Klaus riuscì a percepire distintamente il sangue che colava lungo il suo addome. Sentì Caroline sussultare dallo spavento e prima che potesse fare qualcosa di stupido corse all’uomo che stava già ricaricando il fucile e gli spezzò il collo.
Era stato un istante, un maledetto sitante durante il quale aveva dovuto allontanarsi da Caroline ma quando si voltò la vide combattere contro un uomo che aveva afferrato il suo fucile. Era stata pronta a sparare a quel contadino che aveva evidentemente tentato di aggredire Klaus alle spalle.
Si gettò sul collo dell’uomo ma il forte tremito del suo corpo, fece sollevare il viso di Klaus illuminato da un sorriso malizioso.
Caroline lo aveva infilzato con la baionetta del fucile.
 < Bel colpo, ma hai preso anche me.> osservò Klaus con nonchalanche mentre con un doloroso passo indietro si liberava della punta della lama che gli aveva perforato lo stomaco.
 < Scusa.> osservò intimidita Caroline prima di tirare via la sua unicaarma di difesa.
L’uomo dagli abiti sudici pronunciò qualcosa di incomprensibile alle orecchie di Caroline, era in francese, e si aggrappò al collo della ragazza nel suo ultimo moto di vita. Klaus scaraventò l’uomo a metri lontano da loro ed afferrò Caroline per un braccio, incitandola a correre.
 < Dobbiamo muoverci!> urlò mentre la trascinava verso uno dei vicoli più vicini. Dovevano mettersi al riparo.
 < No, no Klaus aspetta! La collana, la collana di mia madre!> gridò Caroline mentre tentava di liberarsi dalla presa dell’ibrido per recuperare l’unico oggetto che le fosse rimasto di Susanne.
Un altro rombo e Caroline si ritrovò stretta tra le braccia di Klaus che le aveva fatto scudo col suo corpo, beccandosi una pallottola in piena schiena.
La ragazza sollevò il viso, allarmata come mai lo era stata per nessun altro e con la mano corse a tamponare la ferita di Klaus.
  < Come … come?> ma non riuscì a completare la frase. Vedere la sua mano sporca del sangue del suo unico, vero amore era stato un po’ troppo per il suo equilibrio mentale.
 Una folata di vento, breve, frastagliata e si ritrovò a terra, a rotolare tra il fango di una stradina laterale alla piazza della Bastiglia. Klaus era capitolato a terra con lei, ma si era subito rialzato per depositare Meredith contro un edificio.
 < Come sta?> domandò allarmata Caroline mentre arrancava verso l’amica per sollevarle il viso.
 < L’hanno ferita ad una gamba, la stessa pallottola che ha perforato la mia schiena. È troppo pericoloso Caroline, dobbiamo lasciarla qui.> osservò Klaus con aria severa, distante. La sua maschera da stratega era tornata a disgustare il cuore di Caroline.
 < È mia amica, non se ne parla! Quindi pensa ad un’altra soluzione! > gridò quasi Caroline mentre gente di ogni età e tipo correva affianco a loro, alzando polvere rossa e fango.
Klaus ringhiò, maledicendo se stesso e l’intera situazione prima di prendere a cazzotti il muro. Caroline cecò di sollevarsi per parlare con lui, tranquillizzarlo ma due uomini afferrarono Klaus per le braccia, immobilizzandolo.
 < Trovato! Il grande Mikaelson. Ti stanno cercando in tanti!>  urlò uno dei sue uomini dai panni mangiati dalle termiti e dalla polvere.
Caroline caricò il fucile e lo puntò contro l’uomo più alto e dai capelli scuri che non aveva emesso parola.
 < Lasciatelo andare o sparo.> li minacciò con aria sicura, ma mano tremante. I due uomini scoppiarono a ridere prima che Caroline premesse il grilletto e contemporaneamente Klaus si avventasse sul collo dell’altro uomo.
I cadaveri dei due farabutti giacevano ai piedi di Klaus che corse a stringere Caroline tra le sue braccia.
 < Prendi Meredith ed andiamo.> osservò Caroline prima di perlustrare la strada vicino a sé, in attesa della collana che le era stata strappata dal collo.
Klaus sospirò, sconfitto e la prese per mano. Quella strada conduceva fuori città, ma non verso la Senna. Dovevano rigettarsi nella mischia.
Caroline tremava e dallo sguardo vacuo ed arrossato poteva ben dire che stava cercando in tutti i modi di trattenere le lacrime.
 < La collana.> sussurrò mentre con mano tremante si toccava il collo, nel punto preciso in cui quell’oggetto tanto prezioso nel cuore di Caroline, si trovava.
 < Resta qua e spara a qualsiasi cosa si muova, ci metterò un secondo. > sussurrò Klaus prima di darle un profondo e sofferto bacio.
 Le accarezzò il viso e pregò il Dio di Caroline, di tenerla al sicuro. Non poteva pregare per sé, lui non aveva un dio, lui era un mostro ma se ci fosse mai stata giustizia a questo mondo Caroline non meritava di morire.
Si gettò nella mischia alla ricerca della collana che Susanne le aveva regalato. Ed eccola lì, dove l’aveva vista cadere poco prima. Morse il collo di un uomo che stava per tagliare la testa ad un vecchio nobile, riverso a terra ed afferrò la collana dalla pozza di fango in cui era precipitata.
Fu un istante, un solo istante.
Nessuno dei due riuscì a capire chi avesse fatto la prima mossa, i loro corpi posero fine alla straziante distanza, le loro mani corsero ad accarezzare, lambire e marchiare il corpo ed il viso dell’altro.
Sentì il fucile venire caricato e prima di potersi girare e chiedere a Caroline cosa diavolo stesse facendo, la ragazza sparò due colpi. In un secondo Klaus tornò in quello stretto vicolo, ma prima di poter capire cosa stesse succedendo avvertì un dolore lancinante allo stomaco, tanto da farlo cadere in ginocchio e rigettare il sangue appena bevuto.
 < Klaus!> sentì la voce di Caroline richiamarlo alla realtà movimentata attorno a lui e sollevò il viso per vederla correre ed inginocchiarsi davanti a lui. Le sue mani gelide come il ghiaccio gli accarezzarono freneticamente il viso e nonostante la sua bocca fosse sporca di sangue la sentì baciarlo, dolcemente.
Amarsi era qualcosa a cui non potevano opporsi. Non potevano fare altro. Non avevano altra scelta ed andava bene così. Doveva essere così, ogni parte delle loro anime lo sapeva.
Poi le fu strappata via dalle mani.
Si alzò da terra nel tentativo di afferrarla di nuovo, ma la vista era così sfocata da non riuscire a vedere chi la stesse afferrando per la vita per strascinarla lontano da lui.
Percepì le dita di Caroline contro le sue e strinse la presa mentre la sentiva gridare il suo nome. Lottò con tutte le sue forze affinchè non le venisse portata via, ma un altro colpo allo stomaco lo fece barcollare sulle sue stesse ginocchia.
Le loro labbra gonfie si scontrarono, bramanti, in un vortice di emozioni mai provato prima. Si volevano, si desideravano e sapevamo che quel desiderio non sarebbe mai scemato.
Cercò di allungare la mano, per sentire quella di Caroline contro la sua ma quando le scivolò tra le dita, come rugiada sentì un dolore talmente forte da superare quello inflittogli da qualsiasi incantesimo.
La lingua di Klaus si insinuò prepotente e bisognosa nella sua bocca, che si schiuse al suo passaggio come se quel gesto fosse stato fatto e rifatto prima d’allora. Come se il loro posto nel mondo fosse tra le braccia dell’altro.
 < Due piccioni con una fava. Una Rivoluzione e la possibilità di uccidere questo abominio.> la voce stridula ed iraconda di donna, perforò quasi i suoi timpani mentre la sua vista tornava normale.
 < Caroline!> gridò Klaus senza voltarsi a guardare l’artefice di tutto quello.
Altre due donne dagli abiti logori la stavano trattenendo contro la sua volontà. Tenendola saldamente per le braccia.
La afferrò per la vita e voltò senza grazia, per cominciare a baciare il suo collo e strappare i fili del corsetto che tenevano imprigionato quel corpo perfetto, quel corpo d’alabastro che desiderava di un desiderio disarmante.
 < Lei non c’entra niente. È me che volete! Lasciatela andare!> gridò Klaus mentre si voltava di scatto, pronto ad aggredire la strega che gli stava facendo quello.
 < Oh lei c’entra. Lei c’entra sempre.> la voce provenne dalle sue spalle, facendolo voltare di nuovo.
Una donna dai lunghi capelli castani stava affondando un coltello nello stomaco di Caroline.
Scivolò in lei ed il gemito di piacere che uscì dalle labbra di Caroline, venne catturato da Klaus, saggiato dalle sue labbra per poterlo custodire in lui, per sempre.
Un rivolo di sangue le bagnò il mento prima di cadere in ginocchio a pochi metri da Klaus.
L’ibrido urlò il suo nome e strinse quella dannata collana nella mano fino a farla sanguinare. Caroline potè sentirlo distintamente lottare contro … contro qualcuno. Il mondo si stava già facendo troppo buio per lei.
Le sue mani calde le lambivano la vita, i fianchi, il seno. Tutto di lei gli apparteneva, ogni respiro, ogni angolo del suo corpo, ogni pensiero.
Un dolore lancinante al petto e tutto quello che fu in grado di percepire furono le labbra di Klaus, sfiorarla nell’istante preciso della sua morte.
 
 
 
 
Eccoci qui. La maledizione a quanto pare, ha fatto il suo corso anche adesso ed abbiamo finalmente capito il perché di quel dono. La collana di diamanti che il nostro Klaus non sa di avere tra le sue cose per un motivo ben preciso, visto che anche questa volta gli Spiriti hanno cancellato la sua memoria.
Se delle battute vi risulteranno familiari, sappiate che è voluto ;). Continuano a ripetere gli stessi atti, le stesse conversazioni senza nemmeno saperlo. Consideriamolo una sorta di tentativo inconscio di ricordare.
E poi ecco a voi uno spoilerone… Caroline tornerà nel futuro, ma …nah non ve lo dico ;)!
Fatemi sapere cosa ne pensate di questo sudatissimo capitolo, vi prego e preparatevi allo shock per il prossimo.
Un bacione, Giulia.
  
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