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Autore: holmeslessassbutttimelord    15/03/2014    4 recensioni
Castiel non ha parlato per quasi vent'anni, e sembra sul punto di essere mandato fuori dall'ennesimo ospedale psichiatrico. È irrispettoso, non cooperativo ed antisociale rende difficile a chiunque essergli amici. Ma quando Dean viene internato nello stesso ospedale, l'intero mondo di Castiel cambia.
(Mental Hospital!AU)
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Un po' tutti
Note: AU, Lime, Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Castiel vagava a colazione nel centro nutrizionale, la mattina seguente. Si era svegliato tardi e ora la stanza era piena di persone. In genere arrivava prima di tutti gli altri, così aveva il diritto di rivendicare un tavolo solo per lui, ma adesso era costretto a dividerlo con qualcun altro. Comunque i tavoli erano tutti occupati. Tutti, tranne uno.

“Hey, Cas! Vieni a sederti con me e Kim!” Dean lo chiamò dall'altro lato della stanza, salutando Castiel con la mano. Castiel pensò che sedersi con Dean sarebbe stata un'opzione decisamente più tollerabile rispetto al sedersi con un'altra persona, così riempì la distanza che lo separava del tavolo, e si sedette nel posto vuoto davanti a Dean, posando sul tavolo il suo vassoio.

“Allora Cas, è buono il cibo qui?” gli domandò Dean. Castiel scosse la testa, spingendo il suo vassoio verso Dean, chiedendogli silenziosamente di fare la sua scelta tra il cibo che lui aveva preso. Castiel non mangiava spesso, perché disprezzava abbastanza la “cucina” del Blue Grass. Dean spinse il vassoio verso il suo proprietario. “Nah, amico, devi mangiare. Almeno mangia un po' di toast o qualcos'altro.”

Castiel obbedì prendendo un piccolo morso dal toast, facendo una smorfia mentre masticava. Si pentì per non averlo imburrato prima di morderlo.

“Così si fa! Non è così male, eh? Io, invece, non sono particolarmente esigente. Mangio tutto ciò che non mangia prima me.” disse ingurgitando una cucchiaiata di farina d'avena. Castiel lo fissava, la sua testa piegata da un lato, confuso dall'esempio di Dean.

“Che c'è? Ho qualcosa in faccia?” chiese. Castiel scosse nuovamente la testa. “Amico, dove sono la tua carta e la tua penna? Come diavolo pensi io possa capire quello che cerchi di dirmi senza di esse?” Castiel rispose con la sua solita alzata di spalle.

“Okay, aspettami qui. Torno subito, non andare da nessuna parte, va bene?” Dean si alzò dal tavolo, lasciando Castiel e Kim seduti in un silenzio imbarazzante. Continuò a smangiucchiare il suo toast, cercando di non incontrare lo sguardo di Kim. Dopo quella che sembrò un'eternità, Dean tornò con un diario blu in mano.

L'infermiera Anna me l'ha preso dall'aula di arte. Ha detto che puoi averlo così possiamo, sai, parlare l'uno con l'altro, credo. Ah e qui c'è anche una penna.” Gliele offrì, porgendo il diario a Castiel, che lo prese con entrambe le mani, facendo scorrere le dita sulla copertina patinata. Lo aprì alla prima pagina scarabocchiò qualcosa.

GRAZIE.

Lo mostrò a Dean, che sorrise “Prego, Cas. Non sarebbe divertente girare con un ragazzo muto tutto il giorno, senza avere un modo per farlo comunicare con me.”

Quando finirono la colazione, Dean, Castiel e Kim si diressero verso la stanza ricreativa per il “tempo libero”. Kim andò verso lo scaffale dei libri per posare il libro che aveva finito il giorno precedente. Dean e Castiel si sedettero sul divano, lasciando lo spazio di un cuscino tra loro.

“Cas, non ti stanchi mai di ascoltare la gente parlare? Non ti viene mai la voglia di dirgli di stare zitti?”

A VOLTE.

“Vuoi che stia zitto?” chiese sembrando veramente curioso. “Ti ho annoiato tutta la mattina, dopo tutto.”

NO. DICI COSE INTERESSANTI E SINCERE.

“Davvero? Sono interessante? Non farmi arrossire ora.”

NON DICI BUGIE. DICI LE COSE COSÌ COME SONO. ODIO I BUGIARDI.

Gli angoli della bocca di Dean si sollevarono non appena lesse quelle parole. “Neanche io. Per questo dico le cose così come stanno.”

OVVIAMENTE.

“Quindi è per questo che non parli? Perché non vuoi istigare i bugiardi?” Dean fissava Castiel molto intensamente, ma Castiel non lo notò.

IN PARTE, CREDO.

“Quindi non è solo per questo?”

Castiel alzò le spalle. Non ricordava la vera ragione per cui era diventato muto. Lo è stato per così tanto tempo, che ha dimenticato il vero motivo.

“Odi il suono della tua voce? Perché il mio fratellino è sempre a disagio quando gli si abbassa la voce.” disse scherzando, Castiel sorrise lievemente. “Almeno ti ricordi com'è la tua voce?”

NON PROPRIO.

Dean si spostò sorpreso. Scherzava quando l'ha chiesto, ma Castiel sembrava serio. “Quand'è stata l'ultima volta che hai parlato?” chiese gentilmente.

QUANDO AVEVO DICIASSETTE ANNI.

“Diciassette? Santo cielo, da quant'è che sei qui dentro?”

SONO QUI AL BLUE GRASS DA SEI ANNI. MA SONO STATO IN DIVERSI OSPEDALI PER ALMENO VENT'ANNI.

“Quindi non parli da quando sei stato internato per la prima volta?” Castiel si sorprese dal modo in cui reagì Dean alla scoperta del suo internamento, pensava che Dean avrebbe fatto almeno una battutina sul fatto di esser stato in una casa di matti per più della metà della sua vita.

CREDO DI SÌ.

“È davvero tanto tempo, penso che ne uscirei pazzo. Non ti stanchi mai di scrivere sempre tutto?”

LA MAGGIOR PARTE DELLE VOLTE NON SCRIVO. SEMPLICEMENTE IGNORO LE PERSONE CHE PROVANO A PARLARE CON ME.

“E allora perché stai scrivendo ora?”

Castiel posò la penna per un istante, non sicuro di come rispondere. Perché stava rispondendo alle domande di Dean?

ONESTAMENTE NON LO SO.

“Beh, lo prenderò come un complimento, vuol dire che non mi odi proprio del tutto.”

PROBABILMENTE È UN'IPOTESI CORRETTA.

“Beh, almeno non stai cercando di levarmi di torno. Tutti gli altri pazienti mi irritano.” disse guardandosi intorno. “A loro piace manipolare la mente, ed a me non piace. Tu potrai anche non parlare, ma questo vuol dire che non menti.”

ESATTAMENTE.

“Allora come ti diverti da queste parti? So che c'è il ping pong e gli scacchi, ti piacciono?”

NON SO. NON CI HO MAI GIOCATO.

“Vuoi dire che sei stato rinchiuso per quasi vent'anni e non hai mai approfittato dell'unico intrattenimento?” Castiel alzò le spalle. “Forza, al Red Stone giocavo spesso a ping pong, te lo insegno.”

Senza aspettare una risposta da Castiel, Dean si alzò velocemente dal divano e corse verso il tavolo da ping pong. Prese una racchetta e fece cenno a Castiel di imitare le sue mosse. Castiel scosse la testa.

“Dai Cas! Un po' di divertimento non ti ucciderà!” esclamò, giocando con la pallina. Sembrava un bambino eccitato. Castiel sospirò e si alzò lentamente dal divano. Lasciando la penna e il diario dietro di sé, unendosi a Dean al tavolo. Dopo solo un'ora di insegnamento, Castiel aveva già battuto Dean tre volte di seguito. Anche se il ping pong non era un'attività particolarmente impegnativa, Dean era ugualmente impressionato dalla velocità d'apprendimento di Cas. Dopo la quarta sconfitta, Dean decise di provare qualcos'altro. Si spostarono alla scacchiera e Dean cominciò a spiegargli le regole.

“Quindi se vai su questo lato, devi dire “Scacco” e puoi spostare la pedina dove vuoi.”

Castiel prese il suo diario dal divano e scrisse:

PERCHÉ BISOGNA DICHIARARE LO SCACCO PER FAR MUOVERE LA PEDINA DOVE SI VUOLE?

“Non chiedermi queste cose, Cas. È parte del gioco, si fa e basta, per quanto mi riguarda puoi dire quello che vuoi.”

Come per il ping pong, Castiel imparò gli scacchi in fretta. Dopo la prima partita Castiel stava vincendo contro Dean con il doppio dei minuti [1].”

“Maledizione, amico, c'è un gioco in cui non mi fai il culo?” si lamentò Dean dopo la quinta sconfitta. Castiel rise.

SE PUÒ CONSOLARTI, SONO SICURO CHE LE TUE ABITILÀ ATLETICHE SIANO MIGLIORI DELLE MIE.

“Quindi non eri il capitano della squadra di football, eh?”

NEANCHE LONTANAMENTE.

“Quindi cos'eri? Il nerd? L'attore di teatro?” lo interrogò scherzosamente.

NEANCHE QUELLO. ERO INVISIBILE. MI IGNORAVANO TUTTI.

Al legger quelle frasi gli occhi color giada di Dean s'illuminarono di una luce malinconica e le sue labbra si contrassero. Voleva dire qualcosa, spezzare la tensione con una battutina, ma per la prima volta non sapeva cosa dire. Le parole di Castiel l'avevano preso alla sprovvista. Fortunatamente Kim arrivò per riempire quel silenzio imbarazzante.

“Forza ragazzi! È ora di andare a pranzo.” strillò uscendo dalla porta. Dean sorrise gentilmente a Castiel, mettendogli una mano sulla spalla.

“Andiamo amico. Sto morendo di fame.”

DI GIÀ?

Anche sulla carta la risposta era sarcastica, Dean rise sommessamente. “Sì. In fondo sono già passate due ore da quando abbiamo mangiato.”

Dean uscì dalla porta seguito da Castiel, le labbra del moro velate da un leggero sorriso.

 

 

[1] purtroppo la mia conoscenza sugli scacchi è molto limitata. Ho tradotto come meglio potevo e come mi sembrava più sensato. Perdonatemi.


Note: Ebbene eccoci qua, con un capitolo molto tranquillo, siamo ancora nella fase iniziale quindi non accade niente di molto eccitante, ma almeno stiamo vedendo il nostro Cas "parlare" apertamente con Dean... Che cuccioli.
  
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