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Autore: Aryuna    30/06/2008    11 recensioni
Neko è una cantante di successo, ma essere famosi stanca! Fuggendo dal mondo dello spettacolo incontra Inuyasha, un tuttofare che forse, grazie a lei e alla sua musica, riuscirà a sistemare la sua vita...
“I’m strong, and now it’s my turn, I’ll show you the way”
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Kagome
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Rieccomi con una nuova storia! Era progettata prima di Beauty and the Beast, ma ve lo dirò dopo >.>

Per ora sappiate che è in prima persona, le parti viola Kagome e quelle blu Inuyasha!

Buona lettura!

Aryuna

Neko To Inu














Prologo






“I’m strong, and now it’s my turn,

I’ll show you the way”




Mi fissavo nello specchio del camerino, osservavo il mio volto così pesantemente truccato. Odiavo andare in scena con quel trucco, ma non c’era modo per convincere la truccatrice ad alleggerirlo.

Sbuffai, per la decima volta in quel minuto. Ero troppo nervosa prima dell’entrata in scena.

Neko in scena tra 5 minuti!”, disse un ragazzo dalla porta. Mi alzai, e presi un respiro profondo. Era un’esibizione corta, solo un pezzo e poi via, tutto finito.

Neko!”, chiamò una voce familiare dalla porta, “se non esci farai tardi”.

“Arrivo!”, risposi, aprendo la porta. La mia arrangiatrice mi fissava, con il mio stesso disappunto sul volto.

“Ti hanno truccato troppo”, disse, fulminando con lo sguardo la truccatrice di spalle.

“È tardi per lamentarsi”, sbuffai io, esibendo il mio sorriso migliore, “è ora di andare in scena”.


Mi presentarono, ed io entrai sul palco, nascosta dai fumogeni emessi dagli scenografi. La mia gonna corta a pieghe seguiva i miei movimenti, mentre mi posizionavo al centro del palco.

Scossa. Ero sempre elettrizzata in quel momento. Loro non vedevano me e io non vedevo loro, ma entrambi sapevamo che eravamo gli uni davanti all’altra.

La musica partì, pianoforte elettrico e batteria, la chitarra e il basso attendevano il momento giusto.

Avvicinai il microfono alla mie labbra, il fumo si dissolse del tutto, ed io cominciai a cantare:

“I did not believe that love was so random,

But now, finally, I believe in destiny.

I could not believe that something could be better,

But now that I know you, everything seems so real”

La chitarra mi diede il via, e quasi senza prendere fiato, cominciai a cantare la strofa successiva, staccando il microfono e portandolo con me sul bordo del palco.

La folla urlava, cantava con me, mi faceva sentire viva…

“At least I feel the real essence of my life,

I can’t believe that our meeting happened by chance.

I crossed your eyes, and you mine,

And our soul discovered that they liked”

La batteria scandì il ritmo, il tempo giusto, io sorrisi, sapevo che quasi tutto il Giappone sapeva a memoria il ritornello che stavo per cantare. Ero famosa, e tutti mi volevano, e la folla stipata nella piazza non faceva altro che confermarlo.

“I feel your breath,

Feel your perfume,

I want you to be here,

I want you to be mine.

Show me true love,

Show me that your sincere,

Make me understand that you believe in me,

So that I can lose myself in your eyes”

Lo stacco musicale, ed io mi sistemai nuovamente al centro del palco. Lanciai uno sguardo dietro le quinte; anche se sapevo che dovevo evitarlo, non riuscivo ad esibirmi senza incrociare almeno una volta lo sguardo del mio manager.

Lui mi sorrise, conoscendo questo mio difetto, ma sapevo bene che una volta scesa dal palco mi avrebbe sgridato, come sempre.

Tornai a guardare la folla davanti a me, sorrisi, e mi avvicinai nuovamente al microfono. La musica si attenuò, in questo pezzo rimaneva solo il pianoforte ad accompagnarmi.

“Finally I understand my feelings for you,

I cannot believe that you are true.

I crossed your eyes, and you mine,

And I discovered that you were all my life”

Di nuovo la batteria, la chitarra e il basso, ed io ripetei il ritornello altre due volte. Poi, la musica rallentò, ed io terminai la canzone ripetendo due volte l’ultima frase del ritornello.

Sentivo il sangue ribollire nelle mie vene, adoravo quella sensazione, un emozione che nient’altro riusciva a darmi, solo cantare, cantare e ancora cantare.

La folla urlò, sapevo che volevano di più, un bis, un’altra canzone, ma il mio tempo era finito. Li salutai, a malincuore, e sentii il presentatore che annunciava la mia uscita.

“E questa era Neko con il suo ultimo singolo, Crossing you eyes!”.

Attraversai i corridoi, tutti che mi facevano i complimenti, qualche occhiata avversa di chi era invidioso del mio successo, ma ormai ero abituata a tutto ciò che comportava questo lavoro.

Entrai nel mio camerino, e dopo ore sentii finalmente pronunciare il mio nome.

Kagome, ti ho detto mille volte che non devi guardare dietro le quinte!”, mi sgridò il mio manager. Gli sorrisi, colpevole.

“Scusa Miroku, ma lo sai che mi tranquillizza vederti”, ammisi con occhioni da cerbiatto. Lui, come al solito, cedette. La porta si aprì, e vidi entrare la mia arrangiatrice.

Miroku, ci sono i giornalisti fuori”, disse esasperata, percorrendo la stanza ad ampie falcate. Aveva i capelli legati in un’elegante coda di cavallo.

“Va bene Sango, ma prima…”, disse lui, avvicinandola con sguardo serio. Sango lo guardò preoccupata, io avevo già capito cosa voleva fare. La mano scivolò sul sedere della donna, e si sporse per guardarle nella maglietta. Lei rispose fulminea, come al solito.

“MANIACO!”, strillò, schiaffeggiandolo. Lui, con faccia sognante, fuggì vicino alla porta.

“Stai meglio con il reggiseno viola”, disse, rifugiandosi dietro alla porta, e chiudendola rapido quando Sango gli tirò il mio microfono.

Sango, non rompere l’attrezzatura”, dissi io, abituata a quella scena giornaliera. Lei mi fissò, inizialmente furibonda, ma pian piano riuscii a calmarla.

Kagome, l’esibizione di oggi è stata bellissima, eri proprio piena di energie!”, mi disse, “ma stavo pensando che forse è il momento di comporre un nuovo disco”.

Sango, conosci il mio parere”, dissi io, “non mi piace comporre canzoni senza ispirazione. Finiamo a comporre un disco arrangiato completamente da te, ricordi l’anno scorso, vero?”.

“Sì, ti sei rifiutata di proporlo alla casa discografica perché dicevi che andava a mio nome”, rammentò Sango, osservandomi con disapprovazione. Io la ignorai, ero irremovibile su quell’argomento.

Sentimmo una serie di strani rumori all’esterno, e Miroku entrò di corsa nella stanza, richiudendo la porta dietro di lui, sudato.

“Questi non sono giornalisti, sono belve!”, disse sconvolto, “comunque, Kagome, domani hai un incontro alla radio”. Io sbuffai.

“Nel pomeriggio devi andare alla Tv”, continuò lui ignorandomi, “poi devi fare un’intervista per il giornale, incontrare la scrittrice che intende scrivere la tua biografia, poi devi…”.

Miroku, non voglio!”, mi lamentai, scattando in piedi, “cosa sono tutti questi impegni? Io voglio solo cantare!”.

“Per cantare devi fare anche questo, o il tuo sponsor smetterà di appoggiarci! Poi come le paghiamo le spese?”, mi rimproverò lui.

Io sbuffai, uscendo dalla stanza: quel maledetto Naraku mi rendeva la vita un inferno!



Scolai l’ennesima birra; non era una novità, i miei amici erano abituati a vedermi bere così.

“Sono convinto che ti serva una donna!”, mi disse Hiten, fissandomi, “guarda me! Sono molto più felice di mio fratello, che è single”.

“Stai zitto Hiten, non vedi che è sbronzo?”, disse una voce familiare, forse Bankotsu?

“Tanto Inuyasha non saprebbe tenersi una ragazza neppure volendo”.

Feci una smorfia: Koga poteva tenere per sé le proprie considerazioni.

“Non è vero, io adoro Inuyasha!”, disse una voce femminile.

Jakotsu, tu non fai testo”, disse Ayame, squadrandolo. La vedevo troppo storta, stavolta avevo davvero esagerato con l’alcol.

Inuyasha è cafone, non è per niente romantico, è ovvio che nessuna lo voglia”, terminò la ragazza, dandomi il colpo di grazia. Koga ridacchiò sommessamente.

Perché tutte le sere dovevamo finire a parlare di questo argomento. Mi alzai, traballando. Mi ero scolato minimo 30 birre, il mondo era storto. Sentì qualcuno sorreggermi.

“Dove vorresti andare?”, mi chiese Koga, con il tono da fratello maggiore. Non sopportavo quando faceva così, dato che litigavamo sempre.

Volio tornare a cascia”, dissi con voce biascicante. Oh cielo, stavo peggio di quanto pensassi.

“Tu non guidi ridotto così”, mi disse severo, “io lo accompagno a casa ragazzi, ci vediamo dopo!”.

“Non ho bisciogno di aiuto”, biascicai, prima di crollare sulla sua spalla.

“Si, come io non sono un demone lupo”, commentò, conducendomi fino alla macchina. Mi caricò e si sedette al posto guida. Ormai sapeva a memoria come usare la mia macchina, succedeva così quasi ogni sera.

Non ricordo cosa successe, so solo che mi ritrovai sdraiato sul letto, con un mal di testa terribile, che mi martellava sulle tempie.

E mi sono sentito terribilmente solo.



Fissavo la finestra che dava sulle scale di emergenza.

Era così invitante, avevo voglia di saltare giù e scappare da tutti quegli impegni.

Ma in fondo, non era così pesante, forse stavo esagerando…

Kagome, ci sono dei giornalisti!”.

No, non esageravo affatto!










Allora, che ve ne pare? ^^

Questa storia è nata così, di colpo. In seguito ho pensato assomigliasse ad un film di cui non ricordavo il nome (ho poi scoperto si trattava di Notting hill) quindi posso dire di averlo ispirato da lì ^^

Volevo scrivere due storie separate, Neko To Inu e Inu to Neko, l’uno dal punto di vista di Kaggy e l’altro di Inu, ma poi si sarebbe incasinato troppo per le scene assieme, e ho deciso di alternarli in un’unica storia >.>

Emiko mi obbliga anche a scrivere che i testi delle canzoni che leggete in questa storia li ho scritti tutti io, e che ho scritto anche la musica (Emiko: mostro! O.O). -.-

Ok, sorvoliamo, spero il prologo vi abbia incuriosito, è il più lungo che abbia mai scritto >.>

Dedico questa storia alla comunità di MSN, la mia piccola famigliola!

Emiko, Roro, Mery, Marty, Lily, Vale, Giulia, e tutte quelle che ancora non conosco, Kikka, mel, matt, ecc!

Al prossimo capitolo!

Aryuna

  
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