Rieccomi
con una nuova storia! Era progettata prima di Beauty and the Beast, ma ve lo dirò dopo >.>
Per
ora sappiate che è in prima persona, le parti viola Kagome
e quelle blu Inuyasha!
Buona
lettura!
Aryuna
Neko To Inu
Prologo
“I’m strong, and now it’s my turn,
I’ll show you the way”
Mi fissavo nello
specchio del camerino, osservavo il mio volto così pesantemente truccato.
Odiavo andare in scena con quel trucco, ma non c’era modo per convincere la
truccatrice ad alleggerirlo.
Sbuffai, per la decima
volta in quel minuto. Ero troppo nervosa prima dell’entrata in scena.
“Neko
in scena tra 5 minuti!”, disse un ragazzo dalla porta. Mi alzai, e presi un
respiro profondo. Era un’esibizione corta, solo un pezzo e poi via, tutto
finito.
“Neko!”,
chiamò una voce familiare dalla porta, “se non esci farai tardi”.
“Arrivo!”, risposi,
aprendo la porta. La mia arrangiatrice mi fissava, con il mio stesso disappunto
sul volto.
“Ti hanno truccato
troppo”, disse, fulminando con lo sguardo la truccatrice di spalle.
“È tardi per
lamentarsi”, sbuffai io, esibendo il mio sorriso migliore, “è ora di andare in
scena”.
Mi presentarono, ed io
entrai sul palco, nascosta dai fumogeni emessi dagli scenografi. La mia gonna
corta a pieghe seguiva i miei movimenti, mentre mi posizionavo al centro del
palco.
Scossa. Ero sempre
elettrizzata in quel momento. Loro non vedevano me e io non vedevo loro, ma
entrambi sapevamo che eravamo gli uni davanti all’altra.
La musica partì,
pianoforte elettrico e batteria, la chitarra e il basso attendevano il momento
giusto.
Avvicinai il microfono
alla mie labbra, il fumo si dissolse del tutto, ed io cominciai a cantare:
“I
did not believe that love was so random,
But
now, finally, I believe in destiny.
I
could not believe that something could be better,
But
now that I know you, everything seems so real”
La chitarra mi diede
il via, e quasi senza prendere fiato, cominciai a cantare la strofa successiva,
staccando il microfono e portandolo con me sul bordo del palco.
La folla urlava,
cantava con me, mi faceva sentire viva…
“At
least I feel the real essence of my life,
I
can’t believe that our meeting happened by chance.
I
crossed your eyes, and you mine,
And
our soul discovered that they liked”
La batteria scandì il
ritmo, il tempo giusto, io sorrisi, sapevo che quasi tutto il Giappone sapeva a
memoria il ritornello che stavo per cantare. Ero famosa, e tutti mi volevano, e
la folla stipata nella piazza non faceva altro che confermarlo.
“I
feel your breath,
Feel
your perfume,
I
want you to be here,
I
want you to be mine.
Show
me true love,
Show
me that your sincere,
Make
me understand that you believe in me,
So
that I can lose myself in your eyes”
Lo stacco musicale, ed
io mi sistemai nuovamente al centro del palco. Lanciai uno sguardo dietro le
quinte; anche se sapevo che dovevo evitarlo, non riuscivo ad esibirmi senza
incrociare almeno una volta lo sguardo del mio manager.
Lui mi sorrise,
conoscendo questo mio difetto, ma sapevo bene che una volta scesa dal palco mi
avrebbe sgridato, come sempre.
Tornai a guardare la
folla davanti a me, sorrisi, e mi avvicinai nuovamente al microfono. La musica
si attenuò, in questo pezzo rimaneva solo il pianoforte ad accompagnarmi.
“Finally
I understand my feelings for you,
I
cannot believe that you are true.
I
crossed your eyes, and you mine,
And
I discovered that you were all my life”
Di nuovo la batteria,
la chitarra e il basso, ed io ripetei il ritornello altre due volte. Poi, la
musica rallentò, ed io terminai la canzone ripetendo due volte l’ultima frase
del ritornello.
Sentivo il sangue
ribollire nelle mie vene, adoravo quella sensazione, un emozione che
nient’altro riusciva a darmi, solo cantare, cantare e ancora cantare.
La folla urlò, sapevo
che volevano di più, un bis, un’altra canzone, ma il mio tempo era finito. Li
salutai, a malincuore, e sentii il presentatore che annunciava la mia uscita.
“E questa era Neko con il suo ultimo singolo, Crossing you eyes!”.
Attraversai i corridoi,
tutti che mi facevano i complimenti, qualche occhiata avversa di chi era
invidioso del mio successo, ma ormai ero abituata a tutto ciò che comportava
questo lavoro.
Entrai nel mio
camerino, e dopo ore sentii finalmente pronunciare il mio nome.
“Kagome,
ti ho detto mille volte che non devi guardare dietro le quinte!”, mi sgridò il
mio manager. Gli sorrisi, colpevole.
“Scusa Miroku, ma lo sai che mi tranquillizza vederti”, ammisi con
occhioni da cerbiatto. Lui, come al solito, cedette.
La porta si aprì, e vidi entrare la mia arrangiatrice.
“Miroku,
ci sono i giornalisti fuori”, disse esasperata, percorrendo la stanza ad ampie
falcate. Aveva i capelli legati in un’elegante coda di cavallo.
“Va bene Sango, ma prima…”, disse lui,
avvicinandola con sguardo serio. Sango lo guardò
preoccupata, io avevo già capito cosa voleva fare. La mano scivolò sul sedere
della donna, e si sporse per guardarle nella maglietta. Lei rispose fulminea,
come al solito.
“MANIACO!”, strillò,
schiaffeggiandolo. Lui, con faccia sognante, fuggì vicino alla porta.
“Stai meglio con il
reggiseno viola”, disse, rifugiandosi dietro alla porta, e chiudendola rapido
quando Sango gli tirò il mio microfono.
“Sango,
non rompere l’attrezzatura”, dissi io, abituata a quella scena giornaliera. Lei
mi fissò, inizialmente furibonda, ma pian piano riuscii a calmarla.
“Kagome,
l’esibizione di oggi è stata bellissima, eri proprio piena di energie!”, mi
disse, “ma stavo pensando che forse è il momento di comporre un nuovo disco”.
“Sango,
conosci il mio parere”, dissi io, “non mi piace comporre canzoni senza
ispirazione. Finiamo a comporre un disco arrangiato completamente da te,
ricordi l’anno scorso, vero?”.
“Sì, ti sei rifiutata
di proporlo alla casa discografica perché dicevi che andava a mio nome”, rammentò
Sango, osservandomi con disapprovazione. Io la
ignorai, ero irremovibile su quell’argomento.
Sentimmo una serie di
strani rumori all’esterno, e Miroku entrò di corsa
nella stanza, richiudendo la porta dietro di lui, sudato.
“Questi non sono
giornalisti, sono belve!”, disse sconvolto, “comunque, Kagome,
domani hai un incontro alla radio”. Io sbuffai.
“Nel pomeriggio devi
andare alla Tv”, continuò lui ignorandomi, “poi devi fare un’intervista per il
giornale, incontrare la scrittrice che intende scrivere la tua biografia, poi devi…”.
“Miroku,
non voglio!”, mi lamentai, scattando in piedi, “cosa sono tutti questi impegni?
Io voglio solo cantare!”.
“Per cantare devi fare
anche questo, o il tuo sponsor smetterà di appoggiarci! Poi come le paghiamo le
spese?”, mi rimproverò lui.
Io sbuffai, uscendo
dalla stanza: quel maledetto Naraku mi rendeva la
vita un inferno!
Scolai l’ennesima birra;
non era una novità, i miei amici erano abituati a vedermi bere così.
“Sono convinto che ti
serva una donna!”, mi disse Hiten, fissandomi,
“guarda me! Sono molto più felice di mio fratello, che è single”.
“Stai zitto Hiten, non vedi che è sbronzo?”, disse una voce familiare,
forse Bankotsu?
“Tanto Inuyasha non saprebbe tenersi una ragazza neppure volendo”.
Feci una smorfia: Koga poteva tenere per sé le proprie considerazioni.
“Non è vero, io adoro Inuyasha!”, disse una voce femminile.
“Jakotsu,
tu non fai testo”, disse Ayame, squadrandolo. La
vedevo troppo storta, stavolta avevo davvero esagerato con l’alcol.
“Inuyasha
è cafone, non è per niente romantico, è ovvio che nessuna lo voglia”, terminò
la ragazza, dandomi il colpo di grazia. Koga
ridacchiò sommessamente.
Perché tutte le sere
dovevamo finire a parlare di questo argomento. Mi alzai, traballando. Mi ero
scolato minimo 30 birre, il mondo era
storto. Sentì qualcuno sorreggermi.
“Dove vorresti andare?”,
mi chiese Koga, con il tono da fratello maggiore. Non
sopportavo quando faceva così, dato che litigavamo sempre.
“Volio
tornare a cascia”, dissi con voce biascicante. Oh cielo,
stavo peggio di quanto pensassi.
“Tu non guidi ridotto
così”, mi disse severo, “io lo accompagno a casa ragazzi, ci vediamo dopo!”.
“Non ho bisciogno di aiuto”, biascicai, prima di crollare sulla sua
spalla.
“Si, come io non sono un
demone lupo”, commentò, conducendomi fino alla macchina. Mi caricò e si sedette
al posto guida. Ormai sapeva a memoria come usare la mia macchina, succedeva
così quasi ogni sera.
Non ricordo cosa
successe, so solo che mi ritrovai sdraiato sul letto, con un mal di testa terribile,
che mi martellava sulle tempie.
E mi sono sentito
terribilmente solo.
Fissavo la finestra
che dava sulle scale di emergenza.
Era così invitante,
avevo voglia di saltare giù e scappare da tutti quegli impegni.
Ma in fondo, non era
così pesante, forse stavo esagerando…
“Kagome,
ci sono dei giornalisti!”.
…
No, non esageravo
affatto!
Allora,
che ve ne pare? ^^
Questa
storia è nata così, di colpo. In seguito ho pensato assomigliasse ad un film di
cui non ricordavo il nome (ho poi scoperto si trattava di Notting
hill) quindi posso dire di averlo ispirato da lì ^^
Volevo
scrivere due storie separate, Neko To Inu e Inu
to Neko, l’uno dal punto di
vista di Kaggy e l’altro di Inu,
ma poi si sarebbe incasinato troppo per le scene assieme, e ho deciso di alternarli
in un’unica storia >.>
Emiko
mi obbliga anche a scrivere che i testi delle canzoni che leggete in questa
storia li ho scritti tutti io, e che ho scritto anche la musica (Emiko: mostro! O.O). -.-
Ok,
sorvoliamo, spero il prologo vi abbia incuriosito, è il più lungo che abbia mai
scritto >.>
Dedico
questa storia alla comunità di MSN, la mia piccola famigliola!
Emiko,
Roro, Mery, Marty, Lily, Vale, Giulia, e tutte quelle che ancora non
conosco, Kikka, mel, matt, ecc!
Al
prossimo capitolo!
Aryuna