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Autore: Me91    01/07/2008    9 recensioni
Ran viene rapita e il rapitore contatta il detective Mori, dichiarando di avere effettivamente un conto in sospeso con lui: vuole vendetta. Quindi il detective, con naturalmente un preoccupatissimo Conan/Shinichi al fianco, dovrà risolvere tutti gli indovinelli che il rapitore gli esporrà per riuscire a trovare la figlia in tempo prima che un timer segni la fine di Ran... [...] «La pianti di scherzare!» si arrabbiò Kogoro. La voce si fece seria di colpo: «E chi le ha detto che sto scherzando?» “Qui la faccenda mi piace sempre meno...” rifletté Conan corrucciato. «Che ne dice di fare un gioco, detective Mori?» continuò la voce «Un gioco con un premio, naturalmente.» «Di cosa stai parlando?!» Kogoro fece appena in tempo a terminare la frase che la voce continuò: «E se il premio... fosse sua figlia?»
Genere: Azione, Thriller, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Heiji Hattori, Kogoro Mori, Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 15°
RI
MEDIARE

L’infermiera diede un’ultima veloce occhiata ai vari macchinari e alla flebo, poi scrisse tutti i dati sul suo blocchetto e uscì rapida dalla stanza.
Sbirciò velocemente sul suo orologio.
7:32
Storse le labbra con disappunto. Odiava passare anche solo un minuto con quel mostro.
Usaki attese che la donna chiudesse la porta, poi aprì di un po’ gli occhi. Personalmente, quella donna non gli piaceva affatto. E anche lei sembrava provare lo stesso sentimento nei suoi confronti.
“Beh... che importa?” pensò stancamente, voltando gli occhi verso il piccolo vetro opaco al centro della porta della stanza. Si intravedevano due gomiti ai lati dell’uscio, di due poliziotti che attendevano che lui si riprendesse per sbatterlo in prigione.
Sospirò al pensiero e mormorò:
«Avrei volentieri preferito non darvi questa soddisfazione... sarei dovuto morire...»
Alzò di un po’ le braccia, strizzando appena gli occhi per la fitta al bicipite destro, e osservò per un istante le manette che tenevano saldamente ferme le sue mani ai lati del letto, allacciate a delle sbarre di ferro.
Sospirò di nuovo e fece ricadere le braccia sulle coperte.
Puntò lo sguardo nel vuoto davanti a sé.
Era stato lavato dal sangue e dal fango. Ora i capelli erano puliti, proprio come il volto, e così ora non sembrava più un fantasma come prima. Non era esattamente di bell’aspetto, ma aveva in sé il suo fascino... era l’uomo di cui si era innamorata Kishin e, prima di lei, Shine.
Si incupì al pensiero delle donne che aveva amato nella sua vita, entrambe in carcere.
“Presto vi raggiungerò...” fu il suo pensiero, mentre chiudeva gli occhi.

Le 9 e 15, lesse Usaki sull’orologio della stanza, appeso alla parete di fronte a sé.
Finalmente era riuscito a prendere sonno, dopo una lunga notte insonne come quelle che si susseguivano ormai da giorni. Dormiva pochissimo; la maggior parte del tempo se ne stava a fissare il soffitto, nel buio, a pensare e ripensare al suo piano, a cosa era potuto andare storto, al perché aveva fallito.
Notò del movimento attraverso il vetro opaco della porta: era il momento della pausa mattutina delle guardie, che sarebbe durata, come sempre, precisamente 15 minuti; proprio come quella delle 16 e 15; ma prima ancora come quella delle 12 e 15. Poi, come sempre, alle 21 in punto, c’era il cambio della guardia; appena pochi minuti e altri due poliziotti prendevano il posto dei primi per il turno di notte.
Usaki era un attento osservatore; nonostante tutto, non poteva fare a meno di pensare, con freddezza e grande lucidità, ad un piano per scappare. Sapeva a memoria i turni delle tre infermiere, che si erano date il cambio in quei sei giorni in cui si trovava lì; oppure poteva approfittare del momento del “bagno”, alle 7 del mattino, alle 14 e alle 20. Era sempre lo stesso uomo, un infermiere particolarmente robusto, ma dall’aria non troppo sveglia, ad accompagnarlo alla toilette in fondo al corridoio fuori dalla sua stanza. Appena dieci minuti esatti, poi doveva tornare a letto, legato.
Oppure c’erano i vari pasti. Colazione alle 7 e 10, che poi veniva portata via prima delle 7 e mezzo. Ed era sempre controllato mentre mangiava, come a pranzo, a mezzogiorno in punto, e a cena, alle sette e mezzo di sera. Però il suo controllore non era un vero problema per lui; si trattava, infatti, del solito infermiere...
Era tutto programmato per la sicurezza, ma per lui tutto questo era un vero vantaggio.
“Il piano di fuga è pronto.” fu questo, in quel momento, il suo freddo pensiero.
Il suo volto era privo di sentimenti, proprio come il suo sguardo; vuoto.
Voltò lentamente gli occhi verso la finestra con le grate della stanza e osservò silenzioso il cielo.
La sua mente era un groviglio di pensieri, ancora. Socchiuse gli occhi e accennò un sospiro.
La maniglia della porta si abbassò con cautela e questa venne aperta.
Usaki si voltò lentamente a guardare, senza grande interesse, chi fosse entrato così inaspettatamente.
E chi vide gli fece alzare un sopracciglio, sorpreso.
Conan si richiuse la porta alle spalle e si andò tranquillamente a sedere sull’unica sedia presente nella stanza, vicino il letto dell’uomo. Era in vestaglia e camminava reggendosi sulle stampelle, che poi posò a terra, prima di mettersi seduto.
Usaki corrucciò un po’ la fronte, continuando a fissare il bambino che aveva uno sguardo serio puntato su di lui.
«Che fai qui?» sbottò l’uomo, con un tono leggermente infastidito.
«Ho poco tempo.» spiegò Shinichi e indicò con il capo l’orologio «Dodici minuti e i poliziotti torneranno a sorvegliarti.»
«Lo so.» fu la fredda risposta «Cosa vuoi?»
Il ragazzo lo guardò intensamente e gli disse:
«Non scappare.»
Usaki alzò le sopracciglia, stupito.
«Come sai che...» era veramente incredulo. Che il bambino sapesse del suo piano di fuga?
«Sei un uomo intelligente, Usaki.» Conan incrociò le braccia e si appoggiò allo schienale della sedia «Sai che sarebbe un suicidio provare a fuggire ora. I poliziotti, sta volta, ti sparerebbero a vista.»
«E tu che ne sai?
» si arrabbiò l’uomo, seccato «Sei solo un moccioso!»
«Se ti interessa, volevo dirti che tutte le uscite sono controllate.» continuò il ragazzo, con calma «Non avresti scampo.»
«Taci!» ringhiò Usaki, scattando sul letto come per mettersi seduto, ma le manette lo fermarono e lui dovette sdraiarsi di nuovo, dolorante.
Shinichi rimase impassibile.
«Non hai paura di me solo perché sono ammanettato!» ringhiò a mezza voce Usaki, per non farsi udire all’esterno.
«Non ho paura di te perché so che sei incapace di uccidermi.» ribatté Shinichi.
Il volto di Usaki si scurì.
«Sei proprio uno stupido, ragazzino.» sibilò l’uomo.
Il ragazzo rimase calmo e chiese:
«Perché, vorresti dire che, se avessi potuto, mi avresti ucciso?»
«Certo.» rispose Usaki, senza esitare.
«Ma davvero...» fece Shinichi, alzando un sopracciglio «Vuoi che ti elenchi, allora, tutte le volte che avresti potuto ammazzarmi?»
L’uomo aggrottò le sopracciglia, confuso e accigliato. E Conan iniziò:
«Quella volta all’hotel, prima di tutto. Ma non lo hai fatto. Hai anche esitato, prima di puntarmi di nuovo contro l’arma, senza sparare, però.»
«Perché era arrivato il detective, in quel momento.» sbottò Usaki, accennando alla ferita al braccio «Che mi ha sparato. Comunque poi ho sempre provato ad ucciderti, alzando il braccio ferito... ma le porte dell’ascensore che si erano richiuse mi hanno impedito di prendere bene la mira.»
«Non si sono richiuse subito.» ribatté Conan «Avevi tutto il tempo di prendere la mira... invece hai esitato.»
Usaki non rispose, incupito.
«Oppure quella volta nella villa, che hai sparato al pavimento...» proseguì il ragazzo.
«Volevo sentire ciò che avevi da dirmi.» sbottò Usaki, seccato «In ogni modo ti ho ferito quando eravamo nel bosco.»
«Ma non mi hai ucciso.» puntualizzò Conan.
«Ben dico, io. E’ arrivata quella ragazzina che...» accennò al suo zigomo ferito, coperto da un cerotto.
«Smettila di mentire a te stesso.» lo zittì Shinichi «Tu non hai fegato per uccidermi.»
«Stai zitto, moccioso!» sibilò Usaki, irritato «E ringrazia che non posso metterti le mani addosso!»
«Non ne hai il coraggio.» insistette Shinichi «Perché...»
«Basta! Vattene via! Non voglio sentire una parola di più!» inveì l’uomo, innervosito.
«... Perché tu non sei un mostro.» concluse il ragazzo, calmo.
Usaki lo fissò intensamente, confuso, e chiese:
«Si può sapere che stai farneticando?»
«Solo un mostro può uccidere un bambino. E tu non l’hai fatto. Quindi...» spiegò il ragazzo.
L’uomo non disse nulla.
«Tu eri solo accecato dall’ira.» riprese Shinichi «Ti sei lasciato trasportare... Da Kishin, soprattutto. E lei ti amava così tanto che ti ha aiutato a compiere un gesto del genere: l’omicidio.»
«Lei mi ama ancora...» mormorò Usaki, abbassando lo sguardo.
«Già, e se anche tu la ami non puoi fuggire.»
Usaki alzò gli occhi a guardarlo e Shinichi spiegò:
«Se confessi ciò che hai detto a me alla polizia, e spieghi di essere complice di Kishin, la sua pena sarà ridotta, perché non del tutto artefice dell’omicidio, come si pensava finora. Tu verrai condannato come complice, ma lei potrà uscire prima di prigione, grazie a te. Non credi che glielo devi?»
«Lei ha accettato questa condizione.» disse Usaki, distogliendo lo sguardo «E’ stata pronta al carcere fin dal primo momento. Sì, perché sapevamo che sarebbe stata scoperta, probabilmente... e se questo fosse successo, nessuno doveva sapere di me. Perciò lei era preparata a questo epilogo...»
«Davvero? Non credi sarebbe felice di sapere che tu, visto che hai fallito nella tua vendetta, hai compiuto un gesto per aiutarla? Non ci si aiuta a vicenda quando si è una coppia?»
«Ma io...»
«Tu la ami?» domandò subito Conan, con serietà.
Gli occhi di Usaki si riempirono di lacrime.
«Con tutto me stesso...» mormorò.
«E allora dimostraglielo.» disse Shinichi.
Usaki tornò a guardarlo e, lentamente, un piccolo sorriso riaffiorò sulle sue labbra.
«Sì... sì, hai ragione.» concordò, poi sospirò, fissando il soffitto «Come sempre, hai ragione su tutto. Io... io non avrei mai avuto il coraggio di uccidere un bambino. Specialmente se non ci entrava nulla con la mia vendetta... Già... la vendetta. Ora, solo a pensarci, mi viene il voltastomaco. Ero talmente accecato dalla collera che non sono riuscito ad apprezzare ciò che avevo. Nonostante tutto, ero riuscito a rifarmi una vita... con una donna bellissima, tra l’altro. Io... io sono solo uno stupido.»
Sospirò ancora e disse:
«Grazie, ragazzino. Grazie di avermi fatto capire il mio errore.»
«Di nulla.» Shinichi alzò le spalle e guardò l’orologio «Devo andare, ora. Due minuti e i poliziotti saranno qui.»
Si alzò in piedi e, con le stampelle, si avviò alla porta.
Usaki lo guardò avviarsi e, prima che aprisse la porta, gli chiese:
«
Chi sei tu, ragazzino?»
Shinichi si voltò a guardarlo e, con un mezzo sorriso, rispose:
«
Il mio nome è Conan. E sono un detective.»
Quando il ragazzo uscì, anche Usaki si aprì in un piccolo sorriso, divertito e finalmente sereno.

«Sono io!» annunciò Ran, entrando nella stanza.
Heiji, nel letto, ma con lo schienale rialzato per poter stare seduto, stava leggendo una rivista. Alzò gli occhi appena vide entrare la ragazza.
«Ciao, Ran! Come va?»
«Bene, grazie.» sorrise lei, socchiudendo la porta «E tu? Come stai?»
«Per i medici potrò tornare a casa domani.» rispose Heiji, con un gran sorriso.
«Oh! Che bella notizia! Anche Conan verrà dimesso domani e... a proposito, dov’è?» si interruppe Ran, notando che il letto del bambino era vuoto.
«Oh... beh... lui è andato...» esitò Heiji.
“Caspita, non posso certo dirle che è andato da quel tipo che l’ha rapita!” pensò il ragazzo, in difficoltà. Alla fine si decise a dire:
«E’ andato a comprare delle merende al distributore in fondo al corridoio!»
Ran alzò un sopracciglio.
«Non c’è alcun distributore in fondo al corridoio...» fece, confusa.
«Ah... beh, allora significa che tornerà presto, visto che non c’è! Eh, eh...» sorrise Heiji, in imbarazzo.
Ran sospirò e si mise seduta sulla sponda del letto di Conan.
«E va bene... non mi va di andarlo a cercare. Se non torna tra qualche minuto chiederò ad un’infermiera...» si voltò verso Heiji e indicò il cesto di frutta fresca che il giovane aveva sul comodino al suo fianco «Kazuha te ne ha portata altra oggi?»
«Già.» annuì il ragazzo «E’ buona, ne vuoi un po’? Sapessi le abbuffate che ci facciamo io e Shi... ehm, Conan!» si corresse subito Heiji.
Ran sembrò non accorgersi dello sbaglio e lui poté trarre un sospiro di sollievo. In effetti la ragazza aveva lo sguardo perso nel vuoto e sembrava triste.
In quel momento Conan stava giungendo verso la camera, camminando lentamente per via delle stampelle. Stava per aprire la porta socchiusa, quando udì Ran dire:
«E’ molto bello Heiji, sai, vedere che c’è una persona che si preoccupa così tanto per te...»
«In effetti Kazuha è molto gentile.» concordò Heiji.
«Hii! Accidenti, c’è Ran!» fece Shinichi, agitato «E adesso che le dico? Vorrà sapere dove sono stato...» iniziò a guardarsi intorno, preoccupato «Posso dirle di essere andato a prendere una merenda nel distributore in fondo al corridoio, ma poi non avevo abbastanza soldi e...» guardò in fondo al corridoio «E... accidenti! Non c’è nessun distributore lì! Allora che...»
«Già... non come Shinichi che non si è fatto nemmeno sentire...» si sfogò in un sussurro Ran.
Shinichi sussultò nell’udire il suo nome e, cauto, si avvicinò alla porta per sbirciare dalla fessura.
Ran sembrava avere gli occhi lucidi...
Heiji divenne serio e, per consolarla, disse:
«Ci sarà un motivo perché ancora non ti ha chiamata...»
«Sì, avrà sicuramente una delle sue scuse pronte...» mormorò la ragazza, abbassando lo sguardo.
Heiji non seppe cosa dirle. Non era molto bravo con le parole e con quei generi di discorsi.
«Sai, Heiji...» disse ad un certo punto Ran «Quella notte... nella villa... c’eravamo solo io e Conan. La bomba stava per saltare e... e io ero nel panico più assoluto. Non riuscivo più a pensare a nulla. Non percepivo più nemmeno l’abbraccio di Conan... mi ero totalmente estraniata da tutto quello che mi circondava; perché caduta nel baratro della paura. Ma poi... all’improvviso... ho sentito la sua voce...»
«La voce di chi?» domandò Heiji, incuriosito, intanto prese un bicchiere d’acqua e bevve un sorso.
Conan si fece attento.
«La voce di... Shinichi.» concluse Ran.
Heiji e Shinichi si pietrificarono nello stesso momento e al primo andò l’acqua di traverso.
“Oh, cavolo...” pensarono entrambi contemporaneamente.
«Lui sembrava lì vicino a me...» continuò Ran, pensierosa, mentre Heiji continuava a tossire «Lo sentivo proprio al mio fianco... e continuava a parlarmi... e sembrava tutto così vero... Ma con me c’era solo Conan...»
«Oh, Ran!» la interruppe Heiji, con un sorriso imbarazzato, posando sul comodino il bicchiere d’acqua «Mi dispiace, ma a momenti arriverà il dottore... sai, è l’ora della medicazione... e mi dovranno... beh... spogliare. Capisci... no?»
Ran si voltò a guardarlo, ricacciò le lacrime, e mostrò un piccolo sorriso.
«Sì, certo.» disse «Sarà meglio che vada a cercare quel bambino, a proposito...»
«Sono tornato!» esclamò Shinichi, entrando in quel momento in camera e cercando di mostrarsi più tranquillo possibile «Ciao, Ran!»
«Oh... guarda chi c’è...!» fece Heiji, con un sguardo omicida diretto a Conan, che lo ignorò volutamente.
«Conan! Dove sei stato?» lo sgridò la ragazza, riprendendosi e mettendosi in piedi con le mani ai fianchi.
“Mi spaventa sempre quando si mette così...” pensò Conan, con un sorriso imbarazzato.
«Ero andato a fare... quattro passi...» spiegò, cercando di essere convincente.
«Rimettiti al letto! Subito!» ordinò la ragazza.
«Certo!» obbedì Conan, avviandosi al suo letto.
Mentre lui si metteva sotto le coperte, la ragazza salutò, dicendo:
«Ciao, ragazzi, ci vediamo domani! Riposate, mi raccomando!»
«Ciao Ran.» salutarono i due giovani e lei se ne andò chiudendo la porta.
I due aspettarono qualche secondo in silenzio, senza guardarsi, con lo sguardo fisso sulla porta, giusto per assicurarsi che lei se ne fosse andata. Poi Heiji voltò di scatto la testa verso l’altro ed esclamò:
«Ma eri uscito di senno, Shinichi?! Ma che cavolo ti era venuto in mente di fare, eh? Me lo spieghi?»
«Pensavo che saremmo morti!» si scusò il ragazzo, guardando l’amico «Sembrava la fine, capisci? E’ stato un gesto impulsivo... non ci ho pensato e...»
«Ed ecco le conseguenze!» esclamò Heiji «Meglio che sistemi la cosa, prima che si incasini tutto! Dopo saranno guai, ricordalo!»
Shinichi sospirò, ammettendo che l’amico aveva ragione, e posò il capo sul cuscino, volgendo lo sguardo in alto.
Già... sistemare la cosa. E forse sapeva come.

«Ran, sto morendo di fame!» si lamentò Kogoro, spaparanzato sul divano, con una birra in mano e l’aria un po’ brilla, a guardare il suo telefilm preferito «Quando è pronta la cena?»
«Papà, sei un vero seccatore!» ribatté Ran, senza alzare lo sguardo dalle pentole e continuando a mescolare la minestra «Sarà pronto quando dirò io! Va bene?!»
«Sì, sì...» Kogoro sospirò «Che lagna quella ragazza...»
«Guarda che ti sento!»
Il detective deglutì, intimorito.
In quel momento squillò il telefono.
«Papà! Vai a rispondere, per favore?» gli chiese Ran dalla cucina.
Kogoro sbadigliò assonnato, mentre il telefono continuava a suonare, e disse:
«Non mi va... puoi andarci tu?»
«Papà! Sto cucinando! Vai a rispondere!» tuonò la ragazza.
«Va bene, va bene!» obbedì Kogoro, balzando in piedi e versando a terra un po’ di birra per il movimento brusco.
«Dannato telefono...» borbottò, avvicinandosi al cordless posato su un tavolinetto «Ma chi chiama a quest’ora di sera?» e afferrò il telefono.

“Avanti... rispondi...” incitò mentalmente Shinichi, nervoso, giocherellando con il papillon che teneva in mano.
Aveva atteso che Heiji si appisolasse ed era sgattaiolato fuori dalla camera, diretto al telefono nel corridoio adiacente a quello in cui si trovava.
E ora stava attendendo che Ran rispondesse.
I suoni terminarono e si udì una voce.

«Pronto, chi è? Qui il detective Kogoro Mori.» annunciò Kogoro, senza troppo entusiasmo.
«Buona sera, detective. Cercavo Ran...»
Kogoro corrucciò un po’ la fronte. Quella voce non gli era del tutto nuova...
«Chi sei?» chiese, sospettoso.
«Un amico.» rispose l’altro, con un tono lievemente divertito.
«Chi è, papà?» domandò Ran, affacciandosi dalla cucina.
Kogoro alzò un sopracciglio.
“Un amico, eh...?” pensò, poco convinto.
Però alla fine si decise e, dopo aver fatto un cenno con il capo alla figlia, disse al suo interlocutore:
«Ora te la passo...»
Si avvicinò a Ran e le passò il telefono.
Lei, confusa, gli chiese con un sussurro, premendo il cordless contro la sua pancia per non farsi sentire:
«Ma chi è? Sonoko?»
«Bah... un amico, dice...» fece Kogoro alzando le spalle e risiedendosi sul divano.
“Un amico?” pensò sorpresa la ragazza e si portò il telefono all’orecchio.
«Sì, pronto? Sono Ran...» si annunciò.
«Ciao, Ran.»
La ragazza, che stava rientrando in cucina, si fermò di colpo, con gli occhi spalancati dalla sorpresa.
Quella voce così dolce... era lui.
«Shi... Shinichi?» mormorò Ran, tornando sui suoi passi e dirigendosi in camera, dove si chiuse dentro.
Kogoro diede un’occhiata con la coda dell’occhio e scosse la testa, senza parole.
«Ecco. Addio alla mia cena.» sospirò il detective.
«Sei proprio tu?» chiese Ran, tremante, mettendosi seduta sul letto.
«Sì, certo.» le assicurò Shinichi «Ran... ho saputo solo ora... come stai? E tuo padre? Ti va di parlarne?»
Gli occhi di Ran si riempirono di lacrime.
«Magari sì...» mormorò «Magari sì, mi piacerebbe farlo. Ma di persona, però.»
Shinichi esitò un attimo e poi disse:
«Lo sai che non posso... che non posso venire. Io...»
«Oh, è sempre così, Shinichi.» le lacrime iniziarono a scendere lungo le sue guance «Tu non ci sei mai... per me.»
«Non dire così, Ran...» provò lui, ma lei lo zittì, dicendo:
«Vorresti dire il contrario?»
Altra pausa, poi Shinichi iniziò:
«Ho parlato con Heiji.»
Ran, sorpresa, ripeté:
«Con Heiji?»
«Sì. E’ da lui che ho saputo... beh... tutto. L’ho sentito per caso, dovevo chiedergli una cosa...»
«A quanto pare, hai più contatti con Heiji che con me.» le uscì detto spontaneamente, con amarezza.
Shinichi sospirò con malinconia e tristezza.
«Scusa.» mormorò il ragazzo «In ogni modo, quello che volevo dire è... che lui mi ha raccontato ciò che gli hai detto.»
«Che cosa?» domandò Ran, senza capire.
«Che mi sentivi vicino a te, in quella villa.» spiegò Shinichi.
Ran prese a piangere di nuovo.
«Non ti sentivo vicino, Shinichi... tu eri lì!» singhiozzò la ragazza.
«Ma questo non è materialmente possibile...» le disse lui con dolcezza «Io ti sono sempre vicino, Ran. In ogni momento. Solo che tu... beh... non puoi vedermi. Ma io ci sono, capisci?»
«Già, forse hai ragione tu.» sussurrò lei, abbassando lo sguardo «Mi sono sbagliata. Tu non c’eri. E non ci sei ora. E mi sono sbagliata perché tu... tu non ci sei mai. Nonostante quanto io mi illuda...» esitò un attimo «... non ti rivedrò più. Non è così?»
Shinichi rimase in silenzio.
Lei tirò su con il naso e, con un sorriso amaro, mormorò:
«Cos’è, non dici nulla perché... non hai niente da dire? Perché è vero che non tornerai più?» le uscì un altro singulto.
Lui rimase ancora un po’ in silenzio e poi disse:
«Oh, Ran... non sai quanto mi manchi... Vorrei baciarti.»
Lei rimase stupita a quelle parole.
«Co... cosa?» fece, incredula.
«Vorrei starti accanto. Odorare i tuoi bei capelli... ridere con te...» una pausa «Ma ancora non posso. Ancora non posso tornare a Tokio, ma ti prometto una cosa: appena tornerò, e sarà presto, te lo giuro, tu sarai la prima a saperlo. Perché io correrò da te e... ti bacerò, Ran.»
Le lacrime erano inarrestabili e calde... come la sua voce. Ran mostrò un piccolo sorriso e chiese:
«Mi ami, Shinichi?»
Lei non poteva vederlo, ma era certa che su il suo volto, dall’altro capo del telefono, si fosse acceso un sorriso dolce.
«Più di ogni altra cosa.» confessò lui.
«E allora ti aspetterò.» sorrise lei.
Per la camera si diffuse un sottile odore di bruciato, che però raggiunse il naso di Ran e, a quanto sembrava, anche quello di Kogoro che urlò:
«Oh, cielo! Ran! Si brucia tutto qui!»
«La cena!» si ricordò la ragazza, balzando in piedi.
«Come?» fece Shinichi, senza capire.
«Mi dispiace, Shinichi, ci sentiamo un’altra volta, va bene? Ciao!» e Ran chiuse la comunicazione, correndo in cucina.

Shinichi, sorpreso, rimase a fissare la cornetta del telefono che ancora teneva in mano.
«Bah, le donne!» riagganciò con un’aria offesa «Questa volta avevo dato il meglio di me stesso! Sono stato romantico, comprensivo... e lei che fa? Mi sbatte il telefono in faccia!»
Con le stampelle, zoppicò verso la camera, borbottando ancora:
«Io non la capisco. Prima dice di voler parlare e poi tronca così i nostri discorsi? Io non so che pensare...»
Prima di rientrare in camera, però, si asciugò una lacrima ribelle che era rimasta vicino il suo occhio. Poi sospirò:
«Mi commuovo sempre in queste situazioni...»

«Bleah, la cena fa schifo!» si lagnò Kogoro, scansando il suo piatto «Ha un saporaccio!»
«Invece di rimanere imbambolato davanti il divano, avresti potuto andare a spegnere i fornelli!» lo bacchettò Ran, incrociando le braccia.
«Ma se prima mi avevi detto che mi avresti informato quando la cena sarebbe stata pronta!» ribatté il detective, scocciato «Invece poi sei andata a parlare al telefono con... a proposito, chi era?»
Ran divenne rossa d’imbarazzo.
«Ma come... non l’hai riconosciuto?» fece la ragazza.
Kogoro si illuminò e sbottò:
«Non dirmi che era Shinichi Kudo!»
«Già, proprio lui. Bel fiuto, papà...» lo derise Ran.
«Quello lì è solo un piantagrane!» commentò il detective «Non dovresti frequentare tipi del genere!»
«Lascia perdere, papà...» Ran mostrò un sorriso «Questa volta è stato... abbastanza bravo.»

Fine

E quindi è finita... ç_ç Ora sì che mi dispiace... mi mancherà questa storia! T_T
Ringrazio tutti coloro che mi hanno seguito fin qui, nella speranza di non aver deluso le loro aspettative! ^^ E ora:

feferica: Grazie di avermi seguito sempre questi ultimi capitoli! ^_____^ I tuoi complimenti mi lusingano molto! :D In particolare sono contenta che la storia ti sia piaciuta. Spero non sia troppo banale il ripensamento di Usaki su tutto ciò che ha fatto... ma alla fine l'ho sempre considerato un "bravo ragazzo" e quindi mi piaceva farlo "finire bene"! XD Spero anche non ti sia dispiaciuto un finale così sdolcinatamente romantico... XP Adoro scrivere scene d'amore! ** Perciò... niente, ancora grazie e... ciao! ^^ Un bacio!

Sweetgirl91: Sì, avevo notato "l'errore" nella scorsa recensione, ma certo che lo sapevo che era solo di distrazione! ;) Lo so che Usaki (XD) ti sembra davvero un pazzo, ma alla fine ha capito il suo errore, hai visto? ^^ Poverino, a me faceva tanta pena... era un povero disgraziato, in fondo, quindi dobbiamo pur compatirlo... no? ^^ Eh, eh... come mi vengono tutte queste scene e queste spiegazioni? Come ti avevo detto... non lo so! Mi metto al computer e mi viene da scrivere e basta! XD Come hai potuto leggere anche tra Ran e Shinichi si è sistemato tutto! ^^ Poverini, fanno i pena tutti e due... ç_ç Non possono mai stare insieme! Hi, hi... la lacrimuccia su Shinichi ci diceva proprio, eh? X°°D Ciao!

Grazie anche a tutti coloro che hanno aggiunto la storia tra i preferiti! ^^
Ovvero:

AmyGoku
Dragonball93
eiden
evangeline777
feferica
rannina4ever
seasons_girl
Sweetgirl91
Umi rebel 90

E dunque... niente, la fic finisce qui. Spero davvero di riuscire a scriverne un'altra (in effetti ho un po' di idee), ma non posso garantirvi nulla. ^^' Vi farò sapere! ;)
Ciao!

Un bacio, da Me91.

  
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