CAPITOLO
15°
RIMEDIARE
Sbirciò
velocemente sul suo orologio.
7:32
Storse
le labbra con disappunto. Odiava passare anche solo un minuto con quel
mostro.
Usaki
attese che la donna chiudesse la porta, poi aprì di un
po’ gli occhi.
Personalmente, quella donna non gli piaceva affatto. E anche lei
sembrava
provare lo stesso sentimento nei suoi confronti.
“Beh...
che importa?” pensò stancamente, voltando gli
occhi verso il piccolo vetro
opaco al centro della porta della stanza. Si intravedevano due gomiti
ai lati
dell’uscio, di due poliziotti che attendevano che lui si
riprendesse per
sbatterlo in prigione.
Sospirò
al pensiero e mormorò:
«Avrei
volentieri preferito non darvi questa soddisfazione... sarei dovuto
morire...»
Alzò
di un po’ le braccia, strizzando appena gli occhi per la
fitta al bicipite
destro, e osservò per un istante le manette che tenevano
saldamente ferme le
sue mani ai lati del letto, allacciate a delle sbarre di ferro.
Sospirò
di nuovo e fece ricadere le braccia sulle coperte.
Puntò
lo sguardo nel vuoto davanti a sé.
Era
stato lavato dal sangue e dal fango. Ora i capelli erano puliti,
proprio come
il volto, e così ora non sembrava più un fantasma
come prima. Non era
esattamente di bell’aspetto, ma aveva in sé il suo
fascino... era l’uomo di cui
si era innamorata Kishin e, prima di lei, Shine.
Si
incupì al pensiero delle donne che aveva amato nella sua
vita, entrambe in
carcere.
“Presto
vi raggiungerò...” fu il suo pensiero, mentre
chiudeva gli occhi.
Finalmente
era riuscito a prendere sonno, dopo una lunga notte insonne come quelle
che si
susseguivano ormai da giorni. Dormiva pochissimo; la maggior parte del
tempo se
ne stava a fissare il soffitto, nel buio, a pensare e ripensare al suo
piano, a
cosa era potuto andare storto, al perché aveva fallito.
Notò
del movimento attraverso il vetro opaco della porta: era il momento
della pausa
mattutina delle guardie, che sarebbe durata, come sempre, precisamente
15
minuti; proprio come quella delle 16 e 15; ma prima ancora come quella
delle 12
e 15. Poi, come sempre, alle 21 in punto, c’era il cambio
della guardia; appena
pochi minuti e altri due poliziotti prendevano il posto dei primi per
il turno
di notte.
Usaki
era un attento osservatore; nonostante tutto, non poteva fare a meno di
pensare, con freddezza e grande lucidità, ad un piano per
scappare. Sapeva a
memoria i turni delle tre infermiere, che si erano date il cambio in
quei sei
giorni in cui si trovava lì; oppure poteva approfittare del
momento del
“bagno”, alle 7 del mattino, alle 14 e alle 20. Era
sempre lo stesso uomo, un
infermiere particolarmente robusto, ma dall’aria non troppo
sveglia, ad
accompagnarlo alla toilette in fondo al corridoio fuori dalla sua
stanza.
Appena dieci minuti esatti, poi doveva tornare a letto, legato.
Oppure
c’erano i vari pasti. Colazione alle 7 e 10, che poi veniva
portata via prima
delle 7 e mezzo. Ed era sempre controllato mentre mangiava, come a
pranzo, a
mezzogiorno in punto, e a cena, alle sette e mezzo di sera.
Però il suo
controllore non era un vero problema per lui; si trattava, infatti, del
solito
infermiere...
Era
tutto programmato per la sicurezza, ma per lui tutto questo era un vero
vantaggio.
“Il
piano di fuga è pronto.” fu questo, in quel
momento, il suo freddo pensiero.
Il
suo volto era privo di sentimenti, proprio come il suo sguardo; vuoto.
Voltò
lentamente gli occhi verso la finestra con le grate della stanza e
osservò
silenzioso il cielo.
La
sua mente era un groviglio di pensieri, ancora. Socchiuse gli occhi e
accennò
un sospiro.
La
maniglia della porta si abbassò con cautela e questa venne
aperta.
Usaki
si voltò lentamente a guardare, senza grande interesse, chi
fosse entrato così
inaspettatamente.
E
chi vide gli fece alzare un sopracciglio, sorpreso.
Conan
si richiuse la porta alle spalle e si andò tranquillamente a
sedere sull’unica
sedia presente nella stanza, vicino il letto dell’uomo. Era
in vestaglia e camminava
reggendosi sulle stampelle, che poi posò a terra, prima di
mettersi seduto.
Usaki
corrucciò un po’ la fronte, continuando a fissare
il bambino che aveva uno
sguardo serio puntato su di lui.
«Che
fai qui?» sbottò l’uomo, con un tono
leggermente infastidito.
«Ho
poco tempo.» spiegò Shinichi e indicò
con il capo l’orologio «Dodici minuti e i
poliziotti torneranno a sorvegliarti.»
«Lo
so.» fu la fredda risposta «Cosa vuoi?»
Il
ragazzo lo guardò intensamente e gli disse:
«Non
scappare.»
Usaki
alzò le sopracciglia, stupito.
«Come
sai che...» era veramente incredulo. Che il bambino sapesse
del suo piano di
fuga?
«Sei
un uomo intelligente, Usaki.» Conan incrociò le
braccia e si appoggiò allo
schienale della sedia «Sai che sarebbe un suicidio provare a
fuggire ora. I
poliziotti, sta volta, ti sparerebbero a vista.»
«E
tu che ne sai?»
si arrabbiò l’uomo, seccato
«Sei solo un moccioso!»
«Se ti interessa, volevo dirti
che tutte le uscite sono controllate.» continuò il
ragazzo, con calma «Non
avresti scampo.»
«Taci!» ringhiò Usaki, scattando
sul letto come per mettersi seduto, ma le manette lo fermarono e lui
dovette
sdraiarsi di nuovo, dolorante.
Shinichi rimase impassibile.
«Non hai paura di me solo
perché sono ammanettato!» ringhiò a
mezza voce Usaki, per non farsi udire
all’esterno.
«Non ho paura di te perché so
che sei incapace di uccidermi.» ribatté Shinichi.
Il volto di Usaki si scurì.
«Sei proprio uno stupido,
ragazzino.» sibilò l’uomo.
Il ragazzo rimase calmo e
chiese:
«Perché, vorresti dire che, se
avessi potuto, mi avresti ucciso?»
«Certo.» rispose Usaki, senza
esitare.
«Ma davvero...» fece Shinichi,
alzando un sopracciglio «Vuoi che ti elenchi, allora, tutte
le volte che
avresti potuto ammazzarmi?»
L’uomo aggrottò le
sopracciglia, confuso e accigliato. E Conan iniziò:
«Quella volta all’hotel, prima
di tutto. Ma non lo hai fatto. Hai anche esitato, prima di puntarmi di
nuovo
contro l’arma, senza sparare, però.»
«Perché era arrivato il
detective, in quel momento.» sbottò Usaki,
accennando alla ferita al braccio
«Che mi ha sparato. Comunque poi ho sempre provato ad
ucciderti, alzando il
braccio ferito... ma le porte dell’ascensore che si erano
richiuse mi hanno
impedito di prendere bene la mira.»
«Non si sono richiuse subito.»
ribatté Conan «Avevi tutto il tempo di prendere la
mira... invece hai esitato.»
Usaki non rispose, incupito.
«Oppure quella volta nella
villa, che hai sparato al pavimento...» proseguì
il ragazzo.
«Volevo sentire ciò che avevi
da dirmi.» sbottò Usaki, seccato «In
ogni modo ti ho ferito quando eravamo nel
bosco.»
«Ma non mi hai ucciso.»
puntualizzò Conan.
«Ben dico, io. E’ arrivata
quella ragazzina che...» accennò al suo zigomo
ferito, coperto da un cerotto.
«Smettila di mentire a te
stesso.» lo zittì Shinichi «Tu non hai
fegato per uccidermi.»
«Stai zitto, moccioso!» sibilò
Usaki, irritato «E ringrazia che non posso metterti le mani
addosso!»
«Non ne hai il coraggio.»
insistette Shinichi «Perché...»
«Basta! Vattene via! Non voglio
sentire una parola di più!» inveì
l’uomo, innervosito.
«... Perché tu non sei un mostro.»
concluse il ragazzo, calmo.
Usaki lo fissò intensamente,
confuso, e chiese:
«Si può sapere che stai
farneticando?»
«Solo un mostro può uccidere un
bambino. E tu non l’hai fatto. Quindi...»
spiegò il ragazzo.
L’uomo non disse nulla.
«Tu eri solo accecato
dall’ira.» riprese Shinichi «Ti sei
lasciato trasportare... Da Kishin,
soprattutto. E lei ti amava così tanto che ti ha aiutato a
compiere un gesto
del genere: l’omicidio.»
«Lei mi ama ancora...» mormorò
Usaki, abbassando lo sguardo.
«Già, e se anche tu la ami non
puoi fuggire.»
Usaki alzò gli occhi a
guardarlo e Shinichi spiegò:
«Se confessi ciò che hai detto
a me alla polizia, e spieghi di essere complice di Kishin, la sua pena
sarà
ridotta, perché non del tutto artefice
dell’omicidio, come si pensava finora.
Tu verrai condannato come complice, ma lei potrà uscire
prima di prigione,
grazie a te. Non credi che glielo devi?»
«Lei ha accettato questa
condizione.» disse Usaki, distogliendo lo sguardo
«E’ stata pronta al carcere
fin dal primo momento. Sì, perché sapevamo che
sarebbe stata scoperta,
probabilmente... e se questo fosse successo, nessuno doveva sapere di
me.
Perciò lei era preparata a questo epilogo...»
«Davvero? Non credi sarebbe
felice di sapere che tu, visto che hai fallito nella tua vendetta, hai
compiuto
un gesto per aiutarla? Non ci si aiuta a vicenda quando si è
una coppia?»
«Ma io...»
«Tu la ami?» domandò subito
Conan, con serietà.
Gli occhi di Usaki si
riempirono di lacrime.
«Con tutto me stesso...»
mormorò.
«E allora dimostraglielo.» disse
Shinichi.
Usaki tornò a guardarlo e,
lentamente, un piccolo sorriso riaffiorò sulle sue labbra.
«Sì... sì, hai ragione.»
concordò, poi sospirò, fissando il soffitto
«Come sempre, hai ragione su tutto.
Io... io non avrei mai avuto il coraggio di uccidere un bambino.
Specialmente
se non ci entrava nulla con la mia vendetta... Già... la
vendetta. Ora, solo a
pensarci, mi viene il voltastomaco. Ero talmente accecato dalla collera
che non
sono riuscito ad apprezzare ciò che avevo. Nonostante tutto,
ero riuscito a
rifarmi una vita... con una donna bellissima, tra l’altro.
Io... io sono solo
uno stupido.»
Sospirò ancora e disse:
«Grazie, ragazzino. Grazie di
avermi fatto capire il mio errore.»
«Di nulla.» Shinichi alzò le
spalle e guardò l’orologio «Devo andare,
ora. Due minuti e i poliziotti saranno
qui.»
Si alzò in piedi e, con le
stampelle, si avviò alla porta.
Usaki lo guardò avviarsi e,
prima che aprisse la porta, gli chiese:
«Chi
sei tu, ragazzino?»
Shinichi si voltò a guardarlo
e, con un mezzo sorriso, rispose:
«Il
mio nome è Conan. E sono un
detective.»
Quando
il ragazzo uscì, anche Usaki si aprì in un
piccolo sorriso, divertito e
finalmente sereno.
«Sono
io!» annunciò Ran, entrando nella stanza.
Heiji,
nel letto, ma con lo schienale rialzato per poter stare seduto, stava
leggendo
una rivista. Alzò gli occhi appena vide entrare la ragazza.
«Ciao,
Ran! Come va?»
«Bene,
grazie.» sorrise lei, socchiudendo la porta «E tu?
Come stai?»
«Per
i medici potrò tornare a casa domani.» rispose
Heiji, con un gran sorriso.
«Oh!
Che bella notizia! Anche Conan verrà dimesso domani e... a
proposito, dov’è?»
si interruppe Ran, notando che il letto del bambino era vuoto.
«Oh...
beh... lui è andato...» esitò Heiji.
“Caspita,
non posso certo dirle che è andato da quel tipo che
l’ha rapita!” pensò il
ragazzo, in difficoltà. Alla fine si decise a dire:
«E’
andato a comprare delle merende al distributore in fondo al
corridoio!»
Ran
alzò un sopracciglio.
«Non
c’è alcun distributore in fondo al
corridoio...» fece, confusa.
«Ah...
beh, allora significa che tornerà presto, visto che non
c’è! Eh, eh...» sorrise
Heiji, in imbarazzo.
Ran
sospirò e si mise seduta sulla sponda del letto di Conan.
«E
va bene... non mi va di andarlo a cercare. Se non torna tra qualche
minuto
chiederò ad un’infermiera...» si
voltò verso Heiji e indicò il cesto di frutta
fresca che il giovane aveva sul comodino al suo fianco
«Kazuha te ne ha portata
altra oggi?»
«Già.»
annuì il ragazzo «E’ buona, ne vuoi un
po’? Sapessi le abbuffate che ci
facciamo io e Shi... ehm, Conan!» si corresse subito Heiji.
Ran
sembrò non accorgersi dello sbaglio e lui poté
trarre un sospiro di sollievo.
In effetti la ragazza aveva lo sguardo perso nel vuoto e sembrava
triste.
In
quel momento Conan stava giungendo verso la camera, camminando
lentamente per
via delle stampelle. Stava per aprire la porta socchiusa, quando
udì Ran dire:
«E’
molto bello Heiji, sai, vedere che c’è una persona
che si preoccupa così tanto
per te...»
«In
effetti Kazuha è molto gentile.»
concordò Heiji.
«Hii!
Accidenti, c’è Ran!» fece Shinichi,
agitato «E adesso che le dico? Vorrà sapere
dove sono stato...» iniziò a guardarsi intorno,
preoccupato «Posso dirle di
essere andato a prendere una merenda nel distributore in fondo al
corridoio, ma
poi non avevo abbastanza soldi e...» guardò in
fondo al corridoio «E...
accidenti! Non c’è nessun distributore
lì! Allora che...»
«Già...
non come Shinichi che non si è fatto nemmeno
sentire...» si sfogò in un
sussurro Ran.
Shinichi
sussultò nell’udire il suo nome e, cauto, si
avvicinò alla porta per sbirciare
dalla fessura.
Ran
sembrava avere gli occhi lucidi...
Heiji
divenne serio e, per consolarla, disse:
«Ci
sarà un motivo perché ancora non ti ha
chiamata...»
«Sì,
avrà sicuramente una delle sue scuse pronte...»
mormorò la ragazza, abbassando
lo sguardo.
Heiji
non seppe cosa dirle. Non era molto bravo con le parole e con quei
generi di
discorsi.
«Sai,
Heiji...» disse ad un certo punto Ran «Quella
notte... nella villa... c’eravamo
solo io e Conan. La bomba stava per saltare e... e io ero nel panico
più
assoluto. Non riuscivo più a pensare a nulla. Non percepivo
più nemmeno
l’abbraccio di Conan... mi ero totalmente estraniata da tutto
quello che mi
circondava; perché caduta nel baratro della paura. Ma poi...
all’improvviso...
ho sentito la sua voce...»
«La
voce di chi?» domandò Heiji, incuriosito, intanto
prese un bicchiere d’acqua e
bevve un sorso.
Conan
si fece attento.
«La
voce di... Shinichi.» concluse Ran.
Heiji
e Shinichi si pietrificarono nello stesso momento e al primo
andò l’acqua di
traverso.
“Oh,
cavolo...” pensarono entrambi contemporaneamente.
«Lui
sembrava lì vicino a me...» continuò
Ran, pensierosa, mentre Heiji continuava a
tossire «Lo sentivo proprio al mio fianco... e continuava a
parlarmi... e
sembrava tutto così vero... Ma con me c’era solo
Conan...»
«Oh,
Ran!» la interruppe Heiji, con un sorriso imbarazzato,
posando sul comodino il
bicchiere d’acqua «Mi dispiace, ma a momenti
arriverà il dottore... sai, è
l’ora della medicazione... e mi dovranno... beh... spogliare.
Capisci... no?»
Ran
si voltò a guardarlo, ricacciò le lacrime, e
mostrò un piccolo sorriso.
«Sì,
certo.» disse «Sarà meglio che vada a
cercare quel bambino, a proposito...»
«Sono
tornato!» esclamò Shinichi, entrando in quel
momento in camera e cercando di mostrarsi
più tranquillo possibile «Ciao, Ran!»
«Oh...
guarda chi c’è...!» fece Heiji, con un
sguardo omicida diretto a Conan, che lo
ignorò volutamente.
«Conan!
Dove sei stato?» lo sgridò la ragazza,
riprendendosi e mettendosi in piedi con
le mani ai fianchi.
“Mi
spaventa sempre quando si mette così...”
pensò Conan, con un sorriso
imbarazzato.
«Ero
andato a fare... quattro passi...» spiegò,
cercando di essere convincente.
«Rimettiti
al letto! Subito!» ordinò la ragazza.
«Certo!»
obbedì Conan, avviandosi al suo letto.
Mentre
lui si metteva sotto le coperte, la ragazza salutò, dicendo:
«Ciao,
ragazzi, ci vediamo domani! Riposate, mi raccomando!»
«Ciao
Ran.» salutarono i due giovani e lei se ne andò
chiudendo la porta.
I
due aspettarono qualche secondo in silenzio, senza guardarsi, con lo
sguardo
fisso sulla porta, giusto per assicurarsi che lei se ne fosse andata.
Poi Heiji
voltò di scatto la testa verso l’altro ed
esclamò:
«Ma
eri uscito di senno, Shinichi?! Ma che cavolo ti era venuto in mente di
fare,
eh? Me lo spieghi?»
«Pensavo
che saremmo morti!» si scusò il ragazzo, guardando
l’amico «Sembrava la fine,
capisci? E’ stato un gesto impulsivo... non ci ho pensato
e...»
«Ed
ecco le conseguenze!» esclamò Heiji
«Meglio che sistemi la cosa, prima che si
incasini tutto! Dopo saranno guai, ricordalo!»
Shinichi
sospirò, ammettendo che l’amico aveva ragione, e
posò il capo sul cuscino,
volgendo lo sguardo in alto.
Già...
sistemare la cosa. E forse sapeva come.
«Ran,
sto morendo di fame!» si lamentò Kogoro,
spaparanzato sul divano, con una birra
in mano e l’aria un po’ brilla, a guardare il suo
telefilm preferito «Quando è
pronta la cena?»
«Papà,
sei un vero seccatore!» ribatté Ran, senza alzare
lo sguardo dalle pentole e
continuando a mescolare la minestra «Sarà pronto
quando dirò io! Va bene?!»
«Sì,
sì...» Kogoro sospirò «Che
lagna quella ragazza...»
«Guarda che ti sento!»
Il detective deglutì,
intimorito.
In quel momento squillò il
telefono.
«Papà! Vai a rispondere, per
favore?» gli chiese Ran dalla cucina.
Kogoro sbadigliò assonnato,
mentre il telefono continuava a suonare, e disse:
«Non mi va... puoi andarci tu?»
«Papà! Sto cucinando! Vai a
rispondere!» tuonò la ragazza.
«Va bene, va bene!» obbedì
Kogoro, balzando in piedi e versando a terra un po’ di birra
per il movimento
brusco.
«Dannato telefono...» borbottò,
avvicinandosi al cordless posato su un tavolinetto «Ma chi
chiama a quest’ora
di sera?» e afferrò il telefono.
“Avanti...
rispondi...” incitò
mentalmente Shinichi, nervoso, giocherellando con il papillon che
teneva in
mano.
Aveva atteso che Heiji si
appisolasse ed era sgattaiolato fuori dalla camera, diretto al telefono
nel
corridoio adiacente a quello in cui si trovava.
E ora stava attendendo che Ran
rispondesse.
I suoni terminarono e si udì
una voce.
«Buona sera, detective. Cercavo
Ran...»
Kogoro corrucciò un po’ la
fronte. Quella voce non gli era del tutto nuova...
«Chi sei?» chiese, sospettoso.
«Un amico.» rispose l’altro,
con un tono lievemente divertito.
«Chi è, papà?»
domandò Ran,
affacciandosi dalla cucina.
Kogoro alzò un sopracciglio.
“Un amico, eh...?” pensò, poco
convinto.
Però alla fine si decise e,
dopo aver fatto un cenno con il capo alla figlia, disse al suo
interlocutore:
«Ora te la passo...»
Si avvicinò a Ran e le passò il
telefono.
Lei, confusa, gli chiese con un
sussurro, premendo il cordless contro la sua pancia per non farsi
sentire:
«Ma chi è? Sonoko?»
«Bah... un amico, dice...» fece
Kogoro alzando le spalle e risiedendosi sul divano.
“Un amico?” pensò sorpresa la
ragazza e si portò il telefono all’orecchio.
«Sì, pronto? Sono Ran...» si
annunciò.
«Ciao, Ran.»
La ragazza, che stava
rientrando in cucina, si fermò di colpo, con gli occhi
spalancati dalla sorpresa.
Quella voce così dolce... era
lui.
«Shi... Shinichi?» mormorò Ran,
tornando sui suoi passi e dirigendosi in camera, dove si chiuse dentro.
Kogoro diede un’occhiata con la
coda dell’occhio e scosse la testa, senza parole.
«Ecco. Addio alla mia cena.»
sospirò il detective.
«Sei proprio tu?» chiese Ran,
tremante, mettendosi seduta sul letto.
«Sì, certo.» le assicurò
Shinichi «Ran... ho saputo solo ora... come stai? E tuo
padre? Ti va di
parlarne?»
Gli occhi di Ran si riempirono
di lacrime.
«Magari sì...» mormorò
«Magari
sì, mi piacerebbe farlo. Ma di persona,
però.»
Shinichi esitò un attimo e poi
disse:
«Lo sai che non posso... che
non posso venire. Io...»
«Oh, è sempre così,
Shinichi.»
le lacrime iniziarono a scendere lungo le sue guance «Tu non
ci sei mai... per
me.»
«Non dire così, Ran...» provò
lui, ma lei lo zittì, dicendo:
«Vorresti dire il contrario?»
Altra pausa, poi Shinichi
iniziò:
«Ho parlato con Heiji.»
Ran, sorpresa, ripeté:
«Con Heiji?»
«Sì. E’ da lui che ho saputo...
beh... tutto. L’ho sentito per caso, dovevo chiedergli una
cosa...»
«A quanto pare, hai più
contatti con Heiji che con me.» le uscì detto
spontaneamente, con amarezza.
Shinichi sospirò con malinconia
e tristezza.
«Scusa.» mormorò il ragazzo
«In
ogni modo, quello che volevo dire è... che lui mi ha
raccontato ciò che gli hai
detto.»
«Che cosa?» domandò Ran, senza
capire.
«Che mi sentivi vicino a te, in
quella villa.» spiegò Shinichi.
Ran prese a piangere di nuovo.
«Non ti sentivo vicino,
Shinichi... tu eri lì!» singhiozzò la
ragazza.
«Ma questo non è materialmente
possibile...» le disse lui con dolcezza «Io ti sono
sempre vicino, Ran. In ogni
momento. Solo che tu... beh... non puoi vedermi. Ma io ci sono,
capisci?»
«Già, forse hai ragione tu.»
sussurrò lei, abbassando lo sguardo «Mi sono
sbagliata. Tu non c’eri. E non ci
sei ora. E mi sono sbagliata perché tu... tu non ci sei mai.
Nonostante quanto
io mi illuda...» esitò un attimo «...
non ti rivedrò più. Non è
così?»
Shinichi rimase in silenzio.
Lei tirò su con il naso e, con
un sorriso amaro, mormorò:
«Cos’è, non dici nulla
perché... non hai niente da dire? Perché
è vero che non tornerai più?» le
uscì
un altro singulto.
Lui rimase ancora un po’ in
silenzio e poi disse:
«Oh, Ran... non sai quanto mi
manchi... Vorrei baciarti.»
Lei rimase stupita a quelle
parole.
«Co... cosa?» fece, incredula.
«Vorrei starti accanto. Odorare
i tuoi bei capelli... ridere con te...» una pausa
«Ma ancora non posso. Ancora
non posso tornare a Tokio, ma ti prometto una cosa: appena
tornerò, e sarà
presto, te lo giuro, tu sarai la prima a saperlo. Perché io
correrò da te e...
ti bacerò, Ran.»
Le lacrime erano inarrestabili
e calde... come la sua voce. Ran mostrò un piccolo sorriso e
chiese:
«Mi ami, Shinichi?»
Lei non poteva vederlo, ma era
certa che su il suo volto, dall’altro capo del telefono, si
fosse acceso un
sorriso dolce.
«Più di ogni altra cosa.»
confessò lui.
«E allora ti aspetterò.»
sorrise lei.
Per la camera si diffuse un
sottile odore di bruciato, che però raggiunse il naso di Ran
e, a quanto sembrava,
anche quello di Kogoro che urlò:
«Oh, cielo! Ran! Si brucia
tutto qui!»
«La cena!» si ricordò la
ragazza, balzando in piedi.
«Come?» fece Shinichi, senza
capire.
«Mi dispiace, Shinichi, ci
sentiamo un’altra volta, va bene? Ciao!» e Ran
chiuse la comunicazione,
correndo in cucina.
Shinichi, sorpreso, rimase a
fissare la cornetta del telefono che ancora teneva in mano.
«Bah, le donne!» riagganciò con
un’aria offesa «Questa volta avevo dato il meglio
di me stesso! Sono stato
romantico, comprensivo... e lei che fa? Mi sbatte il telefono in
faccia!»
Con le stampelle, zoppicò verso
la camera, borbottando ancora:
«Io non la capisco. Prima dice
di voler parlare e poi tronca così i nostri discorsi? Io non
so che pensare...»
Prima di rientrare in camera,
però, si asciugò una lacrima ribelle che era
rimasta vicino il suo occhio. Poi
sospirò:
«Mi commuovo sempre in queste
situazioni...»
«Bleah, la cena fa
schifo!» si
lagnò Kogoro, scansando il suo piatto «Ha un
saporaccio!»
«Invece di rimanere imbambolato
davanti il divano, avresti potuto andare a spegnere i
fornelli!» lo bacchettò
Ran, incrociando le braccia.
«Ma se prima mi avevi detto che
mi avresti informato quando la cena sarebbe stata pronta!»
ribatté il
detective, scocciato «Invece poi sei andata a parlare al
telefono con... a
proposito, chi era?»
Ran divenne rossa d’imbarazzo.
«Ma come... non l’hai
riconosciuto?» fece la ragazza.
Kogoro si illuminò e sbottò:
«Non dirmi che era Shinichi
Kudo!»
«Già, proprio lui. Bel fiuto,
papà...» lo derise Ran.
«Quello lì è solo un
piantagrane!» commentò il detective «Non
dovresti frequentare tipi del genere!»
«Lascia perdere, papà...» Ran
mostrò un sorriso «Questa volta è
stato... abbastanza bravo.»
Fine
E quindi è
finita... ç_ç Ora sì che mi
dispiace... mi mancherà questa storia! T_T
Ringrazio tutti coloro che mi hanno seguito fin qui, nella speranza di
non aver deluso le loro aspettative! ^^ E ora:
feferica: Grazie di avermi seguito sempre questi ultimi capitoli! ^_____^ I tuoi complimenti mi lusingano molto! :D In particolare sono contenta che la storia ti sia piaciuta. Spero non sia troppo banale il ripensamento di Usaki su tutto ciò che ha fatto... ma alla fine l'ho sempre considerato un "bravo ragazzo" e quindi mi piaceva farlo "finire bene"! XD Spero anche non ti sia dispiaciuto un finale così sdolcinatamente romantico... XP Adoro scrivere scene d'amore! ** Perciò... niente, ancora grazie e... ciao! ^^ Un bacio!
Sweetgirl91: Sì, avevo notato "l'errore" nella scorsa recensione, ma certo che lo sapevo che era solo di distrazione! ;) Lo so che Usaki (XD) ti sembra davvero un pazzo, ma alla fine ha capito il suo errore, hai visto? ^^ Poverino, a me faceva tanta pena... era un povero disgraziato, in fondo, quindi dobbiamo pur compatirlo... no? ^^ Eh, eh... come mi vengono tutte queste scene e queste spiegazioni? Come ti avevo detto... non lo so! Mi metto al computer e mi viene da scrivere e basta! XD Come hai potuto leggere anche tra Ran e Shinichi si è sistemato tutto! ^^ Poverini, fanno i pena tutti e due... ç_ç Non possono mai stare insieme! Hi, hi... la lacrimuccia su Shinichi ci diceva proprio, eh? X°°D Ciao!
Grazie anche a tutti coloro
che hanno aggiunto la storia tra i preferiti! ^^
Ovvero:
AmyGoku
Dragonball93
eiden
evangeline777
feferica
rannina4ever
seasons_girl
Sweetgirl91
Umi
rebel 90
E dunque... niente, la fic
finisce qui. Spero davvero di riuscire a scriverne un'altra (in effetti
ho un po' di idee), ma non posso garantirvi nulla. ^^' Vi
farò sapere! ;)
Ciao!
Un bacio, da Me91.