02.
Leonheart
- Sono
davvero desolata… - si scusò la professoressa con
Sati mentre camminavano per i
lunghi corridoi del dormitorio.
- Le
ho già detto che non c’è nessun
problema…
-
Cercherò di liberarti una stanza il prima possibile, ne va
anche del buon nome
del Garden - ribadì cocciuta Hayley. Dopo poco le due si
fermarono davanti alla
stanza numero 338.
- Ti
ho già spiegato le regole del Garden quindi non penso ci
saranno problemi. Se
hai bisogno di qualunque cosa puoi rivolgerti direttamente a me o alla
dottoressa Chiryo, è un po’ brusca ma non
spaventarti. - Hayley bussò sullo
stipite della porta nello stesso modo delicato che aveva usato prima in
presidenza. - Per l’orario delle lezioni chiedi al tuo
compagno di classe, ha
un anno in più ma frequentate lo stesso corso. Hey, Sway, ci
sei? - chiamò,
dato che nessuno veniva ad aprire.
- Un
secondo - esclamò una voce da dentro la stanza.
La
porta si aprì cigolando permettendo alle due di entrare.
Sati si guardò intorno
incuriosita, la stanza doppia era abbastanza grande ed erano stati
posti
simmetricamente due letti e due scrivanie. Al centro della stanza, di
fronte
alla porta c’era un grosso armadio e di fianco ad esso una
finestra che si
affacciava sul cortile.
-
Prego? - domandò il ragazzo impaziente.
Sati
si voltò verso di lui e si sentì ghiacciare il
sangue nelle vene. Sembrava
proprio lui. Ma non era impossibile! Qual era il
suo nome? Come
accidenti avevano detto che si chiamava?
Il
giovane la stava squadrando immobile, attendendo una qualche
spiegazioni con le
braccia conserte. Aveva i capelli nerissimi, come una pietra
d’ossidiana, che
gli cadevano in ciocche disordinate a incorniciare il viso. Aveva dei
lineamenti molto dolci, ma diversi da quelli di una ragazza. Gli occhi
blu mare
stavano fissando irritati l’insegnante e a tratti si
spostavano su Sati. La
piega rigida assunta dalle sue labbra tirate dimostrava quanto poco
gradisse
quella visita.
-
Sway, ti presento Sati Kalidash - esclamò Hayley mostrando
la ragazza con un
ampio gesto della mano. - Sati, questo è Sway Leonheart.
Leonheart?!
Sway
fissò la nuova matricola per un istante, poi fece un rigido
segno col capo a
mo’ di saluto. In risposta, Sati sorrise senza smettere di
osservare il suo
volto.
-
Sway, so che questa notizia giunge all’improvviso, ma
sfortunatamente a causa
di un disguido ti è stata assegnata come compagnia di stanza.
Gli
occhi del ragazzo scattarono sorpresi da Sati alla professoressa.
-
Cosa?! - esclamò esterrefatto. - No!
Hayley
si accigliò. Di certo non aveva intenzione di mettersi a
trattare con un suo
studente.
- E’
una ragazza - continuò irritato Sway. Il giovane scosse la
testa profondamente
contrariato. - Con tutte le norme del Garden che vietano visite nelle
stanze
tra matricole di sesso opposto…e volete metterla in camera
con me?!
-
Leonheart - tuonò allora Hayley e Sati si rese conto che non
era l’insegnante
dolce e remissiva che aveva creduto all’inizio. - Se ci fosse
un’altra opzione
non credi avremmo già scelto quella? Se non ti sta bene,
d’accordo: prendi pure
l’attrezzatura del Garden e accampati in cortile o nel centro
addestramento, o
dove ti pare! Vedi solo di informare la segreteria.
Hayley
terminò il suo discorso con uno sbuffo, per scaricare la
tensione. - Ora vi
lascio - disse, - ho altro lavoro da svolgere. Tu Sway hai deciso
qualcosa?
Il
ragazzo la fulminò con lo sguardo e scrollò le
spalle.
La
professoressa lo prese per una resa. - Bene - disse prima di scomparire
nel
corridoio. I due ragazzi rimasero da soli.
-
Potresti smetterla di fissarmi? - chiese Sway dopo qualche secondo.
-
Scusa! - esclamò Sati distogliendo lo sguardo imbarazzata. -
E’ solo che il tuo
volto assomiglia moltissimo a quella di una persona che conoscevo,
tanto tempo
fa.
- Chi
era?
-
Oh…
- lei sorrise malinconica. - Non ha importanza ormai.
Sati
trascinò dentro la stanza la valigia e si chiuse la porta
alle spalle.
- Il
tuo lato è quello destro - la informò Sway,
vedendo che si guardava intorno
indecisa. - Era il tuo ragazzo?
- Chi?
-
Quello che mi somiglia.
Sati
lo fissò sorpresa. - No, come avrebbe potuto. Eravamo decisamente
troppo
diversi - rise, come se avesse appena fatto una battuta divertente. -
Potrei
dire che eravamo compagni, ma è stato davvero tanto tempo fa
quindi, ti prego,
lascia stare.
- Non
c’è problema - assicurò Sway
stringendosi nelle spalle. - Vuoi una mano a
disfare la valigia?
Il
viso di Sati si illuminò. - Oh, sì! Ti ringrazio,
non ho idea di dove mettere
la roba.
-
Guarda, è semplice - rispose lui, con l’ombra di
un sorriso che gli aleggiava
sulle labbra. - L’armadio è diviso a
metà: due cassetti a testa e dieci
appendini in totale.
Sati
lo ringraziò di cuore e cominciò a tirare fuori
dalla valigia tutte le sue
cose, una alla volta. Aveva tra le mani una minigonna celeste quando
sembrò
incantarsi, s’irrigidì tanto da sembrare una
statua di ghiaccio.
- Kalidash,
stai bene? - domandò Sway preoccupato. Le si
avvicinò e le sfiorò delicatamente
la spalla per chiamare la sua attenzione. Sati allora sembrò
percorsa da un
brivido e si voltò di scatto, fissandolo. Per un istante il
giovane fu certo,
incrociando il suo sguardo, che gli occhi della ragazza fossero
d’argento,
dello stesso colore del mercurio. Subito si disse d’essersi
sbagliato perché,
dopo aver sbattuto le ciglia un paio di volte, si ritrovò a
fissare gli intensi
occhi color turchese della ragazza.
-
Sì,
che c’è? - chiese Sati sorridendogli.
- No,
nulla - si scusò lui distendendosi sul proprio letto.
Sati
finì di mettere a posto le proprie cose, che in
realtà non erano molte: alcuni
vestiti, la custodia della sua arma, della cancelleria e i libri
forniti dalla
scuola.
-
Sway, se non ti dispiace vado a farmi una doccia… - ma il
ragazzo si era
addormentato.
Sati
fece spallucce ed entrò in bagno, portandosi dietro un
asciugamano e dei
vestiti di ricambio.
Sway
si svegliò lentamente. Sebbene non fosse una persona che
faticava a svegliarsi,
non si rese subito conto di dove si trovasse. La luce della stanza era
stata
spenta, per cui l’unica illuminazione proveniva da fuori la
finestra e tutta la
camera era pervasa dall’odore fruttato di bagnoschiuma.
Aprì
del tutto gli occhi e si tirò su. Vide subito Sati
dall’altra parte della
stanza mentre si allacciava al collo lo strano medaglione rosso e
argento.
Indossava una lunga gonna color vinaccia e una camicetta bianca senza
maniche
leggermente sbottonata sul davanti.
- Ti
informo - disse Sway con la voce impastata dalla dormita, - che tutte
le
matricole sono tenute a indossare la divisa all’interno del
Garden. E talvolta
anche fuori, se è per questo.
Sati
lo guardò sorpresa. Lui effettivamente la stava indossando:
era un semplice
divisa blu bordata d’argento. Fece spallucce: - Il preside mi
ha autorizzato a
vestire in borghese fino a quando non avranno recuperato una divisa
della mia
taglia.
- Buon
per te - disse allora Sway, andando in bagno per lavarsi la faccia.
Sati
comparve silenziosa alle sue spalle. - Allora, mi fai fare un giro? -
domandò
porgendogli un asciugamano.
-
Scordatelo - rispose lui afferrandolo con una mano. - Vacci da sola.
- Ma
io mi perderei - si lamentò lei assumendo
all’improvviso un’espressione
infantile. - Daiiii…
Cominciò
a tirarlo delicatamente per una manica.
- Va
bene…va bene…va bene, ho detto! Non mi
strattonare! - urlò lui cercando di
riprendersi il braccio.
Gli
sorrise maliziosa e lo lasciò andare. Con due passi leggeri
raggiunse la porta
e la spalancò.
- Dal
momento che sua maestà mi concede l’onore della
sua compagnia, ho l’ardire di
domandarvi dove mi condurrà? - rise facendo
un’elegante riverenza.
Sway
sbuffò, senza dire una parola, e la precedette nel
corridoio. Dopo pochi passi
le domandò: - Come ti è venuta questa del
“sua maestà”?
-
Oh…non lo so - sorrise lei. - Mi è saltato in
mente e così l’ho fatto!
Percorsero
l’intero dormitorio e raggiunsero il centro del Garden. Sway
prese la strada di
destra, dirigendosi verso il cortile.
-
Allora, da dove vieni? - indagò incuriosito.
- Da
Esthar.
-
Esthar…City?
- No,
una città più a sud. Sul lago salato.
- Non
conosco altre città oltre alla capitale -
confessò Sway.
-
Sì,
beh, non stento a crederlo. Non ce ne sono molte e anche quelle, come
tutto il
resto del paese, cercano di rimanere nascoste e sconosciute il
più possibile.
- E
questa è una cosa che non ho mai capito…
- E’
dovuto a degli avvenimenti accaduti tanto, tanto tempo fa.
- Si
sa cosa sia successo?
Sati
sorrise, poi fece spallucce. - Dovresti saperlo, con l’ultimo
pianto lunare
tutti i documenti storici sono andati distrutti o perduti. Il
più antico
ritrovato è stato datato ad appena trecento anni fa, ed
è comunque come un
fiammifero nell’oscurità più completa.
- E’
una brutta faccenda - borbottò Sway chinando la testa.
-
Già…
- assentì Sati. - Molti illustri studiosi di Esthar stanno
cercando di
ricostruire la storia, ma con pochi risultati. Non si sa più
niente della
storia antecedente a trecento anni fa.
Ed era
così ogni dato, ogni conoscenza sembrava andata perduta.
Tanto che le nazioni
decisero, di comune accordo di dimenticare il vecchio calendario e far
iniziare
un nuovo anno 0 da quell’ultimo, devastante, pianto della
luna.
- Non
si sa più niente dalla storia di quel periodo… -
continuò la ragazza, - né
delle guerre, né degli eroi che le combatterono.
Quindi…niente streghe! -
ridacchiò tra sé e sé.
- Eh?
- esclamò Sway confuso.
-
Nulla, nulla… questo è il cortile?