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Autore: Benio Hanamura    17/03/2014    1 recensioni
[Mademoiselle Anne/Haikara-san ga toru]
“Il mio nome è Kichiji Hananoya… o meglio, questo è il mio nome dall’età di 15 anni. Fino ad allora ero Tsukiko, la sesta figlia della famiglia Yamada...”
Nel manga originale della Yamato è detto ben poco del passato della geisha Kichiji, che fa la sua prima comparsa come causa inconsapevole di gelosia della protagonista Benio nei confronti del fidanzato Shinobu, ma che poi si rivelerà essere solo una sua ottima amica e stringerà una sincera amicizia con Benio stessa, per poi segnare anche l’esistenza del padre di lei, vedovo inconsolabile da tanti anni.
Per chiarire l’equivoco e per spiegarle quale rapporto c’è davvero fra lei e Shinobu, Kichiji racconta la sua storia del suo passato a Benio, dei motivi per cui è diventata geisha, abbandonando suo malgrado il suo villaggio quando era ancora una bambina, ma soprattutto del suo unico vero amore, un amore sofferto e tormentato messo a dura prova da uno spietato destino…
Dato che questa storia è solo accennata nel manga, ma mi è piaciuta e mi ha commossa molto, ho deciso di provare ad approfondirla e di proporvela come fanfiction!
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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  Il debutto di Aiko come maiko era avvenuto all’inizio della primavera.  Nostro padre ci spiegò che ormai lei non si chiamava più Aiko, ma aveva acquisito un nuovo nome, Kikuko. Gli chiesi come mai, lui cercò di spiegarmelo, mi disse che era l’usanza tipica del lavoro che lei avrebbe dovuto fare, ed infatti anche Sakura non era più chiamata così ma era diventata Kiyoko: probabilmente lo facevano per confermare ancora di più il fatto che iniziassero una nuova vita in una città nuova. Annuii, ma non ero certa di avere del tutto afferrato: che cosa assurda, allora perché Koji dopo la sua partenza era rimasto sempre Koji, anche se praticamente viveva in un’altra città e tornava ogni tanto al villaggio solo in visita? Una cosa assurda e ridicola, anzi no, triste: Aiko era il nome che le avevano dato mamma e papà, perché doveva buttarlo via, soltanto perché alla bella signora non piaceva? Era un po’ come se la nostra Aiko fosse improvvisamente sparita, e dalle sue ceneri fosse nata questa nuova ragazza, molto più bella ed elegante della graziosa bambina che aveva lasciato questo paese 5 anni fa (così ci aveva detto papà), ma che però noi non conoscevamo affatto. Allora anche Miyuki prima o poi sarebbe sparita per diventare qualcun altro? Fino a quel punto quella bella signora aveva portato via le mie sorelline dalla nostra casa? Questa era l’unica cosa che mi rattristava, papà disse che non piaceva nemmeno a lui, ma in fondo ciò che contava era che le mie sorelline erano felici, non avevano più problemi di denaro, potevano mangiare riso bollito tutti i giorni senza dover sopportare il freddo dell’inverno nel nostro piccolo villaggio; e comunque si chiamassero i sentimenti che ci legavano sarebbero rimasti immutati in eterno… Ancora una volta mio padre mi aveva dimostrato la sua saggezza, ed io mi rasserenai; pensai che per me le mie sorelle sarebbero rimaste per sempre Aiko e Miyuki, e dato che ormai sapevo scrivere abbastanza bene (anche se non frequentavo regolarmente la scuola mio fratello, che ci era andato in periodi migliori per la nostra famiglia, mi insegnava qualcosa a casa), avrei scritto loro una lettera da affidare allo zio la prossima volta che avrebbe avuto affari da sbrigare in città e come al solito ne avrebbe approfittato per passare per l’okiya.
   Ma non ebbi mai occasione di affidare nessuna mia lettera allo zio, perché la volta successiva in cui lui venne a casa nostra non fu per proporci di affidargli lettere o altro da dare alle mie sorelle quando sarebbe andato in città. Accadde un pomeriggio, in cui dopo aver sbrigato i lavori quotidiani noi tutti ci stavamo rilassando un po’ godendoci una lieve brezza d’estate seduti sulla engawa, mentre Toshiro e Sanzo giocavano allegramente in giardino. Quando vide arrivare mio zio, mio padre lo invitò ad accomodarsi, anche perché la mamma stava preparando il tè, ma lui appariva parecchio imbarazzato e titubante, come se non sapesse cosa dire.  Cedendo alle insistenze, si sedette accanto a lui e gli disse che aveva portato una lettera, che gli aveva appena consegnato il figlio maggiore, che lavorava al nostro piccolo ufficio postale. Era per nostro padre, da parte della okasan. Lo zio non riuscì a dire altro, ma era evidente che non si trattava dei soliti aggiornamenti e complimenti. Estrasse la lettera dalla tasca e con la mano che gli tremava la porse a mio padre. Mio padre la aprì in fretta, il suo viso sbiancò di colpo ed emise un grido che spaventò mia madre, che era appena uscita dalla soglia e fece cadere il vassoio con il tè. Corse da mio padre e fu costretta a strappargli la lettera di mano, per poterla leggere a sua volta e rendersi conto anche lei dell’accaduto:

“Con infinito dolore sono costretta ad informarvi dell’improvvisa prematura scomparsa di vostra figlia. Kikuko era una fanciulla piena di qualità, sia artistiche che morali, già aveva dato tante soddisfazioni e vanto al nostro okiya e sicuramente ancora tante ne aveva ancora in serbo per il futuro; inoltre già sapete,
dato che ve lo dissi nel corso del nostro ultimo colloquio, quanto io le fossi affezionata. E’ stata per noi un’enorme perdita, non soltanto di tipo economico, e vi porgo le mie più sentite condoglianze”

   Quando ebbe letto anche lei quelle poche righe mia madre si gettò a terra e scoppiò in lacrime, mentre mio padre era rimasto come impietrito, con lo sguardo perso nel vuoto… E finalmente anche a me ed ai miei fratelli, che li guardavamo spaventati, lo zio comunicò la notizia: Aiko era morta!
   Dopo quel terribile momento fu ancora una volta Yuriko a prendere le redini della situazione e, apprestandosi a soccorrere la mamma, mi disse di andare a richiamare i gemelli e di riportarli in casa. Lo zio invece si occupò di Keita, e lo sostenne fino a farlo sedere al nostro tavolo in casa. Disse che quella sera sarebbe rimasto con noi per aiutarci, fra l’altro la okasan aveva scritto anche a lui, invitandolo ad accompagnare nostro padre all’okiya per recuperare le ceneri di nostra sorella…
   Il resto della giornata, inutile dirlo, fu come un incubo che non riuscivo in alcun modo a considerare reale, e ciascuno di noi svolse ciò che gli competeva quasi meccanicamente, in una sorta di apatia, a parte la mamma, che era riuscita a rientrare in casa con le sue gambe, ma poi, appena lo sguardo le cadde su una fotografia delle mie sorelle, riprese a piangere disperatamente; così mia sorella l’aveva accompagnata a letto, e lei era rimasta in camera a sfogare tutto il suo dolore.  Keita badava ai gemelli, ancora troppo piccoli per comprendere a pieno la situazione, Yuriko e lo zio aiutavano papà a preparare il suo bagaglio ed a me fu affidato l’incarico di preparare qualcosa da mangiare che lui potesse portare in viaggio. Dato che avrebbe accompagnato papà all’okiya lo zio tornò brevemente a casa sua per preparare un piccolo bagaglio per sé con il minimo indispensabile per il viaggio. Povero zio, era evidente che aveva persino difficoltà a guardare in faccia tutti noi, probabilmente si sentiva responsabile di ciò che era accaduto, dato che in fondo l’idea di vendere le mie sorelle all’okiya era stata sua… Ma mio padre non era certo il tipo da colpevolizzarlo. Sapeva bene che lo zio, suo fratello minore, aveva sempre provato per lui affetto e stima: non si era mai sentito superiore a lui per le sue particolari capacità di commerciante ed il suo fiuto per gli affari (ma in compenso mio padre era più bravo come agricoltore!) che gli avrebbero consentito chissà quale carriera se non fosse stato anche lui un povero contadino ed avesse potuto completare gli studi in città, e gli aveva proposto quella soluzione solo perché ne aveva sperimentato il buon esito lui stesso, sperando che anche la nostra famiglia avrebbe potuto migliorare la propria situazione economica e che anche le mie sorelle avrebbero avuto una vita migliore. E poi mio padre non aveva mai negato, né con noi né con sé stesso, che anche lui aveva pensato da solo a quella drastica soluzione qualche volta, anche se poi c’era voluta la spinta del fratello perché si decidesse.
   Mio padre e mio zio stettero via per tre giorni, ed ogni giorno io andavo alla stazione per controllare il treno che proveniva dalla città che mi aveva portato via per sempre un’altra sorella. Non riuscivo a restarmene buona buona a casa in attesa che riapparisse sulla soglia, sentivo il bisogno di andargli incontro. Gli avevo chiesto di poter accompagnarlo in città, ma lui ovviamente aveva rifiutato, non solo perché non era un viaggio adatto ad una bambina, ma anche, mi spiegò, perché sarei stata molto più utile a casa: “Cerca di capire, Tsuki-chan… mi hai già aiutato tanto preparandomi quelle buone cose da portare con me, ora tua madre ed i tuoi fratelli hanno più bisogno di te di quanto ne abbia io!”
   Io avevo annuito, lui mi aveva abbracciata forte e dopo avermi dato un bacio sulla fronte era partito, ma in realtà non capivo e non approvavo. Mi pareva di aver fatto troppo poco per lui, mi sentivo trattata da bambina, volevo fare di più… Innanzitutto andare a prenderlo alla stazione, ma anche questo, come preparare qualche panino, era qualcosa di semplice, che qualunque bambina anche più piccola di me avrebbe potuto fare. No, non era abbastanza, volevo fare qualche altra cosa di più importante per aiutare la mia famiglia, ma cosa? Avevo fatto tutto il possibile, riuscendoci, per seguire l’esempio di Yuriko (che avevo poi sentito piangere silenziosamente soltanto la notte nel suo letto) e non piangere troppo davanti ai miei fratelli, c’era già la mamma a complicare la situazione in questo senso, ma ora, dopo tre giorni sentivo che stavo per crollare, per il dolore e per quell’altrettanto insopportabile senso di inutilità. 
   Improvvisamente mi resi conto di essermi seduta sulla stessa panchina su cui mi ero seduta quando ero andata a salutare Koji, e mi tornò in mente il suo bel viso, il suo sorriso sincero e rassicurante. Chissà, se Koji fosse stato in paese, magari avrei potuto cercarlo e lui oltre che confortarmi avrebbe potuto darmi qualche buon consiglio, dopotutto mi aveva già salvata una volta da morte certa…
   Ma Koji non c’era, a quanto pare sarebbe tornato fra circa un mese per le vacanze, perciò almeno per ora avrei dovuto arrangiarmi da sola. Prima che le lacrime potessero bagnare le mie guance chiusi gli occhi, e cercando di respirare piano ed a pieni polmoni, mi concentrai completamente sul sorriso di Koji, che avrei rivisto presto, e riuscii ancora una volta a riacquistare il controllo di me stessa.  Giusto in tempo, perché poco dopo la mia attenzione fu distratta dal rumore del treno che arrivava, stavolta riportandomi a casa il mio papà. Fu il primo a scendere, ed io corsi subito ad abbracciarlo, promettendogli, nel mio cuore, che avrebbe potuto contare su di me, anche se non sapevo ancora come. In quel momento non avrei mai immaginato che si sarebbe arrivati ad una soluzione molto presto, prima che Koji o chiunque altro potesse darmi qualunque consiglio. Perché in fondo era una soluzione semplice, anche troppo semplice e troppo ovvia, tanto che avrei anche potuto pensarci subito, senza dover prima ascoltare il loro racconto e soprattutto un loro discorso fatto quando credevano di essere rimasti soli dopo che tutti noi eravamo andati a letto: la povera Aiko era effettivamente molto portata per la carriera di geisha, per le già da me citate sue qualità di bellezza e di splendido canto, ma era anche di costituzione abbastanza delicata, e proprio questo ne aveva causato la morte, per un’improvvisa febbre causata forse da una qualche strana infezione contratta ad una delle prime feste a cui era stata invitata ad esibirsi; Miyuki, più sana e robusta, pur restandole vicina nel corso della sua lenta agonia, non si era ammalata altrettanto gravemente, ma purtroppo la morte della sorella le aveva causato un notevole shock nonché una forte apatia, e lei aveva, al momento, smesso di dedicarsi allo studio, a cui si era finora applicata più per seguire la sorella che per un proprio reale interesse per quella carriera. Purtroppo per quanto la okasan fosse stata generosa e comprensiva, la regola era che nel corso del suo apprendistato un’aspirante geisha dovesse seguire una serie di corsi, e che si dovesse spendere molto perché si alimentasse in modo nutriente e non le mancassero abiti ed accessori, il che avrebbe costituito un debito che la ragazza avrebbe poi ripagato man mano con i suoi guadagni, dopo aver iniziato la sua carriera. Ovviamente neanche Aiko aveva fatto eccezione, anzi, la okasan, avendo visto un particolare potenziale in lei, aveva investito su di lei anche più che su altre ragazze, ma purtroppo Aiko aveva iniziato fin troppo da poco a ripagarla ed ancora come maiko, senza contare che invece Miyuki avrebbe continuato a spendere sempre di più chissà ancora per quanto, essendo assai meno dotata in qualsiasi forma d’arte, e chissà se l’avrebbe mai ripagata completamente, dato che al momento i suoi risultati erano alquanto mediocri; quindi soprattutto dopo che a Miyuki era venuto meno l’incentivo che le dava Aiko la okasan stessa iniziava a dubitare della validità di quell’altro suo investimento.
    Il papà e lo zio parevano seriamente preoccupati anche per questo aspetto, sia per come potesse reagire Miyuki, che era sempre stata particolarmente attaccata ad Aiko e le era stata accanto fino all’ultimo, sia per cosa effettivamente ne sarebbe stato di lei, dato che erano noti casi in cui, ragazze originariamente accettate in un’okiya per diventare geishe erano poi per vari motivi cadute in disgrazia e non avevano mai raggiunto quello scopo, e venivano invece relegate al ruolo di sguattere nello stesso luogo oppure, il che era pure peggio, venivano vendute alle case di piacere perché diventassero prostitute! Avendo notato un atteggiamento strano in entrambi, oltre che per il fatto che lo zio pareva intenzionato a trattenersi da noi molto più del solito, quella sera avevo finto di andarmene a letto come i miei fratelli, ma poi, sicura che non mi vedessero, ero sgattaiolata fuori dalla mia stanza ed ero tornata da basso e mi ero appostata dietro ai fusuma per origliare ed avevo sentito la loro conversazione in proposito. Ovviamente a quell’età non ero ancora in grado di comprendere completamente i rischi che avrebbe potuto correre Miyuki, ma avevo ben compreso che sarebbe stato molto difficile per lei, praticamente costretta a ripagare con le sue scarse capacità un debito praticamente doppio, ovvero il suo e quello che Aiko suo malgrado non avrebbe mai più potuto pagare… Mi sentii stringere ancora di più il cuore, io credevo addirittura che dopo la disgrazia mio padre l’avrebbe riportata indietro con sé, ed invece noi tutti rischiavamo di perdere per sempre anche lei! Mi sforzai ulteriormente per non piangere, volevo sapere cosa sarebbe potuto succedere, ma non dovevo farmi scoprire, o mi avrebbero rimandata a letto… Dopo qualche minuto di silenzio sentii lo zio cercare timidamente di sollecitare mio padre: “Oniisan, non hai riflettuto almeno un po’ sulla proposta della okasan?” Gli era costato molto pronunciare quella frase, a quanto pare a lungo soffocata, e comunque subito se ne pentì, perché mio padre reagì aggredendolo con un tono che mai gli avevo sentito rivolgergli, che io ricordassi: “Hai anche il coraggio di insistere? Quella non è una proposta, è un ricatto! E quella donna è un mostro!!! E pensare che pareva tanto per bene… Già per darti ascolto ho perso una figlia, non so che ne sarà dell’altra, ed ora vorresti portarmi via anche… Non parlarmene più, altrimenti…”
Sconcertata non avevo retto ed avevo bucato la carta del fusuma con un dito per poter vedere, mio padre era scattato in piedi e teneva lo zio per i lembi del colletto del kimono, pronto a picchiarlo, lui che assolutamente non era mai stato una persona violenta; lo zio però si era fatto coraggio e reggendo il suo sguardo minaccioso, aveva ripreso a parlare: “Oniisan, lo so, è terribile, ma ti prego, ragiona… Non mi darò mai pace per Aiko, lo sai bene che se ti ho dato quel consiglio l’ho fatto perché lo ritenevo l’unica cosa giusta da fare! Hai visto la mia Sakura, no? Non solo in casa abbiamo una bocca in meno da sfamare, ma lei ora sta bene, non soffre più la fame, è felice… come potevo prevedere una simile disgrazia? Ed ora non posso non dirtelo: questo è l’unico modo di evitare che anche Miyuki rischi di finire male, non come la sorella, ma chissà come… E lo sai, lei non lo sopporterebbe! Così invece sarebbe al sicuro, sicuramente non la venderebbe, perché non scontenterebbe mai colei che in cuor suo ha sempre ritenuto la sua miglior pupilla… colei che avrebbe portato subito via con sé, anche senza le sue sorelle… La okasan mi ha chiesto spesso di lei in seguito… Dice sempre che anche se Aiko era molto virtuosa quello che ha visto in lei non l’ha visto in molte altre… e che anche se iniziasse in ritardo rispetto ad altre, sveglia com’è potrebbe diventare una delle migliori geishe di Yanagibashi!”
  Quell’impulso improvviso di violenza si placò e mio padre, come svuotato di tutte le sue energie, lasciò il colletto dello zio lasciandosi cadere seduto sui tatami, e prese a singhiozzare, con la testa nascosta fra le mani: “Tsukiko… la mia piccola Tsuki-chan, come posso darglierla? Anche lei no, no!!! Secondo te dovrei sacrificare un’altra figlia? No, non potrò mai farlo!”
 Sussultai, ed istintivamente corsi via spaventata. Stavano parlando di me, decidevano qualcosa per me! Salii le scale di corsa, mi chiusi nella mia stanza e mi nascosi nell’armadio a muro, premendomi con forza le orecchie con le mani, come se avessi avuto paura che venissero a chiamarmi per portarmi improvvisamente via dalla mia casa, per darmi alla okasan. La okasan, quella donna che quando l’avevo vista anni prima mi era parsa tanto bella, gentile ed elegante come una principessa e che ora mi appariva come un oni, un essere malvagio che pareva voler decimare la nostra famiglia! Rimasi lì a tremare per un tempo indefinito, probabilmente mi era parso un’eternità, ma erano solo minuti… Un tempo nel quale mi balenò in mente il ricordo del giorno della partenza di Aiko e Miyuki, di come allora la okasan mi aveva guardata, la sua mal celata delusione alla notizia che io non ero una candidata… Effettivamente lei avrebbe tanto voluto portare anche me all’okiya, ma possibile che fosse tanto malvagia, lei che aveva dei modi tanto gentili? Rabbrividivo al solo pensiero di dover lasciare la mia famiglia ed il mio paese per sempre, ma non volevo forse trovare un sistema valido per aiutarli in questi tempi così difficili? Non mi ero proposta e riproposta di sostenerli realmente, dato che ormai non ero più una bambina piccola? Sì, lo zio aveva ragione, e così anch’io avrei fatto finalmente la mia parte! Per non rischiare di cambiare idea mi precipitai nuovamente di basso, dovevo sbrigarmi,  prima che lo zio andasse via… Ma anche se fosse stato troppo tardi glielo avrei detto l’indomani, non avrei cambiato idea, la mia decisione era presa. 

 
 
Note:
Kikuko= “piccolo crisantemo”; non a caso ho scelto questo nome per la sorella di Kikiji, per più motivi: innanzitutto perché in un film ho appreso la frequente scelta di nomi di fiori in questi casi, poi perché Kikiji andrà nello stesso okiya della sorella, ed in un articolo ho letto che spesso in uno stesso okiya si usano nomi con la stessa radice (non obbligatoriamente), perciò ho pensato che Kikiji sia abbastanza simile per assonanza a Kikuko; infine, data la piega che hanno preso gli eventi in questo capitolo, per il significato del nome, riferito al crisantemo, che non so da loro, ma da noi in Italia si associa ai morti…

Era come se la nostra Aiko fosse sparita… e dalle sue ceneri… :Ebbene sì, in questo passaggio mi sono un po’ rifatta a quella considerazione del film “Memorie di una geisha”, mi è piaciuta e l’ho adottata…

Engawa= corridoio esterno coperto da tetto spiovente, una sorta di veranda che modula la relazione tra lo spazio interno ed esterno: in estate diventa una parte del giardino, in inverno può essere chiuso fino a costituire un'estensione dello spazio interno: in pratica è quello su cui si siedono a parlare Ranmaru ed Ushigoro quando quest’ultimo, nella puntata Il party, va dall’amico ad esprimergli le sue preoccupazioni per Benio.

Fusuma= i famosi pannelli scorrevoli delle case tradizionali giapponesi

Oniisan= fratello maggiore

Oni= demone
  
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