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Autore: kiara_star    18/03/2014    9 recensioni
[Sequel de “La carezza di un'altra illusione”]
[a sort of Thorki; fem!Thor]
~~~
C'erano cose di cui Thor non parlava mai, c'erano storie che forse non avrebbe mai narrato. C'erano domande che Steve porgeva con qualche dubbio.
“Perché continui a vedere del buono in Loki?”
“Perché io so che c'è del buono.”
[...]
Siamo ancora su quel balcone?
Ci sono solo io?
Ci sei solo tu?

“Hai la mia parola, Loki, non cambierà nulla.”
Ma era già cambiato tutto dopo quella prima menzogna e non era stato suo fratello a pronunciarla.
~~~
~~
Ancora oggi Nygis riempie il cielo di stelle continuando a piangere per il suo unico amore, nella speranza che un dì ella possa tornare da lui.
Genere: Angst, Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Steve Rogers/Captain America, Thor, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Gender Bender, Incest
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La leggenda di Nygis'
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cap18
L' ultima lacrima



N.B. Capitolo CENSURATO.
[Clicca qui per la versione integrale]



XVIII.





Era un piccolo ingresso con un mobile color noce sulla destra, su cui Loki fece tintinnare le chiavi.
Sigyn si guardò intorno: una cucina semplice, un divano, un tavolino.
Un letto si intravedeva da dietro una porta.
«Questa è casa tua?» Alle sue stesse orecchie quella domanda era suonata assurda.
«Una delle tante.»
Si voltò a guardarlo e Loki dovette capire dalla sua espressione quando trovasse quella situazione inverosimile.
Le sorrise e iniziò a sbottonarsi la camicia.
«Mettiti comoda e perdona la poca cortesia, ma ho urgenza di lavarmi questo sangue di dosso.» La stoffa venne gettata malamente sul divano e Sigyn seguì la sua figura finché non sparì dietro la porta che dava nella camera.
Gli andò dietro senza pensarci due volte.
«Avevi detto di avere un piano!» sbraitò.
«Nessuno verrà a cercarci qui» sospirò Loki mentre sfilava la cintura dai pantaloni. «Rilassati.»
Si sentì pervadere dalla rabbia.
«Rilassarmi? Non c'è tempo! Dobbiamo tornare ad Asgard adesso!»
«No, devo fare una doccia adesso!» ribeccò lui accendendo la luce della piccola sala da bagno adiacente alla camera.
«Come puoi pensare alla doccia in questo momento?!»
«Non so se l'hai notato, ma abbiamo appena camminato fra i liquami di questa città. Tu potrai anche apprezzare il loro tanfo, ma io non ho il tuo stesso gradimento per i pantani.»
La superò e si diresse verso il bagno.
Sigyn bloccò la porta mentre la chiudeva e lo guardò furiosa.
«Mi stai mentendo ancora... non hai nessun piano. Non c'è nessun dannato piano!» ringhiò stringendo il legno fra le dita.
«Libera di crederlo.» Loki le regalò solo uno sguardo e poi forzò la porta che si chiuse con un tonfo dritta sulla sua faccia.
Sbatté più volte il pugno sul legno.
«Apri! Codardo che non sei altro! Apri questa porta prima che la butti giù!»
Una spallata poi un'altra.
La porta non si aprì e il rumore del getto dell'acqua iniziò a risuonare nella stanza.
All'ennesima inutile spallata, rinunciò.
Sentiva il braccio dolere e tutta la fatica che aveva accumulato attraversò ogni fibra del suo corpo, finché non sentì le gambe bisognose di riposo.
Raggiunse il letto con poca convinzione e si sedette stancamente sulle lenzuola.
Indossava ancora la sua giacca.
In un gesto d'ira se la sfilò e la gettò a terra con rabbia.
Non c'era nessun piano. Loki non ne aveva alcuno che potesse permettere loro di raggiungere Asgard.
Lei lo aveva sempre saputo eppure era andata comunque con lui.
Perché?
Poteva fermarsi, poteva lasciare che gli agenti li raggiungessero e li arrestassero. Poteva restare sotto il giudizio dei suoi compagni e ammettere le sue colpe; affrontare le responsabilità con dignità consona a un principe.
Invece era scappata, era fuggita come una vigliacca.
Poggiò i gomiti sulle ginocchia e nascose il viso fra le mani.
Era tutto perduto, perduto per sempre.
Dov'era Styrkárr adesso? Dov'era Amora?
Cosa stava accadendo su Asgard?
E se non fosse stato loro padre a impedir loro il ritorno? Se ci fosse stato dell'altro?
Ogni speranza si frantumò al ricordo degli occhi rapaci di Huginn.
Odino aveva voluto che entrambi sapessero che lui era a conoscenza di tutto e che come naturale conseguenza, aveva scelto di lasciarli al loro destino.
Esiliati su Midgard...
Le sue labbra sorrisero tristemente nel rimembrare quella notte di secoli prima.
Potrebbe esiliarci su Midgard, non sarebbe male.
Speriamo di no, quei barbari ancora si ammazzano per un pezzo di terra...
Quell'ultima notte di secoli prima.
Voltò il capo a guardare le lenzuola del letto.
Era così che sarebbe dovuta finire, Loki?
Era così che avrebbe dovuto iniziare?
Banditi dalla loro casa per aver scelto di consumare un peccato.
Non c'era vergogna, diceva Linn, non c'era mai stata vergogna.
Oh, sì che c'era, e nonostante tutto, Sigyn poteva ancora sentirla scorrere sotto la pelle.
Vergogna... e desiderio.



*



Uscì dal bagno coprendosi con un accappatoio bianco. Un asciugamano fermo nella mano con cui asciugare le gocce che lacrimavano dai suoi capelli.
Quando tornò nella stanza lei era ancora lì, seduta sul letto, ad accoglierlo con sguardo serio.
«È il tuo turno» sospirò con un sorriso mentre poggiava l'asciugamano umido sulla sedia.
Sigyn non rispose e continuò a guardarlo senza scostare mai gli occhi.
Sorrise. «A meno che tu non preferisca continuare ad avere quell'odore.»
Raggiunse l'armadio sulla parete, per recuperare gli abiti, quando finalmente udì la sua voce.
«Ci pensi mai?»
Le lanciò uno sguardo veloce mentre raccoglieva una maglia da una gruccia di legno.
«A cosa?»
«A Hela.»
Fu silenzio.
Gli occhi sulla stoffa e il cuore in una morsa.
«Sai, io l'ho sognata per anni.» C'era una sofferenza indescrivibile nella voce di Sigyn, la stessa che aveva bruciato lui per secoli, che ancora bruciava. «Lei era lì ed era la cosa più bella che avessi mai visto e...»
La frase si spense.
Loki le dava ancora le spalle.
«A volte mi sembra di sentirla ancora dentro di me.»
Non aveva ancora fatto un fiato mentre Sigyn gli raccontava di un dolore che non aveva mai trovato fine.
«Dovrei vestirmi» sentenziò con tono freddo, chiudendo rumorosamente l'armadio.
La guardò e trovò solo rabbia nei suoi occhi.
«So bene cosa c'è sotto quell'accappatoio, ma se preferisci privacy allora sarò lieta di concedertela!»
Si era alzata con sdegno e aveva abbandonato la stanza senza neanche chiudere la porta.
Loki sospirò e si passò una mano fra i capelli ancora umidi.
Faceva male, ancora un dannato male.
Per tanto tempo aveva cercato negli occhi di Thor la condivisione per quel dolore e non era mai riuscito a trovarla. Per tanti anni aveva chiesto a quegli occhi di non dimenticare, di non dimenticarsi di quella piccola  vita.
Per tanti anni aveva chiesto senza avere risposta.
Thor aveva cancellato Sigyn, così come aveva cancellato ogni altra cosa.
Era ciò che Loki aveva creduto, che aveva voluto credere per potersi permettere di odiarlo con più facilità.
Eppure aveva sempre saputo che Thor non aveva dimenticato, ché se gli negava i suoi occhi era perché quel ricordo e mille altri non erano mai andati via.
Aveva imparato a conviverci, Thor; Loki non era riuscito mai neanche a sopravvivervi.
Aveva trascinato la sua esistenza come una creatura in agonia, aspettando di morire ogni volta sempre più a fondo.
Si vestì lentamente e stirò indietro i capelli umidi.
Quando era tornato in soggiorno, Sigyn era seduta sul suo divano a osservare la notte dalla finestra.
«Era un maschio.»
Lei si voltò a guardarlo sbattendo le palpebre.
«Un maschio?»
Loki assentì e si poggiò allo stipite.
«Ha bussato ai miei sogni ogni notte.»
Un sorriso piegò le labbra di Sigyn, un sorriso di una dolcezza dolorosa.
«Com'era?»
«Rumoroso...»
Le strappò una piccola lacerata risata.
Sigyn si alzò dal divano e lo raggiunse con impazienza.
«Parlami di lui.»
Scosse il capo. «Erano solo sogni.»
«Per favore!» Sentì le sue mani stringergli le braccia con forza. «Per favore...» La voce implorare, gli occhi riflettere quella preghiera.
Sospirò incapace di negarle anche una ferita.
«Cosa vuoi sapere?»
«Cosa diceva, cosa faceva... il colore dei suoi occhi...»
Avrebbe voluto sollevare la mano e sfiorarle il viso.
«Aveva i tuoi occhi... » Azzurri e orgogliosi.
E quegli occhi divennero sempre più lucidi.
«Continua» gli chiese ancora.
Loki sorrise mentre si perdeva nel ricordo di quei sogni che avevano reso meno buia ogni sua notte.
«Mi chiedeva di insegnargli a far fluttuare una foglia.» Anche Sigyn sorrise mentre lo ascoltava in silenzio. «“Padre, mi insegni?” diceva...»
«E tu glielo insegnavi?»
Assentì. «Gli insegnavo tutto ciò che voleva. Ogni volta mi chiedeva qualcosa di nuovo... Glielo mostravo e lui imparava velocemente.»
Una piccola lucente lacrima solcò la sua guancia.
«Come si può sentire la mancanza di qualcuno che non è mai esistito, Loki?»
A quella domanda non aveva risposte da darle.
Scosse il capo guardando un'altra lacrima abbandonare i suoi occhi.
«Non lo so...»
«Il suo nome?»
«Leyld» rispose e lei sorrise asciugandosi il viso con il dorso della mano.
«Pensavo lo ritenessi un nome orribile.»
«Oh, lo è!» La sentì ridere con lo sguardo ancora lucido. «E tu “Hela”...»
Il piccolo sorriso sulla bocca di Sigyn sembrò sciogliere il gelo che avvolgeva il suo cuore.
«È un nome più appropriato per una bambina... così mi disse qualcuno.»
Avrebbe voluto stringerla a sé e asciugare con le labbra ogni lacrima.
Avrebbe voluto che non ne avesse più dovute versare.
Avrebbe voluto avere la capacità di riavvolgere quel filo e ricominciare.
Non poteva realizzare nessuna di quelle volontà.
«Se mi assicuri di non introdurti di soppiatto nel bagno approfitterei della tua doccia.»
Rise scuotendo la testa, grato per la sua capacità di spezzare la lastra del dolore anche se per un breve lasso di tempo. Una goccia di acqua sul taglio, fugace sollievo.
«Hai la mia parola, ma se non ti basta, puoi ruotare la chiave nella serratura.»
Sigyn annuì ancora sorridente e lo superò per  raggiungere il bagno. Prima di chiudere la porta però lo guardò e Loki vide quel sorriso spegnersi.
Grazie...
O forse Mi dispiace.
Li udì entrambi in quel piccolo cenno del capo.



*



Nella sala, i monitor non smettevano di inviare immagini ma nessuna di esse era in grado di aiutarli a trovarli.
Si udiva solo il continuo pigiare dei tasti, il sibilo di qualche computer, lo squillare dei telefoni.
«Non possono essersi volatilizzati!» mormorò Clint al suo fianco.
Natasha sospirò e continuò a cercare un viso fra le decine che coprivano gli schermi.
«I nostri sistemi sono stati down per molto tempo, questo ha dato loro un vantaggio.»
«Parliamo di New York, Nat. C'è una telecamera in ogni fottuto angolo!» sbraitò ancora Clint indicando nervosamente un monitor. «Se non sono in quelle immagini vuol dire che non sono più qui.»
«Nessuno ha rilevato alcun tipo di fenomeno elettromagnetico. Non sono andati via dalla Terra, Clint. Su questo ne sono più che sicura.»
«Come puoi dirlo? Cosa ne sappiamo noi delle reali facoltà di Loki? Di quelle dei suoi complici? Non ti è passato per la mente che tutta la faccenda di Central Park poteva essere una farsa per metterlo nella condizione di avere Thor dalla sua parte?»
Certo che lo aveva pensato. Natasha aveva subito ritenuto strano ciò che era accaduto al parco, soprattutto il modo in cui Loki aveva deciso semplicemente di arrendersi.
«Stark sta controllando le riprese nella stanza, sperando solo che la destabilizzazione del sistema non le abbia corrotte.»
Clint sbuffò incrociando le braccia sul petto e dando le spalle ai monitor.
«Non capisco come abbia fatto a mandarli offline...»
Le poche riprese prima del down avevano mostrato Loki e Sigyn che entravano in una delle sale di controllo del piano.
Qualsiasi cosa avesse fatto Loki in quella stanza aveva avuto come naturale effetto quello di mandare offline ogni singolo processo informatico della struttura. Un lavoro da hacker esperto. Nessuna magia.
Avevano sbagliato a ritenerlo più debole adesso che era privo di magia.
Loki restava comunque pericoloso, per il semplice fatto di essere una mente spaventosamente brillante. Se non fosse stato dalla parte sbagliata della barricata, Natasha era più che certa che Fury non ci avrebbe impiegato che una manciata di secondi per chiedergli di unirsi a loro.
«Il direttore è ancora con il capitano?» chiese.
Clint scosse il capo.
«No. Hanno discusso e Steve lo ha mollato nel suo ufficio... Fury non l'ha presa bene.» Poi un sorriso. «Chi l'avrebbe detto che il ligio Captain America sarebbe diventato un insubordinato per colpa di una donna.»
Anche Natasha sorrise. «Ogni uomo dà il meglio e il peggio di sé per colpa di una donna, Clint. Non devo essere io a insegnartelo.»
«Anche per una che conosce da meno di 48 ore e che ancora non gliel'ha data?»
Alla sua domanda sorrise ancora. «Soprattutto per quello, credo.»
Si udì l'ennesimo sibilo a indicare l'ennesimo falso allarme.
Entrambi guardarono verso lo schermo e poi ingoiarono un sospiro.
Stavolta sarebbe stato di certo più difficile trovarli.
Natasha credeva davvero in ciò che aveva detto: un uomo dava il peggio e il meglio di sé per una donna, e sapeva bene che Loki, per Sigyn, avrebbe portato all'estremo entrambe le cose.



*



Steve mandò giù il caffè con pochi sorsi e buttò con rabbia il bicchiere vuoto nella pattumiera.
La caffeina non aveva effetto sul suo organismo, eppure la sua mente si sentì meglio.
Fury non poteva chiedergli di trattare Linn come una prigioniera, come qualcuno da interrogare e da rinchiudere. Non era un feroce criminale, soprattutto, non sapeva davvero nulla di ciò che stava succedendo.
Se anche non avesse provato ciò che stava provando, avrebbe comunque impedito con tutte le sue forze che un simile reato fosse commesso.
Non lascerò che nessun agente l'avvicini, signore! Ha la mia parola che chiunque ci proverà sarà costretto ad affrontarne le conseguenze!
Capitano, non riesco a credere che proprio tu abbia perduto la lucidità per colpa di un bel faccino!
Aveva dovuto trattenersi dal prenderlo a pugni. Aveva preferito andare via, aveva preferito lasciarsi alle spalle i suoi richiami e le sue urla.
Affrettò il passo mentre tornava nella sua stanza. Nessuno avrebbe osato mettervi piede, neanche sotto ordine di Fury.
Aprì la porta con il suo nome sulla lingua, ma quando la scorse assopita sul letto, non emise un solo suono.
Il viso addormentato, le braccia nascoste sotto il suo cuscino.
Chiuse con accortezza la porta e cercò di fare meno rumore possibile con i suoi passi.
Linn respirava profondamente e sembrava serena.
Non riuscì a impedire a un sorriso di piegare le sue labbra.
Raggiunse il letto e flesse un ginocchio per guardare il suo viso.
Perdere la lucidità per colpa di un bel faccino...
Fury forse non aveva tutti i torti, ma Steve non aveva mai provato nulla di simile, qualcosa di altrettanto forte sì, con Peggy, di altrettanto bello, ma di diverso.
Il sentimento che scaldava il suo cuore quando guardava Linn era diverso da ogni altro che aveva vissuto, paradossalmente era qualcosa che lo spaventava.
Se era riuscita in così poco tempo a entrare nel suo cuore, cosa avrebbe potuto fare se solo avessero avuto l'occasione di trascorrerne di più?
Ne avrebbero mai avuto occasione?
Linn non apparteneva al suo mondo, Linn non apparteneva a nulla di ciò che aveva creduto di conoscere.
Steve non conosceva Asgard, non conosceva quella vita. Conosceva solo Thor.
E adesso si chiedeva quanto realmente conoscesse anche lui.
L'aveva aiutato a fuggire, Thor aveva aiutato quell'assassino di suo fratello a fuggire per l'ennesima volta. Perché, anche se non aveva aperto le sue manette in altre circostanze, l'aver provato clemenza e dubbio prima di affondare il colpo, equivaleva all'averlo aiutato a scappare via dalle sue responsabilità.
Più volte aveva provato a comprenderlo e aveva sempre avuto l'illusione di esserci riuscito.
Aveva provato a mettere se stesso nella sua posizione, aveva provato a pensare a Bucky in quella di Loki. Trovarsi chi avevi considerato un fratello come nemico.
Cosa avrebbe fatto lui? Cosa avrebbe mai potuto fare se un giorno avesse scoperto di dover combattere contro di lui?
I sentimenti dell'uomo dovevano soccombere davanti ai doveri del soldato?
Porre il bene dell'intera umanità più in alto dell'affetto per un fratello, per un amico.
Sulla carta sembrava una scelta facile per chi si proclamava difensore della Terra, eppure non lo era.
Come Thor aveva da sempre esitato davanti a Loki, così Steve sapeva avrebbe potuto esitare davanti a Bucky.
Ma stavolta Thor non aveva esitato, non aveva mostrato il dubbio, aveva semplicemente scelto di aiutarlo, aveva scelto Loki a loro.
Sospirò e lasciò che le dita accarezzassero il viso di Linn.
Non voleva svegliarla, non voleva guardare i suoi occhi e leggere domande a cui non sapeva dare risposta.



*



Il getto d'acqua caldo scivolava con forza sulle sue spalle, sulla sua testa, sul suo viso.
Sigyn tirò indietro i capelli e lasciò che la forza dell'acqua sciogliesse stanchezza e pensieri.
Non sciolse nessuno dei due.
Sentiva il corpo teso e affaticato e la necessità di riposo.
Sentiva la testa esplodere e il cuore fare male.
Le parole di Loki suonavano nella sua mente; i suoi occhi, che nascondevano il suo stesso dolore, apparivano nel buio quando chiudeva i propri.
Avrebbe voluto sentirlo parlare ancore e ancora, ascoltare ancora i suoi sogni e lasciarsi cullare in quelle fantasie.
Leyld... Hela...
Qualunque nome avesse portato, qualunque sesso avesse avuto, di qualunque colore fossero stati i suoi occhi, non avrebbe voluto altro che sentirlo fra le sue braccia.
Sentire quella vita battere contro di lei, sentire che da quel peccato era nato qualcosa di innocente.
Chiuse il getto lasciando grondare l'acqua dal suo corpo.
Respirò a fondo e si massaggiò gli occhi con le dita.
Fu allora che udì la porta aprirsi.
Da dietro la parete dal finto vetro, intravide la sagoma alta di Loki.
«Avevi detto che non saresti entrato...» mormorò aprendo di poco la parete.
«Ti avevo anche suggerito di far girare la serratura.»
Loki indossava dei pantaloni neri e una maglia del medesimo colore. Aveva i capelli asciutti ora, meno lisci del solito, con piccole onde che gli cadevano sulle spalle. E sorrideva.
Era bello vederlo sorridere.
Scacciò quel pensiero e portò lo sguardo su ciò che stringeva fra le mani.
«Cosa sono?» chiese.
«Vestiti» rispose lui. «O avevi intenzione di indossare di nuovo quella piccola camicia fetida?»
Riconobbe quelli che sembravano dei jeans e una maglia ovviamente di misura maschile.
«Poggiali lì» sospirò allungando la mano per recuperare l'accappatoio. Da quella posizione però le era impossibile raggiungerlo. Forzò ancora il braccio tenendo ostinatamente chiusa buona parte della parete per celare la sua nudità.
Sarebbe stato più facile che i suoi muscoli si strappassero piuttosto che fosse in grado di afferrare la stoffa attaccata al muro.
Loki lo capì e fu lui a prenderla per avvicinarla alla sua mano.
«Non c'è di che...» mormorò ironicamente prima di recuperare i vestiti che si era tolta e avviarsi alla porta.
Sigyn restò con l'accappatoio fermo nelle mani ad aspettare che lui uscisse, ma Loki rimase sulla soglia a guardarla con un sorriso divertito.
Sbuffò. «Vuoi uscire, per favore?»
«Anche io so bene cosa c'è sotto quell'accappatoio.»
«ESCI!»
Loki andò via ridendo.



*



Loki guardava il piatto che girava lentamente attraverso lo sportello del microonde.
Sentì dei passi alle sue spalle.
«Hai fame?» chiese mentre si udiva il suono del timer e il piatto cessava di muoversi.
Quando si voltò scorse Sigyn, con i capelli mezzi umidi, che gli porgeva con espressione infastidita i pantaloni che le aveva poggiato nel bagno.
Indossava di fatti solo la maglia cercando ti tirarla verso il basso con l'altra mano.
«Non posso indossarli» sentenziò aspettando che lui li afferrasse.
Loki percorse ancora una volta il suo corpo prima di prestare attenzione ai suoi occhi.
«Il motivo?»
Sigyn lanciò i pantaloni sul tavolo con un mezzo grugnito spazientito.
«Non posso indossarli senza prima indossare qualcosa sotto... La stoffa è...» Un leggero rossore le coprì le guance. «È fastidiosa.»
Cercò di reprimere un sorriso divertito mentre si schiariva la voce con un colpo di tosse.
«Mi stai dicendo che vuoi della biancheria intima da donna?»
«Certo che no!» Ovviamente la vide inalberasi. «Mi chiedevo se avessi dei pantaloni più confortevoli.» Ancora la mano a tirare in basso la maglia.
«Confortevoli?» Le fece il verso e lei lo guardò truce.
«È già tanto che te li abbia chiesti. Avrei potuto aprire il tuo armadio e prenderli da me.»
«Potevi farlo.» Le rispose con tranquillità mentre apriva lo sportello del microonde per tirare fuori il piatto caldo.
Scorse gli occhi di Sigyn seguire i suoi gesti.
«Che stai facendo?»
«Cucino.»
«Perché?»
«Perché ho fame.»
«Hai fame?»
Posò il piatto sul tavolo e la guardò aggrottando la fronte.
«Perché fai sembrare tutto quello che faccio “strano”?»
Sigyn gli restituì lo stesso sguardo.
«Perché è strano, Loki... Questa casa, tu... » Scosse il capo. «Che significa tutto questo?»
Si accomodò al tavolo avvicinando il piatto e iniziando ad affondare la forchetta senza risponderle.
«Che ci facciamo qui?»
Sospirò masticando il cibo che aveva davanti.
«Siedi.» La invitò indicando la sedia accanto a lui. «Avanti.» Insistette quando sulle prime non si mosse.
Al secondo incitamento Sigyn si sedette sulla sedia guardandolo diffidente.
Loki continuò a mangiare con tranquillità poi si alzò e prese un secondo piatto dal ripiano.
Lo mise nel microonde e impostò il timer.
«Solo in questa città ho sette diversi luoghi dove posso dimorare» spiegò poggiandosi al mobile. «In ogni singolo Stato, in ogni nazione, in ogni paese di Midgard ho luoghi dove trovare ristoro e riparo. Questo era il più vicino allo S.H.I.E.L.D. e anche il più sicuro.»
«Come può essere sicuro? Sono a un passo da noi.»
Il piatto continuava a girare e Loki raccolse delle posate dal cassetto in basso.
«I sistemi di ricerca utilizzati dallo S.H.I.E.L.D. si basano principalmente sul riconoscimento facciale ma, per quanto possa essere accurato, c'è sempre un margine di errore. Io faccio in modo di trovarmi in quel margine.» Posizionò le posate accanto a lei mentre il timer risuonava nella cucina. Sigyn lo guardava ancora dubbiosa.
«Spiegati.»
Sorrise.
«Questa casa è del professor Derek Smith, insegnante di lingua inglese dell'istituto Fort Hamilton di Brooklyn.»
Sapeva avrebbe solo continuato a confonderla.
Fu per questo che dopo averle poggiato il piatto di fronte, recuperò le lenti da vista, che sostavano su una mensola, e le indossò sedendosi nuovamente al suo posto.
«Io sono il professore Derek Smith.»
Sigyn aprì appena la bocca ma non disse nulla.
Accettò silente il cibo che le aveva offerto senza preoccuparsi di ringraziarlo.
Dopo la prima forchettata si decise a parlare.
«Hai delle false identità. È questo?» chiese con la bocca piena.
«Esatto. Ogni qualvolta i sistemi dello S.H.I.E.L.D. recupereranno immagini che mi ritraggono in questa città o in ogni altra, io sarò in quel margine di errore. Ogni ripresa che è stata effettuata in queste ore darà loro solo un esito negativo, perché questo viso appartiene al rigido professore di uno stupido liceo di Brooklyn.»
Sigyn continuò a masticare guardandolo attentamente.
«Stai per dirmi che sono infido? Beh, grazie, ne sono conscio» sospirò mentre si sfilava gli occhiali e li lasciava cadere sul tavolo. «Quando hai tanti nemici, devi ingegnarti per salvare la pelle.»
«Se evitassi di farti tanti nemici non dovresti ricorrere a questi stratagemmi per salvarti la pelle.»
Sorrise mandando giù un altro boccone mentre la guardava mangiare a sua volta.
Non sembrava passato un giorno dalle mattine a palazzo, da quella prima mattina in cui era entrata nella sua vita piena di difetti e di rumore, con la grazia di un troll e i modi di uno stalliere.
Con la sua veste troppo corta e i capelli troppo disordinati.
Ed era stato sbagliato dal primo momento.
Ed era stato altrettanto inevitabile.
Mangiò in silenzio non riuscendo a toglierle gli occhi di dosso.
«Smettila» sospirò lei all'ennesima occhiata che le rivolse. La forchetta a punzecchiare stancamente il cibo.
«Non è facile... Sei così bella.»
Il metallo cadde tintinnando nel piatto mentre Sigyn si copriva gli occhi con una mano.
«Per favore, Loki.»
«Non riesci ad accettare la mia sincerità? Immagino sia lecito non essere creduto quando ti legano a un titolo come il mio, ma pensavo che almeno tu sapessi scindere la verità dalle menzogne.»
«Basta! Per favore, basta! Basta trattarmi così!» Sigyn schiantò i palmi sul tavolo con rabbia e Loki indurì lo sguardo.
«Vuoi che smetta di desiderarti?» sibilò serio.
«Voglio che tu smetta di trattarmi come se non avessi cercato di uccidermi negli ultimi anni! Come se non avessi ribadito più volte il tuo odio nei miei confronti, come se non avessi giurato sulla tua stessa vita di volere la mia morte e quella di ognuna delle persone a me care, Loki! Voglio che tu smetta di guardarmi e fingere di non vedere Thor, perché io sono Thor! Sarò sempre Thor, qualsiasi nome tu voglia darmi, qualsiasi incantesimo tu possa fare per illuderti di cambiarmi!»
Sigyn si alzò in piedi con gli occhi colmi di rabbia e sofferenza, colmi di sentimenti che Loki conosceva e condivideva.
«Tu sei l'unico motivo per cui Thor è rimasto vivo in questi anni, Sigyn» spiegò con fredda calma che ebbe come unico risultato quello di fomentare la sua collera.
«Perché continui a fare questa distinzione?! Non c'è alcuna distinzione, Loki. Io sono Thor tanto quanto Thor è Sigyn!»
Scattò in piedi a sua volta.
«E io ti amo tanto quanto ti odio! È così difficile capirlo?!» urlò perdendo ogni lucidità. Aprendo quel cuore che grondava sangue e che non era mai riuscito a rattoppare.
Lei lo guardò respirando con affanno.
«Sì, lo è...» sospirò. «È difficile comprendere perché io non sarei in grado di odiare qualcuno che amo, Loki. Per quanti aspetti oscuri possa avere, per quante ombre possano albergare nel suo cuore, io amerò sempre ognuna di quelle ombre... Sempre... anche quando quelle ombre avranno inghiottito ogni luce.»
«È questo quello che pensi? Credi che non ci sia altro che buio dentro di me?»
Sigyn scosse il capo allungando una mano per sfiorargli il viso.
«Io credo che da qualche parte in tutto quel buio ci sia ancora il fratello che ho amato e che amo, ci sia ancora quel ragazzo riservato che amava leggere per me nelle sere di inverno.» La sua mano era calda e i suoi occhi densi come lava di mare. «Se tu hai perso te stesso, Loki, io non ho perduto la speranza di ritrovarti.» La sua gola sussultò a quelle parole, a quella carezza, a quel sorriso. Ogni paura aumentava e si infrangeva allo stesso tempo quando gli era così vicino. «Ogni singolo torto che hai commesso contro di me, ogni tua azione, anche la più crudele, volta al solo fine di farmi del male, per me non avrà importanza. Nulla avrà importanza se riuscirò a ritrovare quel ragazzo.»
«Anche tu mi guardi fingendo di non scorgere la mia vera natura... Io sono sempre stato questo ma tu non volevi vedere.» Sorrise triste e scostò la sua mano con gentilezza. «Chi dei due è il vero bugiardo a questo punto?»
«Il mio affetto è sincero.»
«E così è il mio.» Fu la sua mano ad accarezzarle il viso, furono le sue dita a scorrere sulle sue labbra. «Se non riesci a comprenderlo almeno accettalo.»
Si avvicinò e lasciò che la bocca trovasse la sua.
Ed era come lasciarsi cadere fra le fiamme.
«No.» Lo allontanò. Lo spinse via con sdegno, passando il dorso della mano sulla bocca. «Non farlo.»
Era un ordine, era un urlo, era una preghiera.
Qualsiasi forma avesse, Loki non le diede ascolto. Distrusse di nuovo la distanza e le prese il viso fra le mani.
Di nuovo labbra su labbra.
«Smettila!» Sigyn voltò la testa e tentò di scappare ancora.
Non glielo permise.
«Ascoltami... Io ti amo tanto quanto ti odio» sospirò poggiando la fronte sulla sua, scaldandole le labbra con il fiato e sentendola respirare forte conto la sua bocca. «Ti desidero tanto quanto ti detesto.»
Ancora un bacio stavolta umido e disperato.
«Farei scorrere una lama sulla tua pelle tanto quanto la lascerei rabbrividire dal piacere sotto la mia lingua.»
Le morse le labbra e la strinse fra le braccia lasciando che sentisse tutto il desiderio e la rabbia e la disperazione e il bisogno e la pazzia che scatenava in lui.
«Adesso smettila...»
Ma non c'era convinzione nella sua voce, non c'era nulla che non lo spingesse a baciare il suo collo con passione fino a sentirla tremare.
«Non posso smettere e non voglio farlo» sospirò contro il suo orecchio sollevandola con forza e lasciandola ricadere sul tavolo di legno.
Sigyn lo guardava affannando, con le labbra gonfie e gli occhi lucidi.
Le dita di Loki raggiunsero un coltello e lo poggiò fra le sue di dita. Glielo fece sollevare finché non puntò alla sua gola.
«Se non lo vuoi almeno quanto lo voglio io, affondalo nella carne e smetterò.»
«Loki...» La mano tremava, la lama fredda premeva senza forza contro la pelle. «Che stai facendo?»
«Ti sto dicendo che l'unico modo per impedirmi di volerti in questo preciso istante è uccidermi.»
Fece scorrere le mani sulle sue cosce nude fin quasi a graffiarle e il suo respiro accelerò.
La lama sempre meno stabile, le labbra sempre più vicine.
«Uccidimi adesso e non passerò il resto di questa notte a dimostrarti quanto forte è il mio odio
A dimostrarti quanto ti ho atteso, quanto ho aspettato di riaverti.
I suoi occhi si sciolsero nei suoi, il coltello cadde a terra tintinnando assordante e le labbra di Sigyn gli rubarono ogni altra parola.
Eppure non sei mai andata via davvero...
Sentì le mani scorrere fra i suoi capelli e stringerli con forza, la stessa con cui lui afferrò le sue ciocche bionde e umide.
Bocca su bocca, lingua contro lingua, lo stesso peccato consumato ancora una volta.
Il cuore batteva forte contro il suo petto, come non aveva più battuto.
Si sfilò la maglia lasciandola cadere a terra e le unghie di Sigyn gli graffiarono presto le spalle mentre lo tirava a sé.
Non ci furono parole, non ci fu dolcezza né attenzioni.
Loki non ne aveva da donare, Sigyn non le chiese.
I secoli scorsero veloci, le lacrime, le urla, il sangue, la guerra, la morte...
Tutto scivolò attraverso i suoi pensieri caotici e annebbiati. I ricordi si sciolsero nei sogni, le illusioni nelle verità.
Sei sempre stata tu, la luce più fulgida del giorno e il nero soffocante di ogni mia notte.
Il mio desiderio e il tormento che mai mi ha lasciato.
Ogni disperazione più folle.
E si perse, si perse ancora una volta in lei, come forse non aveva mai davvero fatto. Senza più colpe né vergogna, conscio come mai prima di quanto ne avesse urgenza e paura.


Restarono immobili per interminabili minuti: lui in piedi fra le sue cosce e le mani piantate sul tavolo; le braccia di Sigyn poggiate stancamente sulle sue spalle.
I loro occhi non si incrociarono, persi ognuno sulla parete opposta.
I respiri si regolarizzarono e il sudore si raffreddò sulla pelle di entrambi.
«Ne è valsa la pena?» Era la voce di Sigyn, debole e amara.
Loki sollevò le spalle e finalmente guardò il suo azzurro: era freddo come la neve di cui avrebbe dovuto essere sovrano.
«È valsa la pena fare tutto questo, Loki?» Non rispose vedendo le sue labbra incurvarsi in un sorriso privo di gioia. «Una bella fatica, non trovi?... E tutto per scoparti questa sgualdrina!»
Lo spinse via con rabbia e Loki semplicemente la lasciò fare.
Lasciò che si tirasse giù la maglia, che stringesse le gambe e lo guardasse con gelo prima di portare gli occhi sulla sua mano ancora sporca.
«Spero davvero ne sia valsa la pena, fratello.»
Quando Sigyn andò via sbattendosi alle spalle la porta del bagno, Loki si volse a guardare la finestra.
Nel nero della notte, due piccoli occhi e un verso acuto che raggiunse le sue orecchie.
Si avvicinò al vetro osservando il corvo fermo sul davanzale che lo osservava a sua volta.
Nella pece delle sue piccole iridi vide un bagliore d'oro.
Afferrò la tenda e coprì la finestra con un gesto deciso.
Lo spettacolo è finito, padre.











La stanza era calda e il profumo delle essenze possedeva ogni molecola dell'aria.
Amora osservò il viso di Thor dormiente e sorrise.
«Amore mio...» sospirò liberandosi del primo stivale. «Manca poco, lo sai?» Anche il secondo cadde a terra.
Raggiunse il letto e salì sensualmente sulle lenzuola fino a stendersi accanto al corpo caldo di Thor.
«Saremo di nuovo insieme, amore mio.» Poggiò la guancia contro il suo petto sentendo il debole battito.
La mano ad accarezzargli l'addome e l'odore della sua pelle a riempirle i polmoni.
«Di nuovo insieme.» Sorrise ancora sollevando il viso per guardare il suo.
Accarezzò i suoi capelli e si sporse e baciarne le labbra.
«Stavolta nessuno ti porterà via da me... Nessuno.»
Osservò ancora gli occhi chiusi e sentì la rabbia scorrere furente nelle vene.
Loki avrebbe pagato quell'ennesimo insulto, avrebbe pagato così come avrebbero pagato tutti gli altri.
Così come avrebbe pagato quella stupida mortale che aveva osato insinuarsi nel cuore del suo Thor.
A Styrkárr aveva dato una parola che non era certa di mantenere.
Perché prima di soddisfare i desideri di quell'egocentrico Vanr, Amora aveva altro di cui occuparsi.
Si tirò a sedere prima di salire a cavalcioni sul corpo fermo nel limbo: lo sarebbe stato ancora per poco.
Posizionò entrambe le mani contro il suo petto e chiuse gli occhi.
Le sue labbra pronunziarono formule antiche, le sue dita lasciarono fluire l'energia necessaria.
Non aveva modo di sciogliere l'incantesimo di Loki, non sapeva quale rito avesse usato, e se avesse per errore provato a spezzare l'incantesimo sbagliato, avrebbe rischiato di non riuscire più a svegliarlo.
Era ciò che voleva Loki, probabilmente: voleva metterla con le spalle al muro.
Non glielo avrebbe permesso.
Sibilò ancora parole e suoni mentre sentiva il calore abbandonare il suo corpo per trasferirsi in quello che giaceva sotto di lei.
Quando il rituale terminò si sentì spossata e debole.
Aprì gli occhi e sorrise soddisfatta quando anche le palpebre di Thor si sollevarono.
Quegli occhi meravigliosi la guardarono e, per quanto vuoti potessero essere, Amora li amò come sempre.
«Amora...»
Al sentirgli pronunciare il suo nome non riuscì a non sorridere con più gioia.
«Sì, sono io, amore mio.» Gli accarezzò il viso e Thor continuò a guardarla senza mutare espressione. «Come ti senti?» Gli chiese facendo scorrere le mani sul suo collo e sul suo petto.
Thor non gli rispose, non poteva risponderle, non ne aveva la possibilità.
Si chinò sulle sue labbra e lo baciò ancora.
«Sai perché sei qui, Thor?» sospirò contro la sua bocca.
«Per servirti, mia regina.»
Sorrise ancora e ancora una volta lo baciò.
«E farai tutto ciò che ti chiederò, non è vero, amore mio?»
«Sei la mia regina e Signora. Farò tutto ciò che mi chiederai.»
Oh, tutti avrebbero pagato, tutti avrebbero provato sulla loro pelle la sua vendetta.
Amora sollevò il busto guardando ancora estasiata il suo capolavoro.
Era perfetto e bellissimo, ed era suo.
«Sei pronto a soddisfare la mia prima richiesta, amore mio?» bisbigliò sentendo sotto le mani i muscoli tesi del suo addome.
Thor assentì con il capo senza cedimenti.
«Sono ai tuoi comandi.»
La sua voce roca che le giurava fedeltà era la melodia più sensuale che avesse mai udito.
Fece scorrere le dita fra il suo oro sentendo la stanchezza del rito scemare velocemente dal corpo per far spazio a un nuovo bisogno, a una nuova fame.
«Allora amami. Amami come una regina merita di essere amata.»
Solo allora sentì le mani di Thor posarsi possenti sui suoi fianchi e ribaltare le posizioni con ferocia finendo con le spalle contro la seta delle lenzuola e sentendo il corpo di Thor premere caldo contro di lei.
«Come desideri, mia regina» sospirò la sua bocca mentre scendeva a baciare ogni angolo di pelle.
Non riuscì a tenere in gola un solo gemito.











***












NdA.
Anche stavolta ho preferito epurare il capitolo e, sebbene la versione integrale possegga solo qualche riga in più, vi invito a leggere quella perché c'è anche un altro piccolo dettaglio importante ai fini del rapporto fra i nostri due fratelli, che non sono riuscita a inserire qui nonostante ci abbia provato.
Incest a parte, questo è un capitolo che ho amato molto scrivere. Mi auguro, come sempre, sia stato gradito ^///^
Anche Amora ha fatto la sua mossa e il nostro Thor è Thornato... non del tutto.

Grazie a chiunque legga e a chiunque lasci un suo pensiero <3
Il prossimo aggiornamento potrebbe slittare di qualche giorno, ma solo perché il 25 è il mio bday e non credo di riuscire a ritagliarmi del tempo. Ad ogni modo cercherò di non farvi aspettare troppo ^-*
Kiss kiss Chiara
  
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