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Autore: LaraPink777    19/03/2014    1 recensioni
Una tranquilla nottata di pattuglia si trasforma nel peggiore dei loro incubi.
Genere: Angst, Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Donatello Hamato, Leonardo Hamato, Michelangelo Hamato, Raphael Hamato/ Raffaello, Shredder/Shrell/ Oroku Saki
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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PdV di Michelangelo. Prima persona.
Questo giardino è così buio…
Riesco a malapena a distinguere il laghetto davanti a me. L’acqua è scura, nera.
Fa molto freddo. Un vento gelido turbina le foglie morte intorno a me. Stringo le braccia intorno al corpo, ma le foglie nere mi si appiccicano addosso. Sono fredde, viscide.
Improvvisamente mi sento molto sporco. Mi abbasso a toccare l’acqua, voglio lavarmi di dosso un po’ di questo lerciume.
Ma non vedo quasi niente, è tutto così buio. Immergo le mani nell’acqua, è gelida, è nera.
Alzo le mani, l’acqua le ha sporcate…
Guardo meglio, mi sforzo di distinguere il colore dell’acqua. Adesso l’acqua non è piu nera. E’ rossa.
L’acqua è rossa. E’ viscida. E’ sangue!
Mi ritraggo inorridito. Ma adesso il sangue sta aumentando, trasborda, il lago si fa sempre più grande.
Cerco di indietreggiare, ma sono incatenato. Non posso neanche più muovermi, le mie braccia sono legate con qualcosa… un kusarigama nero.
Il sangue aumenta, cresce, ribolle… E’ quasi arrivato a me, è quasi arrivato!
“Ahh!”
Balzo a sedere sul letto. Sono qui, sono qui. Era solo un sogno, era solo un incubo. Ragazzi, come mi batte il cuore.
Ancora lo stesso incubo. Sangue, sempre sangue…
Butto con fatica i piedi fuori dal letto. Uno sguardo all’orario. Beh, è mattina. Gli altri si saranno già alzati. Prendo un sorso d’acqua dal bicchiere sul comodino. Lì accanto è appesa una maschera arancione. Ma non la indosso, non la sento come mia.
Resto qualche minuto seduto sul letto, aspettando che il mio cuore la smetta di agitarsi tanto per qualcosa che non può farmi male. Qui niente può farmi male.
Niente può farmi male.
Me lo ripeto ancora, ma meno spesso. Nelle due settimane che sono stato qui, ho imparato pian piano a fidarmi.
Adesso gli credo. I segni che ho trovato in questa casa mi hanno raccontato la mia storia. Questa era la mia casa. Ho trovato le foto, non molte, ma mi ritraevano felice con loro. All’inizio ho pensato ad un trucco ben congeniato, ma lentamente ho allontanato anche questo sospetto. Ho trovato fogli e quaderni scritti da me. Quaderni con i compiti. Lettere per la festa del papà. Poesie. Barzellette. Con la mia scrittura, con una calligrafia che da infantile e incerta diventa precisamente la mia.
Ho trovato i miei disegni. Non sapevo di essere così bravo a disegnare. Centinaia di disegni. Disegni su quello che vedevo, su quello che immaginavo. Su di loro.
Gli indizi sono troppi, non vi sono dubbi. Loro sono la mia famiglia. E non hanno mai cercato di uccidermi.
Perché mi vogliono bene.
Questo invece ho imparato a leggerlo nei loro occhi. Mi guardano con affetto. Preoccupazione, ed affetto. Dentro di me sento ogni giorno di più che non mi farebbero mai del male.
Ma poi penso a Karai. A come era gentile con me. A quanto tristezza c’era nei suoi occhi castani quando mi diceva che Splinter aveva ucciso sua madre… come poteva mentire in quel modo, come poteva?
Eppure lo aveva fatto, doveva averlo fatto. Lei e Shredder mi avevano ingannato, mi avevano istigato contro la mia famiglia. Adesso ne sono sicuro.
Ne sono sicuro?
Rimuovo questi pensieri in angolo della mia mente, e con un sospiro esco fuori dalla mia stanza. Ragazzi, di questo passo diventerò pazzo, se non lo sono già…
Loro sono già in cucina, solo le tartarughe. Ho imparato che a volte Splinter non fa colazione perché perso nella sua meditazione. A rovistare nel frigo per mettersi ai fornelli c’è quello con la maschera blu.
Oh no. Quando cucina lui, fa tutto schifo.
“Buongiorno” quello con la maschera rossa mi saluta per primo.
“Ehi, ciao Mikey. Dormito bene?” Quello con la maschera viola alza gli occhi dal portatile davanti a lui e mi sorride.
“Eh, buongiorno. Sì grazie Donatello, dormito bene.” Abbasso lo sguardo a cercare qualcosa di invisibile sulle gambe del tavolo. Non riesco a guardarlo in faccia. Non riesco a guardare il suo collo, segnato da una lunga cicatrice.
Il sangue…
Quando c’è lui, a malapena sono capace di stare nella stessa stanza. Capisco che ci resti male, lui cerca di essere gentile e di coinvolgermi in conversazioni banali, ma è più forte di me. Proprio non ci riesco. Lo volevo uccidere. L’ho quasi ucciso. E quando l’ho rivisto gli ho rivolto una frase odiosa perché ero sopraffatto dalla paura. Invece ricordo di essere stato contento, di averlo visto vivo. Contento di non aver ucciso.
Quello con la maschera blu ha messo sul ripiano della cucina latte, uova farina. Mi guarda e mi sorride anche lui. “Buongiorno, Mikey.”
“Buongiorno, Leonardo. Vuoi che cucini io?”
Mi guardano tutti. Mi da fastidio quando mi guardano così, come se fossi un calice di cristallo in mezzo ad una pista da bowling.
“Beh, che c’è? Mi avete detto che la colazione la preparavo quasi sempre io. So come si cucinano i pancakes.”
“Uh, sì, certo. Grande.” Dice quello con la maschera blu.
“Anche perché se mangio un’altra colazione preparata da Leo il mio fegato mi lascia per sempre.” “Concordo”. Maschera rossa e viola.
Mentre la pastella sfrigola nel burro, mi accorgo che amo cucinare. E’ rilassante, e l’odore che sale dai fornelli è un vero piacere. Seduti al tavolo, loro aspettano in silenzio.
Quando mangiamo, parlottano del più e del meno. Contenitori di mutageno, nuovi kata appena imparati, la serie tv vista la sera prima. Io a volte cerco di inserirmi nella conversazione, per essere gentile. Ma continuo a sentirmi fuori luogo. Sento che loro si sforzano di fare come se niente fosse, ma percepisco che la mia presenza li mette in imbarazzo.
Quando verso un altro po’ di sciroppo d’acero su l’ultimo pancake, penso che forse, per il loro bene, dovrei andarmene…
“Oggi vuoi unirti a noi nella pratica? Sensei ne sarebbe felice.”
“No grazie, Leonardo. Non mi sento ancora pronto. Mi limiterò a guardare.”
Due settimane fa ho cercato di ucciderli, come posso allenarmi con loro? Solo l’idea di alzare un’arma contro quello in viola mi atterrisce.
Mentre metto il piatto sporco nel lavandino, quello con la maschera viola si versa un’altra tazza di caffè.
“Ancora caffè, Donnie? E’ la terza tazza e ti sei alzato dal letto neanche un’ora fa. Non ti sembra di stare esagerando?”
“Lascialo stare, Leo. Non fare lo Splinter Junior.”
“Non stavo parlando con te, Raph. Lui beve troppi caffè. Io-”
“Sì tu sei il leader, e devi pensare al nostro bene, e bla bla bla. Ci hai rotto, Senzapaura. Già ci basta Splinter a dirci quello che dobbiamo fare, non metterti anche tu a dire quando e cosa dobbiamo bere.”
“Non tocchiamo questo tasto Raph. Non mi fare ricordare di cosa puzzavi l’altra sera…”
“Per me basta così. Quando inizia la pratica venite a chiamarmi nel mio laboratorio”. Quello in viola esce portandosi la sua tazza di caffè.
“Ah sì? E di che cosa puzzavo Leo? Dimmelo.”
“Lo sai.”
“Non mi ricordo.”
“Puzzavi di birra, Raph! Di birra! Hai sedici anni, Raph!” Quello in blu si alza dal tavolo di scatto, poi mi guarda e si risiede. “Non litighiamo davanti a Mikey.”
“A no, Leo, e perché? Non vuoi che ricordi quanto sei stronzo?”
“Non usare queste parol-”
“Non hai il diritto di dirmi quello che devo o non devo fare!”
Adesso succede. Adesso Leonardo farà per andarsene, Raffaello lo agguanterà e poi inizieranno a suonarsele. Lo so… Lo so?
“Basta!” Leonardo si alza e fa per andarsene. “Non decidi tu quando basta!” Raffaello lo agguanta.
Lo sapevo. Io lo sapevo.
Raffaello gli dà una spinta. Leonardo lo trascina a terra. Si rotolano tra le sedie, cercando l’uno di bloccare le braccia dell’altro.
Vederli litigare mi provoca sensazioni forti e contrastanti. Sono spaventato che si facciano male, sono dispiaciuto della loro temporanea inimicizia, sono curioso di vedere chi vincerà, trovo la scena un po’ comica e poi ancora mi sento in colpa per averla trovata comica. Un turbinio di sensazioni… sensazioni che conosco… sapevo che sarebbe finita a botte… sapevo…
Mi gira la testa.
Loro… facevano così anche da piccoli. Quella volta per chi doveva guardare la tv… Sensei ci ha fatto fare il bagno nella piscina… Mi sono perso nelle fogne… Abbiamo trovato lo skateboard… L’albero di Natale con le lattine… La prima volta che ho usato i nunchaku. I palloncini d’acqua. April. I Kraang. Lo Shellraiser. Gli scoiattoli mutanti. Karai. Shredder.
Dio mio, Shredder!
Leo mi guarda, e si blocca. “Mikey?”Immediatamente Raph si ferma anche lui. Si alzano da terra. “Che succede Mikey, che hai?”
La testa mi continua a girare, nella mia mente esplode un turbine di pensieri… Eravamo stati catturati. La cella buia.
Cosa ho fatto. Cosa ho fatto!
Li guardo e finalmente li vedo.
“Leo! Raph!”
  
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