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Autore: AaronMarley    20/03/2014    0 recensioni
Reduci da un mancato campionato regionale le Nuove Direzioni partono alla volta dell'Europa. Ad attenderli ci saranno agguerriti Glee Club, con il gioco di squadra e con l'aiuto di spettacolari guest star riusciranno ad arrivare sulla vetta del vecchio continente?
Genere: Commedia, Fluff, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Marley Rose, Un po' tutti | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Alcuni raggi accarezzarono il mio viso, svegliandomi, e con un lento movimento mi voltai verso la sveglia. Erano le 9:30 e in stanza non c'era nessuno. Mi alzai e, frettolosamente, mi diressi in bagno per togliere dalla faccia i segni del sonno e per lavarmi i denti. Indossai una maglietta plissettata blu con un paio di jeans e scarpe da ginnastica. Mi diressi verso la porta, quando notai sul tavolino un biglietto. La calligrafia era quella di Sugar, e diceva:- Stavi dormendo così beatamente che non abbiamo avuto il coraggio di svegliarti. Ti aspettiamo a scuola-. Lessi il biglietto e, una volta uscita dall' hotel, chiamai un taxi diretto alla scuola. Ripensai a quella notte in cui vedemmo la stella cadente e di quando, dopo il mio discorso, espressi in segreto un desiderio. L' autista si fermò attendendo di essere pagato. Scesi dal veicolo e salii le scale per raggiungere gli altri, dove mi accolsero soprannominandomi "Bella addormentata". Ci accomodammo quando i due professori presero la parola, illustrandoci la scaletta che ci avrebbe condotto al successo, lasciando Parigi a bocca aperta. Il professor Schuester informò che Unique, Tina, Brittany e Sugar, con altre quattro ragazze francesi, si sarebbero esibite nella performance "Wannabe" e che i maschi di entrambi i gruppi avrebbero cantato "Moves like Jagger". L' altro professore continuò dicendo che io, Kitty, Amelie e Cecile avevamo l' onore di poter interpretare un pezzo dei Beatles, "A hard day's night" e come pezzo iniziale io e Amelie avremmo esordito con un duetto cantando "Defying Gravity". Salimmo sul palco per provar le canzoni seguendo il programma e quindi iniziando con il pezzo mio e di Amelie. Cercai di intonare la prima nota quando venni spinta dalla ragazza che cantò la prima strofa fino al ritornello dove mi permise di cantare, o almeno così pensavo! Stavo per accendere il mio microfono e appena aprii bocca l' apparecchio nelle mie mani si spense permettendo alla mia compagna di continuare a cantare. Ma in realtà questo non fu il meglio che riuscì a fare poiché a fine canzone, prima dell' acuto finale, la mia rivale si avvicinò facendomi cadere dal palco, poi finì la canzone e scese dal palco chiedendo come era stata la sue esibizione. Mille occhi pieni di accusa e di disprezzo erano rivolti verso di lei. Mille domande erano sospese a mezz'aria senza trovare risposta ne' degnate di attenzione, ma io sapevo la risposta: lei non voleva che io potessi, in qualche modo, distogliere l' attenzione dalla sua figura. Soltanto Kitty si schierò dalla parte di Amelie, cosa che non mi sorprese affatto dato il nostro passato e la sua continua lotta contro di me. Presi la parola cercando di placare gli animi dicendo:- Dai ragazzi! Sono così sbadata da non aver visto la fine del palco!-. Tutti quanti, però, sapevano che ero stata spinta dalla ragazza e non avrebbero accettato che, proprio io, avrei negato la verità. Anche i due professori chiesero il perché del gesto compiuto da Amelie, ma, anche esercitando la loro autorità, non ottennero risposta, fallendo nel loro tentativo. Poi la campanella suonò e, conclusa la prova, decisi di passare il pomeriggio da sol, chiusa nella mia stanza per riflettere su quello che era accaduto. Quando entrai, non chiusi la porta a chiave poiché non volevo completamente estraniarmi ma avevo solo bisogno del tempo per me stessa. Non volevo piangere. Non volevo gridare. Volevo solamente capire cosa mi aveva spinta ad essere trattata così e il perché della mia reazione. Cercando di trovare delle risposte, anche dei futili alibi, non mi accorsi del passare del tempo. Quella sera non scesi per cena e nessuno venne a chiamarmi, forse esaudendo la piccola richiesta che avevo fatto: restare sola. Mancavano una manciata di minuti alle dieci e nessuno ancora si era fatto vivo, tranne lui: il sonno. Le palpebre delicatamente si chiusero, oscurando la mia vista e facendomi sprofondare nel mondo dei sogni.
  
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